Stato d’emergenza-Stato d’eccezione-Stato di polizia

(ASCA)-Roma, 25 lug – ”Di emergenza in emergenza, il governo continua ad alimentare la paura anziche’ risolvere i problemi. Dopo la blindatura della giustizia con l’immunita’ per il capo del governo e dopo la militarizzazione dei cassonetti e della manovra Finanziaria, ecco lo stato di emergenza in tutto il paese per gli immigrati”.

Ad affermarlo e’ Rosy Bindi (Pd), vicepresidente della Camera, che aggiunge: ”Ma dove sono le masse di clandestini che premono alle porte delle nostre citta’? E quali sono i rischi per l’ordine pubblico? La realta’ per questo governo non conta. Conta invece l’effetto degli annunci che servono a giustificare un clima da Stato di polizia, piu’ o meno palese. Si crea l’illusione che gli immigrati siano il problema numero uno, dimenticando il contributo di tanti lavoratori extracomunitari, e copre cosi’ l’incapacita’ di rispondere alle difficolta’ economiche e sociali di milioni di famiglie”.

Stato d’emergenza-Stato d’eccezione-Stato di polizia

Un colpo di Stato non necessariamente comporta l’uso della violenza armata ed esso puo’ verificarsi in maniera "soft" attraverso pressioni che inducono il potere legislativo a prendere provvedimenti che esaudiscono le richieste dei potenziali golpisti al di la’ delle regole democratiche, costituzionali ecc.

Gelli in un’intervista rilasciata nel febbraio 1996 all’Indipendente dichiaro’, parlando di Berlusconi: «Ha preso il nostro Piano di rinascita e lo ha copiato quasi tutto», Il Piano di rinascita democratica era il programma politico della P2.

Anche senza assoldare manipoli di uomini in "camicia nera" si puo’ istituire un regime autoritario.

Nel 1968 Edward Luttwak, teorico del "turbocapitalismo", pubblico’ "Strategia del colpo di Stato" (editore Rizzoli). Alcuni passi:

"Il colpo di Stato non deve essere necessariamente assistito dall’intervento delle masse né, in grado significativo, dalla forza di tipo militare. […] Se un colpo di Stato non fa uso delle masse e delle forze armate, quale strumento di potere si userà per prendere il controllo dello Stato? La risposta, in breve, è la seguente: il potere verrà dallo Stato stesso".

"La prima condizione preliminare per un colpo di Stato è la seguente: le condizioni economiche e sociali del paese bersaglio devono essere tali da limitare la partecipazione politica a una piccola frazione della popolazione"

"Se i burocrati sono collegati alla leadership politica, la presa di potere illegale deve avere la forma di una ‘rivoluzione di palazzo’, ed essenzialmente consiste nella manipolazione della persona del governante. Egli può essere obbligato ad accettare politiche e consiglieri, può essere ucciso o tenuto prigioniero, ma tutto ciò che accade nella rivoluzione di palazzo deve essere condotto solo ‘all’interno’ e da ‘interni’".

"Tutto il potere, tutta la partecipazione, è nelle mani di una piccola élite istruita, benestante e sicura, e quindi radicalmente differente dalla vasta maggiornaza dei suoi concittadini – praticamente una razza a parte".

"Il nostro strumento sarà il controllo dei mezzi di comunicazione di massa. […] Le trasmissioni radio e televisive avranno lo scopo non già di fornire informazioni sulla situazione, bensì di controllarne gli sviluppi grazie al nostro monopolio sui media".

Ad un convegno svoltosi dal 3 al 5 maggio ’65 all’hotel Parco dei Principi di Roma, organizzato dall’istituto di storia militare "Alberto Pollio". In alcune "relazioni" si parla di guerra psicologica, di tecniche della guerra rivoluzionaria, di gruppi addestrati al "controterrore". In pratica, si ipotizza la creazione di uno stato di perenne tensione nel paese, con l’obiettivo di favorire una svolta autoritaria…

La storia non si ripete, mai uguale, ma si ripete…

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no job, no income, no assets/nessun reddito, nessun lavoro, nessuna garanzia

Il presidente degli USA dallo studio ovale posizionato nel
parallelepipedo bianco di Washington, nel corso di una conferenza
stampa, dopo aver precisato di non essere ubriaco, ha affermato: "Il
sistema bancario è solido, anche se le famiglie americane stanno
affrontando un periodo difficile". Ad ogni modo, al di la’ delle sue
rassicurazioni sullo stato dell’economia, nello stato piu’ popoloso
degli Usa, la  California, "molti comuni hanno creato dei
parcheggi speciali dove chi ha perso la casa potrà recarsi
la notte per
dormire in macchina. A motori spenti, perché il carburante
ha già costi
inaccessibili." Il signore Bush nel mentre dichiarava che il sistema
bancario Usa e’ fondamentalmente solido ha invitato il Congresso
ad approvare "in tempi rapidi" il piano di salvataggio delle due
societa’ semipubbliche che finanziano e assicurano circa la metà
dei mutui casa statunitensi: Fannie Mae e Freddie Mac. Dopo il
fallimento-commissariamento di Indymac bank, dopo che il Tesoro
americano e la Fed hanno salvato Bear Stearns, gli investitori
 passano il tempo a scommettere su quali saranno le prossime
banche a dichiarare bancaratta.

L’economia globale è in "un momento molto difficile",
in Italia le cose vanno anche meno bene, ma Brunetta ministro
della funzione pubblica, nonche’ consulente economico personale del
berlusca, dichiara alla stampa: <<Non facciamo i piagnoni, per
favore. Non diciamo che le famiglie in
Italia non arrivano a fine mese. Evitiamo una crisi di fiducia,
perché
l’economia reale va, c’è dinamismo nel Paese. Non sottovaluto i
segnali
critici ma non drammatizzerei. Basta guardare le piccole aziende e il
dato dell’aumento dei posti di lavoro>>.

Nel resto del mondo cresce il panico; i titoli bancari cadono ai minimi
storici, le borse bruciano miliardi di dollari in pochi giorni di
contrattazione; le autorita’ monetarie americane non riescono a
rimettere in equilibrio il sistema. In epoca di neoliberismo selvaggio, per il momento,
e’ l’intervento pubblico ad evitare il collasso del sistema creditizio
e finanziario: alla faccia dell’ideologia del libero mercato…

Il fondamentalismo del mercato, questa religione del denaro, nonostante
l’imminenza di un disastro finanziario globale, impone ai suoi
discepoli di recitare il mantra di Mlton Friedman: il sistema
capitalistico e’ un sistema stabile.
Questa
cosa Friedman l’ha ripetuta continuamente sin da quando alla sua scuola
si formarono
gli economisti di quel regime di torturatori guidato dal generale
Pinochet in Cile…Il mercato si "autoregola"…la "mano
invisibile"…: ci manca solo lo "spirito del mondo" e quello santo per
fare dell’economia una vera e’ salda scienza…

Inflazione. Eccesso di speranze ed illusioni.
Puoi scommettere su tutto, sulla crescita o sul fallimento, sulla pace
o sulla guerra, sul bello e sul cattivo tempo(x). Le banche centrali lavorano tutte in modalita’ panico.
La Federal Reserve statunitense, ma non solo-vedi Bce, per evitare il
collasso finanziario, salvare gli insolventi-evitare effetti domino,
continua ad iniettare liquidita’; le banche sono assetate: il mercato
viene inondato di denaro, cosa che comporta un irrimediabile aumento
dell’inflazione: a questo punto i maghi della finanza e i governi
annunciano che per evitare che il genio dell’inflazione esca fuori
dalla lampada bisogna contenere i salari…che bisogna scongiuraree
"l’esistenza di forme di indicizzazione delle retribuzioni nominali ai
prezzi al consumo che comporterebbero il rischio di shock al rialzo
sull’inflazione; cio’ innescherebbe una spirale prezzi-salari con
ricadute negative sull’occupazione e sulla comptitivita”’.
Tradotta in soldoni, questa formula ci dice che la speculazione
finanziaria, ieri sui mutui e oggi sulle materie prime, per non parlare della "finanza creativa", ha creato una
situazione disastrosa tale che per evitare il panico e i crolli e i
fallimenti delle istituzioni finanziarie le banche centrali sono
costrette ad ennegare i mercati di denaro: che crea inflazione: che la
devono pagare i lavoratori…Non fa’ una piega…

Forse, prima di mettersi ad accerchiare improbabili "grandi del mondo"
e altrettanto improbabili organismi internazionali di governo, i
cosiddetti "movimenti" dovrebbero accerchiare e assaltare le banche, le
borse, le istituzioni finanziarie internazionali. Ad esempio a Karachi,
Lahore e Islamabad gli "investitori/risparmiatori" (non erano dei "no
global") hanno attaccato le borse cercando di distruggerle…

Come si suol dire, “no job, no income, no assets”/"nessun reddito,
nessun lavoro, nessuna garanzia".

La
politica monetaria espansiva, soprattutto americana, si estende, quasi
automaticamente, ad altre aree del mondo spingendo l’inflazione verso
livelli a due cifre. La Bce dal canto suo si limita a contrastare gli
effetti  della "spirale
prezzi-salari innescata dai rincari delle materie prime": cioe’
impedisce alle "parti sociali" di recuperare il potere d’acquisto perso
a causa della speculazione sulle materie prime.
E allora, come se non bastasse quanto gia’ fatto: Dolorosi tagli alla spesa sociale.
Sobrieta’. Crisi finanziaria-Recessione economica-Aumento della
disuguaglianza sociale:
Bisogna
ri-finanziare i finanzieri…E’ necessario dare inizio ad un ciclo di
distruzione per rimuovere gli attuali ostacoli all’accumulazione
capitalista. Il collasso ci sara’, e non riguardera’ il capitalismo ma
tre quarti dell’umanita’.
"AAA"

Deregulation-Euforia-Crisi-Ri-regolazione…Il capitalismo senza crisi
non esiste. La  "speculazione"
è endemica nel capitalismo.
Il sistema
finanziario è una vasta struttura di
sfruttamento dove i capitalisti si rappresentano come i creatori assoluti della ricchezza; dove  l’ accumulo della ricchezza sembra verificarsi senza alcun coinvolgimento diretto nella produzione. Ma il
capitale finanziario distribuisce  ridistribuisce le
eccedenze di valore creato nel processo di produzione reale. Per
quanto vaste
e "creative" possano essere, le reti finanziarie in ultima istanza dipendono dalla produzione e dai tassi di profitto. Il
volume di "capitale fittizio" è aumentato in modo enormemente
più veloce rispetto al volume di capitale "reale". Non e’ una
distorsione. La finanziarizzazione del capitale rappresenta la massima
socializzazione del rapporto capitalistico di produzione. Biofinanza?

La
finanziarizzazione del capitale e’ stata una potente leva  per la
generalizzare la subordinazione della vita al lavoro, per imporre la
mercificazione di ogni attivita’ umana, per imporre il principio del
valore di scambio, questa relazione sociale di sfruttamento all’intera
societa’, all’essere, contro ogni forma vitale che ha tentato e tenta
di superare questi limiti…
il lavoro vivo e’ inconmensurabile….il salario, il salario sociale e’ il potere della classe operaia contro il lavoro.
———————–

"la conclusione delle crisi storiche ha costituito non solo l’inizio
delle espansioni economiche, ma anche delle successive crisi. Ciascuna
crisi si basava non solo sulle precedenti espansioni e crisi, ma anche
sui modi in cui le crisi passate venivano risolte attraverso specifici
processi di ristrutturazione del capitale, lotte sociali e
ricomposizioni di classe, intervento statale nonche’ cambiamenti nel
mercato mondiale, nelle relazioni politiche internazionali e nella
divisione internazionale del lavoro. Un forte filo di continuita’ nel
cambiamento e’, dunque, intessuto nella storia delle crisi
capitalistiche. Piu’ specificatamente, le <soluzioni> alle crisi
passate sono divenute i <problemi> di quelle successive."

" (…) il capitalismo politico, la  fabbrica sociale e la
societa’ amministrata sono divenuti dei limiti a se stessi. La crisi
risultante e’ stata, dunque, una crisi della relazioni del capitale con
la classe operaia in particolare e con lo Stato e la societa’ in
generale.(…) lo sviluppo del potere della classe operaia  e’
divenuto un ostacolo per le forze di produzione ed il processo di
accumulazione. Si ritiene che esistano al riguardo tre forme di
contrattacco capitalistico.  Le prime due consistono
nell’espellere lavoro vivo dalla produzione. La terza comporta la
suddivisione delle unita’ manufatturiere e la sostituzione
dell’esercito industriale di riserva provenienti da ogni parte del
mondo e, quindi, la frantumazione della forza lavoro(…)

la prima forma di contrattacco capitalistico puo’ essere descritta come
sostituzione  del lavoro pagato con lavoro non pagato sotto forma
di servizi autoprodotti, ad esempio self-service al ristorante,
distributori automatici di benzina, telecomunicazioni, ritiro di auto
nuove direttamente dalla fabbrica ecc…

Il secondo contrattacco capitalistico e’ la ristrutturazione del
capitale sotto forma di automazione o di processo di produzione
integrato, di miniaturizzazione dei processi produttivi e via dicendo,
fattori che trasformano gli operai occupati in popolazione
<eccedente> disoccupata per periodi piu’ o meno lunghi. A sua
volta, il lavoro eccedente ricrea le condizioni per la riproduzione del
piccolo capitale, che si regge su elevati tassi di sfruttamento e
flessibilita’ massima nell’uso della forza-lavoro, condizioni che si
determinano sia spontaneamente sia attraverso le strategie di
subbappalto messo in atto dalle grandi imprese. Gli operai impiegati
dal piccolo capitale, dove non esistono <regole di lavoro ben
precise fissate  dal padrone> ne’ sono riconosciuti i diritti
dei lavoratori, costituiscono il cosiddetto segmento secondario del
lavoro <che non e’ condizionato ne’ gravato da strutture
occupazionali o vincoli istituzionali>.(…) Una delle conseguenze
della riproduzione del piccolo capitale e’ la nuova divisione e
segmentazione della classe operaia che viene accresciuta dalla
internazionalizzazione della produzione, dalla marginalizzazione di una
quota della popolazione urbana e dallo sviluppo dell'<economia
informale>. Un’altra conseguenza  e’ che i costi dei
cambiamenti economici e sociali (cioe’ la variabilita’ del capitale e
della riproduzione sociale) vengono fatte ricadere sui gruppi
ascrittivi sovra-rappresentati nel settore del piccolo capitale, ad
esempio donne, giovani, pensionati ecc., nonche’ gruppi etnici che
svolgono piccole attivita’ commerciali e lavori in subappalto.(…)

Il terzo contrattacco capitalistico nella lotta contro la classe
operaia industriale consiste nell’arruolare <operai clandestini>
e donne sposate e, comunque, operai provenienti dal Terzo Mondo
servendosi della <crescente segmentazione in fasi separate,
specializzate o coordinate (attraverso il subappalto) di processi
produttivi una volta integrati>, in breve servendosi della
interregionalizzazione ed internazionalizzazione del circuito
produttivo del capitale>.

Queste misure sono da considerare una completa benedizione per il capitale?

L’integrazione degli operai nelle funzioni del sistema, cioe’ che i
singoli operai e quadri vivano la propria vita in conformita alla legge
del valore o che il feticismo delle merci  e del capitale e
l’individualismo capitalistico siano universali. L’integrazione delle
funzioni del sistema, senza il dominio sociale sugli operai e la loro
integrazione in queste funzioni, e’ una vuota astrazione o una teoria
astratta.(…) l’integrazione sociale, la legge del valore non puo’
produrla da sola.(…) l’integrazione reale delle persone reali nelle
funzioni del sistema, richiede una qualche forma di legittimazione
sociale e di consenso politico.(…)

tradizioni, simboli, forme di legittimazione differenti svolgono
ovviamente un ruolo piu’ o meno rilevante nelle diverse congiunture
storiche(…) morali, forme di sensibilita’ estetica sono armi nella
guerra di classe.
Talvolta le forme di legittimazione sono costruite politicamente o
appaiono sul mercato come prodotti dell’industria culturale.(…)

La mercificazione dei bisogni tende a creare crisi economica, e allo
stesso tempo mina la capacita’ della societa’ di riassorbire la crisi,
per il sovvertimento delle infrastrutture sociali tradizionali, che una
volta funzionavano come <ammortizzatori della crisi>.(…) la
produzione di bisogni illimitati presupponeva che la classe operaia e i
lavoratori dipendenti fossero materialmente liberi da tutti i modi
abituali di vita, incluso i modi precapitalistici e semicapitalistici
di lavoro, e cioe’ che vi fosse una rottura con i modelli rigidi di
consumo, associati con l’epoca della manifattura, il lavoro artigiano,
le comunita’ etniche, la parentela, e l’indivisibilita’
sociale…ecc.(…)

La mercificazione <piena> della forza-lavoro, della produzione e
della soddisfazione dei bisogni presupponeva il sovvertimento della
famiglia, e la separazione degli uomini dalle donne, dei giovani dagli
anziani, dei sani dai malati ecc.
Una quota crescente dei costi totali e delle spese di riproduzione
della societa’ venne a cadere sul capitale e sullo Stato.(…)

l’intero processo di produzione economica…ha prodotto una crescente
socializzazione degli esseri umani. La stessa socializzazione e’
divenuta un bisogno umano fondamentale…D’altra parte, in condizioni
di alienazione, questa socializzazione e’ sempre associata con il
bisogno contemporaneo di liberarsi di essa e ritirarsi in forme private
di esistenza..
Questa e’ una causa della frammentazione ultra-individualistica del
mercato di massa in base all’eta’, all’occupazione, al gruppo etnico
ecc. La proliferazione dei mercati segmentati, della diversificazione
di prodotto, dei cambiamenti di stile e delle <rivoluzione> delle
confezioni delle merci hanno funzionato come ideologie di controllo
sociale, alla stessa stregua dello status occupazionale, dei gradini
della carriera, del professionismo e cosi via, e cioe’ dei meccanismi
che sono serviti a controllare la classe operaia e i lavoratori
dipendenti entro la produzione….Le spese di capitale variabile
coprivano non solo il cibo, il vestiario ecc, ma anche i sogni e le
fantasie, e le loro conseguenze da incubo, sulle quali erano fondati i
moderni processi di riproduzione.(…)

la soluzione al problema della crisi di realizzazione si e’ trasformata
in un nuovo problema di produzione di plusvalore e di utilizzazione
improduttiva del plusvalore prodotto, e cioe’ il soddisfacimento in
forma mercificata dei bisogni della classe operaia, e soprattutto dei
lavoratori dipendenti ha provocato un aumento della forza-lavoro. A sua
volta, la crescita dei costi di riproduzione ha diminuito il saggio di
sfruttamento e il saggio reale di profitto(…)
Le contraddizioni dei moderni processi di riproduzione, in particolare
l’incapacita’ del sistema a concretizzare i sogni e ripagare le
angosce, possono essere considerati elementi centrali delle moderne
tendenze della crisi economica.
Per far funzionare il sistema, serviva un’ampia struttura creditizia, pubblica e privata e l’inflazione.

(…) la contraddizione tra accumulazione e legittimazione divenne sempre piu’ acuta
(…) la politica economica mina i valori e le norme tradiizionali
d’integrazione sociale, come il patriarcato e il rispetto
dell’autorita’. Il Keynesismo ha avuto conseguenze dirette
sull’integrazione sociale. La sua cobnseguenza diretta e’ stata il
capovolgimento dei valori tradizionali, attraverso la risocializzazione
dei giovani o di altre categorie sociali sulla base della cultura del
consumo. La sua conseguenza indiretta e’ stata espandere i servizi
sociali non mercificati e, quindi, spersonalizzare e politicizzare
tematiche sociali e lotte sociali…(…)
la spesa in welfare insieme al consumo sociale e al credito, ha rotto
il legame tra i salari e gli stipendi anticipati dal capitale privato e
l’ammontare del prodotto sociale appropriato dalla classe operaia e dei
lavoratori dipendenti, il che ha indebolito la la capacita’ economica
del sistema di produrre plusvalore.(…)

i meccanismi sociali disciplinari piu’ importanti e il controllo del
capitale sull’offerta di forza-lavoro erano indeboliti e minacciati.
Proprio in un periodo (anni ’70) in cui i capitali in concorrenza tra
di loro richiedevano piu’ innovazione di prodotto e di processo, le
modifiche della divisione sociale e industriale del lavoro, la maggiore
flessiblita’ e mobilita’ del lavoro, la critica implicita ma
generalizzata, dei rapporti capitalistici di produzione e consumo, da
parte della classe operaia affievoliva la capacita’ del sistema
all’innovazione, alla flrssibilita’, alla mobilita’.
questa contraddizione, e le sue conseguenze per la produzione di
plusvalore e l’accumulazione di capitale, aiuta a spiegare la duplice
ossessione del capitale negli anni ’80: riattivare gli incentivi
economici e le motivazioni sociali, accrescere la produttivita’ del
lavoro e rimettere ordine nelle caotiche condizioni della vita sociale.
Questa ossessione sembrava far da sfondo sia all’impressionante
emergere, alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80, delle
ideologie neo-liberiste e neo-conservatrici, sia alle nuove idee,
proposte da alcuni uomini politici, uomini d’affari e responsabili
dell’intervento pubblico, per ristrutturare i processi di produzione e
di riproduzione secondo indirizzi esplicitamente piu’ sociali.(…)

La chiave della ristrutturazione del capitale e’ quindi divenuta la
ristrutturazione dello stesso sistema politico e dello Stato.
Nell’ottica del grande capitale il concetto di <crisi> e’ stato
usato percio’ sempre piu’ come una manovra ideologica per legittimare i
mutamenti del sistema politico e la riorganizzazione delle strutture e
delle politiche statali….
(…)

Negli anni ’80 il processo di ristrutturazione del capitale e’
diivenuto cosi’, prima di tutto, una questione sociale , politica ed
ideologica-questione che la crescita della classe operaia e dei
lavoratori dipendenti e la struttura delle imprese capitalistiche hanno
reso sempre piu’ difficile da risolvere, in modo non ambiguo, a favore
del capitale conservando, allo stesso tempo, la forma e le pratiche
liberal-democratico-borghesi(…) dei numerosi strumenti potenziali di
soluzione della crisi, il piu’ efficace-ma anche di piu’ difficile
applicazione-e’ stato l’insieme dei programmi di riorganizzazione delle
condizioni sociali di produzione delle merci, di riproduzione della
forza lavoro, della classe operaia e dei lavoratori dipendenti e la
natura della concorrenza capitalistica al fine di ridurre gli esborsi
di capitale variabile, di ridurre cioe’ i costi di riproduzione della
forza-lavoro. L’ascesa del neoconservatorismo e del neo-liberismo negli
anni ’80  rivela crudamente gli ostacoli sociali, politici e
ideologici a soluzioni stataliste e corporative e al problema della
ristrutturazione e della programmazione della vita sociale  e
materiale…"(1)



1-james o’connors-individualismo e crisi fiscale dello stato

x)
Cartolarizzazione: chi emette un prestito non e’ lo stesso che deve
recuperarlo: il soggetto che emette il prestito lo rivende
immediatamente sui mercati finanziari. Duqnue, perche’ perdere
tempo a valutare l’affidabilita’ del cliente?
Titoli garantiti da ipoteche.

