comitato di fabbrica delle cartine RIZLA

Precari: massa, i cui membri vivono in condizioni simili, ma senza entrare in molteplici relazioni gli uni con gli altri. Il loro modo di sopravvivenza-lavoro li isola gli uni dagli altri, invece di portarli ad un reciproco rapporto. L’isolamento è promosso dalle condizioni di esistenza nonostante i ricchi mezzi di comunicazione presenti nella societa’ attuale.
Il precariato non rappresenta una formazione unica ed omogenea ma e’ diviso, diffuso, molteplice, distribuito eterogeneamente nello spazio produttivo che e’ discontinuo.

Il precariato e’compartimentato fino all’isolamento competitivo per la sopravvivenza quotidiana anche se i mezzi di comunicazione-mezzi di produzione postfordisti per eccellenza, sono disponibili in fasce molto estese della societa’.
"Identita’, comunita’, struttura politica omogenea-tradizionale" non sono per la loro natura la forma di organizzazione in cui il precariato puo’ riconoscersi.
Autonomia delle lotte, autorgonazzizazione invece nella loro possibile "concatenazione qualitativa" possono, forse, rivelarsi un mezzo di organizzazione adeguato alla natura del precariato, alle sue condizioni di esistenza. Partiti, sindacati, formazioni neotradizionaliste non rappresentano un forma possibile e attualizzabile di "ricomposizione" del precariato diffuso.
Discontinuita’ dei modi e degli spazi produttivi, eterogeneita’ delle condizioni di vita, pluralita’ dei modi e dei tempi produttivi e delle forme d’esistenza: e’ evidente che la coesione e la connessione del precariato non puo’ avvenire su una piattaforma organizzativa centralizzata, statica, uniformemente strutturata…
Itinerari lavorativi al singolare, instabilità come condizione permanente, isolamento: eppure il lavoratore precario sopravvive attraverso la sua  capacita’ di creare continuamente relazioni e reti di contatti. E’ possibile che questa capacita’ orientata alla nuda sopravvivenza si trasformi in capacita’ di configurare forme di cooperazione antagoniste?
Dispersione e frammentazione sociale, intermittenza del reddito e discontinuita’ di rapporti lavorativi, eterogeneita’ di forme di esistenza: questo e’ il punto di partenza…ma non solo.
Il precariato e’, per necessita’, in continua trasformazione, in un continuo passaggio da un luogo all’altro di produzione-relazioni sociali; in questa contingenza esistenziale-sociale-produttiva come si fa’ a trovare le coordinate del conflitto? Dov’e che si "territorializza" il conflitto collettivo? fuori, dentro… il processo produttivo?

In una condizione di fluidita’ esistenziale-produttiva permanente qual’e la miglior forma possibile di "concatenazione-organizzazione"? Giustamente qualcuno afferma che la forma piu’ adeguata di organizzazione in una situazione di incertezza e instabilita’ e’ la rete…;senza struttura di comando centralizzata, aperta, capace di riconfigurarsi continuamente in base al mutare delle situazioni ecc.
Tuttavia, in questa proposta resta irrisolta una questione fondamentale: la "rete" non e’ di per se’ garanzia di egualitarismo nelle relazioni-ne’ di democrazia diretta. Le "reti" sono fatte di "sottoreti", di "nodi" che si dispongono per "consistenza" in una gerarchia sepppure ipermediata.
La "rete" e’ disseminata di dispositivi di cristallizzazione piu’ o meno potenti, di "nodi di interconnessione" piu’ influenti di altri ecc…C’e il rischio che la "gerarchia" delle strutture politiche tradizionali, con tutti i suoi cancri, venga riprodotta seppure in forma ipermediata e impersonale…in maniera non immediatamente percepibile…

Sindacato sociale? organizzazione "transindacale" sul terreno della riproduzione sociale?
Organizzazione senza dicotomie, distinzioni…tra terreno economico, sociale, culturale, politico? Inventare la macchina del passaggio dal disagio alla rivolta?

OGNUNO SEGUA IL SUO DESTINO
Ognuno segua il suo destino / non ci sarà liberazione / per chi desidera il martirio / e per chi ama la prigione / perché le dame di San Vincenzo / anche se prendono in mano il mitra / non riusciranno a fare del bene / loro non sanno più cos’è la vita. / Ognuno segua il suo destino / e non il suo proletariato / e non gli faccia dei regali / ne ha già abbastanza dallo Stato / perché ci sono troppi missionari / forse più stupidi che biechi / che regalano film muti / all’ Unione Italiana Ciechi. / Ognuno segua il suo destino / cerchi la sua individuazione / vedo più chiaro il mio cammino / il mondo non è solo una prigione. (G.Manfredi)

 

 

 

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