un occhio all’immediato e uno all’infinito


Banditi
Mi muovo nella notte piena
in faccia al cielo
dove nessuno mi conosce per davvero
e imparo a essere cattivo
perché devo
la meschinità mi accerchia
e io spingo col pensiero
va bene che non vado a mettere le bombe
va bene che non sputo sulle vostre tombe
lotto con me per primo
ogni uomo ha un motivo
per svegliarsi il mattino
e mettersi in cammino
mi muovo nella notte piena
in faccia al cielo
e cresce il desiderio
cresce il desiderio e il veleno
davanti le vetrine dell’impero
canne mozze in mano e ti prendono sul serio
ancora un giorno passa a caccia di denaro
non rido a essere trattato come schiavo
il mio vestito è nuovo
ma resto il bastardo che ero
senso dello Stato uguale zero

in alto la mia banda
in alto la mia banda
in alto la banda
di fronte a tanta merda
vedi com’è poetica questa faccenda

in alto la mia banda
in alto la mia banda
in alto la banda
di fronte a tanta merda

lezione prima ingoia
seconda ancora ingoia
c’è sempre un motivo per andare in paranoia
se vuoi morire muori
niente di male
per quanto mi riguarda sono accanito a vivere e volare
10 anni di storia e spingo ancora
rappresento Assalti Frontali prima e ora
questo non è il mondo dei pari
e faccio paragoni per capire perché non viviamo da uguali
ora basta troppe canne e cattiveria ci vuole
spingo il mio valore
niente rassegnazione
un terminale muore in prigione
per l’illusione che nessuno provi più a rubare
mi hanno interrotto i sogni
bandito
mi muovo coi fratelli
un occhio all’immediato e uno all’infinito
ci sarà per noi un angolo pulito
in un mondo di mercanti dove il meglio l’ho rubato

in alto la mia banda
in alto la mia banda
in alto la banda
di fronte a tanta merda
vedi com’è poetica questa faccenda

in alto la mia banda
in alto la mia banda
in alto la banda
di fronte a tanta merda
vedi com’è poetica questa faccenda

in alto la mia banda
in alto la mia banda
in alto la banda
di fronte a tanta merda.

-Assalti Frontali- 

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Berlusconi, il partito del popolo e lo spirito del mondo…

Berlusconi scende in piazza e si appella al "popolo": annuncia: "Oggi nasce ufficialmente qui il nuovo grande partito del popolo italiano, un partito aperto che è contro i parrucconi della vecchia politica. Invito tutti ad entrare senza remore e a venire con noi, questo è quello che la gente vuole: Forza Italia si scioglierà nella nuova formazione", che si chiamerà, appunto, "Partito del popolo italiano delle libertà".

Quello che la "gente vuole" e quello che Berlusconi vuole sono la stessa identica cosa: "un governo che sia in armonia con i suoi cittadini. Un governo che sappia governare…"
Oggi nasce ufficialmente il "partito del popolo italiano": "una nuova creatura protagonista della libertà e democrazia dei prossimi decenni"…E con questo siamo stati tutti adeguatamente avvertiti sul nostro futuro…

Nella prefazione di Silvio Berlusconi al libro della Fondazione Magna Carta "Popolo e leader, il tempo dei partiti nuovi" cosi’ scrive: "Dopo essere stata per cinque anni il pilastro della maggioranza che ha governato il Paese, Forza Italia riafferma oggi il suo ruolo di guida verso nuovi obiettivi. Primo tra tutti, la nascita di un partito che riunisca tutto il popolo della libertà.(…)Il grande partito dei liberali e dei moderati a cui tendiamo si iscrive nel solco dei valori del cristianesimo, del liberalismo, del socialismo democratico, della laicità. Questo nuovo soggetto politico nascerà tanto prima quanto più Forza Italia sarà forte perché è compito di Forza Italia farsi interprete dei valori fondanti di questo Partito delle libertà attraverso il proprio statuto, attraverso i propri uomini, attraverso il proprio messaggio, attraverso la selezione di una classe dirigente in grado appunto di guidare con intelligenza il processo di unificazione del popolo della libertà.(…)"

La vera "rivoluzione politica" compiuta dopo la creazione di "forza italia" Berlusconi l’ha realizzata usando la "macchina-partito" per radicare la sua "leadership carismatica" tra la gente. Il "partito-Forza italia" ha realizzato questo lavoro di "radicamento popolare-sociale" del "carisma berlusconiano" in maniera diversa, anche se complementare, a quello realizzato con la forza dei mass-media.
Forza italia e’ arrivata a contare 400.000 iscritti(nel 2007) , mentre a sinistra furoreggiavano i "partiti leggeri" con adeguato sostegno di fasce di potere finanziario.
Tra coordinatori comunali e provinciali, delegati ai congressi provinciali si prevede un ceto politico targato forza-italia di circa 60.000 persone.
Il nuovo partito nasce sulla base di questa strategia di radicamento sociale; questa macchina organizzativa e’ la "cinghia di trasmissione" della leadership carismatica nella societa’ civile superando cosi’ i limiti di un consenso puramente mediatico che ha reso forza italia potente ma anche esposta alla ciclicita’ e transitorieta’ di ogni forma di potere costruito mediaticamente.
Il ciclo di maturita’ del prodotto forza italia si stava consumando e per questo era necessario innovarlo e strutturarlo anche in vista della non immortalita’ del leader dando vita ad un partito che sopravviva alla sua esperienza politica.