Se
fai
l’agricoltore, nel 2008 ti puoi vendere gia’ il raccolto del 2009, il
frutto virtuale del tuo lavoro virtuale: futures-derivati:
Ottieni
dei soldi perche’ qualcuno scommette per te e rischia soldi non suoi,
ma degli "investitori",
risparmio e fondi pensione di
milioni di cittadini
,
giocando sulla previsione che il raccolto, ammesso che ci sia, sara’
buono o cattivo e che ci sara’ un certo prezzo per il tuo prodotto
agricolo.
Capitale fittizio. Espansione apparente di capitale.
Circa
un terzo del totale dei profitti negli Stati Uniti sono 
profitti
finanziari.

Crack, collasso, fallimento, crisi, crollo, paura, caduta, tilt,
perdite…Incubo d’insolvenza, timori, bancarotta, giornata nera, fantasmi,
nervosismo, recessione, "zona orso", tensioni, panico, ribassi, brutti
segni, tracollo…Allarme. Caduta libera. Bufera.
Rumor. Brusco ritotno alla realta’. Tagli. Profondo rosso. Brutte
notizie. Alle corde. Piani straordinari. Spettri. Sfiducia reciproca.
Sovraindebitamenti. Tunnel. Prestiti a rischio.
Speculazioni. Bolla. Crisi alimentare. Miliardi di poveri affamati: la
fame puo’ essere redditizia. La produzione alimentare continua ad
essere superiore alla crescita della popolazione…

Le "inesorabili leggi del mercato". La mano invisibile.
Deregolamentazione finanziaria.
Articolo
56 del trattato di Lisbona: vieta tutte le restrizioni sui flussi di
capitale.

Crash.
"Le
autorità americane sono state costrette a rilevare la
IndyMac
Bank,
una delle principali casse di risparmio americane specializzate in
mutui.Il collasso dell’istituto, consumatosi nella notte, e’ uno dei
piu’ grandi fallimenti bancari nella storia degli Stati Uniti"
Fannie Mae e Freddie Mac che finanziano e assicurano circa la
metà dei mutui casa statunitensi sono a rischio "insolvenza",
Citibank e JP Morgan pure…

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All’insaputa del popolo italiano l’italia e’ in guerra

All’insaputa del popolo italiano l’italia e’ in guerra…, la notizia nell’afa estiva non ha avuto piu’ risalto dei culi e delle tette passate tra un cadavere e l’altro nei cine-giornali nazionali. La cosa non ha scandalizzato, indignato, fatto incazzare quasi nessuno: Sui telegiornali passano qualche “efferato omicidio”, info sul fronte interno e la guerra razziale contro le minoranze, corsi sulla seduzione, informazioni su come abbronzarsi senza scottarsi, dichiarazioni dei topi di Tremonti messi a guardia del formaggio, il gossip…, il duello tra l’impunita’, istituzionalmente ratificata, di Berlusconi e le battue di Di Pietro…Berlusconi che si lamenta dei media e fa controinformazione…

E’ probabile che negli antri piu’ bui delle redazioni gli specialisti delle commemorazioni si allenino gia’ a simulare il dolore e la commozione collettiva per quando torneranno le prime bare dall’ Afghanistan. Per conto mio, lo dico con largo anticipo, non staro’ fra quelli che agitano bandierine tricolori e versano lacrime per gli eroi. E neanche fra quelli che scrivono future per mancanza di idee sensuali sulla pace, sulla guerra, sull’amore, sulla vita e sulla morte.

I militari italiani di stanza in Afghanistan hanno compiuto “nel 2007 almeno dieci operazioni”. Si tratta di azioni che “sono tutte avvenute all’interno del settore ovest di competenza italiana”.

Adesso è ufficiale. Ma prima lo ignoravamo. I militari italiani-nello specifico la Task Force 45-impegnati a Farah, nel sud dell’Afghanistan, da un anno combattono contro i gueriglieri talebani. Finora ci hanno mentito. Il “popolo”, tanto blandito da destra che da sinistra, non deve sapere se il suo paese e’ impegnato in operazioni di guerra. Questa bugia di Stato trova conferma, ove fosse necessaria(1), nelle parole del ministro della guerra Vincincetorge, cioe’ di Ignazio La Russa, nel corso della visita alle truppe dislocate in Afghanistan.

L’extraterritorialita’ democratica delle operazioni dei militari e delle istituzioni rappresentative del “popolo” in materia di guerra e pace viene cosi’ giustificata:

“Il governo Prodi ha tenuto giustamente questa informazione riservata. Lo avrei fatto anch’io al posto di Prodi. Oggi però confermiamo che i nostri militari hanno partecipato ad azioni anche di combattimento, hanno salvato vite umane di militari appartenenti ad altri contingenti e neutralizzato attentati.”(…) “I soldati italiani lo fanno e lo vogliono fare al meglio; per questo mi hanno chiesto altri elicotteri e tre elicotteri saranno inviati entro novembre insieme ai rinforzi di cinquecento uomini.” (…) “Sarebbe necessario avere molti più elicotteri  innanzitutto per migliorare gli spostamenti e anche per superare il problema delle tante mine disseminate sul terreno”.

La Russa aggiunge ancora: “Non è che le operazioni di combattimento siano state nascoste dal governo precedente: sicuramente non sono state evidenziate. Non credo che Parisi (Ministro della difesa del Governo Prodi) le abbia nascoste. Probabilmente non c’è stata la domanda e quindi non doveva esserci la risposta”.

Dal momento che nessuno ha fatto domande(sic!), per quale motivo rendere consapevole un paese e il suo parlamento della partecipazione ad operazioni di guerra dei suoi soldati in territorio straniero? Segreto, menzogna, occultamento della verita’ non sono una novita’ nella politica italiana ora pero’ diventano normalita’ nel rapporto governanti e governati.
Una democrazia d’elite? Dissimulazione, inganno di Stato, tutto e’ moralmente lecito in nome di fumosi “interessi generali”…

Ad Herat è arrivato un altro elicottero Mangusta mentre una compagnia di fucilieri della Brigata Friuli e’ stata inviata a Delaram. “Ho firmato proprio in questi giorni e i nuovi caveat sono diventati operativi, ha detto il ministro la Russa aggiungendo che “Il caveat (risposta del governo italiano sull’uso dei militari da parte del comando Isaf) rimane abbiamo ridotto però il tempo della risposta da 72 a 6 ore svuotandolo così della valenza negativa che ha dato agio ad una sorta di minor considerazione del nostro contingente”. E gia’, il prestigio prima di tutto…

La liberta’ d’informazione, il diritto dei cittadini ad essere consapevolmente informati e’ uno dei “cardini” dei regimi democratici, cosi’ ci raccontano, ma ne’ i giornali, ne’ il governo ci hanno detto, fino ad oggi, che i militari italiani erano impegnati in combattimenti contro i talebani nella zona di Farah (Farah è una zona di confine con le province meridionali dove i talebani fanno spesso incursioni). Il ministro della pace La Russa ha sottolineato che «non è che improvvisamente siamo diventati guerrafondai: è che prima non si diceva»
Ad agosto l’Italia lascerà ai francesi il comando della regione centrale e circa 500 militari e tre elicotteri verranno riposizionati nella zona di Farah (il numero degli italiani salirà dagli attuali 160, circa la metà sono forze speciali, a 480 unita’. Un’ ottantina di uomini sono a Delaram). “Dobbiamo controllare un territorio enorme…ho a disposizione la metà degli uomini impiegati per garantire l’ordine pubblico in una partita Roma-Lazio”, si e’ giustificato il comandante della regione Ovest, generale Francesco Arena.

Riguardo alla possibilità di inviare in Afghanistan fino a quattro aerei Tornado italiani (con soli compiti di perlustrazione e non di sostegno: ci credete voi?)il ministro ha detto di essere “personalmente favorevole, ma deciderà il governo… stiamo facendo i conti” (costo:15 milioni di euro per tre mesi). Avete mai visto dei tornado, caccia da guerra, utilizzati con compiti di “perlustrazione”?

All’insaputa del popolo italiano l’italia e’ in guerra…
Vincingetorge cultore dei cine-giornali d’epoca dell’istituto luce ha dichiarato: “Sono commosso i militari non mi hanno chiesto soldi o licenze, ma mezzi per rendere piu’ efficiente ed efficace il loro lavoro”. Il ministro ci ha dato due informazioni, una ci dice che ai militari piacciono gli elicotteri e i tornado piu’ delle licenze e dei soldi e l’altra ci dice che la guerra e’ un lavoro (infatti, i militari non lavorano gratis).

Dai rapporti forniti dai comandi afghano e statunitense appare chiaro che da almeno meta’ maggio in tutto il settore ovest (dove ci sono i militari italiani) i combattimenti sono all’ordine del giorno. Alla fine dello stesso mese le forze americane e afghane hanno scatenato l’Operazione “Bazar di spade” per arginare le forze talebane nei distretti di Bakwa, Bala Buluk, Delaram e-Kakh-i-Sefid…Nello stesso periodo il ministero della difesa italiano ha parlato solo di “azioni umanitarie”, aiuti forniti dai militari italiani alle popolazioni locali senza fare cenno alcuno ai combattimenti in corso nell’area sotto il comando italiano.

Naturalmente, sempre per proseguire nell’opera di pacificazione dell’afghanistan la coalizione internazionale sostiene una casta di potenti che la parlamentare afgana Malalai JoyaIl, (prima minacciata di morte, poi sospesa dal parlamento afghano-2007-, per la sua battaglia contro i signori della corruzione e della guerra…) nel 2003 aveva cosi’ condannato, senza appello, nell’assemblea eletta per scrivere la nuova costituzione del paese:

“Sono tutti criminali, niente altro che criminali, e voi li avete portati qui”-aveva detto, rivolta agli americani e all’allora presidente provvisorio Hamid Karzai, nel dicembre 2003 nel corso dell’Assemblea che aveva l’obiettivo di disegnare il futuro del Paese. :

“Con il permesso degli stimati presenti, in nome di Dio e dei martiri caduti sul sentiero della libertà, vorrei parlare un paio di minuti. Ho una critica da fare ai miei compatrioti, ovvero chiedere loro perché permettono che la legittimità e la legalità di questa Loya Jirga vengano messe in questione dalla presenza dei felloni che hanno ridotto il nostro Paese in questo stato. (…) Essi sono coloro che hanno trasformato il nostro Paese nel fulcro di guerre nazionali ed internazionali. Nella nostra società sono le persone più contrarie alle donne, e quello che volevano… (clamori, si interrompe). Sono coloro che hanno portato il nostro Paese a questo punto, e intendono continuare nella loro azione. Credo sia un errore dare un’altra possibilità a coloro che hanno già dato tale prova di sé. Dovrebbero essere portati davanti a tribunali nazionali e internazionali. Se pure potrà perdonarli il nostro popolo, il nostro popolo afgano dai piedi scalzi, la nostra storia non li perdonerà mai.”

(1)http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=&idart=11512

Pubblicato in Generale | Commenti disabilitati su All’insaputa del popolo italiano l’italia e’ in guerra

ero partito da casa senza niente in testa

Premessa per una riflessione scomposta:

"Ad intervalli una voce si elevava su tutte le altre: <per il duce e per il re>
e subito tutti in coro: <eia, eia, eia alalàaa!>
Noi
eravamo dietro la gente ferma al lato della strada, ma da sul cavallo
si vedeva benissimo.-Toh, guarda, c’e anche don Sergio, il figlio del
commendatore!-esclamo il massaio. Non si era accorto che io ero partito
da casa senza niente in testa e soggiunse:- Levati la coppola,
guagliu’-togliendosi la sua-che bastonano chi non si scopre il capo.
Chi me la da?-risposi
Giro’ la testa per guardare se era vero."
                           (N. Di. Silvio-ricuccio)

"noi siamo sempre in ritardo sulla stupidità, perchè ci precede sempre"
                                           
(Jean Baudrillard)

"Con il termine pluralismo si suppone che l’utopia sia stata gia’ realizzata: e’ un modo per tranquillizzarsi."
                   
                   
      (T.W.Adorno)

Oggi la conoscenza  e’ creata e prolifera nella forma del valore
di scambio: viene prodotta per essere venduta e consumata come
bene culturale-(creazione di desideri, identita’, significati,
estetica…) o per essere valorizzata in un nuovo processo
produttivo (nuove macchine, riduzione dei costi, innovazione dei
processi produttivi, informazione ecc). La tecnologia digitale, le reti
di comunicazione, mediano, allargandone i confini, questo processo di
valorizzazione (oggettivazione della conoscenza come merce -software,
codici, informazione ecc.), e  circolazione (accellerata rispetto ai
vecchi canali accademici, tecnici, scolastici ecc). Il processo di
totale economicizzazione della conoscenza, per la natura
incommensurabile alla semplice misura del tempo di lavoro di quest’ultima, non e’
lineare ne esente da contraddizioni (v. copyright, diritto d’autore,
brevetti, limiti di condivisione ed uso proprietario ecc…). Tuttavia
, questa "traduzione" (economica) in termini di valore di scambio,
d’investimenti e profitti della conoscenza avanza, e flussi di denaro e flussi di
conoscenza-informazione si
muovono secondo lo stesso modello e attraverso gli stessi canali
informatici e telematici: Denaro e potere, conoscenza e potere sono le
due facce di una stessa medaglia. Chi controlla il denaro, il denaro
come mezzo di produzione e riproduzione del rapporto tra capitale e
lavoro, controlla allo stesso tempo i mezzi di produzione e
distribuzione della
conoscenza.

Oggi l’astratto
materialismo delle scienze naturali, un materialismo che esclude la
storia e il suo processo, si compone col pensiero filosofico
post-moderno che rivendica, implicitamente, come un dato di fatto, la
trasformazione della societa’ capitalista per disconoscere l’intreccio tra tecno-scienza e profitto.
Ogni epoca ha la sua ortodossia filosofica,
ovviamente plurale: Derrida,
Lyotard, Baudrillard….ecc

Questi filosofi post-moderni critici-critici di Marx si
contraddistinguono per una fiducia illimitata in una nuova fede
metafisica: la scienza. Essi credono, anche quando sembrano
negarlo, che "l’essenza della societa’" sia determinata
dalle forze produttive, indipendentemente dalle loro modalita’ sociali.
La loro filosofia, lo scriveva Adorno circa 40 anni fa, e’
calata nel buio del loro bagaglio ideologico per cui usano il trionfo
delle forze produttive tecniche per far credere che l’utopia,
irrealizzabile negli attuali rapporti sociali di produzione, sia gia’
un fatto compiuto entro il loro quadro. Questi emminenti accademici, costituitisi
in un soviet trascendentale della cultura
hanno
decretato che  la tecno-scienza e’ una fatalita’ dell’essere. Per
loro e’ ininfluente il modo in cui questa "fatalita’" si intreccia con
i rapporti sociali.

Dimenticano, volentieri e molto in fretta che "Entro il medium
costituito dalla tecnologia, la cultura, la politica e
l’economia si fondono in un sistema onnipresente che assorbe o
respinge
tutte le alternative. La produttività e il potenziale di
sviluppo di
questo sistema stabilizzano la società e limitano il progresso
tecnico
mantenendolo entro il quadro del dominio." Il fatto che la
razionalità tecnologica sia
divenuta razionalità politica questi filosofi aristocratici
lo traducono nel loro linguaggio raffinato nei termini di "fine
dell’economia politica", "fine del lavoro", "morte del soggetto",
"mancanza di fondamento", "tramonto dei valori", "nascondimento
dell’essere"…Gli interessi del profitto, del dominio e del controllo
si ritirano nella razionalita’ tecnologica e loro, i filosofi
post-moderni, ne deducono la scomparsa, prima che della "realta’",
dello sfruttamento di classe, dell’antagonismo…

La tecno-scienza, come oggettivazione del potere del capitale, mistifica, rendendola
irriconoscibile, una relazione sociale che ne
costituisce la sostanza: Il suo presupposto elementare è che il
lavoro produca immediatamente il valore di scambio, che il lavoro
vivente sia una merce, lavoro salariato (quale che ne sia la forma). Nel sistema del dominio del
lavoro morto sul lavoro vivo l’illusione e’ la regola
da sempre, lo e’ gia’ nell’ ideologia dell’economia politica che nel "libero mercato" promette l’equita’ e l’equivalenza dei
rapporti di scambio e poi, piu’ tardi nell’idea che la conoscenza, la tecno-scienza,
divenuta la  principale forza produttiva del capitale, sia una  "variabile indipendente" dai rapporti sociali dominanti.

La
tecnologia digitale, in particolare internet, si rivela uno strumento
di "assorbimento" della conoscenza collettiva per le imprese che
possiedono la necessaria potenza tecnico-organizzativa-economica (
capacita’ di controllo e dominio del flusso informativo…) per 
tradurla in progetti operativi, nuovi prodotti, servizi, innovazione
ecc. e ovviamente in profitti; la scienza, presuntamente neutrale, si
presta ad un astratto accrescimento del potere del capitale sulla vita
(
capacità di trasformare la conoscenza in produttività economica grazie
alla creazione di nuove tecnologie). Ma nessuno dei nostri filosofi
post-molto-postmoderni coglie che nella trasformazione tecno-scientifica e nelle sue "rivoluzioni" resta intatta:
L’incapacita’ di rappresentarsi
concretamente il mondo diverso da come appare, in modo schiacciante, a
coloro che lo compongono; "l’atteggiamento dello spirito fissato e
manipolato" che diviene forza reale e contribuisce proprio a quella
repressione che un tempo il suo contrario, lo spirito libero, voleva
eliminare.
Il "progresso" qui,  non puo’ che assumere il volto di
"quell’orribile idolo pagano, che beveva il nettare soltanto dai teschi
degli uomini uccisi"…

L’espansione delle forze produttive aumenta il potere umano sulla
natura, ma il carro del destino ha gettato a terra il conducente e
corre cieco nello spazio: "man mano che l’umanita’ domina la natura,
l’uomo sembra divenire schiavo degli altri uomini o delle sue stesse
carenze. Anche la pura luce della scienza sembra in grado di brillare
soltanto sullo sfondo oscuro dell’ignoranza. Tutte le nostre scoperte,
tutto il nostro progresso sembra avere il risultato di arricchire di
vita intellettuale le forze materiali, e di appiattire la vita umana al
livello di una forza materiale". Quanto piu’ l’umanita’ domina la
natura tanto piu’ gli individui diventano schiavi di questo dominio. E’
il trionfo della scienza che assoggetta le forze della natura (anche di
quella "interna"-umana) non per un fine vitale ma per la "la cupidigia
mera e cruda", per la ricchezza astratta, per quell’avidita’ di denaro che
ormai si comporta come una forza naturale…

Oggi come non mai le forze
produttive sono plasmate dai rapporti di produzione (l’apriori totale), e in modo
cosi’ integrale che appaiono (soprattutto ai nuovi filosofi) come il dato essenziale, mentre quelli sono
divenuti una seconda natura. A essi va attribuita la responsabilita’
del fatto che gli uomini debbano morire di fame in gran parte della
terra, in un insensato contrasto con le reali possibilita’. Il fatto che le forze produttive e i rapporti di produzione
costituiscono oggi una sola cosa, e che pertanto la societa’ possa
venire costruita direttamente a partire dalle forze produttive, e’
l’aspetto attuale di un’illusione socialmente necessaria.

Diciamo socialmente necessaria in quanto attraverso di essa, vengono
riportate ad una specie di denominatore comune momenti del processo
sociale-ivi inclusi gli uomini viventi-che una volta erano
effettivamente separati gli uni dagli altri: la produzione materiale,
la distribuzione, il consumo vengono amministrati contemporaneamente. I
loro confini, che precedentemente, anche all’interno del processo
complessivo delle loro sfere specifiche, si distinguevano chiaramente,
si confondono.

La totalita’ del processo di mediazione, in virtu’ del
principio dello scambio di merci, produce una immediatezza, per cosi’
dire, di secondo grado, e di carattere illusorio. Questa permette a sua volta, nella misura del possibile, di cancellare
o di rimuovere dalla coscienza gli elementi di divisione e quelli di
carattere antagonistico.(…) non esiste alcun soggetto globale sul
piano sociale: occorrerebbe riportare l’illusione ad una formula, e
affermare che tutto cio’ che esiste sul piano sociale e’ oggi cosi’
interamente integrato in se stesso, che il suo carattere totalitario
viene reso irriconoscibile da questa stessa integrazione. Non esiste
piu’ un punto di vista esterno a questo meccanismo, dal quale sia
possibile dare un nome a questa realta’ fantasmatica: non rimane che
appellarsi alla sua incoerenza interna. (E’ quanto Horkheimer e Adorno
intendevano dire, alcuni decenni or sono, introducendo il concetto di
<schermo tecnologico>.)

La falsa identita’ tra l’organizzazione
del mondo e quella dei suoi abitanti, attraverso l’espansione della
tecnica, finisce per confermare i rapporti di produzione, che
continuano cosi’ a sussistere, non contestati, sebbene sia altrettanto
difficile scorgere a vantaggio di chi essi agiscano, e chi siano i
proletati. L’autonomia del sistema nei confronti di tutti, anche dei
detentori del capitale, ha raggiunto i suoi limiti: ed e’ divenuta una
fatalita’ che si esprime nell’angoscia, la quale-secondo l’espressione
di Freud, dilaga ovunque, proprio in quanto non riesce piu’ a fissarsi
su alcun oggetto vivente, ne’ individui, ne’ classe. Tuttavia
e’ evidente che, in ultima analisi, permangono ancora le relazioni umane
nascoste dietro i rapporti di produzione; e percio’ l’onnipotente
ordine delle cose costituisce ancora una mera ideologia, virtualmente
impotente.

Non e’ lo sviluppo tecno-scientifico ad essere incontrollabile ma il
potere dei rapporti di produzione, la totalita’ delle relazioni sociali
che si riproducono indipendentemente dalla volonta’ e dalla coscienza
degli uomini.
I rapporti di scambio, l’astrazione oggettiva a cui ubbidisce il
processo vitale sociale, il suo potere (di questa astrazione)
sugli uomini e’ piu’ vivente di quello di ogni istituzione particolare
"che si costituisce silenziosamente in base a quello schema e lo impone
agli uomini. L’impotenza che coglie l’individuo di fronte al tutto, ne
e’ la drammatica espressione".

Tutti i potenziali della produzione divengono forze produttrici di
capitale, percio’ il capitale si presenta come loro soggetto ed e’
 questa la ragione per cui il prodotto dispone del produttore,
l’oggetto del soggetto…L’unita’ del processo sociale, il fine e’
affidato ad un meccanismo impersonale ed inumano, il principio del
valore di scambio, che opera come una "forza naturale"; il capitale si
ritira, si mistifica, nello sviluppo tecno-scientifico, assume per se’
la massima che "la visibilita’ e’ una trappola":  questa massima
generalizzazione del rapporto di produzione capitalistico all’esistenza
intera viene equivocato come fine dell’economia politica, fine del
"lavoro", "tramonsto dei valori e dei fondamenti"…

La tecnologia svela il
comportamento attivo del capitale verso la natura, di cui l’umanita’ e’ parte
integrante…; svela l’immediato processo di produzione della  vita,
e con esso anche l’immediato processo di produzione dei rapporti
sociali vitali dell’uomo. Solo la tecnologia concepita astrattamente sembra estranea
ai rapporti sociali con i quali e’ intrecciata, ma lontano
dall’elaborazione filosofica del suo mito essa rivela il suo carattere conservatore:
rivoluzionare dalle fondamenta-per conservarla- la mediazione formale del rapporto
capitalistico, cioe’ del rapporto tra capitale e lavoro vivo.

La scienza e’ un fattore di produzione  e gli scienziati sono
lavoratori delle imprese capitalistiche…Chi e’ il padrone della
vostra testa?

