i morti non sono tutti uguali


(risposta a un commento-v.post precedente)

La "partita" appare a molti tifosi un’arena in cui trovano espressione i valori maschilisti che essi hanno interiorizzato nella vita quotidiana; nell’agone sportivo inoltre, questi "valori" si nutrono di se stessi con una violenza rituale e simbolica che non sopporta ne’ sconfitta’, ne’ delusione e per questo sempre pronta a trasformarsi in violenza effettiva. Nel gioco, metaforicamente, tutto si presenta come una vera e propria guerra il cui esito non e’ che la vittoria o la sconfitta in virtu’ di certe qualita’ da "guerrieri virili" come il coraggio, l’abnegazione, il sacrificio ecc messi in campo dagli attori-spettatori.
Nei primi anni ’80, in particolare, si assiste ad una crescente "militarizzazione" dei gruppi ulras che fanno sfoggio di gergo e gregarismo autoritario a tutto tondo.
Lo stadio, il calcio che per complesse ragioni storico-sociali concentrano innumerevoli tensioni sociali rappresentano  anche la forma della loro messa iin produzione. Il calcio e i tifosi ipersfruttati divengono una forma spettacolare ad alto rendimento economico.
La violenza per anni e’ stata tranquillamente accettata come parte inevitabile dello spettacolo da societa’ sportive, istituzioni e media. Quando i riflettori dei media hanno illuminato il palco aumentando in modo spasmodico la distanza tra calciatori-star e i loro sostenitori-fedeli, e tutto in nome degli affari, i tifosi hanno utilizzato la violenza anche per tentare di spostare il centro della visibilita’ dal campo alla curva.
Oggi i commentatori ufficiali dello sport nazionale per eccellenza si dilungano con filippiche sul fatto che i tifosi violenti non hanno nulla a che fare col calcio e cio’ e’ una assoluta menzogna, ma serve bene a coprire le loro responsabilita’, cioe’ che per soldi non hanno esitato a vendere la loro dignita’ professionale, a sistemarsi ben pagati nell’onda scandalistica, a fomentare odio dalle pagine dei quotidiani sportivi.
Il potere finanziario che decide lo svolgimento dello spettacolo calcio per i suoi interessi economici ha ridotto i tifosi a delle comparse, e utilizzato la loro passione a fini puramente commerciali svuotandola dalla sua forza sociale, dalla sua capacita’ di costruire spazi collettivi-umani condivisi. La distanza tra i club, i giocatori-star e i tifosi cresce a dismisura fino al punto che a questi ultimi viene chiesto solo di pagare i bilgietti, fare gli abbonamenti e stare seduti sulle gradinate senza rompere dal momento che i soldi, quelli veri, arrivano dalla pubblicita’, dai diritti televisivi. I manager dell’impresa calcio gestiscono l’attivita’ in termini economici e qui non c’e posto per le passioni se non rendono adeguatamente denaro.

Il potente rapporto tra lo sport-calcio e i "valori" maschilisti, di affiliazione gerarchica e di violenza rituale-simbolica e di violenza effettiva ha creato un terreno fertile per la propaganda di gruppi neofascisti e di estrema destra che nel loro dna politico hanno questi "valori".
Questi "guerrieri" senza guerre vere, questi "virili" senza subalterni passivi su cui esercitare il loro dominio, queste frustrate espressioni di identità maschile, che giocano la violenza e concetti fascisti come "l’onore"  per fabbricarsi un’appartenenza senza la quale la loro inconsistente individualita’  e’ pari allo zero, non trovano niente di meglio per sentirsi vivi che stare dentro il videogame-calcio. Prima manipolati redditiziamente dai mercanti poi politicamente dai loro servi.
Questi feroci idioti, senza qualcuno piu’ debole di loro a cui infliggere violenza e paura non sono nulla, allo stesso modo di quegli altri che inneggiano agli identici  "valori" di merda ma portano divise confezionate dallo stato.
Stanno tutti dentro il videogame confezionato dal potere e venduto dallo stato perche’ senza l’eccitazione fisiologica che questo gli procura sono solo dei morti viventi, non hanno battito cardiaco, non hanno emozioni.

Capisco che nessuno voglia sentire parlare della corda in casa dell’impiccato ma non si puo’ continuare a stare in silenzio sull’affinita’ elettiva che esiste tra i protagonisti dello spettacolo calcio. Speriamo che sia ancora permesso esprimere la diffidenza per certi atteggiamenti "virili" e di comando e di gerarchia di cui e’ impreganto il tifo calcistico.