La creazione del PD insieme a questa del "partito del popolo" apre possibili scenari "elettorali"
in cui come proposto da Uolter attraverso alcuni suoi consiglieri:
la metà dei seggi disponibili viene assegnata con un sistema maggioritario secco di collegio. L’altra metà, con un sistema fatto da circoscrizioni piccole, dove la competizione è proporzionale, ma i posti in palio sono pochi-non più di 16-.
Questa seconda fetta del Parlamento viene distribuita proporzionalmente, ma con una clausola naturale di sbarramento del 7-8%. I due partiti maggiori il Partito democratico e il Partito del popolo si spartiscono tutta la prima metà dei seggi disponibili-collegi uninominali-, ma anche la maggior parte di quelli disponibili nella seconda meta’ in quanto scompaiono i "piccoli partiti" sotto il 7%-8%. Si salvano solo le formazioni politiche con forte radicamento territoriale e capaci di conquistare da soli il collegio in cui competono superando la soglia di sbarramento-vedi Mastella.

Gli esperti, si fa per dire, la chiamano "modernizzazione del sistema politico italiano".

Forza italia cerca di caratterizzarsi come "l’unica forza popolare interclassista" esistente in italia che nel corso di questi anni ha costruito un partito con iscritti, eletti, referenti sociali, persone che fanno politica sul territorio. La trasformazione di forza italia da "movimento d’opinione", da "movimento mediatico" a partito di massa e’ oggi sancita dalla nascita del "partito del popolo…".

Popolo:
Il concetto di "popolo" (volk) e’ stato uno dei pilastri dell’ideologia nazista e tuttora, il concetto fondante di ogni dottrina d’ispirazione reazionaria, neofascista, neonazista…
La parola d’ordine del Führer era "comunità popolare"-Volksgemeinschft- di cui "lo stato è l’incarnazione.

"la volonta’ del popolo e’ una grande parola; sono soprattutto i rappresentanti del popolo a doversi guardare dal profanarla o dall’usarla con leggerezza(…)poiche’ il popolo non sa’ essi sono tenuti a sapere quale sia la sua vera e reale volonta’, cioe’ che cosa e’ bene per lui."

"il popolo, preso senza il suo monarca e senza quell’articolazione dell’intero che con il monarca si trova necessariamente e immediatamente connessa, e’ la massa informe che non e’ piu’ stato…I molti, come singoli, il che si intende volentieri per popolo, sono si’ un’insieme, ma solo come moltitudine-massa informe il cui movimento e fare sarebbe, appunto percio’, soltanto elementare, irrazionale, selvaggio e terribile….

Lo Stato non esiste per l’individuo, ma,al contrario, è l’individuo che esiste per lo Stato; l’individuo esiste solo in quanto membro dello Stato. Lo "spirito del popolo" e’ l’assoluto (la sostanza dell’individuo), l’etere che ha fagocitato in se’ tutte le coscienze individuali e che trova la sua "universalita’" nello Stato la cui "personalità é reale soltanto se intesa come una persona,il monarca".

In ogni epoca storica un "popolo" incarna nel modo piu’ compiuto lo "spirito del mondo", realizza una delle sue tappe nella storia universale e per questo acquista una posizione egemone imponendo la sua forza, il suo diritto e la sua cultura agli altri popoli. Ma il "popolo" ha coscienza di questo e di se stesso solo nello Stato; lo stato e’ consapevole di questa finalita’ latente del "popolo"; solo nello stato e solo in esso il popolo ha la sua autocoscienza.
"l’autocoscienza di un popolo particolare e’ portatrice del grado di svolgimento(presente in quel periodo) dello spirito universale nella sua esistenza, ed e’ la realta’ oggettiva nella quale esso pone la sua volonta’. Contro questa volonta’ la volonta’ degli spiriti degli altri popoli particolari non ha alcun diritto:: quel popolo e’ il dominatore del mondo….

"Considerati come organo di mediazione, i ceti stanno fra il governo in generale e il popolo disseminato in individui e in sfere particolari(…)E questo affinché(…)i singoli non giungano a rappresentare una moltitudine e una turba, e non pervengano quindi a opinioni e volontà disorganiche trasformandosi in mero potere della massa contro lo Stato organico".
Lo Stato e’ dunque lo "spirito" di un "popolo" che sa e vuole se stesso all’interno di un determinato orizzonte storico-spirituale. Lo Stato non deriva la sua sovranità dal popolo ma da se stesso…Il mondo dei "bisogni", dell’economia, del lavoro rappresenta la "natura inorganica" della vita politica…

Ogni popolo incarna un momento dello "spirito"(1) transitoriamente fino a quando esaurito il suo compito non entra in una fase di decadenza e consegna il testimone, attraverso guerre e sconvolgimenti di varia natura, ad un’altro popolo ormai maturo per esprimere una nuova figura reale, una tappa oggettiva dello spirito del mondo.
"Non tutti i popoli contano nella storia del mondo. Ognuno, secondo il suo proprio principio, ha il suo punto, il suo momento. Allora esso, come sembra, esce di scena per sempre. Il suo turno non viene per caso. Cio’ che e’ storico e’ cosa nostra solo quando appartiene alla nazione  a cui noi apparteniamo…

Quando lo "spirito del mondo" comanda all’epoca di avanzare gli uomini si lasciano e devono lasciarsi determinare dallo Stato(…)se questo non deve intaccare la vita privata dei cittadini deve tutavia sottoporre a regolamentazione pianificata quegli aspetti connessi con i suoi fini.
Lo stato e’ la sostanza etica consapevole di se’, la riunione del principio della famiglia e della societa’ civile.