Il fatto che le forze produttive e i rapporti di produzione
costituiscono oggi una sola cosa non ci permette di parlare di una
espressione distorta della tecnologia e di essa come di uno "strumento
di dominio". Non c’e un uso distorto della tecnologia poiche’ 
essa coincide compiutamente con il dominio. I rapporti sociali di
produzione
 sono cosi’ integrati con la tecno-scienza che ogni inversione
appare naturale e il suo contrario un antico pregiudizio. Ma  solo la
filiazione nazista della filosofia poteva concepire l’arte, l’estetica,
come l’ultimo antitodo a questo stato di cose: mentre la tecnica si mangia lo
spazio, lo divora per vomitarlo in valore di scambio, l’arte lo
sospende, lo illumina di senso e lo loscia stare…sic! "voltare le
spalle": questo e’ il segreto della nuova filosofia…: un’alzata di
spalle del medico di fronte alla morte. Il "girare in tondo" nella
"radura" recintata dal capitale recitando il mantra: "Più filosofica
della scienza e più rigorosa, ossia più vicina all’Essenza della Cosa
stessa, è l’arte", e’ la giusta pena di quelli che confondono
"l’essere", comune alle identita’ piu’ disparate, col denaro. ( Il
denaro e’ l’essere che va’ distinto dall’ente: il valore di scambio
dalla merce…)
 
La "decontaminazione" del pensiero dalle vecchie concezioni,
dall’utopia e infine dall’immaginazione procede nella scienza come
nella filosofia "post-moderna" nella stessa misura in cui cresce il
regno e l’onnipotenza del denaro che istruisce la "scomparsa del
reale", quel "risalire all’infinito" che non giunge mai a nulla, o al
nulla. 
Esso e’ il genio che genera quell’oscena promiscuita’ di tutte le
cose, quella confusione totale e "quell’eta’ della simulazione" (oggi
tanto in voga) in cui gli oggetti contraddittori iniziano a baciarsi
e  le cose impossibili si fondono:
La connessione  sociale degli individui espressa nel valore di
scambio-nel denaro, che realizza questa astrazione-significa
che
l’insieme delle relazioni sociali, delle condizioni dell’esistenza 
degli individui (apparentemente indipendenti) si contrappongono
autonomamente a questi, che la loro individuale collisione reciproca
produce un potere sociale estraneo che li sovrasta. Nel valore di
scambio reificato, oggettivato nel denaro, gli individui estraniano la
loro propria relazione sociale , il loro potere e realizzano l’unita’ e
l’integrazione reciproca come un rapporto naturale esterno e
indipendente da loro stessi.":  E qui saltano fuori i troll, quelli
che, lo "spazio spazieggia", il denaro si fa corpo, il vuoto instaura
i suoi luoghi…gli uomini dispongono e misurano…soprattutto misurano
tra uno stato di grazia e l’altro, tra una sniffata e una pera.
Che surrealismo!

L’autonomizzazione del mercato mondiale
(nel quale e’ racchiusa l’attivita’ di ogni singolo) cresce con lo
sviluppo dei rapporti monetari (del valore di scambio) e questa
autonomizzazione del mercato mondiale e’ la prova di come ai singoli il
loro stesso scambio e la loro stessa produzione si contrappongono come
un rapporto oggettivo, da essi indipendente. Questa universale
dipendenza degli individui nella produzione e nel consumo cresce di
pari passo con la loro indifferenza reciproca di consumatori e di
produttori. Lo sviluppo di questa estraneazione produce contraddizioni
e crisi che si tenta di superare restando sul suo stesso terreno:
listini dei prezzi correnti, corsi dei cambi, sviluppo dei mezzi di
comunicazione.
L’avvento dell’era dell’informazione…prima del computer…; la
scienza arrivera in soccorso piu’ tardi facendo sfoggio di
fantasmagorici ritrovati tecnici.

Nel rapporto di denaro, nel sistema di scambio
sviluppato i vincoli di dipendenza personale, le differenze di sangue,
di formazione ecc. sono effettivamente saltati, lacerati e gli
individui sono immersi in un’illusione di indipendenza, cioe’ in uno stato di
indifferenza ed equivalenza assoluta. Nella produzione globale, nel
mercato mondiale, in questa connessione "naturale", indipendente dal
sapere e dal volere degli individui, si generano processi di ricambio
materiale e spirituale  che forniscono le basi per distruggere i
ristretti rapporti di consanguineita’, di connessione locale, di
signoria e schiavitu’ ecc. e per liquidare gli individui, le
individualita’, che entrano in relazione reciproca solo in una certa
determinatezza, come signore feudale e vassallo, come proprietario
fondiario e servo della gleba ecc., oppure come membri di caste ecc., o
come appartenenti a un ceto ecc. E’ evidente che il superamento di
questi vincoli di "comunita’", di "dipendenza personale", rapporto
patriarcale, feudalesimo, corporazione, di sangue ecc. resta solo una
seduzione in un sistema in cui le condizioni di esistenza entro le
quali gli individui entrano in contatto sono indipendenti e
incontrollabili dagli stessi .

La "limitazione personale" non viene abolita, semplicemente si sviluppa come "limitazione materiale" , come
la dissoluzione in forma generale dei "rapporti di dipendenza"(personali).
Anche qui gli individui entrano in relazione reciproca soltanto come
individui determinati solo,  la dipendenza degli individui gli uni
dagli altri  ora, e’ mediata da astrazioni, da cose…

I rapporti di
dipendenza personali come emanazione di rapporti di produzione e
scambio sviluppati, spogliati di ogni illusione,  appaiono come una
regressione rispetto agli stadi di sviluppo precedente in cui il
singolo individuo appare piu’ "compiuto", integrato in una pienezza
originaria di relazioni e questa contrapposizione romantica resuscita
nella coscienza borghese quei vincoli personali che oggettivamente sono
saltati. Da qui le chiacchiere sull’alienazione dell’uomo ,
sulla "condizione di totale svuotamento" dell’individuo moderno, il
"tramento dei valori"…  

L’espressione teoretica idealizzata e
sublimata
 del sistema sviluppato del valore di scambio, dei rapporti di denaro
appare nella filosofia aristocratica dei "postmoderni" in forma di
giudizi di valore contrabbandati come "interpretazioni".
Ovviamente ognuno s’impone la sua disciplina
spirituale e sfodera i suoi giudizi di valore in rapporto alle sue
condizioni di conservazione e crescita. La filosofia per la filosofia
doveva procurarsi la fonte magica della sua inesauribile produttivita’
: l’inutile ipotesi dell’intepretazione a prescindere dalla
soggettivita’…

Chi interpretera’ gli interpretatori?
"l’irrazionalita’ della societa’ borghese nella sua fase piu’ tarda e’
restia a farsi comprendere: erano ancora bei tempi quelli in cui si
poteva scrivere una critica dell’ecoomia politica di questa societa’,
cogliendola nella ratio a lei propria(…)la societa’ ha ormai gettato
questa ratio tra i ferri vecchi sostituendola virtualmente con una
disponibilita’ immediata su ogni cosa.(…) la condizione in cui non
c’e piu’ natura(…)
non e’ piu’ possibile distinguere la fase della completa reificazione
del mondo, che non lascia dietro di se’ nulla che non sia opera
dell’uomo, e cioe’ la fase della catastrofe permanente, da un processo
catastrofico prodotto aggiuntivamente e appositamente dall’uomo, in cui
la natura e’ stata cancellata e dopo il quale non cresce piu’
niente(…)  il puro predominio sulla natura diventa obbligo di
sterminio.

"Poiché il denaro, in quanto è il concetto esistente e in
atto del
valore, confonde e inverte ogni cosa, è la universale confusione
e
inversione di tutte le cose, e quindi il mondo rovesciato, la
confusione e l’inversione di tutte le qualità naturali ed
umane." E’ il denaro che muta la fedeltà in infedeltà,
l’amore in odio, l’odio in amore, la virtù in vizio, il vizio in
virtù, il servo in padrone, il padrone in servo, la
stupidità in intelligenza, l’intelligenza in stupidità…
in quanto è il mezzo e il potere esteriore, cioè nascente
non dall’uomo come uomo, né dalla società umana come
società, in quanto è il mezzo universale e il potere
universale di ridurre la rappresentazione a realtà e la
realtà a semplice rappresentazione, trasforma tanto le forze
essenziali reali, sia umane che naturali, in rappresentazioni meramente
astratte e quindi in imperfezioni, in penose fantasie, quanto, d’altra
parte, le imperfezioni e le fantasie reali, le forze essenziali
realmente impotenti, esistenti soltanto nell’immaginazione
dell’individuo, in forze essenziali reali e in poteri reali."

Il principio metafisico del valore di scambio , l’onnipotenza del
denaro  e poi il feticismo delle forze produttive sono  il motore incosciente della speculazione filosofica
postmoderna, il segreto della  "qualsiasi algebra combinatoria" e
della "generazione simulata delle differenze"  che danza sul
cadavere del "referente".  La funzione prima e piu’ essenziale del
soggetto, del resto, e’ quella di ingannarsi: il denaro e’ il potere
universale che riduce "la rappresentazione a realtà e la
realtà a semplice rappresentazione". Il denaro inventa veramente
l’esperienza, la crea; esso precostituisce e produce  la realta’
della teorizzazione. Come diceva Debord…, lo spettacolo e’ l’altra faccia del denaro…e anche della filosofia.

"Quando io ho voglia di mangiare oppure voglio servirmi della diligenza
perché non sono abbastanza forte per fare il cammino a piedi, il
denaro mi procura tanto il cibo quanto la diligenza, cioè
trasforma i miei desideri da entità rappresentate e li traduce
dalla loro esistenza pensata, rappresentata, voluta nella loro
esistenza sensibile, reale, li traduce dalla rappresentazione nella
vita, dall’essere rappresentato nell’essere reale. In quanto è
tale mediazione, il denaro è la forza veramente creatrice. La
domanda esiste, sì, anche per chi non ha denaro, ma la sua
domanda è un puro ente dell’immaginazione, che non ha nessun
effetto, nessuna esistenza per me, per un terzo, per la (…); e quindi
resta per me stesso irreale, privo di oggetto. La differenza tra la
domanda che ha effetto, in quanto è fondata sul denaro, e la
domanda che non ha effetto, in quanto è fondata soltanto sul mio
bisogno, sulla mia passione, sul mio desiderio, ecc., è la
stessa differenza che passa tra l’essere e il pensare, tra la semplice
rappresentazione quale esiste dentro di me e la rappresentazione qual
è per me come oggetto reale fuori di me."

Dentro e fuori, notte e giorno, uomo e casa perdono ogni rigida
oggettivita’ e si fondono in una combinazione che li trascende;
l’aperto e il chiuso, il qui e il la’-miseri avverbi di luogo-sono
tutti poco piu’ di una schematizzazione, una forza di dogmatizzazione
dei filosofemi da parte delle istanze dell’espressione, cosi’ riflette il
filosofo post-post-moderno e a queste "fissazioni" esso contrappone
 figure dinamiche e ricche come quelle della spirale e poi dice:
"l’essere dell’uomo e’ un esere defissato. Ogni espressione lo
defissa". L ‘incielamento  della spirale del denaro che non
raggiunge mai il suo centro consente a questo pensiero di porsi
al di sopra  del reale, di tutto cio’ che puo’ essere visto e
toccato immediatamente per comporre un nuovo quadro in cui il vivente,
la natura e l’umanita’ sopravvivono come "rumore", impurita’, disturbo
e al piu’ come riserva d’informazioni per la scienza o di nuove
potenzialita’ dello spettacolo onirico globale:

"Siccome il denaro si scambia non con una determinata qualità,
né con una cosa determinata, né con alcuna delle forze
essenziali dell’uomo, ma con l’intero mondo oggettivo, umano e
naturale, esso quindi, considerato dal punto di vista del suo
possessore, scambia le caratteristiche e gli oggetti gli uni con gli
altri, anche se si contraddicono a vicenda. È la fusione delle
cose impossibili; esso costringe gli oggetti contraddittori a baciarsi.
Se presupponi l’uomo come uomo e il suo rapporto col mondo come un
rapporto umano, potrai scambiare amore soltanto con amore, fiducia solo
con fiducia, ecc. Se vuoi godere dell’arte, devi essere un uomo
artisticamente educato; se vuoi esercitare qualche influsso sugli altri
uomini, devi essere un uomo che agisce sugli altri uomini stimolandoli
e sollecitandoli realmente. Ognuno dei tuoi rapporti con l’uomo, e con
la natura, dev’essere una manifestazione determinata e corrispondente
all’oggetto della tua volontà, della tua vita individuale nella
sua realtà. Se tu ami senza suscitare una amorosa
corrispondenza, cioè se il tuo amore come amore non produce una
corrispondenza d’amore, se nella tua manifestazione vitale di uomo
amante non fai di te stesso un uomo amato, il tuo amore è
impotente, è un’infelicità."

La realta’ e’ impossibile da conoscere,  i vecchi dualismi e
opposizioni di soggetto/oggetto, storia/natura…segno/significato sono
stati tutti liquidati e’ vero , ma e’ vero anche che questo e’ il
frutto del dominio sempre piu’ totalitario dell’equivalenza assoluta,
della potenza del valore di scambio e, non dell’impero del caos,
della complessita, delle differenze, tutt’altro , questa "indifferenza"
e quest’equivalenza procedono dall’essenza del valore di scambio, del
denaro che nel momento stesso in cui annulla e spegne le qualita’ le
resuscita,
le riduplica  come suoi medium…I postmoderni allora  ci
danno sotto con i concetti di "differenza", "simulazione", "traccia",
"ripetizione" ecc.

"Poiché lo scopo del lavoro non è un prodotto particolare
che sta in un particolare rapporto con i bisogni particolari
dell’individuo, ma è il denaro, ossia la ricchezza nella
sua forma generale, la laboriosità dell’individuo non ha
anzitutto alcun limite, è indifferente ad una sua
particolarità, e assume qualsiasi forma che serva allo scopo;
è ricca di inventiva nella creazione di nuovi oggetti destinati
al bisogno. Il presupposto elementare della società borghese
è che il lavoro produce immediatamente il valore di scambio,
ossia il denaro…Il denaro è quindi immediatamente la reale
sostanza comune, in quanto è la sostanza universale
dell’esistenza per tutti, e nello stesso tempo il prodotto
sociale di tutti.
Ma nel denaro, come abbiamo visto, la sostanza comune è nello
stesso tempo mera astrazione, mera cosa estrinseca, accidentale per il
singolo individuo e nello stesso tempo mezzo puro e semplice del suo
soddisfacimento in quanto singolo individuo isolato. Ogni produzione
è un’oggettivazione dell’individuo. Ma nel denaro
(valore di scambio) l’oggettivazione
dell’individuo non è quella di lui in quanto è
posto nella sua determinatezza naturale, ma di lui in quanto è
posto in una determinazione (rapporto) sociale, che gli è nello
stesso tempo estrinseca. Cio’ che io posso pagare, quello io sono."

Siamo tutti prodotti dalle circostanze….il soggetto non e’ libero di
pensare al di fuori del linguaggio del denaro, cioe’ del segno che
rappresenta la cosa solo per rappresentare se stesso, ne’ dal  suo
libero fluttuare da un significato all’altro, cioe’ da una merce
all’altra. Il denaro non riflette la realta’, esso e’ la realta’ per
quanto sia un’astrazione. E’ un’astrazione reale.
Non solo la verita’ ma l’intera realta’ sono solo metafore sublimate
del denaro. I segni e i valori d’uso sono solo gli alibi del denaro.

L’essere differenziato non puo’  essere registrato in assoluto e a
occhi chiusi come positivo, perche’ la semplificazione del processo
sociale lo relega tra i faux frais, alla stessa meniera che vanno
scomparendo certe complimentose forme sociali che davano luogo a una
possibilita’ di differenziazione. L’esser differenziato, gia’
condizione dell’umanita’, scivola nell’ideologia…di coloro che
possono permettersi l’individuazione.

"Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione,
ciò che io posso pagare, ciò che il denaro può
comprare, quello sono io stesso, il possessore del denaro medesimo,
Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il
mio potere. Le caratteristiche del denaro sono le mie stesse
caratteristiche e le mie forze essenziali, cioè sono le
caratteristiche e le forze essenziali del suo possessore. Ciò
che io sono e posso, non è quindi affatto determinato dalla mia
individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più
bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché
l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata
dal denaro. Io, considerato come individuo, sono storpio, ma il denaro
mi procura venti quattro gambe; quindi non sono storpio. Io sono un
uomo malvagio, disonesto, senza scrupoli, stupido; ma il denaro
è onorato, e quindi anche il suo possessore. Il denaro è
il bene supremo, e quindi il suo possessore è buono; il denaro
inoltre mi toglie la pena di esser disonesto; e quindi si presume che
io sia onesto. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera
intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido
chi lo possiede? Inoltre costui potrà sempre comperarsi le
persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti, non
è più intelligente delle persone intelligenti? Io che col
denaro ho la facoltà di procurarmi tutto quello a cui il cuore
umano aspira, non possiedo forse tutte le umane facoltà ? Forse
che il mio denaro non trasforma tutte le mie deficienze nel loro
contrario ?
E se il denaro è il vincolo che mi unisce alla vita umana, che
unisce a me la società, che mi collega con la natura e gli
uomini, non è il denaro forse il vincolo di tutti i vincoli? Non
può esso sciogliere e stringere ogni vincolo ?"

"Tutte le merci rappresentano nei loro prezzi una determinata somma di
denaro, sono dunque soltanto denaro rappresentato o rappresentanti del
denaro…Tutte le merci sono soltanto denaro
rappresentato, il denaro è dunque l’unica merce reale. In
contrapposizione a tutte le merci che sono soltanto una
rappresentazione dell’esistenza autonoma del valore di scambio, del
lavoro sociale generale, della ricchezza astratta, il denaro è
l’esistenza materiale della ricchezza astratta…il denaro soddisfa
ogni bisogno in quanto è direttamente trasformabile nell’oggetto
di ogni bisogno. Il suo valore d’uso è realizzato nella serie
infinita dei valori d’uso che costituiscono il suo equivalente. Il
denaro è perciò il dio tra le merci."

"Come singolo oggetto tangibile il denaro può essere
perciò accidentalmente cercato, trovato, rubato, scoperto, e la
ricchezza generale passare tangibilmente in possesso del singolo
individuo. Dalla sua forma di schiavitù nella quale si presenta
come semplice mezzo di circolazione, esso diventa improvvisamente
sovrano e dio nel mondo delle
merci. Esso rappresenta l’esistenza celeste delle merci, mentre
queste rappresentano la sua esistenza terrena. Ciascuna forma della
ricchezza naturale, prima che questa sia tramutata mediante il valore
di scambio, suppone una relazione sostanziale dell’individuo con
l’oggetto, al punto che l’individuo, per uno dei suoi
aspetti, appare esso stesso materializzato nella cosa, e nello stesso
tempo il suo possesso della cosa appare come un determinato sviluppo
della sua individualità; la ricchezza di pecore [rivela] lo
sviluppo dell’individuo come pastore, la ricchezza di grano il
suo sviluppo come contadino ecc. Il denaro al contrario, in quanto
individuo della ricchezza generale, in quanto autonomo risultato della
circolazione e puro rappresentante dell’universale, come
risultato puramente sociale, non suppone assolutamente alcuna relazione
individuale col suo possessore; il suo possesso non è lo
sviluppo di uno qualsiasi dei lati essenziali della sua
individualità,
ma è piuttosto possesso di ciò che è privo di
individualità, giacché questo [rapporto] sociale esiste
nel contempo come un oggetto sensibile, esterno, di cui ci si
può impossessare meccanicamente o che può anche andare
perduto. La sua relazione
all’individuo si presenta dunque come una relazione puramente
accidentale; laddove questa relazione ad una cosa niente affatto
connessa con la sua individualità gli conferisce nello stesso
tempo, per il carattere di questa cosa, il dominio assoluto sulla
società, su tutto il mondo dei godimenti, dei lavori ecc. come
se per esempio il ritrovamento di una pietra mi
procurasse, del tutto indipendentemente dalla mia individualità,
il possesso di tutte le scienze. Il possesso del denaro mi pone
rispetto alla ricchezza (sociale) nell’identico rapporto in cui
mi porrebbe la pietra filosofale rispetto alle scienze."

La pura identita’ diventa identita’ dell’individuo annientato,
identita’ di soggetto e oggetto nello stadio della piena alienazione;
dissociazione dell’unita’ di coscienza in elementi disparati, la
non-identita’. Non appena il soggetto non e’ piu’ con certezza identico
con se stesso, ecco che anche il confine che lo separa dall’esterno si
dilegua, e le situazioni dell’interiorita’ diventano contemporaneamente
situazioni della natura fisica.(…) la crisi storica dell’individuo si
arresta al singolo essere biologico, che e’ anche il suo luogo
scenico…il mutamento delle situazioni  cessa al livello dei
corpi, che e’ il punto fino al quale le situazioni regrediscono.
Commisurate a tale unita’, le situazioni schizoidi sono comiche ne’
piu’ ne’ meno delle illusioni dei sensi. L’identita’ dell’individuo
annientato semplifica la distruzione delle opposizioni binarie, delle
dicotomie  natura / cultura, maschio / femmina ecc che per i
filosofi post-moderni viene assunto come un positivo di liberazione. Ma
che ragione d’essere hanno le forme, se si elimina la loro tensione
rispetto ad un fattore che e’ loro non omogeneo?  Esse non
sono in grado di produrre null’altro che
se stesse, di comprare nulla fuor che se stesse,
poiché tutto il resto è ormai loro schiavo. L’ estetica
e’ l’ultimo rifugio….

"Una sensualità astratta presuppone un oggetto che contenga la
possibilità di tutti i godimenti. La sensualità astratta
il denaro la realizza nella sua determinazione di rappresentante
materiale della ricchezza.  Il denaro è non soltanto un
oggetto della brama di arricchimento, ma ne è l’oggetto in
assoluto. Essa è essenzialmente auri sacra fames. La brama di
arricchimento in quanto tale come particolare forma di appetito,
differente cioè dalla brama di una ricchezza particolare, come
per esempio vestiti, armi, gioielli, donne, vino, ecc., è
possibile soltanto quando la ricchezza generale, la ricchezza in quanto
tale, è individualizzata in un oggetto particolare.
L’avidità di denaro o la brama di arricchimento
rappresentano necessariamente il tramonto delle antiche
comunità. Donde l’opposizione ad esse. Esso stesso, il
denaro, è la comunità, né può sopportarne
altra superiore.superiore. Ma ciò presuppone il pieno sviluppo
dei valori di scambio e quindi una organizzazione della società
ad essi corrispondente."

"Nel denaro la ricchezza generale è non soltanto una forma ma
nello stesso tempo il contenuto stesso. Il concetto di ricchezza
è per così dire realizzato, individualizzato in un
oggetto particolare. Il valore di scambio costituisce la sostanza del
denaro, e il valore di scambio è la ricchezza. Il denaro
è perciò, d’altra parte, anche la forma
materializzata della ricchezza rispetto a tutte le sostanze particolari
di cui essa consiste.Nella semplice determinazione del denaro stesso
è implicito che esso può esistere come momento sviluppato
della produzione soltanto là dove esiste il lavoro salariato;
sociale ecc. È chiaro dunque che, sulla base del lavoro
salariato, l’azione del denaro non è dissolutrice,Il
presupposto elementare della società borghese è che il
lavoro produce immediatamente il valore di scambio, ossia il denaro; e
che quindi anche il denaro compra immediatamente il lavoro, e quindi
l’operaio, soltanto se egli stesso, nello scambio, aliena la sua
attività. Lavoro salariato, nel primo senso, capitale nel
secondo, sono perciò soltanto forme diverse del valore di
scambio sviluppato e del denaro quale sua incarnazione."