Lo spettacolo stesso ha in se’, nella sua natura maschilista, un elemento di violenza latente in cui l’omosessualita’ rimossa e’ l’unica forma di eterosessualita’ acclamata.
Io personalmente non voglio avere nulla a che fare, neppure a livello virtuale, con gli uomini in uniforme, ne’ con i poveri ultras vittime-compiaciute dei primi ne’ con il loro comune principio virile del comando… Non voglio avere a che fare con gli sbirri e neppure consegnarmi, anche solo idealmente per contingenza,  a una banda di sadici che fa il saluto romano, suona i suoi tamburrelli intonando lodi al duce o ad Himmler.

Mi spiace, ma io non penso che i morti siano tutti uguali.
Non credo che chi inneggi alla morte e saluta col braccio teso sia uguale a Carlo Giuliani anche se gli assassini, oggi (oggi…e domani…e ieri? Dax?) portano la stessa divisa. Il revisionismo in tempo reale e’ fango. La menzogna e’ menzogna.
Il calco negativo e funzionale del dominio che schiuma negli stadi con le celtiche e gli striscioni contro gli ebrei e gli immigrati e gli omosessuali non ha  nulla in comune con Carlo Giuliani e con chi si batte per essere libero e per una societa’ umana e deistituzionalizzata. Nessuna contiguita’ e nessuna ambigua solidarieta’ con questi malati di fascismo!Mi fa’ veramente schifo questa diffusa indignazione sentimentale da reazionari che serpeggia a sinistra e che cancella, quasi inconsciamente, una differenza essenziale nella memoria tra chi e’ morto, assassinato dalle forze di polizia, con in corpo la forza di voler essere libero e di volere una societa’ non repressiva e chi e’ stato ucciso, sempre dalle forze dell’ordine, ma con in testa il culto dell’organizzazione del terrore fisico, morale ed emotivo.

Saluti proletari. 

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3 risposte a i morti non sono tutti uguali

  1. cauz. scrive:

    quindi, seguendo il tuo ragionamento “il coraggio, l’abnegazione, il sacrificio” sarebbero da catalogare come qualita’ da “guerrieri virili”, espressione della simbolica societa’ maschilista che vige nelle gradinate degli stadi.
    be’, personalmente ho trovato tanto di quel coraggio e di quella abnegazione in un gran numero di donne, tanto da far sentire me maschietto un essere piccolo piccolo al confronto. senza vedere queste donne come “espressione di valori maschilisti”. fuori e dentro gli stadi, pari pari.

    anzi, negli stadi li ho trovati pure nei bambini:
    http://it.youtube.com/watch?v=A996bDsgsoA&NR

    saluti precari.

  2. dottormeno scrive:

    e no, un fascio rimane un fascio.
    E anche la polizia lo sa, infatti non sono intervenuti domenica sera a roma.
    Se fossero stati altri a fare gli scontri a quest’ora ci sarebbero centinia di arresti in tutta italia.
    Non cadiamo in questa trappola emotiva. un fascio rimane fascio di merda

  3. birba scrive:

    I valori virili-guerrieri ci sono nel movimento ultras, ma nell’essere virile e guerriero non vedo nulla di male, come non vedo nulla di male nell’essere frocio ed effemminato, visto che sono una persona tollerante, io (vorrei poi farti presente che dietro le tante maschere che le persone indossano nella recita della vita, ci sono persone con un cuore tutte da scoprire…sempre se si ha la flessibilità mentale che ciò richiede). Per tua stessa ammissione nel movimento ultras si incanalano molti malesseri sociali (quindi la parte della società che più subisce questo sistema), certo i diretti interessati del malessere è ovvio non siano opinionisti-raffinati-benpensanti ma che siano un po rozzi non credi? (non ne faccio puramente una questione di classe ma di educazione, spesso le due cose vanno di pari passo). Non è la totalità delle filosofie di estrema destra, ne esistono di sinistra, antirazziste, apolitiche.
    Dici tanto che sono servi, ma la pratica ti smentisce, tantè che viene contestato il reato di terrorismo.
    Sui tuoi distinguo sulla morte, le persone che lo conoscevano mi hanno detto che era un amore di ragazzo. Quando è morto Carlo Giuliani ricordo che in curva nord campeggiava uno striscione “ideali diversi, onore a Carlo Giuliani”, ti dico ciò non per farti diventare della lazio ma perchè di fronte all’arroganza del regime il vero ribelle non rimane trincerato in certi schemi.

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