All’interno di questa dinamica gli individui hanno "senso" solo nel loro essere organici al "popolo" e allo "stato" che e’ la sua autoscoscienza. In queste fasi di transizione per aprire il "popolo" allo "spirito del mondo" ai suoi passaggi e superamenti spesso concorrono degli "individui" che hanno un "valore storico-universale".

Questi individui funzionano da detonatori per una metamorfosi che e’ gia’ maturata nell’evolversi dello "spirito". Questi "individui straordinari" a differenza degli "individui comuni"(persi nella conservazione del loro stato) avvertono queste evoluzioni profonde e questi cambiamenti interni allo "spirito del mondo" (Napoleone, Carlo Magno ecc) e si lasciano guidare da esso(lo "spirito" a volte,"brava talpa", continua a scavare sotto terra, prima di manifestarsi). Questi strumenti dello "spirito del mondo" sono carismatici e capaci di trascinare dietro di se’ le masse di gente comune che avvertono solo in maniera confusa e istintiva la necessita’ del superamento…della metamorfosi…

La posizione degli eroi nella storia mondiale e’ che essi dischiudano un mondo nuovo. Questo nuovo principio contrasta con quello che vigeva prima, lo dissolve; percio’ gli eroi appaiono violenti, appaiono sovvertitori della legge. Individualmente essi periscono, sebbene in altra forma, si fa’ strada e scalza l’ordine esistente.

1)Con il concetto di "spirito" hegel sostanzialmente intende il movimento storico esterno alla mente individuale. Per lui lo "spirito" e’ l’unita’ vivente del molteplice, della vita che e’ solo immediata e individuale. La vita e’ infinitamente molteplice, conflittuale, fatta di infinite relazioni; una pluralita’ di organismi, di individui e lo "spirito" e’ la sua"unita’";
questa "unita’" e’ vivente dinamica, cioe’ nasce e si evolve e articola storicamente in figure reali fino alla sua autocoscienza…Lo "spirito" e’ il nome che hegel da’ alla totalita’ del movimento del dominio della natura. Esso regge il mondo e non puo’ non avere ragione.

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la memoria vive solo quando insegna ad uccidere il proprio tempo.

Cosi’ scrisse il partigiano Umberto Fusaroli Casadei in una sua memoria:
"Vinsi tutte le guerre giuste alle quali partecipai e persi tutte le paci susseguenti, avendo ovunque i capi tradito gli ideali per i quali combattemmo."
Altro e’ morire e altro e parlare di morte. Il dolore morale ha una base fisiologica; la ferita dei sentimenti non e’ solo una metafora…

Lo stato-dell’informazione; lo stato non si e’ mai preoccupato della verita’, "ma solo di quella verita’ che gli e’ utile, o, per essere piu’ esatti, di cio’ che gli e’ utile, sia esso verita’, mezza verita’ o errore. Per lo stato sarebbe magnifico avere al suo servizio e al suo stipendio anche la verita; ma sa bene che e’ proprio dell’essenza della verita’ di non essere mai a servizio, e non prendere mai mercede."

Purtroppo la speranza che questo mondo di merda fosse maturo per la sua condanna si e’ dileguata
nella consapevoleza scettica che sia bene conoscere tutto quanto e’ accaduto essendo troppo tardi per fare qualcosa di meglio.

Si percorre inginocchiati tutta la scala dei sucessi politici.

Si chiede verita’. Ma la verita’ non e’ un ogetto. Non e’ qualcosa che si puo’ arrivere a possedere. La verita’ e’ molto piu’ semplice e molto piu’ terribile: essa e’ un accordo, che ognuno, individualmente e collettivamente, cerca senza simulazione e convenzione tra vivere, pensare, apparire e volere. Ma la verita’ di cui ci parlano i nostri "professori" ci appare come un qualcosa senza grandi pretese, "da cui non c’e da aspettarsi ne’ disordini ne’ cose straordinarie: una creatura tranquilla e benevola che si affanna a rassicurare tutti i poteri esistenti che nessuno, a causa sua, avra’ dei fastidi; in fondo non e’ che pura scienza".
Tutto oggi ha un carattere apologetico preparatorio; sembra che quel tanto di spirto che oggi e’ ancora attivo, sena essere consumato nel meccanismo degl guadagno e del potere, abbia come unico compito quello di difendere e scusare il presente e lo Stato:
Avanzano tumultuosi i tormentati schiavi delle tre M: il momento, la mentalita’, la moda:
sicche’ la mancanza di decoro e dignita’ salta davvero agli occhi e il senso di verita’ avanza per mancanza di idee.
Ciascuno e’ in fuga da se stesso. Odiamo il silenzio e ci stordiamo con la vita in societa’ dove, ognuno per aridita’ di sentimenti abilita la propria vivisezione.
Ogni parola e’ scritta inutilmente perche’ e’ solo una critica delle parole alle parole:
sulla nostra lapide scriveranno: non hanno turbato nessuno.
La memoria e’ viva solo quando insegna ad uccidere il proprio tempo.

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Io non so nulla in proposito e i giornali che leggo ogni giorno non dicono niente.