La distinzione tra realta’ e apparenza si dissolve, l’ipotesi di un
"mondo vero"  e’ superfluea nella "comunita’ del denaro" dal
momento che la  "sostanza universale dell’esistenza di tutti" e’
una mera astrazione. L’oggettivazione dell’individuo e’ posta in una
determinazione sociale che gli e’ estranea ; la sua attività,
quale che sia la sua forma fenomenica individuale, e il prodotto
dell’attività, quale
che sia il suo carattere particolare, è il valore di scambio,
vale adire qualcosa di generico in cui ogni individualità,
proprietà è negata e cancellata…Ma cio’ che viene
liquidato dalla testa ai piedi e’ ancora la mediazione necessaria del
rapporto di scambio, cioe’ l’individualita’, la qualita’, la differenza
ecc. , e pertanto diventa indispensabile simularle, riprodurle
artificialmente, dargli un’esistenza virtuale, prolungargli l’esistenza
in un interregno sospeso tra la vita e la morte, tra il cielo e la
terra…La "verita’" dipende dalla comunita’ a cui si appartiene dunque
se la comunita’ reale e’ la comunita’ del denaro, il denaro e’ la
verita’…l’unica  a prescindere dalle "letture" diverse che se ne
faranno.
Il principio trascendentale esiste anche se le sue visioni sono molteplici.

"Il denaro è quindi immediatamente la reale sostanza comune, in
quanto è la sostanza universale dell’esistenza per tutti,
e nello stesso tempo il prodotto sociale di tutti.quindi immediatamente
la reale sostanza comune, in quanto è la sostanza universale
dell’esistenza per tutti, e nello stesso tempo il prodotto
sociale di tutti. Ma nel denaro, come abbiamo visto, la sostanza comune
è nello stesso tempo mera astrazione, mera cosa estrinseca,
accidentale per il singolo individuo e nello stesso tempo mezzo puro e
semplice del suo soddisfacimento in quanto singolo individuo isolato.
L’antica comunità
presuppone una relazione del tutto diversa dell’individuo per
sé. Lo sviluppo del denaro nella sua terza determinazione la
mette dunque in crisi. Ogni produzione è un’oggettivazione
dell’individuo. Ma nel denaro (valore di scambio)
l’oggettivazione dell’individuo non è quella di lui
in quanto è posto nella sua determinatezza naturale, ma di
lui in quanto è posto in una determinazione (rapporto) sociale, che gli è nello stesso tempo estrinseca."

Il "soggetto", il suo concetto,  presuppone che ognuno sia
responsabile, cioe’ causa delle sua azioni  il che appare
impossibile in una condizione nella quale: 
"la totalità del processo (sociale) si presenta come una
connessione oggettiva che nasce naturalmente, che è bensì
il risultato dell’interazione reciproca degli individui
coscienti, ma non risiede nella loro coscienza, né, come
totalità, viene ad essi sussunta.(…) La circolazione, essendo
una totalità del processo sociale, ne è anche la prima
forma, nella quale non soltanto il rapporto sociale — come
avviene per esempio nel pezzo di moneta o nel valore di scambio
—, si presenta come qualcosa di indipendente dagli individui, ma
la totalità del movimento sociale stesso. La relazione sociale
degli individui tra di loro come potere fattosi autonomo al di sopra
degli individui — sia essa rappresentata come forza naturale,
come caso o in qualsiasi altra forma — è un risultato
necessario del fatto che il punto di partenza non è il libero
individuo sociale."

La dissoluzione dell’identita’ del soggetto con se stessto e’ a portata
di mano per il semplice fatto che: "la merce esiste doppiamente, una
volta come prodotto determinato che contiene idealmente (in forma
latente) il suo valore di scambio nella sua forma di esistenza
naturale, e poi come valore di scambio divenuto manifesto (denaro), il
quale si e’ a sua volta spogliato di ogni connessione con la forma di
esistenza naturale del prodotto, questa duplice e diversa esistenza
deve portare alla differenza, la differenza all’antitesi e alla
contraddizione."  Contraddizione tra la natura particolare della
merce-uomo in quanto prodotto e la sua natura universale in quanto
valore di scambio…la contraddizione tra le sue qualita’ naturali e le
sue qualita’ sociali universali che implicano sin dal principio che
queste sue due forme di esistenza separate non siano reciprocamente
convertibili. La scambiabilita’ della merce-uomo col denaro e’
immediatamente legata a condizioni esterne che possono verificarsi o
meno; e’ in balia di condizioni esterne, esiste al di fuori della merce
stessa come denaro…E qui sorge l’aurea di "contingenza",
"discontinuita’", "indeterminazione", "incertezza" ecc che pervade gli
scritti dei filosofi post-moderni…

"il prodotto diventa merce, ossia semplice momento dello scambio – La
merce viene trasformata in valore di scambio. Per equipararla a se
stessa in quanto valore di scambio, essa viene commutata in un segno
che la rappresenta come il valore di scambio in quanto tale. In questa
forma di valore di scambio simbolizzato essa può essere poi di
nuovo scambiata in determinati rapporti con qualsiasi altra merce. Per
il fatto che il prodotto diventa merce, e la merce valore di scambio,
il primo finisce con l’acquistare nel pensiero una duplice
esistenza. Questa duplicazione ideale comporta (e deve comportare) che
la merce nello scambio reale si presenta in duplice forma: per un
verso, come prodotto naturale, per l’altro come valore di
scambio. Ossia il suo valore di scambio acquista una esistenza
materialmente separata da essa.
La determinazione del prodotto in valore di scambio comporta dunque
necessariamente che il valore di scambio riceve una esistenza separata,
scissa dal prodotto. Il valore di scambio scisso dalle merci stesse ed
esistente esso stesso come una merce accanto ad esse — è
denaro. Tutte le proprietà della merce in quanto valore di
scambio si presentano come un oggetto diverso da essa, come una forma
di esistenza sociale in denaro, scissa dalla sua forma di esistenza
naturale."

Una massa di forme antitetiche dell’unita’ sociale…il cui carattere
antitetico non puo’ mai essere fatto esplodere mediante una quieta
metamorfosi….

Una volta emancipato dalla sua determinazione psicologica, il
simbolismo si reifica in un dato essente in se’: il simbolo diventa
simbolistico…i simboli si liberano dall’uomo empirico e vengono
intrecciati in un tappeto dove tutto e dove niente e’ simbolico,
poiche’ tutto puo’ voler dire qualsiasi cosa…il linguaggio diventa il
complesso delle proprie forme vuote, di una grammatica privata di ogni
rapporto col contenuto del linguaggio e dunque della propria funzione
di sintesi.
Non ci sono corrispondenze, ne’ referenti, ma solo interpretazioni possibili e dunque  non
vi è alcun motivo per  ficcarsi nella prospettiva postmoderna
piuttosto che nel nazionalismo, nel maschilismo, nel razzismo, nel libero mercato ecc…
Le "interpretazioni"  sono l’esistenza celeste delle "verita’" rispetto alle loro espressioni terrene.

"L’evoluzione della società elabora, insieme al simbolo,
anche il materiale ad esso sempre più corrispondente, da cui poi
cerca di nuovo di svincolarsi; un simbolo, se non è arbitrario,
richiede determinate condizioni del materiale in cui si esprime.
Così per esempio i segni linguistici hanno una loro storia, la
scrittura alfabetica ecc.). Il valore di scambio del prodotto genera
dunque, accanto al prodotto, il denaro. Come allora è
impossibile eliminare complicazioni e contraddizioni, derivanti
dall’esistenza del denaro accanto alle merci particolari,
trasformando la forma del denaro (sebbene alcune difficoltà
relative ad una forma inferiore possano essere evitate con una
superiore), altrettanto è impossibile eliminare il denaro stesso
finché il valore di scambio rimane la forma sociale dei
prodotti. Nel denaro, il valore delle cose è separato dalla loro
sostanza. Il denaro è originariamente il rappresentante di tutti
i valori; nella prassi la cosa si rovescia, e tutti i prodotti e i
lavori reali diventano i rappresentanti del denaro."

"La mutua e generale dipendenza degli individui reciprocamente
indifferenti costituisce il loro nesso sociale. Questo nesso sociale
è espresso nel valore di scambio, e solo in esso, per ogni
individuo, la propria attività o il proprio prodotto diventano
un’attività o un prodotto fine a se stessi; egli deve
produrre un prodotto generico — il valore di scambio o —
considerato questo per sé isolatamente e individualizzato,
— denaro. D’altra parte il potere che ogni individuo
esercita sulla attività degli altri o sulle ricchezze sociali,
egli lo possiede in quanto proprietario di valori di scambio, di
denaro. Il suo potere sociale, così come il suo nesso con la
società, egli lo porta con sè nella tasca.
L’attività, quale che sia la sua forma
fenomenica individuale, e il prodotto dell’attività, quale
che sia il suo carattere particolare, è il valore di scambio,
vale adire qualcosa di generico in cui ogni individualità,
proprietà è negata e cancellata."

"Il carattere sociale dell’attività, così come la
forma sociale del prodotto e la partecipazione dell’individuo
alla produzione, si presentano qui come qualcosa di estraneo e di
oggettivo di fronte agli individui; non come loro relazione reciproca,
ma come loro subordinazione a rapporti che sussistono indipendentemente
da loro e nascono dall’urto degli individui
reciprocamente indifferenti. Lo scambio generale delle attività
e dei prodotti, che è diventato condizione di vita per ogni
singolo individuo, il nesso che unisce l’uno all’altro, si
presenta ad essi stessi estraneo, indipendente, come una cosa. Nel
valore di scambio la relazione sociale tra le persone si trasforma in
rapporto sociale tra cose; la capacità personale, in una
capacità delle cose. Quanto minore è la forza sociale del
mezzo di scambio, quanto più esso è ancora legato alla
natura dei prodotto immediato del lavoro e ai bisogni immediati di
coloro che scambiano, tanto, maggiore deve essere la forza della
comunità che lega insieme gli individui."

…..Fine del lavoro? fine della produzione? fine dell’economia politica?
fine della dialettica significante/significato o forma priva di
contenuto???

Il capitale produttivo d’interesse, si presenta come denaro che genera
denaro D-D’, valore che valorizza se stesso, senza i processi che
servono da intermediari (produzione e circolazione). Il capitale, nella
forma di capitale produttivo d’interesse, appare come la fonte
misteriosa che da se stessa crea il suo accrescimento. Il capitale qui
viene concepito come un’entita’ autoriproducentesi, un semplice numero
che si automoltiplica, senza tenere in alcun conto le condizioni di
riproduzione del lavoro.

In questa forma di capitale, di valore che genera valore, di denaro che
produce denaro scompare ogni traccia degli elementi reali che
compongono le condizioni della produzione industriale. Il rapporto
sociale di produzione e’ perfezionato "come rapporto di una cosa, del
denaro, con se stessa. In luogo dell’effettiva trasformazione del
denaro in capitale non si ha qui che la sua forma priva di
contenuto.(…)Il valore d’uso del denaro consiste qui nel creare
valore, un valore più grande di quello che esso stesso contiene.
Il denaro in quanto tale è già valore che potenzialmente
si valorizza e in questa qualità viene dato a prestito,
costituendo il prestito la forma di vendita per questa merce
particolare. Precisamente come la proprietà di un pero è
di produrre pere, così la proprietà del denaro è
di creare valore, di dare dell’interesse.

Il capitale nella sua forma immediata di capitale monetario riceve la
forma pura del feticcio (capitale-feticcio) come soggetto e come cosa
vendibile. Nel capitale come capitale monetario tutti i suoi elementi
reali diventano invisibili (i capitali industriali e le loro condizioni
di produzione) e il valore di scambio, qui capitale, esiste come valore
di scambio autonomo.
(Mentre nella realta’ si sa invece che la conservazione e pertanto
anche la riproduzione del valore dei prodotti del lavoro passato sono
soltanto il risultato del loro contatto con il lavoro vivo.)

In questo scambio di apparenze, il presente viene e se ne va, come
l’aria che le persone inspirano ed espirano. Questo è il
metabolismo del capitale, della prodigalità, della festa e anche
della distruzione (che a sua volta risulta in un non-valore di
ciò che la produzione ha eretto, valorizzato).

Malgrado la loro variopinta apparenza, la produzione produce l’uomo non
soltanto come una merce, la merce umana, l’uomo in funzione di merce;
ma lo produce, corrispondentemente a questa funzione…e anche i
filosofi…

Nel capitale monetario, produttivo d’interesse, il capitalismo
realizza, la sua utopia di autonomia totale dai vincoli spaziali,
temporali, sociali ecc. L’utopia di un capitalismo senza classi e senza
lotta di classe, emancipato da ogni limite naturale o umano. Qui la
rappresentazione del capitale-feticcio, lo spettacolo che attribuisce
al lavoro morto, passato, accumulato, fissato come denaro la qualita’
segreta ed innata di produrre plusvalore in una progressione
geometrica, e’ portata a compimento. Il capitale che frutta interesse
e’ la forma puramente astratta del capitale che frutta profitto-valore
autonomizzato. Ad esso si contrappone l’intero mondo delle ricchezze
reali di cui e’ la pura astrazione-e percio’ fissato in questa forma,
e’ una pura immaginazione. La sua autonomia e’ pura parvenza…

Il capitalista realmente operante si trasforma in semplice dirigente,
amministratore di capitale altrui e i proprietri di capitale diventano
puri e semplici proprietari, capitalisti del denaro. Il capitale
diventa esso stesso una merce, la merce denaro viene venduta come
capitale. Una classe di capitalisti del denaro si contrappone ad una
classe di capitalisti dell’industria; essi costituiscono soltanto due
classi particolari, perche’ il profitto e’ in grado di diramarsi in due
divergenti categorie di reddito. Il profitto deve essere tanto elevato
che una parte se ne possa ramificare sotto forma d’interesse. Affinche
esistano queste due classi particolari deve essere gia’ presupposta la
divisione del plusvalore in profitti e interessi.

Economia politica: non basta sacrificarsi, bisogna immolarsi:

…Il suo ideale morale è l’operaio che porta alla cassa di
risparmio una parte del suo salario; e per questa sua idea prediletta
essa ha trovato persino un’arte servile. Tutto ciò è
stato portato sulla scena in forma sentimentale. L’economia politica
è quindi, nonostante il suo aspetto mondano e lussurioso, una
scienza realmente morale, la più morale di tutte le scienze. La
rinuncia a se stessi, la rinuncia alla vita e a tutti i bisogni umani,
è il suo dogma principale. Quanto meno mangi, bevi, compri
libri, vai a teatro, al ballo e all’osteria, quanto meno pensi, ami,
fai teorie, canti, dipingi, verseggi, ecc., tanto più risparmi,
tanto più grande diventa il tuo tesoro, che né i tarli
né la polvere possono consumare, il tuo capitale. Quanto meno tu
sei, quanto meno realizzi la tua vita, tanto più hai; quanto
più grande è la tua vita alienata, tanto più
accumuli del tuo essere estraniato. Tutto  ciò che
l’economista ti porta via di vita e di umanità, te lo
restituisce in denaro e ricchezza; e tutto ciò che tu non puoi,
può il tuo denaro. Esso può mangiare, bere, andare a
teatro e al ballo, se la intende con l’arte, con la cultura, con le
curiosità storiche, col potere politico, può viaggiare;
può insomma impadronirsi per te di tutto quanto; può
tutto quanto comperare: esso è il vero e proprio potere. Ma pur
essendo tutto questo, non è in grado di produrre null’altro che
se stesso, né di comprare nulla fuor che se stesso,
poiché tutto il resto è ormai suo schiavo; e se io ho il
padrone ho pure il servo, e non ho bisogno del suo servo. Cosi tutte le
passioni e tutte le attività devono andare a finire
nell’avidità di denaro. L’operaio può avere soltanto
quanto basta per voler vivere; e può voler vivere soltanto per
avere….

Noi siamo sempre in anticipo perche’ siamo stupidi.
f?:
-Karl Marx-opere 
-T. W. Adorno -dialettica negativa…
-G.E. Debord…
-H.Marcuse…

 

Pubblicato in Generale | Commenti disabilitati su ero partito da casa senza niente in testa

Il futuro non e’ che un eterno remake

Se lo spettacolo e’ tutto cio’ che rimane del mito, l’immondizia e’ tutto cio’ che resta dello spettacolo…La Belle époque neoliberista si e’ sciolta come neve al sole. La crisi di sovrapproduzione di spettacoli travolge la controtendenza del capitale speculativo.
La moltiplicazione vertiginosa della massa di denaro non arresta il collasso.

La capacita’ di smaltimento del sistema e’ satura. "Non abbiamo altra via se non quella di aprire nuove discariche". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi….
La stagflazione ha messo in crisi l’aria sicura, prevedibile, e il comfort da centro commerciale che tutti sentivano connaturato al proprio "stile di vita": la felicita’ non e’ piu’ a un tiro di sputo! I privilegiati compresi quelli che, pur strisciando nella palude della miseria sociale, aspiravano a diventarlo, si sono svegliati bruscamente dal sogno della proprieta’ con l’ossessione di perdere, la paura di venire spossessati anche dei propri miraggi.

Allora tutti i partiti si sono uniti per "salvare" la società dai "nemici della società". Essi hanno dato alle loro truppe le parole d’ordine della vecchia società: "Proprietà, famiglia, religione, ordine". (La società viene salvata tanto più spesso, quanto più si restringe la cerchia dei suoi dominatori, quanto più un interesse più ristretto prevale sugli interessi più larghi. Ogni rivendicazione della più semplice riforma finanziaria borghese, del liberalismo più ordinario, del repubblicanesimo più formale, della democrazia più volgare, viene ad un tempo colpita come "attentato contro la società" e bollata come "comunismo".)

Il cosiddetto partito socialdemocratico dinnanzi alla decomposizione dello spettacolo ha richiesto istituzioni democratiche piu’ forti come mezzi per eliminare gli estremi del conflitto, il capitale e il lavoro salariato, attenuare il loro contrasto e trasformarlo in armonia. Il contenuto del loro programma politico è la trasformazione della società per via democratica, ma una trasformazione che non oltrepassa il quadro della piccola borghesia. E come avviene di solito dopo le elezioni democratiche, i capi hanno la soddisfazione di poter accusare il loro "popolo" di diserzione e il popolo ha la soddisfazione di poter accusare i suoi capi di averlo gabbato.

Non vi è dubbio: i "democratici" credono alle trombe, agli squilli delle quali crollarono le mura di Gerico, e ogni volta che si trovano di fronte alle mura del dispotismo cercano di ripetere il miracolo. Il loro rimbombante preludio che annunciava la battaglia contro la controrivoluzione si e’ perduto in un debole mormorio non appena questa doveva incominciare; gli attori hanno cessato di prendersi au sérieux e la loro azione e’ fallita in modo lamentevole, come un pallone forato con uno spillo.

Il "partito democratico" si immagina di essere superiore, in generale, ai contrasti di classe, di rappresentare il popolo e pensa dunque di non aver bisogno, prima di impegnare una lotta, di saggiare gli interessi e le posizioni delle diverse classi. Crede di non aver bisogno di ponderare troppo accuratamente i propri mezzi. Immagina di non aver che da lanciare il segnale, perché il popolo, con tutte le sue inesauribili risorse, si scagli sugli oppressori.

Se poi, all’atto pratico, i suoi interessi si rivelano non interessanti e la sua forza un’impotenza, la colpa è di quegli sciagurati sofisti che dividono il popolo indivisibile in diversi campi nemici o di un particolare dell’esecuzione che ha fatto fallire l’assieme; o di un caso imprevisto che, per quella volta, ha fatto andare a monte tutto l’affare.
Ad ogni modo, il partito democratico esce sempre senza macchia dalla più grave sconfitta, come senza colpa vi è entrato, e ne esce con la rinnovata convinzione che egli deve vincere, non che egli stesso e il suo partito dovranno cambiare il loro vecchio modo di vedere, ma, al contrario, che gli avvenimenti, maturando, gli dovranno venire incontro.

Tutti i partiti hanno fatto appello al popolo raccolto attorno alla difesa della proprietà diffusa, dalla casa alle rendite finanziarie, contro le assemblee parlamentari in modo tanto audace da sfruttare pubblicamente la loro degradazione e il loro discretito per guadagnarsi del consenso.

Alla fine ha vinto l’inevitabile stato maggiore delle libertà, la libertà personale, la libertà di stampa, di parola, di associazione, di riunione, di insegnamento e di religione, ecc.Ognuna di queste libertà e’ stata proclamata diritto assoluto del cittadino italiano, ma con la costante nota marginale che essa e’ illimitata nella misura in cui non le viene posto un limite dagli "eguali diritti di altri e dalla sicurezza pubblica", o dalle "leggi", le quali hanno appunto il compito di mantenere questa armonia (delle libertà individuali tra di loro e con la sicurezza pubblica). Queste limitazioni sono state definite necessarie per ripristinare l’autorita’ dello Stato per il ristabilimento del credito, per il consolidamento dell’ordine, per metter fine alla situazione provvisoria e confusa e creare uno stato di cose definitivo.

Il partito dell’ordine ha cosi’ celebrato la riconquista di un potere che sembrava aver perduto liberandolo da tutte le pastoie democratiche che lo intralciavano e lanciando invettive contro la Repubblica e contro la Costituzione, maledicendo tutte le rivoluzioni passate, presenti e future, e promulgando leggi che imbavagliano la stampa, sopprimono il diritto di associazione e fanno della stato d’assedio un’istituzione organica di governo.

Ora, mentre il partito dell’ordine si divide nei suoi differenti elementi e si abbandona alle proprie contrastanti velleità di restaurazione i socialdemocratici si sentono in diritto di limitare la loro attività a scoppi di indignazione morale e declamazioni rumorose, ad essere in realta’ banali e moderati fino al ridicolo.

Il capitale capisce quando tutte le cosiddette libertà e istituzioni progressive borghesi attaccano e minacciano il suo dominio di classe tanto nella sua base sociale quanto nella sua sommità politica e per mantenere intatto il suo potere sulla societa’ e’ disposto a limitarle.
Le liberta’ liberali allora si concentrano in una sola: fare denaro; speculare in modo volgare sulla volgarità delle masse.

Berlusconi, credendosi Napoleone terzo, ha proclamato il ripristino dell’autorita’ dello Stato e avvertito che con il ritorno dello Stato non ci saranno più manifestazioni di minoranze organizzate che occupano strade, e discariche come è accaduto con il precedente governo dove la sinistra estrema faceva passare come forme di democrazia manifestazioni violente che sfociano nell’anarchia.

"La sicurezza prima di tutto, dice il carceriere al prigioniero…"
Il governo ha annunciato la strategia per sopravvivere al crollo dello spettacolo internazionale: Moltiplicazione di discariche sociali-cpt, carceri, comunita’recupero, campi di rieducazione…-dove scaraventare i rifiuti umani; la costruzione di megainceneritori, centrali nucleari, opere faraoniche…schedatura su base ‘etnica’ di una parte della popolazione.