New york: "Ha lasciato cadere la spazzola, ha alzato le mani, ma la polizia ha iniziato comunque a sparare": 18 anni, Khiel Coppin, armato di una spazzola e’ stato ucciso con 20 colpi di pistola da agenti della polizia. Gli agenti erano stati chiamati ieri sera dalla madre della vittima a causa di una violenta lite familiare.
Gli agenti coinvolti dicono di aver scambiato la spazzola per capelli di colore nero che Khiel aveva in mano, per una pistola.
La polizia è arrivata al palazzo di Brooklyn dove il ragazzo viveva in un appartamento al primo piano, il ragazzo ha cominciato a urlare da una finestra; poi si è diretto verso la polizia con la spazzola in mano.
In un bigiettino trovatogli in tasca il ragazzo ha scritto: "la felicita’ e’ morte"("Happyness iz death."). Sua madre che, prima della polizia ha chiamato Interfaith Medical Center-una sorta di cervizio psichiatrico di pronto intervento, quando gli agenti sono arrivati davanti alla porta di casa sua, ha detto che suo figlio non aveva una pistola…
La madre ha pensato che il figlio volesse suicidarsi…
La polizia a New york, gasata da anni di flebo ideologiche a base di "tolleranza zero", ha perso totalmente il controllo. E questo e’ solo l’ultimo di una serie di casi di assassini gratuiti perpetrati dalle forze dell’ordine.
Il ragazzo crivellato dai colpi della polizia era nero ed abitava a Bedford-Stuyvesant, una delle aree più povere di Brooklyn. Nel quartiere a nord di Brooklyn, abitato prevalentemente da neri ed ispanici, i vicini di Coppin hanno reagito indignati.
Un testimone ha detto: effettivamente il ragazzo aveva una spazzola da capelli in mano.
 Il fratello della vittima ha detto che Kehil era un essere umano.Che vogliono giustizia perche’ quello che e’ accaduto al fratello non si ripeta per altri ragazzi di colore della citta’.
La polizia di new york che ha scambiato una spazzola per capelli nera con una pistola ha detto che il ragazzo non ha obbedito alle loro intimazioni e che verso di loro ha urlato: "avanti sparate Boom Boom Boom"…Alcuni testimoni hanno riferito che uno dei funzionari di polizia intervenuti ha urlato, inutilmente ai suoi colleghi, di cessare il fuoco.

I tempi cambiano ma le condizioni di vita delle comunita’ nere peggiorano e il razzismo continua a soffocare le loro vite.
—-
"Vedi come sono le cose nella periferia dell’impero. Io non so nulla in proposito e i giornali che leggo ogni giorno non dicono niente. Se potete denunciare il crimine, fatelo, vi prego." Leonardo Boff, filosofo e teologo brasiliano, ha reagito così quando PeaceReporter gli ha parlato di Casi di esecuzione extragiudiziale in Alagoas , il documento consegnato alla referente dell’Onu, Asma Jahangir, dalla Commissione di Difesa dei minori dell’ Ordine degli Avvocati del Brasile (Oab) e dal Consiglio Tutelare.

La relazione denuncia l’assassinio di 329 ragazzi di strada in undici mesi, dal gennaio al novembre 2003. La loro colpa: essere anche soltanto sospettati di reati minori.

Gli omicidi sono avvenuti nello stato di Alagoas, nel nord est del Brasile, una zona a prevalenza nera. Secondo l’Oab si tratta di casi quasi sempre omessi dai registri della polizia e mai affrontati in processi normali. Per nove di questi massacri, la Commissione ha accusato due gruppi chiamati encapuchados e  motopistoleros , che avrebbero agito nella zona conosciuta come Tabuleiro, alla periferia di Macerò.
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=7&ida=&idt=&idart=1512

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i morti non sono tutti uguali


(risposta a un commento-v.post precedente)

La "partita" appare a molti tifosi un’arena in cui trovano espressione i valori maschilisti che essi hanno interiorizzato nella vita quotidiana; nell’agone sportivo inoltre, questi "valori" si nutrono di se stessi con una violenza rituale e simbolica che non sopporta ne’ sconfitta’, ne’ delusione e per questo sempre pronta a trasformarsi in violenza effettiva. Nel gioco, metaforicamente, tutto si presenta come una vera e propria guerra il cui esito non e’ che la vittoria o la sconfitta in virtu’ di certe qualita’ da "guerrieri virili" come il coraggio, l’abnegazione, il sacrificio ecc messi in campo dagli attori-spettatori.
Nei primi anni ’80, in particolare, si assiste ad una crescente "militarizzazione" dei gruppi ulras che fanno sfoggio di gergo e gregarismo autoritario a tutto tondo.
Lo stadio, il calcio che per complesse ragioni storico-sociali concentrano innumerevoli tensioni sociali rappresentano  anche la forma della loro messa iin produzione. Il calcio e i tifosi ipersfruttati divengono una forma spettacolare ad alto rendimento economico.
La violenza per anni e’ stata tranquillamente accettata come parte inevitabile dello spettacolo da societa’ sportive, istituzioni e media. Quando i riflettori dei media hanno illuminato il palco aumentando in modo spasmodico la distanza tra calciatori-star e i loro sostenitori-fedeli, e tutto in nome degli affari, i tifosi hanno utilizzato la violenza anche per tentare di spostare il centro della visibilita’ dal campo alla curva.
Oggi i commentatori ufficiali dello sport nazionale per eccellenza si dilungano con filippiche sul fatto che i tifosi violenti non hanno nulla a che fare col calcio e cio’ e’ una assoluta menzogna, ma serve bene a coprire le loro responsabilita’, cioe’ che per soldi non hanno esitato a vendere la loro dignita’ professionale, a sistemarsi ben pagati nell’onda scandalistica, a fomentare odio dalle pagine dei quotidiani sportivi.
Il potere finanziario che decide lo svolgimento dello spettacolo calcio per i suoi interessi economici ha ridotto i tifosi a delle comparse, e utilizzato la loro passione a fini puramente commerciali svuotandola dalla sua forza sociale, dalla sua capacita’ di costruire spazi collettivi-umani condivisi. La distanza tra i club, i giocatori-star e i tifosi cresce a dismisura fino al punto che a questi ultimi viene chiesto solo di pagare i bilgietti, fare gli abbonamenti e stare seduti sulle gradinate senza rompere dal momento che i soldi, quelli veri, arrivano dalla pubblicita’, dai diritti televisivi. I manager dell’impresa calcio gestiscono l’attivita’ in termini economici e qui non c’e posto per le passioni se non rendono adeguatamente denaro.

Il potente rapporto tra lo sport-calcio e i "valori" maschilisti, di affiliazione gerarchica e di violenza rituale-simbolica e di violenza effettiva ha creato un terreno fertile per la propaganda di gruppi neofascisti e di estrema destra che nel loro dna politico hanno questi "valori".
Questi "guerrieri" senza guerre vere, questi "virili" senza subalterni passivi su cui esercitare il loro dominio, queste frustrate espressioni di identità maschile, che giocano la violenza e concetti fascisti come "l’onore"  per fabbricarsi un’appartenenza senza la quale la loro inconsistente individualita’  e’ pari allo zero, non trovano niente di meglio per sentirsi vivi che stare dentro il videogame-calcio. Prima manipolati redditiziamente dai mercanti poi politicamente dai loro servi.
Questi feroci idioti, senza qualcuno piu’ debole di loro a cui infliggere violenza e paura non sono nulla, allo stesso modo di quegli altri che inneggiano agli identici  "valori" di merda ma portano divise confezionate dallo stato.
Stanno tutti dentro il videogame confezionato dal potere e venduto dallo stato perche’ senza l’eccitazione fisiologica che questo gli procura sono solo dei morti viventi, non hanno battito cardiaco, non hanno emozioni.

Capisco che nessuno voglia sentire parlare della corda in casa dell’impiccato ma non si puo’ continuare a stare in silenzio sull’affinita’ elettiva che esiste tra i protagonisti dello spettacolo calcio. Speriamo che sia ancora permesso esprimere la diffidenza per certi atteggiamenti "virili" e di comando e di gerarchia di cui e’ impreganto il tifo calcistico.

Lo spettacolo stesso ha in se’, nella sua natura maschilista, un elemento di violenza latente in cui l’omosessualita’ rimossa e’ l’unica forma di eterosessualita’ acclamata.
Io personalmente non voglio avere nulla a che fare, neppure a livello virtuale, con gli uomini in uniforme, ne’ con i poveri ultras vittime-compiaciute dei primi ne’ con il loro comune principio virile del comando… Non voglio avere a che fare con gli sbirri e neppure consegnarmi, anche solo idealmente per contingenza,  a una banda di sadici che fa il saluto romano, suona i suoi tamburrelli intonando lodi al duce o ad Himmler.

Mi spiace, ma io non penso che i morti siano tutti uguali.
Non credo che chi inneggi alla morte e saluta col braccio teso sia uguale a Carlo Giuliani anche se gli assassini, oggi (oggi…e domani…e ieri? Dax?) portano la stessa divisa. Il revisionismo in tempo reale e’ fango. La menzogna e’ menzogna.
Il calco negativo e funzionale del dominio che schiuma negli stadi con le celtiche e gli striscioni contro gli ebrei e gli immigrati e gli omosessuali non ha  nulla in comune con Carlo Giuliani e con chi si batte per essere libero e per una societa’ umana e deistituzionalizzata. Nessuna contiguita’ e nessuna ambigua solidarieta’ con questi malati di fascismo!Mi fa’ veramente schifo questa diffusa indignazione sentimentale da reazionari che serpeggia a sinistra e che cancella, quasi inconsciamente, una differenza essenziale nella memoria tra chi e’ morto, assassinato dalle forze di polizia, con in corpo la forza di voler essere libero e di volere una societa’ non repressiva e chi e’ stato ucciso, sempre dalle forze dell’ordine, ma con in testa il culto dell’organizzazione del terrore fisico, morale ed emotivo.

Saluti proletari. 

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omogeneità culturale tra forze dell’ordine, ultras e neofascisti

"Lo stato d’ermergenza in cui viviamo e’ pemanente"(W.Benjamin)
(…)non dimentichiamo molte frange degli ultras neofasciste, razziste, pronte a raid punitivi e "propagandistici" contro rom, immigrati, centri sociali, attivisti dei diritti civili. Militanti di "forza nuova" arruolati negli stadi e indottrinati al grido di "viva il duce!" e "Ebrei al rogo!" esemplificano in modo semplice e chiaro che ormai le curve, i gruppi ultras sono un monocolore: nero.Uno fa l’operaio, uno e’ disoccupato, un altro e’ precario ma uniti nel "tempo libero" urlano cori neofascisti allo stadio e vanno in giro a pestare a sangue militanti di sinistra, immigrati, ebrei, gay…Gli stessi cori ingiuriosi e la stessa violenza la ritroviamo nei cosidetti tutori dell’ordine; basta ricordare Bolzaneto. Il cerchio o il cortocircuito nella sua semplicita’ e banalita’ ideologica e’ perfetto. I gruppi ultras sono, in maggioranza, intrisi della stessa triste cultura di destra che contraddistingue la formazione politico-ideologica delle forze dell’ordine. In fondo e’ una cosa risaputa che l’alto numero di neofascisti all’interno delle forze dell’ordine ha sempre fatto chiudere un’occhio e piu’ sulle violenze di destra. Continua a leggere