Napoleone terzo ha rassicurato la nazione: nulla ci impedira’ di fare shopping nell’illusione del cambiamento e del progresso dove la legge insaziabile del profitto compie il suo eterno rito della produzione di denaro e della distruzione di vita. Naturalmente questa sicurezza che declina nella felicita’ illimitata del cittadino-spettatore pretende i suoi annegati, i suoi dispersi al largo delle coste, le sue bagnarole affondate, le sue navi da guerra post-ideologiche
i suoi morti di lavoro. Il telepopolo mentre annaspa sulla soglia di poverta’ si e’ lasciato sedurre producendo la sua bava mista di illusioni, razzismo, violenza, avidita’ sfrenata, egoismo…

Si sa’ che le illusioni servono il controllo…e gli affaristi di casa nostra se ne servono per abbattere tutti i vincoli sociali alla loro smodata voracita’ di denaro guadagnato nel modo piu’ facile possibile.

I media hanno riaffermato "l’immutabile": ci saranno sempre guerre, dei poveri, degli schiavi…"ma anche" che c’e ancora molto da vedere e da comprare per chi si mette dalla parte dell’ordine.

"Il futuro non e’ che un eterno remake".
La sicurezza prima di tutto, dice il carceriere al prigioniero…"(…)

Bisogna pazientare certo, ma presto l’unita’ e la coesione spettacolare della societa’ sbrindellata dalle contraddizioni del sacro imperativo economico verranno ripristinate dallo Stato in una santa allenza con la Chiesa, le veline e i conduttori di show televisivi.
L’equilibrio instabile del sistema di sfruttamento sara’ velocemente ricostruito fabbricando prigioni in nome della liberta’, discriminazioni in nome dell’uguaglianza nel consumo, attuando progrom contro una massa piu’ o meno informe di persone considerati sub-umani, geneticamente deteriorati, e tutti/e le resistenti ad inginocchiarsi sull’altare del mercato del lavoro, dello sfruttamento, del dio inodore della borghesia.

I militari veglieranno sui consumatori…, cioe’ sugli androidi schiavi che lavorano nell’azienda italia…Esseri ne’ morti ne’ vivi, sessuati ma senza sessualita’, battezzati, ma senza nome, con in prestito dall’umanita’ ogni cosa, meno che l’umanita’ e col mito sottilmente innestato nei loro cervelli di una felicita’ equivalente al potere d’acquisto.
-"il potere d’acquisto e’ la licenza di acquistare potere"-

A volte capita che gli androidi schiavi si risvegliano a se stessi davanti ai cumuli d’immondizia in decomposizione, dove le false promesse dello spettacolo capitalista rivelano la loro verita’ e allora, subito vengono trasformati in pericolosi latitanti.  
Si monta lo spettacolo dell’emergenza, adeguatamente sorvegliata dallo Stato e dai suoi apparati di sicurezza, per negare la tossicità strutturale del capitalismo, :
L’immondizia verra’ rimossa dalle strade, le discariche protette dall’esercito, le minoranze di "agitatori e anarchici" incarcerati e l’immagine del paese sara ripulita.

"The show must go on!"
Lo spettacolo produce i suoi residui tossici ma anche e i suoi spazzini, le sue leggi e i suoi poteri speciali che continueranno ad impedire analisi di impatto ambientale, a mettere in cantiere opere faraoniche-tav, ponte sullo stretto, inceneritori, centrali nucleari- nell’interesse dei capitalisti. Lo spettacolo dell’emergenza paradossalmente, ma non tanto, giustifichera’ di nuovo la logica piu’ brutale del profitto immediato e la stessa contaminazione affaristica che ha creato i disastri ambientali e sociali che abbiamo davanti agli occhi.

Lo spettacolo vigilera’ come la polizia sul tentativo dello Stato di rimettere in moto l’economia stagnante del profitto utilizzando le contraddizioni e le macerie che esso stesso ha prodotto in questi ultimi decenni di bell’époche neoliberista.

Gli ultimi androidi ribelli vagano alla pietosa ricerca di una "riconciliazione con la natura",
quando "cio’ che oggi si chiama <naturale> e’ tanto artificiale quanto il fondotinta <naturale> dei profumieri, oppure, ogni giorno se ne stanno seduti nel buio ipnotizzati dallo schermo che luccica, tutti convinti di essere circondati da sconosciuti, da stranieri, da un’universo out of joint, un mondo scardinato pieno di effetti speciali e di mostri.
Teleproletari, videoterroristi, lavoratori della tastiera!: Niente può sostituire il valore dei soldi in una societa’ che funziona sui soldi. Proletari ! potete fare altro che vendere il vostro tempo!!. Potete ingegnarvi e con uno sforzo di creativita’ vendere sistemi per fare soldi.

Ci si ammala sempre con una definizione politica ma un generale processo di esclusione non ha mai creato un legame piuttosto religione e intolleranza, patriottismo e guerra, difesa della famiglia e rifiuto di ogni diversità, edificazione di "aree di scarico e di compenso dove poter relegare e nascondere le proprie contraddizioni." In queste aree vengono relegati i "socio-economicamente insignificanti". Il "socio-economicamente insignificante" e’ un uomo senza potere sociale, economico, contrattuale e’ l’ oggetto di una violenza originaria, la violenza del nostro sistema sociale.

Nell’ epoca dell’ informazione totale abbiamo davanti ai nostri occhi il primo Stato Mediatico Totalitario(SMT) realmente riuscito. E’ la nozione delle comunità rifugiata nei bunker, dove  la gente cerca di salvarsi, asserragliandosi in fortezze medievali ipertecnologiche contro le nuove minacce islamiche, o di un’intera classe senza diritti, lavoratori immigrati e non che sopravvivono in condizioni simili alla schiavitù.

Il nuovo padrone non e’ che la totalita’ dei servi.

In vent’anni, abbiamo avuto il tempo di vedere, ma non e’ servito. In vent’anni, abbiamo avuto il tempo di vedere. Abbiamo capito, ma inutilmente. La democrazia per tutti, la lotta
«anzi-terrorista», le stragi di Stato, la ristrutturazione capitalista e la sua Grande Opera
di epurazione sociale, per selezione, per precarizzazione, per normalizzazione, per
«modernizzazione». Abbiamo visto, abbiamo capito. I metodi e i fini. Il destino che ci riservano. Quello che ci negano. Lo stato di eccezione. Le leggi che mettono la polizia, l’amministrazione, la magistratura al di sopra delle leggi. La giuridicizzazione, la psichiatrizzazione, la medicalizzazione di tutto quel che esce dalla norma. Di tutto ció che sfugge. Abbiamo visto. Abbiamo capito.

Sempre più informazione e sempre meno senso.
L’ industria della coscienza, integrata con quella della guerra ha messo in campo uno sbalorditivo arsenale di tecniche e discipline per impedire alla gente di pensare con la propria testa. La virilitá classica reclama un analgesico, un miraggio, qualche cosa. Un mezzo per ignorarsi ancora un po’. La questione del "Che fare?" da una risposta semplice: sottomettersi ancora una volta alla logica della mobilitazione, alla temporalitá dell’urgenza. Sotto pretesto di ribellione..Mettersi tra parentesi. Alloggiare nell’eccezione di sé. In disparte dal tempo. Che passa. Che non passa. Che si ferma. Fino a. . . Fino al prossimo "fine".

Non é un problema. l problemi sono redditizi, nutrono gli esperti mentre e’ una questione tecnica.,che si sdoppia in questione di tecniche di trasmissione di queste tecniche "Come fare?"
Il risultato contraddice sempre il fine. Perché porre un fine é ancora un mezzo, un altro mezzo.
                                                           
Se tante idee generose sono diventate il loro contrario, è perché il comportamento che militava in loro favore ne era la negazione. Un progetto di autonomia e di emancipazione non può fondarsi, senza vacillare, sulla volontà di potenza che continua ad imprimere nei gesti il segno del disprezzo, della servitù, della morte.(…)Parliamo di dominio reale del capitale; ed allora dobbiamo sapere che vuol dire antropomorfosi del capitale, che il capitale si fa uomo e vive dentro ciascuno di noi. Ogni momento del vissuto è teatro di furiosi scontri: i rapporti d’amore non vi si sottraggono. Perciò odio chi finge di essere già completamente liberato; possiamo aspirare ad essere dei rivoluzionari coerenti, ma non possiamo essere rivoluzionari già ora, senza rivoluzione. Non ha senso.

"Come fare?" vuol dire che lo scontro militare con l’Impero deve essere subordinato all’intensificazíóne delle relazioni all’interno del nostro spazio. Che la guerra rivoluzionaria non va piú confusa con la sua rappresentazione: il momento bruto del combattimento.
Politica dell’ insurrezione locale contro la gestione globale. L’ordine globale non puó essere preso come nemico, direttamente perché l’ordine globale non ha luogo. Al contrario, e’ piuttosto l’ordine dei non-luoghi.La sua perfezione non sta nel fatto di essere globale, ma di essere globalmentelocale.

La politica che viene e’ la "Politica dell’insurrezione locale contro la gestione globale." Della presenza riguadagnata sull’assenza a sé.  Riguadagnata col furto, la frode, il crimine, l’amicizia, l’inimicizia, la cospirazione. Tramite l’elaborazione di modi di vita che siano anche dei modi di lotta. Politica dell’aver luogo.L’Impero non ha luogo, amministra l’assenza facendo planare ovunque la minaccia palpabile dell’intervento poliziesco. Chi cerca nell’Impero un avversario con cui misurarsi troverá l’annientamento preventivo.
                                                       
La visibilita’ e’ una trappola.

"Come fare?" Apprendere a diventare indiscernibili. A confonderci. Riprendere gusto per l’anonimato, per la promiscuitá. Rinunciare alla distinzione, per giocare la repressione: creare le condizioni piú favorevoli per lo scontro. Divenire astuti. Divenire impietosi. E per questo divenire qualunque. "Come fare?" é la domanda dei bambini perduti. Quelli a cui non é stato detto. Quelli che hanno gesti insicuri. A cui niente é stato regalato. Quelli la cui creaturalitá e la cui erranza non smettono di tradirsi.

Dall’Immagine della Fabbrica… ..alla Fabbrica
dell’Immagine…infine dell’immagine senza fabbrica.
                                    
"non c’e piu’ un centro di oppressione perche’ l’oppressione e’ dappertutto" e ovunque genera i suoi cumuli di immondizia in decomposizione."

lib-da
K.Marx-18 brumaio
R.Vaneigem-trattato del saper vivere…
Riccardo D’este-interviste
Tiqqun-collettivo
G.E.D.-la societa’ dello spettacolo
P.H.Dick-Ubik-Le formiche elettroniche sognano?…
Il bar dello Sport-Sottocasa

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amore tossico

L’inquinamento mentale, previsto da Pasolini, prodotto dal potere consumistico, dal "tecno-fascismo", brucia, rinnovandosi, negli inceneritori sparsi nel paese cosi’ come nelle strade di Napoli. I rifiuti, le spoglie mortali della merce, si sono accumulate all’inverosimile, allo stesso ritmo con cui gli italiani accumulavano nella loro menti "egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo".
L’intossicazione culturale e mentale inesorabilmente ha prodotto le sue scorie, la sua scia di morte. La demenza dell’ideologia dello sviluppo economico abbracciata ad ogni latitudine culturale e politica e’ intrinsecamente tossica; la sua logica e’ l’alterazione, il degrado, la contaminazione, la distruzione, il consumo del vivente in nome della ricchezza astratta; le sue conseguenze naturali il degrado ambientale, danni cerebrali che crescono alla stessa velocita’ dei tassi d’interesse.

La spazzatura accumulata nelle strade di Napoli e’ solo uno dei sintomi dell’inquinamento mentale generalizzato che ha contaminato ogni forma di vita in questo paese. Le soluzioni che vengono proposte mancando il riconoscimento dei rapporti fondamentali, delle cause, di una malattia culturale cronica si limitera’ a rimuoverne solo parzialmente e superficialmente i sintomi.
Il sovraccarico tossico della cultura e’ cosi’ totale che il veleno scorre senza soluzione di continuita’ dagli idioti programmi d’intrattenimento alle discariche.

I politici indossano una tranquilla espressione di cauto ottimismo mentre gia’ ricorrono alla polizia e all’esercito. La realtà, messa a punto dal governo viene trasmessa, ossessivamente, ogni minuto, dalla televisione. Il ministro dell’interno afferma perentoriamente: "Nessun dialogo è possibile con chi lancia molotov e bombe carta. Con chi usa la violenza come metodo di convincimento" e intanto a roma i negozi bengalesi vengono devastati dai neonazisti e l’informazione di regime si spreca in quanto a comprensione della "rabbia popolare" contro i Rom e le molotov lanciate contro i campi nomadi.

I cassonetti e i giornali traboccano di rifiuti, la spazzatura indifferenziata sale…(3)(4)

"se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la ‘società dei consumi’ ha bene realizzato il fascismo".

Scriveva Pasolini, il potere e’ un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Si tratta aggiungeva, di uno stesso sistema educativo che forma tutti dalle classi dirigenti, giu’ fino ai poveri. Tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo:
"Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono."

Il "nuovo modo di produzione", quella che Pasolini definiva la "seconda rivoluzione borghese", ha creato attraverso una nuova qualita’ della merce una nuova qualita’ dell’umananita’: "persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina)."
Gli iataliani hanno accettato con entusiamo questo nuovo modello culturale che si sviluppa secondo "le norme della Produzione creatrice di benessere". Ma essi non sono davvero in grado di realizzarlo o lo realizzano materialmente in parte "diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati d’animo collettivi."  

I proletari e le classi subalterne italiane che subiscono il "tecno-fascismo", il potere consumistico, sono vittime di un "genocidio culturale" che distrugge "il loro modo di essere, il loro modo di comportarsi, di parlare, di giudicare la realta’".
Il modello che ha sostituito la loro "cultura" e’ un modello di vita borghese(consumistico) che li ha borghesizzati: la collocazione di classe ora e’ dunque "puramente economica e non piu’ anche culturale":
"La cultura delle classi subalterne non esiste (quasi) più: esiste soltanto l’economia delie classi subalterne. E ho ripetuto già un’infinità di volte in questi miei maledetti articoli che l’atroce infelicità o aggressività criminale dei giovani proletari e sottoproletari deriva appunto dallo scompenso tra cultura e condizione economica: dall’impossibilità di realizzare (se non mimeticamente) modelli culturali borghesi a causa della persistente povertà mascherata da un illusorio miglioramento del tenore di vita."

Il modello culturale imposto dal "tecno-fascismo", dal potere consumistico, e’ un modello metafisico di ogni possibile figura vivente". A tale modello non ci sono alternative: ma solo varianti. Esso genera un totalitarismo quasi senza limiti che muta antropologicamente gli italiani.
"Ora, tutti gli Italiani giovani compiono questi identici atti, hanno questo stesso linguaggio fisico, sono interscambiabili; cosa vecchia come il mondo, se limitata a una classe sociale, a una categoria: ma il fatto è che questi atti culturali e questo linguaggio somatico sono interclassisti. In una piazza piena di giovani, nessuno potrà più distinguere, dal suo corpo, un operaio da uno studente, un fascista da un antifascista; cosa che era ancora possibile nel 1968."

La responsabilita’ dei mezzi di comunicazione di massa in tutto questo e’ enorme. Essi sono uno strumento di potere e potere essi stessi. Centri elaboratori di modelli e messaggi culturali i media di massa, come la televisione e i giornali…, sono il "luogo" (o il "non-luogo") dove si concretizza una mentalita’ che altrimenti non si saprebbe dove collocare.
"È stata la televisione, scrive Pasolini, che ha, praticamente concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino all’infelicità (che non è una colpa minore)".

Il "tecno-fascismo" al posto vecchio clerico-fascismo ha trasformato le classi subalterne in caricature del padrone; li ha colonizzati fino a farli diventare come i padroni, altrettanti "predoni, che vogliono tutto a qualunque costo". Una "cupa ostinazione alla violenza totale" fagocita tutti, i dominati e i dominatori:

"Non dico che non c’è il fascismo. Dico: smettete di parlarmi del mare mentre siamo in montagna. Questo è un paesaggio diverso. Qui c’è la voglia di uccidere. E questa voglia ci lega come fratelli sinistri di un fallimento sinistro di un intero sistema sociale. Piacerebbe anche a me se tutto si risolvesse nell’isolare la pecora nera. Le vedo anch’io le pecore nere. Ne vedo tante. Le vedo tutte."
Le rinascenti "false opposizioni arcaiche dei regionalismi o dei razzismi" al "tecno-fascismo" "trasfigurano in superiorita’ ontologica la volgarita’ delle posizioni gerarchiche del consumo", sono costruite sulla rimozione delle contraddizioni reali secondo i livelli particolari di miseria che allo stesso tempo sostengono e smentiscono.

"Voglio dire fuori dai denti: io scendo all’inferno e so cose che non disturbano la pace di altri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi. È vero che sogna la sua uniforme e la sua giustificazione (qualche volta). Ma è anche vero che la sua voglia, il suo bisogno di dare la sprangata, di aggredire, di uccidere, è forte ed è generale. Non resterà per tanto tempo l’esperienza privata e rischiosa di chi ha, come dire, toccato "la vita violenta". Non vi illudete. E voi siete, con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendo basato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere. Beati voi che siete tutti contenti quando potete mettere su un delitto la sua bella etichetta. A me questa sembra un’altra, delle tante operazioni della cultura di massa. Non potendo impedire che accadano certe cose, si trova pace fabbricando scaffali."

Il nuovo potere consumistico, il "tecno-fascismo" si realizza nel contesto di una sua propria ideologia edonistica, un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo:
in quella che Debord definiva "ideologia della democrazia: vale a dire liberta’ dittatoriale del Mercato, temperata dal riconoscimento dei Diritti dell’uomo spettatore".

1-"Siamo tutti in pericolo". Intervista L’Unità 1 novembre 1975;
Scritti corsari-P.P.Pasolini
2-La societa’ dello spettacolo-G.Debord

3-il Coisp(sindacato di polizia) mette le mani avanti e avverte:
"siamo molto preoccupati perché l’aria che si respira è quella di piazza Alimonda a Genova durante il G8, con in più tantissimi camorristi avvezzi all’uso delle armi da fuoco nel caos di eventuali tafferugli. Temiamo che possa scapparci qualche morto, tanti poliziotti feriti e che si getti di nuovo la colpa di eventuali violenze addosso ai poliziotti come accaduto a Genova. Abbiamo già un poliziotto ustionato da molotov e conquistare Marano e le cave di Chiaiano sarà un po’ come conquistare "Bagdad" (così è stata descritta Marano tra le barricate dalla BBC in Inghilterra.). Sarà infatti possibile prenderla, mentre cosa ben diversa sarà garantirvi la sicurezza "dopo", come ben sanno gli americani a Bagdad."(25/05/08)

I siti, le aree e gli impianti comunque connessi all’attività di gestione dei rifiuti sono considerati dal governo "aree di interesse strategico nazionale", sono previsti il carcere, fino ad un anno per "chi intralcia il meccanismo di gestione dei rifiuti"; fino a 5 anni per i promotori della protesta. Il decreto (n.90) del governo inoltre, stabilisce lo scioglimento immediato dei comitati di protesta contro le discariche e pieni poteri a Bertolaso (nominato sottosegretario-responsabile emergenza rifiuti) che potrà chiedere l’impiego delle Forze armate.

Lo "stato d’emergenza" promulgato dal governo dura fino al 31 dicembre 2009…poi si ritornera alla "normalita’"…….

    
4-L’Italia è disposta a rivedere i ‘caveat‘, i vincoli imposti all’impiego delle truppe in Afghanistan.
Intanto il neo sottosegretario Guido Bertolaso potrà contare sull’appoggio delle suore che in Campania si sono mobilitate per sostenere con una «settimana di preghiera» la sua azione. «La settimana – spiega il teologo Antonio Rungi, promotore dell’iniziativa – sarà un tempo di preghiera, per la soluzione del dramma dell’immondizia a Napoli e in Campania»

È iniziato dalla mattina lo sciopero della fame dei migranti ospitati nel Centro di permanenza temporanea di Torino dove venerdì notte è morto Hassan Nejl, forse a causa di una polmonite fulminante. Nella notte ci sarebbero state cinque richieste d´aiuto andate a vuoto, prima che, la mattina dopo (sabato), fosse ritrovato il cadavere del giovane

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giustizia e liberta’ per il popolo Rom

I rom artificialmente esclusi dal resto della societa’ italiana sono costretti a subire la condanna di una segregazione su base razziale. Le autorita’ sistematicamente li sottopongono a sgomberi forzati, alla distruzione dei loro beni, all’umiliazione da parte delle forze dell’ordine, ad espulsioni collettive che somigliano a delle vere e proprie deportazioni.

Il governo in carica, l’intera classe politica del paese, la maggioranza degli italianibravagente hanno abbracciato per intero, a parte qualche dettaglio,le tesi del professore nazista Ritter che cosi’ classifica i rom:

"(…) gli Zigani si mescolano prevalentemente con vagabondi, asociali, criminali ed a causa di ciò si è prodotto un sottoproletariato di Zigani e vagabondi, che è costato allo Stato somme incalcolabili per l’assistenza. (…) Come ulteriore risultato della ricerca, abbiamo osservato che gli Zigani sono del tutto primitivi dal punto di vista etnologico, ed il loro ritardo spirituale li rende incapaci all’adattamento sociale. (…) La questione zigana potrà dunque considerarsi risolta, solo quando il grosso degli ibridi zigani, asociali e fannulloni, sarà riunito in grandi campi mobili di lavoro, e quando l’ulteriore aumento di questa popolazione mista sarà definitivamente impedito. L’istinto di ricerca sull’igiene razziale è già oggi capace di esprimersi oggettivamente sul grado di mescolanza e sul valore ereditario di ogni singolo così detto Zigano, cosicché per la messa in atto di misure di igiene razziale non ci sono più problemi… »"(a)

I progrom sono iniziati. Ronde, decreti, aggressioni, spranghe e molotov. Finalmente la legalita’ e’ sul punto di trionfare. Il partito trasversale dell’ordine avanza compatto contro i campi nomadi.

La scintilla che ha fatto partire la caccia al rom e’ il presunto (la presunzione d’innocenza vale solo per politici e uomini d’affari?) tentato rapimento di una bambina di sei mesi da parte di una ragazzina di 16 anni, Angelica, che ha una figlia in Romania.

Prima di qualsiasi processo, l’odio e’ dilagato nella civile Napoli e poi nel resto del nostro civilissimo paese ormai preda di una irreversibile tristezza morale.

Finalmente, nella piramide dell’immondizia che e’ diventata la societa’ italiana, le folle sono state liberate e possono abbandonarsi alla violenza piu’ cupa e agli impulsi piu’ ciechi.

Ormai non importa piu’ quale sia il motivo o la verita’o il pregiudizio, che scatena, non l’indignazione civile, ma l’avvilimento entusiastico della brutalita’ alla luce di una classe di politici che cerca solo l’interesse del momento.
E’ cosa ovvia e naturale che i rumeni stuprino durante le campagne elettorali (vedi roma) e che le ragazzine rom rapiscano bambini durante un consiglio dei ministri che discute di "sicurezza".
Bisogna aizzare i concittadini alla crudelta’ e al furore per fargli dimenticare l’intreccio di affari e profitti che li uccide ogni giorno.

Tutto quello che sta’ accadendo, in queste ore in questo paese e’ infame. Il sacrificio definitivo della ragione, di ogni dignita’ morale all’egoismo piu’ brutale e sfrenato.
Quale che sia la casuale catena di eventi che ha scatenato questa desolazione e’ chiaro che la bassessa dell’egoismo e del sano "buon senso comune" sale come una marea inarrestabile.