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ex-collettivo-fuoridaidenti



Eh lo so che quando trasmettono in televisione Parigi brucia tutti sono
lì con le lacrime agli occhi e una voglia matta che la storia si
ripeta, bella, pulita (un frutto del tempo è che «lava» le cose, come
la facciata delle case). Semplice, io di qua, tu di là. Non scherziamo
sul sangue, il dolore, la fatica che anche allora la gente ha pagato
per «scegliere». Quando stai con la faccia schiacciata contro
quell’ora, quel minuto della storia, scegliere è sempre una tragedia.
Però, ammettiamolo, era più semplice. Il fascista di Salò, il nazista
delle SS, l’uomo normale, con l’aiuto del coraggio e della coscienza,
riesce a respingerlo, anche dalla sua vita interiore (dove la
rivoluzione sempre comincia). Ma adesso no. Uno ti viene incontro
vestito da amico, è gentile, garbato, e «collabora» (mettiamo alla
televisione) sia per campare sia perché non è mica un delitto. L’altro
– o gli altri, i gruppi – ti vengono incontro o addosso – con i loro
ricatti ideologici, con le loro ammonizioni, le loro prediche, i loro
anatemi e tu senti che sono anche minacce. Sfilano con bandiere e con
slogan, ma che cosa li separa dal «potere»? Continua a leggere

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comitato di fabbrica delle cartine RIZLA

Precari: massa, i cui membri vivono in condizioni simili, ma senza entrare in molteplici relazioni gli uni con gli altri. Il loro modo di sopravvivenza-lavoro li isola gli uni dagli altri, invece di portarli ad un reciproco rapporto. L’isolamento è promosso dalle condizioni di esistenza nonostante i ricchi mezzi di comunicazione presenti nella societa’ attuale.
Il precariato non rappresenta una formazione unica ed omogenea ma e’ diviso, diffuso, molteplice, distribuito eterogeneamente nello spazio produttivo che e’ discontinuo.

Il precariato e’compartimentato fino all’isolamento competitivo per la sopravvivenza quotidiana anche se i mezzi di comunicazione-mezzi di produzione postfordisti per eccellenza, sono disponibili in fasce molto estese della societa’.
"Identita’, comunita’, struttura politica omogenea-tradizionale" non sono per la loro natura la forma di organizzazione in cui il precariato puo’ riconoscersi.
Autonomia delle lotte, autorgonazzizazione invece nella loro possibile "concatenazione qualitativa" possono, forse, rivelarsi un mezzo di organizzazione adeguato alla natura del precariato, alle sue condizioni di esistenza. Partiti, sindacati, formazioni neotradizionaliste non rappresentano un forma possibile e attualizzabile di "ricomposizione" del precariato diffuso.
Discontinuita’ dei modi e degli spazi produttivi, eterogeneita’ delle condizioni di vita, pluralita’ dei modi e dei tempi produttivi e delle forme d’esistenza: e’ evidente che la coesione e la connessione del precariato non puo’ avvenire su una piattaforma organizzativa centralizzata, statica, uniformemente strutturata…
Itinerari lavorativi al singolare, instabilità come condizione permanente, isolamento: eppure il lavoratore precario sopravvive attraverso la sua  capacita’ di creare continuamente relazioni e reti di contatti. E’ possibile che questa capacita’ orientata alla nuda sopravvivenza si trasformi in capacita’ di configurare forme di cooperazione antagoniste?
Dispersione e frammentazione sociale, intermittenza del reddito e discontinuita’ di rapporti lavorativi, eterogeneita’ di forme di esistenza: questo e’ il punto di partenza…ma non solo.
Il precariato e’, per necessita’, in continua trasformazione, in un continuo passaggio da un luogo all’altro di produzione-relazioni sociali; in questa contingenza esistenziale-sociale-produttiva come si fa’ a trovare le coordinate del conflitto? Dov’e che si "territorializza" il conflitto collettivo? fuori, dentro… il processo produttivo?

In una condizione di fluidita’ esistenziale-produttiva permanente qual’e la miglior forma possibile di "concatenazione-organizzazione"? Giustamente qualcuno afferma che la forma piu’ adeguata di organizzazione in una situazione di incertezza e instabilita’ e’ la rete…;senza struttura di comando centralizzata, aperta, capace di riconfigurarsi continuamente in base al mutare delle situazioni ecc.
Tuttavia, in questa proposta resta irrisolta una questione fondamentale: la "rete" non e’ di per se’ garanzia di egualitarismo nelle relazioni-ne’ di democrazia diretta. Le "reti" sono fatte di "sottoreti", di "nodi" che si dispongono per "consistenza" in una gerarchia sepppure ipermediata.
La "rete" e’ disseminata di dispositivi di cristallizzazione piu’ o meno potenti, di "nodi di interconnessione" piu’ influenti di altri ecc…C’e il rischio che la "gerarchia" delle strutture politiche tradizionali, con tutti i suoi cancri, venga riprodotta seppure in forma ipermediata e impersonale…in maniera non immediatamente percepibile…

Sindacato sociale? organizzazione "transindacale" sul terreno della riproduzione sociale?
Organizzazione senza dicotomie, distinzioni…tra terreno economico, sociale, culturale, politico? Inventare la macchina del passaggio dal disagio alla rivolta?