"gli innumerevoli che non conoscono piu’ nulla al di fuori di se’ e del loro nudo, volubile, interesse sono gli stessi che capitolano non appena cadono nelle reti dell’organizzazione e del terrore." (T.W.Adorno)

"è più facile disintegrare un atomo che un luogo comune"(1)
                                      A.Einstein

I Rom non possiedono, nella loro lingua, un verbo per tradurre il termine "avere". Usano una sola parola per designare il passato e il futuro: "tessai". Non hanno una patria e non venerano la proprieta’ e per questo sono l’unico popolo che non ha mai combattuto una guerra.

Nella tradizione del popolo rom e’ costume che quando i genitori muiono i loro beni non vengono lasciati in eredita’ ai figli, ancora oggi le roulotte dei genitori vengono bruciate e il loro denaro, se ne possiedono, viene speso solo per le celebrazioni funebri.

"(..)mentre i proprietari e gli abitanti/occupanti delle proprietà si definiscono per il loro legame con la propria terra, e quindi anche il rapporto tra le generazioni lo è, per le famiglie sinti non è così. Le loro roulotte e quindi le loro relazioni sociali si spostano sempre verso altri territori, anche se entro i limiti regionali, ma il loro legame tra le generazioni non viene impresso dal legame con la proprietà terriera.

Ogni generazione ricomincia da capo, non si costruisce a partire da basi materiali, ma dal rispetto e dal ricordo dei defunti. Questo rispetto è ciò che segna le relazioni tra i Sinti in vita e tra questi e i loro defunti. Non solo, ma è anche e soprattutto dal ricordo e dal rispetto per i loro defunti che si contraddistingue la presenza dei Sinti in un certo territorio. La trasmissione dell’eredità si articola in un sistema di comunicazione sottile e difficile, non percettibile dall’esterno. La continuità culturale dei Sinti non è garantita dal ricevimento di una proprietà, bensì da un sistema di rispetto verso i defunti che non è visibile nè tangibile dall’esterno.(…)"(Elisabeth Tauber, Etnologa)

a) http://www.albertomelis.it/terzameta4.htm

1) "La guerra e’ pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza".

Operazioni di guerra psicologica: trasmissione di informazioni e orientamenti attraverso i media per influenzare le emozioni, le motivazioni, e il ragionamento dei singoli, dei gruppi e della societa’ nel suo insieme. Lo scopo di queste operazioni di guerra psicologica in tempo di pace e’ quello di indurre atteggiamenti favorevoli ai governi al potere, neutralizzare il conflitto sociale deviandolo nei suoi obiettivi.
Detto altrimenti, si tratta di gettare all’ammasso la mente collettiva e l’intelligenza sociale e individuale con tecniche di persuasione, mobilitazione mediatica, propagazione di ideologie e la vendita di certe idee per accrescere il consenso verso il sistema.

Chi dice che cosa e con quale effetto?

In tempo di pace queste "operazioni di guerra psicologica" vengono definite operazioni di "ingegneria del consenso" per il potere, contro il "disfattismo, la demoralizzazione, il disordine…Le reti di comunicazione vengono anche utilizzate per sostituire i paradigmi dominanti (valori, cultura, e mentalita’ prevalenti) e gestire il cambiamento sociale (in funzione della competizione economica). Queste operazioni morali condotte attraverso i mezzi d’informazione incitano il disordine sfruttando reali motivi di insoddisfazione delle popolazioni; esse mirano a sconvolgere le normali relazioni di vita quotidiana, a suscitare percezioni di minaccia e pericolo su abituali modi di vita con la creazione di un "nemico interno" per incentivare il ricorso "all’autorita’", il consenso diffuso a limitazioni delle liberta’ civili, per ridurre al silenzio l’opposizione sociale.
Tuttavia, queste operazioni di guerra psicologica in tempo di pace una volta cominciate possono sfuggire al controllo dei loro registi istituzionali e sfociare in risultati imprevisti ed imprevedibili.

L’esercizio del terrore prende la forma del conformismo.
Come posso vedere cio’ che e’ davanti ai miei occhi?

L’informazione è utile solo se gli individui possono metterla in un quadro di conoscenze e cosi’ utilizzarla per risolvere i problemi, formarsi un’etica e fare delle scelte…


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il fascismo della normalita’

 
La belle èpoque (1885-
1914 ) fini sotto i colpi di pistola che risuonarono a Serajevo nel
1914. Rotto l’incanto dell’espansione economica indefinita e del
progresso tecnico e scientifico (luce elettrica, ferrovie, vetrine
piene di merci, teatri, cabaret, cinema…, la radio, le
automobili…le riviste a colori, il commercio internazionale, grandi
magazzini, vendita a rate ecc.) segno di una inarrestabile corsa verso
il futuro il mondo cadde nel baratro della guerra (1914-1918).

In italia, ma non solo, la guerra produsse profonde trasformazioni
strutturali della societa’ che portarono alla dissoluzione del vecchio
sistema statale e dei precari equilibri stabilitisi nel periodo
anteguerra tra forze sociali contrastanti.
La crisi politica, sociale ed economica che investi’ il paese sfocera’
nel fascismo che mutera’ "la violenza in terrore e la
propaganda in indottrinamento".

Il capitalismo italiano "partito da  una base insufficiente, non
aveva una forte dinamica espansiva ed era pertanto incapace di
omogeneizzare l’italia in un grande mercato capitalistico;(…) di
conseguenza trovava nel mercato interno una scarsa possibilita’ di
assorbimento dei prodotti e si orientava decisamente verso lo Stato come
valvola di sicurezza per ricavarne commesse, protezioni, sovvenzioni,
premi, aiuti e naturalmente per fare cio’ doveva garantirsi una presa
sempre piu’ sicura sul potere statale.(…) Dopo la "grande
guerra" c’erano possibilita’ di esportazione in un mondo che
doveva ricostruirsi, c’erano possibilita’ di rivolgersi al mercato
interno, che era stato compromesso durante la guerra e che avrebbe
potuto espandersi  grazie ad un elevamento generale del livello di
vita. Ma la classe industriale italiana mancava in larga misura dei
requisiti per affrontare questi compiti; abituata a produrre al riparo
di comode tariffe doganali, non era in generale capace di produrre a
costi competitivi e vendere sui mercati esteri; abituata del pari a
pagare bassi salari preferiva conservare questa abitudine e quindi si
pregiudicava le possibilita’ di allargamento del mercato interno(…)

L’atteggiamento passivo dello Stato nei confronti della crisi 1920-21
"forni’ l’ultima decisiva prova che lo stato liberale non rispondeva piu’
agli interessi della classe dominante. La quale era contro l’intervento
dello Stato, contro quelle che allora si chiamavano <bardature di
guerra>, nella misura in cui cio’ favoriva le sue speculazioni e i suoi
profitti, ma al tempo stesso voleva che lo Stato fosse sempre pronto ad
intervenire nelle forme e nella misura che essa considerava necessaria
per garantirsi profitti larghi e tranquilli, senza rischi.(…)
Ingigantire al massimo il profitto privato e socializzare le perdite,
rimaneva sempre una massima aurea per i capitalisti italiani e lo Stato
liberale si mostrava ormai incapace di applicarla. La sua sorte era
pertanto decisa.(…)

Il capitalismo era abbastanza diffuso in italia per distruggere in
larga misura certe sopravvivenze del passato (molte proprieta’
comuniali e molti usi civici che sostenevano l’economia contadina, il
piccolo artigianato domestico delle campagna, le vecchie forme di
assistenza) che assicuravano una certa stabilita’ di vita alle masse
agricole, ma non abbastanza ne’ per creare nuove possibilita’ di
lavoro nelle citta’ ne’ per elevare il tenore di vita nelle campagne:
al contrario le esigenze dell’accumulazione capitalistica, in un paese
di ritardato sviluppo, portarono alla compressione del tenore di vita delle masse lavoratrici sia agricole che urbane.(…)

In generale il  capitalismo nella sua avanzata distrugge tutta una
serie di attivita’ e professioni indipendenti (la bottega
dell’artigiano, il negozio del piccolo commerciante, in larga misura la
piccola proprieta’ terriera) incapaci di tenere il passo con lo
sviluppo capitalistico, ma al tempo stesso crea una serie di nuove
attivita’ che assorbono e utilizzano gli ex-titolari di quelle
posizioni indipendenti e in ultima analisi l’elemento di relativa
stabilita’ e sicurezza che l’appartenenza ad una grande organizzazione
puo’ consentire appare agli occhi del lavoratore moderno preferibile
alla vecchia indipendenza. In italia, proprio a cagione della relativa
arretratezza capitalistica e della insufficienza dei suoi ritmi di
sviluppo, e’ accaduto che la distruzione delle vecchie professioni e
delle vecchie posizioni, del vecchio equilibrio economico, non era
seguita dalla creazione di nuove possibilita’ di lavoro,
dall’instaurazione di un nuovo equilibrio. E anche quell’altro fenomeno
che il capitalismo ha suscitato ovunque di una larga promozione sociale
era in italia  per le stesse ragioni frenato e limitato:
quando il figlio di un contadino o di un artigiano conquistava un
diploma di maestro, ragioniere o avvocato, non per questo riusciva a
conquistare una posizione sociale adeguata, e spesso rimaneva un
disoccupato o uno spostato, sradicato ormai dal suo vecchio ambiente ma
non in grado di sistemarsi nel nuovo. Donde una larga parte di ceto
medio in una situazione economica e sociale instabile e,
conseguentemente, di irrequietezza psicologica e politica, animato da
un sordo rancore verso il sistema che lo confinava ai suoi margini ma
al tempo stesso voglioso di conquistarsi proprio l’ingresso in quel
sistema stesso.(…)

questo ceto medio irrequieto continuava ad aderire all’ordine sociale
in cui rappresentava un elemento permanente di turbamento e irrequieta
instabilita’, dando vita a tutta una serie di fenomeni caratteristici
di queste situazioni che vanno si puo’ dire, dal garibaldinismo
risorgimentale al nazionalismo, all’interventismo e al fascismo,
passando attraverso lo stesso socialismo e il sindacalismo
rivoluzionario.(…) l’irrazionalismo e l’antidemocratismo sono le
espressioni in cui si incarna l’aspirazione di questo ceto medio
travagliato a un regime che gli dia finalmente quella posizione e
funzione sociale cui inutilmente aspira da decenni. Ma naturalmente
questo ceto medio non puo’ essere il cemento della societa’, non puo’
essere il sostegno della stabilita’ democratica.(…)

anche la’ dove, pur fra alti e bassi, permane un equilibrio
fondamentalmente democratico, elementi di fascismo sono presenti
perche’ essi sono coessenziali al tipo di societa’ industriale moderna,
ne costituiscono anzi in un certo senso la tendenza di fondo. Anche la’
dove non si manifesta, questo nucleo di fascismo e’ presente sotto la
superficie democratica e l’indice di democraticita’ di un paese sara’
maggiore o minore anche in relazione all’incidenza minore o maggiore
che questo nucleo di fascismo esercita sull’andamento della vita
nazionale, minore solitamente nei periodi calmi, di equilibrio sociale,
maggiore nei momenti di crisi, di tensione, di squilibrio. Sociologhi
moderni hanno tendenza a vedere questo nucleo di fascismo
principalmente nei ceti medi i quali in una societa’ di tipo
industriale, che implica continui e profondi mutamenti della struttura
sociale, rischiano spesso di trovarsi ai margini della societa’, e, per
usare l’espressione del Mannheim, rischiano di trovarsi
<disinseriti> e percio’ scontenti e irrequieti, venendo cosi’ a
costituire un elemento turbolento e di squilibrio. In verita’ questo
ceto medio puo’ costituire l’ala marciante del fascismo ma non
rappresenta la forza determinante che sta’ invece nella tendenza del
grande capitale all’appropriazione del potere statale.(…)

Per sintetizzare in un’espressione la crisi del rapporto Stato-masse in
quel dopoguerra si puo’ dire che da unlato le masse premevano perche’
il vecchio Stato liberale  si trasformasse in uno Stato
democratico, ma ne’ la classe dominante, ne’ il ceto politico, ne’ il
quadro istituzionale, ne’ infine gli stessi partiti di massa erano
maturi per questo passaggio. Di fronte alla crisi del vecchio Stato,
incapace di contenere questa nuova spinta e di attuare le necessarie
trasformazioni, maco purtroppo una soluzione di ricambio che non fosse
la rivoluzione di tipo sovietico o il fascismo.

E qui e’ opportuno spendere qualche parola sulla responsabilita’ del
movimento operaio nell’ascesa al potere del fascismo. E’ assolutamente
gratuita l’idea che il fascismo abbia impedito in italia una
rivoluzione socialista e abbia raccolto il consenso popolare proprio
per salvare l’italia da questo pericolo. In realta’ finche’ il
movimento operaio fu’ forte fino al punto di poter rappresentare un
pericolo per l’ordine costituito, il fascismo viceversa fu assai debole
e le sue fortune cominciarono a salire dopo che il movimento operaio
era gia’ nella fase discendente. Il punto piu’ alto della tensione
rivoluzionaria in Italia fu toccato dai moti contro il caroviveri,
cioe’ nel luglio 1919, e a quell’epoca il fascismo era press’a poco
inesistente e comunque prese posizione a favore dei moti stessi.; fra
il luglio 1919 e l’occupaziuone delle fabbriche(settembre 1920) vi fu
un periodo di alti e bassi, ma con tendenza ad una diminuzione della
tensione, e del resto la stessa occupazione fu un momento di battaglia
che aveva per gli operai essenzialmente un carattere difensivo. Dopo la
fine dell’occupazione la tensione e la volonta’ di lotta delle masse si
abbassarono rapidamente e ogni possibilita’ rivoluzionaria
definitivamente tramontata, e invece la vera ascesa del fascismo
comincera’ soltanto piu’ tardi. Con cio’ cade anche la leggenda del
fascismo sorto come reazione alle violenze rosse….piu’ brutale e
inumana fu la violenza fascista che continuo a svilupparsi, sotto la
protezione dell’autorita’, molto dopo che la violenza operaia era
definitivamente tramontata. Se di una responsabilita’ del movimento
operaio deve tuttavia parlarsi, essa e’ di altra natura e consiste
soprattutto nell’incapacita’ che esso allora dimostro’ di offrire agli
italiani soluzioni nuove e democratiche, delle soluzioni che potessero
rappresentare un superamento del vecchio ordine liberale e potessero
incanalare l’immenso malcontento che la guerra aveva lasciato dietro di
se’ e che non riguardava soltanto gli operai ma anche il ceto medio.

Purtroppo in seno al movimento operaio prevalsero altri atteggiamenti:
da una parte la destra sembrava ansiosa di ritornare alla vecchia
prassi del piccolo cabotaggio riformistico, dei favori sollecitati ai
ministeri per le cooperative o per le leghe, e intanto rifiutava di
assumersi responsabilita’ nella situazione nuova, con lo specioso
preteso che la guerra l’aveva voluta la borghesia e che spettva alla
borghesia liquidarne le conseguenze.(…) Dall’altro lato la sinistra
massimalistica (compresi i comunisti) aspettava il crollo dello Stato
boirghese e voleva anche in italia una rivoluzione di tipo sopvietico,
ma intanto non faceva nulla per prepararla e tanto meno operava per
delle soluzioni che non fossero la rivoluzione."(1)

Ai suoi esordi il fascismo si presento’ con i caratteri di un
alternativa tanto al capitalismo quanto al comunismo e
prima del "ritorno all’ordine" (seguito al discorso di Mussolini del 3
gennaio 1925) e della nascita del regime totalitario esso assunse la
natura di un movimento politico "al di la’ della destra e della
sinistra", fondamentalmente contradditorio, composto da un’insieme di componenti
 diverse, di elementi di continuita’ e di
rottura rispetto alla storia precedente del paese. Il fascismo espresse
le velleita’ di una "terza via" nemica della politica ed economia di
tipo liberale, rea di meccanicismo, materialismo, individualismo,
cosmopolitismo, e del comunismo collettivista ecc., e orientata, invece, a
un organicismo comunitario legato a valori nazionali e spirituali. Le
stesse velleita’ le ritrovera’ alla fine della sua tragica parabola
storica, quando all’ombra del culto della morte e della persecuzione
sanguinaria si reclamizzera’ , per necessita propagandistiche, il
ritorno a presunti principi socializzatori, anticapitalisti e
antiborghesi del "fascismo-movimento" delle origini.

« Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e
sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè
fascista nel senso delle nostre origini. »(3)
« I nostri programmi sono decisamente rivoluzionari, le nostre
idee appartengono a quelle che in regime democratico si chiamerebbero
di sinistra; su ciò non può esserci nessun dubbio. NOI
siamo i proletari in lotta contro il capitalismo, i rivoluzionari in
cerca di un ordine nuovo. Se questo è vero rivolgersi alla
borghesia agitando il pericolo rosso è assurdo. Lo spauracchio
vero, in pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza
sosta viene da destra." »(4)

"Al momento di dover fissare quella che e’ stata l’ideologia del
fascismo, ci si accorge che non e’ mai esistita o che una
sovrastruttura ideologica e’ stata, volta per volta , improvvisata
sulla spinta dell’azione. Non si tratta di un’ idea ma di un’ insieme
di idee parziali, rovesciate, che erano animate e coordinate  da
una ragione retorica.(…) la storia del fascismo e’ soltanto una
storia di soluzioni pratiche, di risoluzioni dettate dall’opportunita’
politica, per cui una volta esaurita la spinta meccanica del movimento
non e’ rimasto in piedi nulla di concreto, nulla di veramente
soddisfacente dal punto di vista dell’ideologia(…) il movimento
fascista, era anzitutto un movimento di reazione, in quanto non
determinava la realta’ ma la subiva e subendola cercava di inserirvisi;
non aveva nulla di autentico da proporre, caso mai aveva soltanto un
bisogno di opporsi e siccome la sua opposizione con una rete di
interessi economici ben precisi, ben individuabili, traeva di li’ la
sua forza, la sua capacita’ di organizzare la resistenza, ma sempre da
un punto di vista "negativo", mai positivo. "(2)

Gia’ nel maggio del ’19 Mussolini, in una intervista dichiarava
apertamente : " Le pregiudiziali sono delle maglie di ferro o di
stagnola. Non abbiamo la pregiudiziale repubblicana, non quella
monarchica, non abbiamo la pregiudiziale cattolica, socialista od
antisocialista. Siamo dei problemisti, degli attualisti, dei
realizzatori." E poco prima, nel marzo 1919, sulle colonne del Popolo
D’Italia scriveva: "Noi ci permettiamo il lusso di essere conservatori
e progressisti, reazionari e rivoluzionari a seconda delle circostanze
di tempo, di luogo e di ambiente" .

Alle sue origini il fascismo si proclamo, con le parole del suo
fondatore, "antipartito e movimento". La fondazione dei "fasci di
combattimento", piazza san sepolcro-milano 1919, avvenne sulla base di
un programma ambiguo e dalle "due anime": reazionario e conservatore
(perché anti-proletario e antisocialista), ‘rivoluzionario’
(perché anticapitalista).
("Tra i suoi punti di ‘sinistra’, v’era la richiesta della giornata
lavorativa di otto ore, il blocco degli affitti, la richiesta di
un’imposta straordinaria sul capitale, l’aumento delle imposte dirette
a carico dei ceti abbienti…")

In un paese con un ritmo economico poco intenso e istituzioni
democratiche poco provate ed elastiche  il passaggio, che
comportava una serie di riadattamenti, ridimensionamenti ecc., dallo
stato di guerra a quello di pace mise il ceto medio al centro di
malcontento ed agitazioni. Questo ceto medio intriso di cultura
tradizionale, provinciale e retorica incapace di inserirsi nel processo
produttivo moderno in condizioni di stabilita’ e sicurezza fu presa del
fascismo, della sua confusa e ambigua propaganda che prometteva una
generica palingenesi nazionale. Del resto : " le contraddizioni del suo
primo programma (del fascismo) sono le contraddizioni del ceto medio;
le rivendicazioni estreme e le prese di posizione anticapitalistiche,
antimonarchiche, aticlericali ed antiproletarie sono tipiche della sua
mentalita’ di quel tempo. Piu’ che un programma vero e proprio, cioe’
un insieme organico di soluzioni, esso comportava un cumulo di
risentimenti. Il risentimento era allora il vero stato d’animo del ceto
medio e l’interprete ideale doveva esserne Mussolini, la cui vita era
stata un perenne risentimento contro la societa e la cui filosofia,
come ha scritto un biografo inglese piuttosto benevolo, Finer, altro
non era che una carica di risentimenti. Chi scorra il Popolo d’Italia
di quei primi anni postbellici vedra’ che gli attacchi alla plutocrazia
e alle forze dominanti si alternano con gli attacchi al Partito
socialista, e al tempo stesso vedra’ un possibilismo pratico che
spinge Mussolini ad applaudire ad ogni movimento di massa con la
speranza di potervisi inserire e magari strapparne la direzione al
Partito socialista(…)

Questo atteggiamento ambivalente, incerto, pragmatico, questa
permanente disponibilita’ per ogni soluzione, per qualunque riforma,
per qualunque avventura, e al tempo stesso tutto questo risentimento
contro tutto cio’ che esiste di apparentemente forte e consolidato,
organizzato, questa mutevolezza che in Mussolini arrivo fino al piu’
spregiudicato cinismo e’ ancora un riflesso di quell’instabilita’ e
inquietitudine del ceto medio(…)

Il fascismo rimane  fin quasi alla fine del 1920 tipica
manifestazione del ceto medio urbano(…) solo dopo le amministrative
del 1920 si sviluppa la seconda componente del fascismo, la reazione
agraria , la quale gli fa assumere ben altre proporzioni ed inaugura
 il periodo della violenza sistematica e delle <squadracce
punitive>.
La grande agitazione contadina dell’estate 1920 si era chiusa con una
vittoria; l’associazione agraria bolognese aveva dovuto cedere e
firmare i nuovi concordati di lavoro, e voleva la rivincita sul terreno
della violenza, una rivincita per la quale poteva reclutare piu’
numerose squadre fra i sottoproletari disoccupati e i reduci delle
province piu’ povere, e poteva reclutare piu’ ufficiali fra i fascisti
del ceto medio che nella guerra civile trovarono finalmente
un’occupazione e uno sfogo. Ma a dare a questo spirito di rivincita una
ampiezza insospettata fu il risultato delle elezioni amministrative,
che segnarono una grande vittoria socialista con la conquista di 2800
comuni fra cui Milano e Bologna(…)

Il fascismo non avrebbe ugualmente potuto vincere la sua battaglia e
conquistare il potere statale, se alle due componenti di cui abbiamo
parlato, il ceto medio e il padronato agrario, non si fosse aggiunta
anche la terza, la grande industria.(…)
agli inizi del 1920, l’industria italiana si era data un’organizzazione
centralizzata, la Confindustria, che doveva ben presto diventare un
elemento determinante nella vita del paese. Fu la potenza economica
della grande industria, furono le sue relazioni politiche, la sua
influenza in seno alla classe di governo e alla burocrazia che
assicurarono al fascismo i mezzi per insediarsi al potere, si puo’ dire
senza combattere.

Attraverso il Popolo d’Italia si puo’ cogliere facilmente questa
evoluzione; dopo aver per tanto tempo tuonato contro il capitalismo e
la burocrazia, il giornale di Mussolini scopre a un certo punto che il
capitalismo e’ appena agli inizi della sua storia e ha innanzi a se’
ancora periodi gloriosi, e nello stesso numero in cui annunzia che
fara’ una grande campagna per una politica di espansione, per una
politica nazionalistica e di armamenti, annunzia altresi’ di aver
trovato i fondi per fare una grande tipografia moderna: credo non ci
sia bisogno di sottolineare la connessione tra questi fondi e la
campagna in favore di quegli obiettivi che interessavano l’industria
pesante.