OGNUNO SEGUA IL SUO DESTINO
Ognuno segua il suo destino / non ci sarà liberazione / per chi desidera il martirio / e per chi ama la prigione / perché le dame di San Vincenzo / anche se prendono in mano il mitra / non riusciranno a fare del bene / loro non sanno più cos’è la vita. / Ognuno segua il suo destino / e non il suo proletariato / e non gli faccia dei regali / ne ha già abbastanza dallo Stato / perché ci sono troppi missionari / forse più stupidi che biechi / che regalano film muti / all’ Unione Italiana Ciechi. / Ognuno segua il suo destino / cerchi la sua individuazione / vedo più chiaro il mio cammino / il mondo non è solo una prigione. (G.Manfredi)

 

 

 

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punizione o contagio

"Agli incroci, nei giardini, sui bordi delle strade che vengono rifatte
o dei ponti che vengono ricostruiti, nei laboratori aperti a tutti, nel
fondo delle miniere che si vanno a visitare: mille piccoli teatri di
castighi. Ad ogni crimine, la sua legge, ad ogni criminale la sua pena.
Pena visibile, pena loquace, che dice tutto, che spiega, si giustifica,
convince: cartelli, berretti affissi, manifesti, simboli, testi letti o
stampati, tutto ripete instancabilmente il Codice. Scenografie,
prospettive, effetti ottici, trompe-l’oil, dilatano talvolta la scena,
la rendono piu’ temibile di quanto non sia, ma anche piu’ chiara(…)
Attorno ad ognuna di queste <rappresentazioni> morali, gli
scolari si affolleranno con i loro maestri e gli adulti impareranno la
lezione da impartire ai loro figli. Non piu’ il grande rituale
terrificante dei supplizi, ma lungo il filo dei giorni e delle strade,
un teatro severo, con scene multiple e persuasive. E la memoria
popolare riprodurra’ nei suoi discorsi il discorso austero della legge."
(M.Foucault-Sorvegliare e punire)

La "citta’ carceraria" fondata sulla "cattiveria furtiva" e sul
"castigo ragionevole" e’ stata edificata…con i suoi tribunali, le sue
caserme, le case di polizia, le dimore degli aguzzini, ospedali e
ospizi per tutte le miserie, l’industria, la stampa,, le case da gioco,
la prostituzione, il popolo morente di fame o avvolto nella corruzione,
i ricchi senza cuore, infine la guerra accanita di tutti contro tutti:
interdizione di uscire sotto pena della vita, uccisione di tutti gli
animali randagi, suddivisione della citta’ in quartieri separati, a
ciascuno la sua razione senza che vi sia via di comunicazione tra
fornitori e abitanti, se sara’ necessario uscire di casa uno alla volta
evitando ogni incontro; tra le cose infette non circolano che le
guardie, i soldati, i corvi…Ciascuno e’ stivato al suo posto, ne va’
della vita, contagio o punizione… Continua a leggere

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comportarsi da buoni prigionieri

Quando le immagini del potere eclissano la realta', e l'esperienza,
coloro che sono senza potere sono costretti a lottare contro dei
fantasmi…Nel gran baccano mediatico che si fa' intorno al cosiddetto
tema della "sicurezza" tutti gli "esperti" e i commentatori
interpellati si guardano bene dal mettere in relazione crimine e
normalita'. Eppure il crimine, o anche la devianza, non e' che una
versione potenziata della normalita'. Con la subordinazione totale
delle relazioni sociali al mercato, con l'esaltazione della guerra
sociale permanente si proclama legittimo sfruttare il prossimo,
trattarlo come un oggetto e un mezzo per soddisfare la propria
illimitata avidita di potere e di denaro. Il piacere stesso,
reclamizzato come fine ultimo dell'esistenza,  nella sua astrattezza e
unilateralita' di consumo e' affine allo sfruttamento sociale tanto che
il suo raggiungimento non si distingue dallo stupro e dall'omicidio. Il
consumo immediato di merci, di uomini e donne come di qualsiasi altro
prodotto viene presentato come il rimedio universale ad ogni tormento
ma poi si pretende sobrieta' e moderazione.

La societa' reale e'
ormai quella immaginaria. E la societa' immaginaria e' "una convivenza
immediata di uomini, che con la loro condotta, determinano il carattere
del tutto". E qui la critica reazionaria, e la politica dell'irrealta,
ha buon gioco addossando la responsabilita' ontologica di qualsiasi
crisi sociale all'individuo in se'. Qualsiasi crisi ed emergenza
sociale ridotta all'individuo permette ai borghesi di galleggiare con
la coscienza piu' o meno tranquilla, nell'orrore che gli consente di
mantenere il proprio "stile di vita": miseria, razzismo ingiustizia
sociale.
Tutte le persone di "buona volonta'" tanto di destra che di
sinistra potranno godersi la loro "posizione sociale" e il loro
privilegio nient'altro che come il riflesso delle proprie capacita'
individuali e lo sfruttamento di classe si potra' riprodurre, senza "turbamenti", anche al livello dell'esperienza personale.
La
nuda istituzione del puro e semplice dominio dell'economico che
determina la crescente impossibilita' individuale di un'esistenza
economica "autonoma", cioe' di una vita non precaria, impone ad ognuno
una mentalita' della sopravvivenza all'ombra della catastrofe
imminente…