Ma, come abbiamo detto, l’industria non dava solo i mezzi finanziari,
dava anche la forza politica e difatti l’omerta’ delle pubbliche
autorita’ con il fascismo diventera’ dopo di allora sempre piu’
sfacciata: le armi stesse dello Stato saranno messe a disposizione
degli assassini e degli incendiari fascisti e l’impunita’ sara’ loro
assicurata. Naturalmente gli uomini del vecchio regime che tolleravano
e favorivano questo scandalo non pensavano che si scavavano la fossa da
soli: si illudevano di servirsi dei fascisti per imbrigliare il
movimento operaio e poi di assorbire i fascisti nel vecchio giuoco
parlamentare. Ma il vecchio giuoco parlamentare era veramente troppo
vecchio, le istituzioni inadeguate. Lo Stato liberale aveva chiuso il
suo ciclo."(1)

Il fascismo, maschero’ la sua natura di classe con il corporativismo,
un’ideologia economica d’ispirazione cattolica che pretendeva di poter
superare il conflitto sociale ma che in realta’ subordinava l’interesse
delle classi lavoratrici all’obiettivo dello sviluppo della potenza nazionale e
al grande capitale. L’utopia dell’armonia e della pace sociale propagandata dal
fascismo in sostanza non fu che la facciata ideale del potere
incondizionato del capitale sul lavoro.
"Bisogna costruire un fronte unico dell’economia, bisogna eliminare
tutto ciò che può turbare il processo produttivo,
raccogliere in fascio le energie produttive del paese nell’interesse
della Nazione".(B.Mussolini-1923)

"quel corporativismo con una insostenibile parità tra capitale e
lavoro(…)si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici
alla mercé dei padroni in gambali ed orbace" , scrisse A.
Capitini .

Le correnti del "socialismo nazionale e corporativo" che si erano
riconosciute nella vagheggiata socializzazione delle imprese durante la
Repubblica di Salò, e di un mitico fascismo delle origini, dopo la liberazione ebbero un ruolo
importante nella ricostituzione del movimento fascista.
"Si stagliano nella storia frantumata dell’Italia sconvolta dal secondo
conflitto mondiale, questi fascisti indomabili che hanno nella testa
contemporaneamente la socializzazione dei mezzi di produzione e del
lavoro e l’idea di patria. O di sangue e suolo, se preferite. Concetti
chiave, questi ultimi, della lunga memoria fascista che approda al
dopoguerra forte di una tradizione ideologica e di valori condivisi
destinati dalla memoria dei vincitori ad essere apparentemente
confinati nell’oblìo. Le origini culturali di ciò che per
comodità espositiva è stato spesso definito neofascismo
stanno tutte lì, in quegli ultimi bagliori di eroismo del
soldato politico pronto a dare la vita perché soltanto nel
sacrificio trova appagamento il desiderio di essere utile alla
causa."(5)

Dietro la rinnovata mitologia di un "socialismo nazionale" mai esistito
e di un immaginario punto zero i nuovi fascisti come i vecchi cercano
di occultare la loro simpatia per le barbarie e l’orrore. In nome di un
"fascismo sovrastorico", una sorta di contenitore vuoto da riempire
all’occasione con la "permanente disponibilita’ per ogni soluzione, per
qualunque riforma, per qualunque avventura", questi nuovi fascisti sono
disposti a rinnegare le loro stesse determinazioni storiche. Oggi con
l’ambiguita’ e il cinismo di sempre arrivano anche a dichiararsi
estranei al fascismo.

Eppure le loro posizioni da campanilisti ingenui e paranoici che
credono che le loro cittadelle possano trasformarsi nel centro della
resistenza al mercato mondiale, le loro menzogne colorate da mitiche
"terze vie" vanno incontro ad un bisogno sentito: la paura degli
individui dinnanzi al loro annichilimento nei processi
reali della produzione e riproduzione della vita sociale. La loro
risposta a questo bisogno e’ ovviamente falsa nella misura in cui
propone antitodi che
sono solo "negazioni astratte", riproposizione di "un autentico", rivisto e corretto, che
si limita
a sanzionare la
nostalgia di un qualitativo che il rapporto di scambio ha gia’
distrutto definitivamente e che comunque e’ in accordo preliminare con
la repressione.

Ex marxisti come il filosofo Costanzo Preve reclamano la legittimita’
di termini come "comunitarismo" e "nazionalitarismo" affermando che "la
dicotomia Sinistra /Destra non è più un classificatore
adeguato per orientarsi sui più grandi problemi interni e
internazionali. Questa dicotomia non è certamente illusoria, ha
avuto una robusta e materiale origine storica, ma oggi si è
esaurita quasi completamente a causa di profonde trasformazioni della
stessa società capitalistica."

Allo stesso modo si da’ per superata l’opposizione
fascismo/antifascismo dimenticando allegramente che il piano della
dialettica politica ed istituzionale non e’ identificabile con quello
sociale. Elementi di fascismo sono coessenziali al tipo di societa’
moderna capitalistica, ne costituiscono la "tendenza di fondo". La
presenza di queste componenti fasciste all’interno delle societa’
occidentali e’ permanente e rende l’equilibrio democratico estremamente
precario. L’affermarsi della democrazia di tipo occidentale e’ il
frutto di un concorso di circostanze storiche che non possono mai dirsi
definitivamente consolidate.

 
Perche’ un  "regime democratico" possa affermarsi e’ necessario
che non vi siano lacerazioni profonde nel tessuto sociale: "quando
queste lacerazioni si producono sotto la spinta di tensioni troppo
forti, di polarizzazioni di classi, quando vi sono ricchezze enormi
concentrate in poche mani di fronte a classi popolari miserabili, non
puo’ sussistere democrazia perche’ o le masse miserabili sono escluse
dal potere o, se vi partecipano, se ne servono per rovesciare il
sistema, ma in questo caso l’asprezza della lotta portera’ alla
rottura, all’eversione, non all’equilibrio democratico. In altre parole
le classi dominanti  non consentiranno a dischiudere alle classi
cosiddette inferiori la via della partecipazione al potere se non sulla
base di un’adesione delle stesse classi inferiori ai principi che
regolano il sistema sociale, che disciplinano l’ordine costituito, onde
e’ stato scritto che la democrazia vive quando vi e’ un consenso
pressoche’ universale attorno ai principi fondamentali del sistema e
c’e dissenso solo sui particolari, il che impedisce che il sistema
venga rimesso in gioco ad ogni elezione.

La democrazia presuppone un tessuto sociale in larga misura omogeneo e
l’accettazione di una sola tavola di valori fondamentali. Ma perche’
questo sia possibile, occorre che la societa’ abbia risolto i problemi
elementari della vita delle masse, anzi che abbia assicurato alle masse
stesse delle condizioni di vita in continuo miglioramento per cui le
masse si sentano in definitiva solidali con il regime sociale e non
pensino a rimetterne ogni giorno in discussione i principi.

Cio’ implica che l’affermazione della  democrazia postula un
regime di prosperita’ crescente capace di soddisfare i bisogni
crescenti delle masse, e la storia ci conferma che la societa’
capitalistica ha potuto iniziare un processo di democratizzazione solo
nella misura in cui e’ riuscita ad assicurarsi margini sufficienti di
profitto.

Ma se la prosperita’ e’ la premessa del processo di democratizzazione,
essa non e’ tuttavia sufficiente: (…) e’ necessario in altre parole
che non soltanto il tessuto sociale sia omogeneo ma che sia omogeneo
anche il contesto ideologico della societa’. Questa omogeneizzazione e’
compito primario del ceto medio,, ne costituisce una delle funzioni
precipue e fa di esso l’elemento coesivo della societa’, una sorta di
cemento che lega e rafforza le strutture dell’edificio sociale. E’
infatti il ceto medio che fornisce i quadri intellettuali alle classi
avverse, a quelle dominanti e a quelle dominate, e questi quadri
intellettuali, che difendono interessi contrastanti, sono pur sempre
usciti dalle stesse scuole, hanno avuto la stessa formazione mentale,
parlano sostanzialmente lo stesso linguaggio, e percio’ possono
condurre il loro dibattito in forma di dialogo democratico, possono
esprimere i loro contrasti entro una cornice comune, che e’ appunto la
cornice delle istituzioni esistenti, frenando o riassorbendo le spinte
eversive, traducendo in termini di coesistenza democratica le volonta’
eventuali di rottura."(1)

Se queste sono le condizioni di uno sviluppo democratico tutta la
storia di questo paese e li’ a dimostrarci che queste condizioni non
sono mai state effettivamente confermate e che la democrazia e’
un’equilibrio instabile, "una successione di equlibri che si
distruggono e si ricompongono permanentemente".

L’intossicazione psicologica autoritaria avanza a ritmi serrati anche
per responsabilita’ di una "sinistra" che ha dimenticato che
nelle societa’ con un certo grado di civilta’ nei momenti di crisi, ma
non solo, la "cultura" e’ un terreno determinante di operazioni di
guerra di classe. Ha valutato con superficialita’ e leggerezza,
considerandola il puro delirio di una ristretta cerchia di
intellettuali la marea di fascismi che oggi ha conquistato una forte
egemonia culturale nel paese.
Ha trattato ambigue
parole d’ordine come "comunitarismo", "nazionalitarismo",
"antimondialismo", "differenzialismo" sono state trattate con
 sufficienza, come il vezzo di un ristretto nucleo d’intellighenzia,
ininfluenti dal punto di vista sociale, mentre gli sfuggiva di mano la
situazione e lasciava, a parte qualche "mitica mobilitazione
antifascista", che una "cultura" falsamente antiliberista finisse col
funzionare da ideologia di ricambio per l’impresentabile mito della
razza fondata su un sostrato biologico e si diffondesse fra larghi
strati della popolazione. 
 
Non molto tempo fa, questa gente
autonominatasi "rappresentante" del proletariato si dichiarava marxista
ma in realta’ era solo
impegnata nella
dogmatica adorazione di inconcludenti categorie con cui si dipingeva
il mondo in bianco e nero e lo  imbandiva per il
dominio, oggi ha scoperto, con decenni di ritardo, che la
causalita’ di struttura e
sovrastruttura come arma politica decisiva e’ rimasta molto, troppo
indietro allo sviluppo storico delle societa’ capitalistiche e si e’
lanciata  in deliranti acrobazie teoriche…Questa gente "storicizza" a
tutto spiano ma poi dimentica di storicizzare  se stessa e la sua
collocazione sociale. Troppo indaffarati, dentro e fuori le
istituzioni, a catalogare il mondo in "contraddizioni principali e
accessorie", troppo infatuati dalle strabilianti innovazioni
tecnologiche del capitalismo contemporaneo si sono scordati di stare
nei quartieri, sulla strada e sul territorio mentre la melma saliva dai
tombini.
Anche
adesso, giacche’ ne’ gli errori ne’ la storia  hanno mai insegnato
nulla a queste persone, invece di riaprire un processo di ri-elaborazione
sociale del conflitto, stanno li’, a lambiccarsi il cervello in
raffinate e dotte analisi sulle "ragioni della sconfitta" e a litigare
se la falce e martello e’ un simbolo che valeva piu’ di 5 tremolanti
strisce di colore. Si sa’, il marketing politico innanzitutto.

Come aveva profetizzato Pasolini "L’Italia sta marcendo in un benessere
che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione,
conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa
marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa
nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la
tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona,
con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per
affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre
essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come
codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo
brutalmente egoista di una società."

Prestarsi a codificare e sollecitare, in forme ora meno ora piu’
estreme, il "fondo brutalmente egoista " di
questa societa’   significa collaborare, sostenere il "fascismo della
normalita’" che e’ una delle ultime colonne di sostegno di quella 
piramide della spazzatura che e’ diventato questo paese che traballa
sotto i colpi della crisi economica.
Nella
marcescenza del sistema borghese italiano gli smarriti intellettuali
dell’inquieta classe media, con tutto il codazzo di piccola
psico-borghesia del caso, di destra, di sinistra, di centro e di su’
per giu’, anche quelli che ieri militavano su fronti avversi, si sono
abbracciati in un’orgia di rimpianto e di contrapposizione romantica
al sistema capitalistico.

Nell’attesa che le idee cadano dal
cielo i nuovi fascisti e l’oscuratismo clericale e autoritarista
inquina la mente di chi non ha altra merda per vivere che l’esistente,
nelle sue forme piu’ alienanti e brutali e mentre i poveri fanno guerra
agli altri poveri, gli immigrati regolari si barricano nella difesa dei
livelli di vita raggiunti contro gli irregolari, la tv ci rivende il
disagio come bene di consumo, e i neofascisti ci accoltellano e la
polizia ci pesta i nostri svaporati ex "rappresentanti" e anche quegli
altri duri e puri giocano a fare i rivoluzionari senza rivoluzione e le
avanguardie senza masse.
Chi difende e sostiene materialmente e
praticamente gli sfrattati? Quale organizzazione di "sinistra" ha messo
a dispozione le sue forze per occupare delle case, difendere i centri
sociali, non pagare i trasporti, promuovere "spese proletarie",
garantire reti di circolazione e solidarieta’ vere ecc.? E non mi
riferisco ai messaggi di solidarieta’, agli attestati di stima, alle
manifestazioni una tantum…

Ormai ogni settore dello spettacolo
e’ armonizzato in se’ e tutti fra loro, l’equivalenza dello scambio
progredisce nella cultura, nella politica e tutti si somigliano cosi’
tanto che gli stalinisti ballano coi fascisti, i nonviolenti con i
picchiatori, i poveri coi ricchi, gli oppressi coi loro oppressori…I
Preve, si trovano in sintonia con i
Paolo Signorelli e i Stefano delle Chiaie, gli intellettuali di
"sinistra" baciano quelli di "destra", i proletari non sanno neanche
piu’ distinguere i loro nemici sociali…

Diliberto
rimembra, i bei tempi andati in cui i maestri di paese, non pigliavano
quattro lire di stipendio, ma godevano, nel loro ruolo di austeri
educatori delle future generazioni, del prestigio della comunita…I
Bertinotti cantano le lodi della Gandhiana tesitura a mano…i
rivoluzionari con la R maiuscola sognano assalti al palazzo d’inverno
gia’ preda di una nota immobiliare internazionale… i terzomondisti
terzomondano…La resistenza la fanno tutti a Porta a Porta.
I nuovi fascisti intanto con posizioni apparentemente
innocue, da campanilisti ingenui e paranoici che raccontano di utopiche
cittadelle che si trasformeranno nel centro della resistenza alla "globalizzazione" vanno incontro ad un bisogno sentito: il
terrore degli individui dinnanzi al loro annichilimento nei processi
reali della produzione e riproduzione della vita sociale e si radicano sul territorio. La loro
alternativa e’ ovviamente falsa nella misura in cui propone antitodi
che sono solo ideologia astratta, "un’autentico" che si limita a sanzionare la
nostalgia di un qualitativo che il rapporto di scambio ha gia’
distrutto definitivamente e che comunque e’  in accordo
preliminare con la repressione:

"I termini dello scontro epocale non possono essere concepiti come
contrapposizione tra destra e sinistra (espressioni concettuali prive
di significato reale) ma come riaffermazione di Idee Forza capaci di
creare forme autentiche di resistenza al dominio mondialista e
globalizzante. Idee che possono rinvenirsi soltanto nel comunitarismo,
con la riaffermazione delle Comunità di Popolo e, quindi, della
riscoperta delle identità e delle culture negate."(Paolo Signorelli)

"Io
ritengo che la crisi, in questo momento, invada tutti i settori
politici. Allora la scelta strategica è o quella di trovare
all’interno di un settore, di un’area, delle ipotesi di riunificazione
per creare una forza, che comunque rimane ristretta in quell’area, o
preparare e creare un progetto politico di prospettiva, che permetta di
essere punto di riferimento di tutti i settori di crisi che esistono,
nelle varie aree politiche presenti nel Paese. E quindi non muoversi
orizzontalmente, ma muoversi in modo verticale: per fare questo, un
movimento politico sarebbe negativo."(Stefano Delle Chiaie)

Di fronte al "disincanto del mondo", alla distruzione dell’unita’
"mitica e sacrale del corpo sociale" da parte della razionalizzazione
capitalista il fascismo ha sempre proposto surrogati, storicamente
adeguati e molteplici, di questa unita’. Il suo "nucleo mitico" ,
visionario, il suo "organismo fatto di immagini", che catalizza
l’immaginario affettivo delle moltitudini e degli individui compressi
dalla razionalizzazione capitalista, ha la forma di un utopia astratta,
di volta in volta modellata e nutrita dall’esistente, dai suoi tratti
reificati e alienanti:
Appello alla comunita’, attivismo esasperato, culto della
gioventù e dello sport, eroico ideale di avventura, la
volontà di sperimentare in un azione proiettata verso il futuro
un ideale di perfezione eterna; corpi scultorei, la vittoria dei "puri"
contro gli "impuri", estetizzazione della vita quotidiana che e’
anche sigillo di una superiorita’ morale sovrastorica ecc. in fondo
cosa promettono se non gli stessi "oggetti di desiderio" di una qualsiasi infima
pubblicita’ di merci a buon mercato…?!!

 
Dinnanzi al processo di deterritorializzazione innescato
dall’espandersi del mercato mondiale capitalistico gli individui
spaesati e sradicati  si lasciano catturare
da un richiamo di identificazione territoriale che usa la
frustrazione di fronte alle promesse non mantenute delle nuove
frontiere del benessere (che la "globalizzazione" avrebbe dovuto
portare con se’) per indurre negli
stessi una sorta di
istinto di rinuncia che orienta verso una modalità di
esistenza ridotta, cosa alquanto necessaria ai capitalisti nel
tentativo di tenere bassi i costi di produzione e riproduzione sociale
della
forza-lavoro nella guerra della competizione
internazionale. Contemporaneamente questi individui sono perennemente
mobilitati dal richiamo virtuale ad un consumo senza limiti, sottoposti
alla crescente pressione di definire se stessi attraverso un consumo 
dal quale in realta’ restano esclusi. Peggio, tutta la loro vita
gravita attorno ad universi che pongono al centro "il lavoro", un
lavoro tradizionale, un lavoro che rende la "dignita’ di produttori",
che apre l’accesso ai diritti, fonda le identita’ e le relazioni
sociali, ma che non c’e piu’…

Su questo terreno contraddittorio i nuovi fascisti e i loro amici
pensano di poter realizzare una riedizione contemporanea del primato
della politica sull’economia, un aspirazione che inevitabilmente ha
sempre fatto precipitare la societa’ nel totalitarismo, nel terrore,
nel sacrificio degli individui alla totalita’.
La "terza via" ,oltre la propaganda contingente, ha tutte le premesse
per concludersi, come ogni volta, nel soffocamento della societa’
civile, nella repressione di ogni percorso di liberazione ed
emancipazione umana a favore di un paradiso amministrato da apparati
sovraindividuali. E questa sarebbe l’alternativa al capitalismo e al
comunismo…un culto della comunita’ che e’ il risultato della miseria
individuale. Come diceva Susan
Sontag il fascismo e’ affascinante perche’ promette di dissolvere l’alienazione in estatici sentimenti di comunita…

Il fascista nuovo cerca di convinere le masse che ordine, disciplina,
spirito
di sacrificio ed elitarismo, cioe’ elementi indispensabili al capitale
per ammortizzare gli effetti della crisi economica o per attutire le
conseguenze dei cambiamenti strutturali, che esso deve affrontare,
sulla tenuta della sua struttura gerchica, siano i rimedi finalmente
trovati per guarire  il vuoto spirituale, l’alienazione degli individui gli uni
dagli altri tipici della societa’ borghese.

Fino al 1980 l’estrema
destra in Europa è stata politicamente emarginata
perché manteneva una visibile continuità con il
fascismo storico, poi pur conservando le sue radici anti-egualitariste,
anti-pluraliste, anti-liberali e la visione di una "società organica"
essa
ha operato una rottura apparente con il "fascismo tradizionale"
che gli e’ valsa una crescente credibilita’ elettorale, una
legittimazione e un consenso culturale molto vasto.
Questo nuovo fascismo "etno-pluralista" anti-multiculturalista e
anti-mondialista, che all’antagonismo razziale sostituisce quello
culturale, ha promosso la sua ascesa presentandosi come baluardo
"dell’identita’ culturale" dei popoli, come difesa contro l’atomizzazione
sociale liberista e al declino delle tradizionali forme d’integrazione
sociale (religione, nazione, famiglia ecc) attraverso
la reclame di un comunitarismo genericamente solidaristico e interclassista. In
materia di politica economica infatti promette di andare "al
di là di destra e della sinistra" e di creare un "equilibrio tra
intervento pubblico e privato", tra stato e mercato, come garanzia di
una supremazia dell’uomo politico contro "l’homo oeconomicus".
Si,
questo nuovo fascismo e’ contro "l’homo oeconomicus" salvo poi esibirsi
in sperticati elogi dell’etica del lavoro, del valore "spitiruale" del
lavoro, poco importa se a servizio di un capitalista collettivo o meno
o di qualche "ibrido"-lo stato, la comunita’-…Ad ogni modo sotto
queste "buonsensate" glorificazioni del lavoro si sente la puzza del
modello San Patrignano dov’e ben presente la massima seconda la quale
un corpo produttivo e’ sempre un corpo assoggettato.
I proletari non sanno che farsene della "dignita’ dei produttori!!!!!"…

I nuovi fascisti non hanno affatto rinunciato all’odio razziale,
all’antisemitismo e al culto della violenza semplicemente hanno
rilucidato a nuovo i loro vecchi armamenti: del resto gia Evola
scriveva:  "la razza esiste sia nel
corpo, sia nello spirito". Questo razzismo che considera la biologia un
risultato dello "spirito" gia’ anticipava i "moderni differenzialisti"
che allude ad una gerarchizzazione delle razze su scala planetaria, una
sorta di congelamento dell’attuale divisione internazionale del lavoro;
altro che opposizione all’impero usa, altro che lotta contro alla
mondializzazione, alle "centrali del potere finanziario"…

Il tradizionale antimodernismo romantico di destra e’ funzionale non al
superamento dell’esistente, ma alla conservazione di esso. Anche la
"lega nord" dice di collocarsi al di la’ di vecchie etichette politiche
definendosi un movimento popolare, populista e antimondialista, cioe’
che vuole anteporre ai miti attuali dell’ultraliberismo e della
modernità i valori "comunitari":
L’antropologia di fondodi questo "antimondialismo" e’ sempre la stessa,
la visione dell’uomo come animale sociale,  la cui esistenza e’
inscritta  in "comunita’ di appartenenza ereditate"-famiglia,
etnia, lingua, cultura-
La "modernita’", la "globalizzazione", lo "stato mondiale in
formazione", il multiculturalismo e l’immigrazione corrodono questa
"comunita’ e il suo senso"  producendo il disagio non solo
materiale ma anche spirituale dell’uomo ecc: la tiritera reazionaria e’ sempre la stessa
Questa opposizione borghese romantica alla pressione del mercato
mondiale che non intacca le strutture fondamentali del dominio
capitalista guadagna egemonia e consenso culturale:

Veltroni dichiara: "La legalità non è di destra o di sinistra. La legalità non ha, e non
deve avere, colore politico. E’ un diritto fondamentale dei cittadini,
e chiunque è al governo di una comunità sa che assicurarne il rispetto
è un suo compito, un suo dovere."
Poi che dire, anche la confindustria come ha detto il suo ex presidente
Montezemolo presenta proposte che «non hanno colore politico, non
sono né di destra né di sinistra. Questo è il
nostro modo di stare in politica, fuori dai partiti»: la crescita
economica e’ il vero «vero bene comune»: "La crescita
economica è il vero bene comune della nazione perché crea
ricchezza nell’interesse e a beneficio di tutti."…
Cosa volete, sono tutti per il superamento della lotta di classe, nuovi fascisti, ex di sinitra, padroni, leghisti…

"…e’
nella tecnica del fascismo quello di presentarsi, da un lato, nella sua
essenza pura di attivismo cui poi dare contenuti a seconda delle
situazioni (liberismo o statalismo, nazionalismo o regionalismi e nuone
sntita’ statali, ecc.), e, dall’altro lato, nella veste di un partito
che si riserva l’azione che crea  l’ordine , ricreando e pianificando
continuamente il disordine, convinto che l’ordine e’ cio’ a cui l’uomo
aspira. il totalitarismo moderno ha due facce, il ferreo ordine
gerarchico imposto a tutta la societa’ e il caos della frammentazione
di poteri non regolati giuridicamente(…)

il fascismo e’ una
potente macchina che utilizza tute le risorse della comunicazione, non
e’ dunque da relegare in un passato piu’ o meno lontano, bensi bisogna
precorrere sempre la sua vocazione a presentarsi come espressione della
moderna societa’ di massa. Un fenomeno, quindi, del tutto attuale, che
assume forme cangianti di volta in volta, a seconda dei momenti storici
in cui si afferma(…)

La prima riflessione va fatta sulla
natura del fascismo, che si presenta come una categoria moderna della
politica in quel suo aspetto carateristico di puro attivismo, di
indifferenza ai contenuti, di estrema flessibilita’ ideologica e
mobilita’ nei territori politici altrui(…) in se’ il fascismo
contiene sia i <miti>del liberalismo, e cioe’ la centralita’
dell’impresa e del mercato, sia i <miti> che sono stati della
sinistra storica: lo statalismo e l’anticapitalismo.(…)
Pur  di
ottenere consensi, Mussolini gia’ nel dicembre del ’19, diede al suo
movimento una coloritura di sinistra, e infatti nel programma di Piazza
San Sepolcro riusci ad imbarcare ex anarchici, ex massimalisti, ex
socialisti e una base che in qualche modo aveva tradizioni di sinistra.
Non si tratta di una tecnica di pura propaganda, che altrimenti non
avrebbe alcun interesse,; invece e’ la capacita’ del fascismo di
coniugare in forme inedite autoritarismo e assemblearismo, liberismo e
statalismo, capitalismo e corporativismo, inverando anche aspetti e
contenuti di sinistra in una visione gerarchica della societa’. Nella
repubblica sociale di salo’, ad esempio, si coniugava il terrore contro
le popolazioni  e la repressione del movimento partigiano con la
socializzazione delle imprese  e mistificate forme di democrazia
diretta."(7)

………….
"Si racconta che una volta Jack
Kerouac presentò una sorta di programma politico-culturale della Beat
Generation che parlava della "volontà che unisce i nostri gruppi e che
ci fa comprendere che gli uomini e le donne devono apprendere il
sentimento comunitario al fine di difendersi contro lo spirito di
classe, la lotta delle classi, l’odio di classe!" e che si concludeva
con l’auspicio "Noi andiamo a vivere presto in comune la nostra vita e
la nostra rivoluzione! Una vita comunitaria per la pace, per la
prosperità spirituale, per il socialismo".
Il pubblico composto da
"alternativi" di sinistra ne fu entusiasta ma si raggelò subito
apprendendo di aver applaudito un discorso pronunciato da Adolf Hitler
al Reichstag nel 1937."(6)

Prima che arrivino i vermi, Waiting For The Worms.
1) Lelio Basso, le origini del fascismo-1961
2) Carlo Bo, l’deologia del regime-1961
3) Benito Mussolini, dal discorso di Radio Monaco del 18 settembre 1943.
4) Benito Mussolini, 22 aprile 1945.
5) http://www.intermarx.com/ossto/marioBO.html
6) http://www.intermarx.com/ossto/archivio.html
7) R. Baldi, La repubblica di Salo’ e il pericolo fascista-1994
8) http://isole.ecn.org/antifa/

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1 maggio: Waiting For The Worms

 

Working dead
Dopo tutto sei solo un altro mattone nel muro

Ti prego svegliami

I corvi si stringono
Non c’e nascondiglio
Il manager e l’agente
Sono troppo occupati al telefono
Vendono foto a colori
Alle riviste dietro casa

Vaffanculo,tutto quello che dobbiamo fare e andare avanti
Dobbiamo competere con gli astuti cinesi…

Quando sei uno dei pochi che riescono a tirare avanti
Che cosa fai per vivere alla giornata?
Insegna, Falli impazzire, falli intristire, fagli fare due più due
Rendili come me, rendili come te,fagli fare ciò che vuoi
Falli ridere, falli piangere, falli cadere e morire

Vaffanculo,tutto quello che dobbiamo fare e andare avanti
Dobbiamo competere con gli astuti cinesi
Ci sono troppe case che bruciano
E non abbastanza legna
Così, vaffanculo a tutto
Dobbiamo andare avanti

Basta lagnarsi,perdere lavoro,mente andata,silicio
Che bomba,scappare,giorno di paga,fare fieno
Distruggere,bisogna sistemare,grande sei
Fare colpo,aspetta oh no ho fatto tombola!
Falli ridere falli piangere falli ballare nelle navate
Falli pagare falli restare falli sentire in forma.

Vaffanculo,tutto quello che dobbiamo fare e andare avanti
Dobbiamo competere con gli astuti cinesi
Non c’è da preoccuparsi per i vietnamiti
Dobbiamo mettere in ginocchio l’orso russo
Bè, forse non l’orso russo
Forse gli svedesi
Gliel’abbiamo fatta vedere all’Argentina
Adesso andiamo a fargliela vedere a questi quì
Sentiamoci dei duri
E non sarà contenta Maggie
Nah nah nah nah nah nah!
"Scusi dove è il bar?"
"Se para collo ou peine toe bar?"
"S’il vous plait ou’ est le bar?"
Ehi, dov’è questo fottuto bar, John?

Non adesso John

Passeggio
Seduto in un bunker quì dietro al mio muro
Aspetto che arrivino i vermi
In perfetto isolamento quì dietro al mio muro
Aspetto che arrivino i vermi
Aspetto di tagliare i rami secchi
Aspetto di ripulire la città
Aspetto di seguire i vermi
Aspetto di indossare una camicia nera
Aspetto di sterminare i più deboli
Aspetto di sfasciare le loro finestre
E di dare calci alle loro porte
Aspetto la soluzione finale
Per rafforzare la tensione
Aspetto di seguire i vermi
Aspetto di aprire le docce
Aspetto di accendere i forni
Aspetto le checche e i negri
E i comunisti e gli ebrei
Aspetto di seguire i vermi
Ti piacerebbe vedere italia
Dominare ancora, amico mio?
Tutto quello che devi fare è seguire i vermi
Ti piacerebbe mandare i nostri cugini di colore
Di nuovo a casa,amico mio?
Tutto ciò che devi fare è seguire i vermi

Noi non abbiamo bisogno di istruzione
Noi non abbiamo bisogno di controllo del pensiero
Di sinistro sarcasmo in classe
Insegnanti,lasciate stare i ragazzi
Ehi,maestro lascia stare noi ragazzi
Dopo tutto è solo un altro mattone nel muro
Dopo tutto sei solo un altro mattone nel muro
Noi non abbiamo bisogno di istruzione
Noi non abbiamo bisogno di controllo del pensiero

Non ho bisogno di braccia che mi stringano
Non ho bisogno di droghe per calmarmi
Ho visto la scritta sul muro
Non pensare che io abbia bisogno di qualcosa
No, non pensare che io avrò mai bisogno di qualcosa
Dopo tutto era tutto solo mattoni nel muro
Dopo tutto eravate tutti solo mattoni nel muro

Vaffanculo,tutto quello che dobbiamo fare e andare avanti
Dobbiamo competere con gli astuti cinesi
Bisogna andare avanti con la ripresa dello spettacolo
Hollywood aspetta alla fine dell’arcobaleno
Chi se ne frega di che cosa si tratta
Sempre che piaccia ai ragazzi

Non adesso John
Bisogna andare avanti con lo spettacolo
Piantala, John.
Dobbiano continuare con questo
Non so che cos’è
Ma ci stà bene cosi….
Vieni alla fine della modifica
Ce ne andremmo e pisceremmo
Ma non ora John
Devo andare avanti
Fermati John
Penso che in fondo ci sia qualcosa di buono
Leggevo dei libri ma….
Può darsi che siano le notizie
O qualche altro abuso
O può darsi le repliche
(da t.-Pink Floyd)

Pubblicato in Generale | Commenti disabilitati su 1 maggio: Waiting For The Worms

la composizione tecnica dell’uomo

1-La sussunzione reale del lavoro al capitale si distingue dalla
sussunzione puramente formale perche’ modifica in senso qualitativo la
struttura tecnologica del processo lavorativo. Uno degli aspetti piu’
rilevanti della sussunzione reale del lavoro al capitale e’
l’applicazione crescente della scienza, prodotto generale dello
sviluppo sociale, al processso di produzione immediato.

La
sottomissione reale del lavoro al capitale va di pari passo con le
trasformazioni del processo produttivo: sviluppo delle forze produttive
sociali del lavoro,e grazie al lavoro su grande scala, applicazione
della scienza e del macchinismo alla produzione immediata.

La
scienza come prodotto generale dell’evoluzione sociale, in questa fase,
appare essa stessa direttamente incorporata al capitale( e la sua
applicazione in quanto scienza al processo di produzione materiale
appare come distinta dalle capacita’ e dal sapere del singolo
lavoratore), e lo sviluppo generale della societa’, essendo sfruttato
dal capitale-di contro al lavoro, appare a sua volta come sviluppo del
capitale, e cio’ tanto piu’ in quanto, per la grande maggioranza (dei
lavoratori) gli si accompagna di pari passo uno svuotamento della
capacita’ lavorativa.

La trasformazione qualitativa della
struttura tecnologica del processo produttivo non trascende, di per
se’,  l’antagonismo sociale di lavoro e capitale, piuttosto
l’applicazione tecnologica della scienza alla produzione materiale
fornisce al capitale la base  tecnica per emanciparsi  da vincoli
sociali e politici di ogni genere. La libera forma del capitale in
senso proprio appare quando il capitale non e’ piu’ vincolato ad una
certa forma del valore d’uso, a certe determinate condizioni del lavoro
e forme del lavoro vivo. La nuova qualita’ della socializzazione del
capitale  trasforma il capitalista realmente operante in semplice
dirigente e amministratore di capitale altrui, e i proprietari di
capitale in puri e semplici capitalisti monetari. La trasformazione del
processo produttivo dal punto di vista tecnologico, applicazione della
scienza e del macchinismo alla produzione immediata, permette al
capitale-denaro di scambiarsi a piacere contro ogni genere di lavoro e
percio’ di condizioni di lavoro.

Sotto
il capitalismo, quasi tutte le nuove invenzioni sono state il
risultato dell’antagonismo tra lavoro e capitale.
L’introduzione
di nuove macchine e’ generalmente servita ad emancipare il capitale dai
limiti e dalle rigidita’ imposte dalle diverse forme assunte del lavoro
vivo.

 2-Con lo sviluppo della sussunzione reale del lavoro al
capitale e quindi del modo di produzione specificatamente
capitalistico, il vero funzionario del processo lavorativo totale non
e’ il singolo lavoratore, ma una forza lavoro sempre piu’ socialmente
combinata, e le diverse forze lavoro cooperanti che formano la macchina
produttiva totale, partecipano in modo diverso al processo immediato di
produzione delle merci o meglio, qui, dei prodotti chi lavorando
piuttosto con il cervello, chi come direttore, chi come manovale o
semplice aiutante-, un numero crescente di funzioni della forza-lavoro
si raggruppa nel concetto immediato di lavoro produttivo e un numero
crescente di coloro che ne sono veicolo nel concetto di lavoratori
produttivi, direttamente sfruttati dal capitale e sottomessi al suo
processo di produzione e valorizzazione.

3-Il fine della
produzione capitalistica non e’ l’esistenza dei produttori , ma la
produzione di plusvalore. Ogni lavoro necessario che non produca
pluslavoro e’, per  la produzione capitalistica, superfluo e privo di
valore. Cio’ vale anche per una nazione di capitalisti. Se si considera
quel lavoratore collettivo che e’ la societa’, la sua attivita’
combinata si realizza materialmente in un prodotto totale, che e’ nello
stesso tempo una massa totale di merci-dove e’ del tutto indifferente
che la funzione del singolo, puro e semplice membro di questo
lavoratore collettivo, sia piu’ lontano o piu’ vicino al lavoro manuale
in senso proprio. Ma, d’altra parte l’attivita’ di questa forza-lavoro
collettiva e il suo consumo produttivo da parte del capitale, e’
autovalorizzazione del capitale, produzione di plusvalore, quindi
trasformazione dello stesso in capitale.

Pur  restando ferma che
la massa del lavoro deve consistere di capacita’ lavorativa semplice
piu’ o meno non-specializzata, e quindi anche la massa del salario
basarsi nella sua determinazione sul valore del lavoro semplice, i
singoli individui hanno pero’ la possibilita’  grazie ad una
particolare energia, abilita’ ecc., di elevarsi in sfere di lavoro piu’
alte. Regnano quindi notevoli differenze salariali a seconda che il
lavoro particolare esiga o meno una capacita’ lavorativa sviluppata,
richiedenti maggiori costi di formazione; percio’ da una parte le
differenze individuali hanno piu’ gioco, dall’altra il lavoratore e’
spinto a sviluppare la propria forza-lavoro personale, a presentarsi
per principio accessibile e pronto a qualunque variazione della propria
forza-lavoro e della propria attivita’ da cui egli si ripromette un
salario migliore.

4-Economia di tempo, in questo si risolve in
ultima istanza ogni economia. Meno e’ il tempo di lavoro necessario
alla societa’ per riprodursi e tanto piu’ tempo il capitale guadagna
per autovalorizzarsi. Come per il singolo individuo, anche per il
capitale l’universalita’ del suo sviluppo, della sua autovalorizzazione
dipende dal risparmio di tempo. Parimenti la societa’ deve ripartire
razionalmente il suo tempo per pervenire ad una produzione adeguata ai
bisogni complessivi del capitale, proprio come il singolo deve
ripartire "giustamente" il suo tempo per acquisire le cognizioni
necessarie e per far fronte alle diverse esigenze della sua attivita’.

5-Con
la scientifizzazione tecnologica della produzione il proletariato
industriale in senso stretto tende a rappresentare piu’ un momento del
processo lavorativo complessivo e sempre meno la totalita’ del lavoro
produttivo.
Le scienze, secondo il loro grado di applicabilita’
tecnica, e i loro portatatori, i lavoratori intellettuali, sono ormai
integrati nel lavoratore produttivo complessivo.

L’integrazione
oggettiva dell’intellighenzia scientifica nel lavoratore produttivo
complessivo non trasforma ancora i suoi componenti in proletari
coscienti. Dire che le scienze diventano tecnologiche significa che il
tempo qualitativo della riflessione, proprio di una storia della
formazione viene eliminato per adeguare il lavoro intellettuale alle
norme quantitative e destoricizzate della misura del valore, del tempo
di lavoro. In tal modo il lavoratore intellettuale  puo’ essere
incorporato senza attriti nel processo di valorizzazione del capitale.
Il lavoro intellettuale, cioe’, nella misura in cui e’ traducibile in
attivita’ industriale, e’ sempre piu’ colpito dalla disgrazia  di
essere lavoro produttivo e, d’altra parte nella misura in cui e’
riducibile in tecnica, e’ uniformato alle norme del valore, in maniera
sempre piu’ adeguata al capitale.

Il lavoro intellettuale e’
affetto da una contraddizione; esso viene incorporato con una
sistematicita’ progressiva nel processo materiale di produzione
capitalista e tuttavia contiene, in quanto lavoro reale, momenti di
negazione determinata del rapporto di capitale-poiche’ il non-capitale
e’ il lavoro stesso.

Il lavoro intellettuale, la produzione
immateriale, ha per risultato merci che hanno un’esistenza indipendente
dal produttore; cioe’, che nell’intervallo fra produzione e consumo,
possono circolare come merci- software, libri, cd musicali,  film,
informazioni, oggetti d’arte ecc. che si distinguono dalla prestazione
intellettuale  di chi li crea.
Il prodotto del lavoro intellettuale non e’ piu’ inseparabile dall’atto del produrre.

6-La
separazione di produzione e vita privata e’ un’apparenza socialmente
necessaria. In generale, l’individuo non e’ solo il sostrato biologico,
ma-nello stesso tempo-la forma riflessa del processo sociale, e la sua
coscienza di un essente-in-se’ e’ l’apparenza di cui ha bisogno per
intensificare la sua produttivita’, mentre di fatto l’individuato,
nell’economia moderna, funge da semplice agente della legge del valore.
Da qui occorre dedurre, non solo la sua funzione sociale, ma l’intima
struttura dell’individuo in se’.

La  natura e’ affermata solo
laddove e’ tollerata e inquadrata nel sistema; ma cio’ che nella
civilta’ appare come natura, e’, in realta’, agli antipodi della natura.

7-I
comportamenti via via conformi allo stato piu’ avanzato dello sviluppo
tecnico, non si limitano ai settori in cui sono oggettivamente
richiesti. Il pensiero non si sottomette al controllo sociale solo dove
questo gli e’ imposto professionalmente ma adegua al controllo tutta la
sua conformazione. Esso degenera nella soluzione di compiti assegnati
anche laddove non gli e’ assegnato alcun compito. Il pensiero, perde la
sua autonomia, e non ha piu’ il coraggio di comprendere liberamente un
oggetto per amore dell’oggetto stesso.

Quando l’integrazione
della societa’ determina i soggetti, sempre piu’ esclusivamente, come
momenti parziali della produzione materiale, la "modificazione della
composizione tecnica del capitale" si continua negli individui,
afferrati e, in realta’, direttamente costituiti dalle esigenze
tecnologiche del processo di produzione. Cresce, cosi’, la composizione
organiza dell’uomo. Il lato per cui i soggetti sono determinati in se
stessi come strumenti di produzione e non come fini viventi, cresce
come la parte delle macchine rispetto al capitale variabile.

E’
solo in quanto il processo che comincia con la tasformazione della
forza-lavoro in merce investe e compenetra gli uomini in blocco e
individualmente, e oggettiva e rende commensurabile a priori tutti i
loro impulsi, come altrettante forme o varieta’ del rapporto di
scambio, e’ solo a queste condizioni che la vita puo’ riprodursi nel
quadro degli attuali rapporti di produzione. La sua organizzazione
totale richiede un agencement di cadaveri. La volonta’ di vivere si
vede rimandata alla negazione della volonta’ di vivere.

La
composizione organica dell’uomo non investe solo le attitudini tecniche
specializzate ma anche il loro opposto: i momenti del naturale,
che-d’altra parte-hanno gia’ avuto origine nella dialettica sociale ed
ora ricadono in sua balia.

Anche cio’ che differisce dalla
tecnica, e’ incorporato come una specie di lubrificazione della
tecnica. Anche la differenziazione psicologica, che, del resto, ha gia’
avuto origine dalla divisione del lavoro e dalla suddivisione dell’uomo
bei settori del processo produttivo e della liberta’, ritorna, alla
fine, al servizio della produzione.
Il virtuoso specializzato che
vende le sue capacita’ intellettuali oggettivate e trasformate in cose
cade in un attaggiamento contemplativo di fronte al funzionamento delle
proprie capacita’, oggettivate e cosificate.

Sotto l’apriori
della smerciabilita’, il vivente in quanto vivente si e’ trasformato in
cosa, in equipaggiamento. L’io assume consapevolmente al suo servizio,
come propria attrezzatura l’uomo intero. In questa organizzazione
totale, l’io come direttore della produzione cede tanto di se’ all’io
come strumento della produzione, da ridursi ad un astratto punto di
riferimento: l’autoconsrvazione perde il suo se’.

Le qualita’,
dall’affabilita’ genuina all’attacco isterico, diventano controllabili
e utilizzabili, fino ad esaurirsi senza residui nel loro impiego
oculato e conforme. Mobilitate, subiscono una profonda tasformazione.
Sopravvivono solo come gusci secchi e vuoti di emozioni, materiale
trasportabile a piacere, prive di moto proprio. Non fanno piu’ parte
del soggetto, ma il soggetto si rivolge ad esse come al proprio oggetto
interno. Nella loro sconfinata docilita’ all’io, si sono estraniate da
esso; totalmente passive, cessano di alimentarlo. Questa e’ la
patogenesi sociale della schizofrenia

La separazione delle
qualita’ dal fondo istintivo come dal se’ che le comanda, dove prima
semplicemente le teneva insieme, fa che l’uomo paghi la sua crescente
organizzazione interna con una crescente disintegrazione. La divisione
del lavoro condotta a termine nell’individuo, la sua radicale
oggettivazione, si risolve nella sua lacerazione morbosa. Di qui il
"carattere psicotico", la condizione antropologica di tutti i movimenti
totalitari di massa.

Proprio il trapasso di qualita’ fisse in
tipi scattanti di condotta- che potrebbe sembrare una vivificazione- e’
l’espressione della crescente composizione organica.

8-La
scoperta "dell’autenticita’" come ultimo baluardo dell’etica
individualista  e’ il riflesso della trasformazione integrale e
radicale dei soggetti in funzioni sociali. L’interiorita’ del soggetto
si e’ reificata e tecnicizzata al punto che il contenuto della stessa
soggettivita’  diventa una semplice funzione del processo produttivo.
Gli impuldi incontrollati trasformati in oggetti di manipolazione possono venir maneggiati, esposti, venduti.
L’oggettivazione
del soggetto ad opera del soggetto passa in rassegna  tutti i contenuti
e le emozioni per metterli a disposizione del cliente.

La
soggettivita’ amministra la soggettivita’ in vista del guadagno. Solo
nell’estetizzazione della vita quotidiana sopravvive l’illusione
dell’autonomia, dell’indipendenza . L’utopia del qualitativo si
rifugia, sotto il capitalismo, nel carattere di feticcio; le vittime,
immemori di ogni conflitto, godono la propria disumanizzazione come
umanita’, come felicita’ e calore.

L’estetizzazione della vita
quotidiana e la reazione alienata all disincantamento del mondo
sensibile, alla sua completa determinazione e oggettivazione come
"mondo di merci".

8- Noi vediamo in tutte le variopinte e
contorte marionette il rullo che le mette in movimento, e, appunto per
cio’, l’attraente varieta’ del mondo si dissolve in legnosa
uniformita’. Quando un bambino vede i funamboli cantare, i musicisti
suonare, le ragazze portare acqua, i cocchieri guidare, pensa che tutto
cio’ accade perche’ si prende piacere e gioia alla cosa, e non immagina
neppure lontanamente che tutta questa gente mangia e beve, va a letto e
torna ad alzarsi. Ma noi sappiamo di che sitratta. Si tratta, diremo
noi, del guadagno, che confisca tutte queste attivita’ come puri mezzi,
ridotti all’astratto tempo di lavoro e resi intercambiabili. La forma
di equivalente guasta e deforma tutte le percezioni….

(t. da: K. Marx; T. W. Adorno; H. J. Krahl)

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