La polizia e' odiata. L'ostilita' verso le
istituzioni della classe dominante e lo scetticismo tavolgono tutti i
"valori tradizionali".
Con la "necessita'" di abbattere il debito
pubblico poi, e' tramontata anche l'ultima traccia dell'utopia di un
capitalismo senza conflitto, di una societa' composta da "sola un'unica classe media" docile, produttiva e completamente controllata da un
ristretto centro di potere. Anche l'illusione della mobilita' sociale
non e' piu' tanto moda e infatti dalla propaganda della mobilita'
sociale si e' finiti a fare la propaganda della mobilita' aziendale e
infine della mobilita' e basta.
Quando le condizioni materiali ed
economiche per sostenere uno stato di ipnosi sociale mancano o anche
quando il costo della narcosi sociale si rivela insostenibile e la
spesa va' fuori controllo si sa' che si finisce col rispolverare,
tirandola a lucido, la vecchia ideologia custodialistico-punitiva, dal
trattamento psichiatrico coatto, all'incarcerazione generalizzata.
Che
dire? I poveri sono proprio irrecuperabili! altro che disadattati da
curare e reintegrare nell'ambito della "medicina sociale", questi sono
criminali per natura; l'unico trattamento che si meritano e' la
segregazione…

I quartieri di citta'-insettoidi senza legami
solidali, popolati da vicini estranei, da individui isolati che
sopravvivono letteralmente nel deserto sociale dell'ingiustizia
economica altro non potevano generare che mostri e fantasmi che
regolarmente vanno in onda in prima serata sui tg nazionali. Quando i
proletari non hanno il coraggio o la forza di pretendere cio' che gli
e' dovuto come esseri umani si rifugiano nella forma piu' rudimentale
della contrapposizione di ricchezza e miseria: nel crimine. Divenuti
una massa di corpi isolati e dispersi essi protestano individualmente
con un  impetuoso crescendo di delitti, rapine ed assassini, e si
mettono tanto violentemente quanto inutilmente contro l'ordine sociale.
Allora i partiti, tutti i partiti che si candidano al governo del paese
non possono che essere e presentarsi come "partiti dell'ordine" e il
"crimine" diventa funzionale al mantenimento dell'ordine costituito.
Ovviamente
e' funzionale nei limiti in cui non assume alcuna connotazione
politica, cioe' sociale per restare confinato nella patologia
individuale.

Il "capro espiatorio etnocentrato" consente di sfogare tensioni e frustrazioni sociali che potrebbero invece esprimersi altrimenti e pericolosamente in termini
di stabilita' sistemica. Naturalmente la "tolleranza zero" e la caccia
alle streghe non riguarda chi ha abbastanza soldi per permettersi il
privilegio della "devianza" e anche del crimine e  del resto l'oggetto
della disciplina e' la vita degli esclusi, dei precari, dei lavoratori
che fanno funzionare la fabbrica del profitto e non degli eccentrici
stravaganti col portafoglio pieno. Come forma di controllo sociale
accanto alle minaccie di segregazione e punizione si colloca
l'invenzione continua e lo stromazzamento di "ipocrite parodie della
liberta', della gioia, della soddisfazione", ma il modello universale a
cui bisogna adeguarsi e' quello del "buon prigioniero": adattarsi in
modo rapido e completo alla situazione". Cura e prevenzione del
disordine, del caos e del crimine prescrivono, dentro e fuori le mura
delle carceri, la stessa formula di sopravvivenza: comportarsi da
"buoni prigionieri".

Intanto, nei tribunali della seconda
repubblica risuona l'eco delle sinistre classificazioni di Lombroso
che, diceva Basaglia, hanno il chiaro scopo di tutelare i sani dai
mattoidi, dai pazzi morali, dai rivoluzionari e delinquenti politici
per passione, dagli anarchici. Ieri come oggi quelle classificazioni
puntualizzavano il desiderio di sovvertire l'ordine costituito
altrettanto solidamente difeso difeso da Lombroso e dai tribunali. In
queste definizioni non c'e posto per gli equivoci: la realta' e' che le
idee dominanti sono le idee della classe dominante, la quale non
tollera elementi che non rispettano le sue regole. Come nei regimi
totalitari qualsiasi forma di dissenso politico e' fatto passare per
un'atto criminale.
L'opposizione all'ordine costituito e' trattata
come la criminalita' comune e allo stesso tempo le tensioni sociali
 che si esprimono nella delinquenza comune non devono assumere una
connotazione politica.

nota-Genova senza di noi:
Dispensare
ricette non giova. Come scrisse una volta Basaglia, "il problema non
sono le affermazioni di principio ma mettere una pietra accanto
all'altra; questo e' difficile". Prioritaria e' comunque la
soggettivita' nella lotta quoridiana in mezzo alle contraddizioni;
"certo, l'organizzazione sociale, il potere hanno sempre la
possibilita' di recuperare le trasformazioni. Ma il potere non e'
infinito. E' molto difficile recuperare la pratica, mentre e' molto
facile recuperare l'ideologia. Allora dobbiamo stare attenti a cio' che
consideriamo rivoluzionario, che non e' creare ideologie ma riflettere
sulle cose che in pratica trasformiamo"."La nostra realta' e' ancora
continuare a vivere le contraddizioni del
sistema che ci determina  e non quella di trasformare il tentativo di
cambiare in una nuova ideologia che ci permetta di sopportare il tipo
di vita che siamo costretti a vivere". "Ogni negazione, contestazione
della realta', e' possibile nella pratica, se insieme costruisci altro:
altri modi, altri strumenti, altri progetti di vita."
"la teoria
dovra' sempre essere rovesciata nella pratica, e dalla pratica potremo
trarre teoria. Il problema e' andare a lavorare nel territorio senza
identita'. Ma l'identita' si riacquista nel momento in cui si trova la
possibilita' di conoscere i bisogni reali, quotidiani della gente. A
questo punto comincia una nuova pratica e ogni volta e' una perdita e
un'acquisto di identita'".

         

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