ero partito da casa senza niente in testa

Premessa per una riflessione scomposta:

"Ad intervalli una voce si elevava su tutte le altre: <per il duce e per il re>
e subito tutti in coro: <eia, eia, eia alalàaa!>
Noi
eravamo dietro la gente ferma al lato della strada, ma da sul cavallo
si vedeva benissimo.-Toh, guarda, c’e anche don Sergio, il figlio del
commendatore!-esclamo il massaio. Non si era accorto che io ero partito
da casa senza niente in testa e soggiunse:- Levati la coppola,
guagliu’-togliendosi la sua-che bastonano chi non si scopre il capo.
Chi me la da?-risposi
Giro’ la testa per guardare se era vero."
                           (N. Di. Silvio-ricuccio)

"noi siamo sempre in ritardo sulla stupidità, perchè ci precede sempre"
                                           
(Jean Baudrillard)

"Con il termine pluralismo si suppone che l’utopia sia stata gia’ realizzata: e’ un modo per tranquillizzarsi."
                   
                   
      (T.W.Adorno)

Oggi la conoscenza  e’ creata e prolifera nella forma del valore
di scambio: viene prodotta per essere venduta e consumata come
bene culturale-(creazione di desideri, identita’, significati,
estetica…) o per essere valorizzata in un nuovo processo
produttivo (nuove macchine, riduzione dei costi, innovazione dei
processi produttivi, informazione ecc). La tecnologia digitale, le reti
di comunicazione, mediano, allargandone i confini, questo processo di
valorizzazione (oggettivazione della conoscenza come merce -software,
codici, informazione ecc.), e  circolazione (accellerata rispetto ai
vecchi canali accademici, tecnici, scolastici ecc). Il processo di
totale economicizzazione della conoscenza, per la natura
incommensurabile alla semplice misura del tempo di lavoro di quest’ultima, non e’
lineare ne esente da contraddizioni (v. copyright, diritto d’autore,
brevetti, limiti di condivisione ed uso proprietario ecc…). Tuttavia
, questa "traduzione" (economica) in termini di valore di scambio,
d’investimenti e profitti della conoscenza avanza, e flussi di denaro e flussi di
conoscenza-informazione si
muovono secondo lo stesso modello e attraverso gli stessi canali
informatici e telematici: Denaro e potere, conoscenza e potere sono le
due facce di una stessa medaglia. Chi controlla il denaro, il denaro
come mezzo di produzione e riproduzione del rapporto tra capitale e
lavoro, controlla allo stesso tempo i mezzi di produzione e
distribuzione della
conoscenza.

Oggi l’astratto
materialismo delle scienze naturali, un materialismo che esclude la
storia e il suo processo, si compone col pensiero filosofico
post-moderno che rivendica, implicitamente, come un dato di fatto, la
trasformazione della societa’ capitalista per disconoscere l’intreccio tra tecno-scienza e profitto.
Ogni epoca ha la sua ortodossia filosofica,
ovviamente plurale: Derrida,
Lyotard, Baudrillard….ecc

Questi filosofi post-moderni critici-critici di Marx si
contraddistinguono per una fiducia illimitata in una nuova fede
metafisica: la scienza. Essi credono, anche quando sembrano
negarlo, che "l’essenza della societa’" sia determinata
dalle forze produttive, indipendentemente dalle loro modalita’ sociali.
La loro filosofia, lo scriveva Adorno circa 40 anni fa, e’
calata nel buio del loro bagaglio ideologico per cui usano il trionfo
delle forze produttive tecniche per far credere che l’utopia,
irrealizzabile negli attuali rapporti sociali di produzione, sia gia’
un fatto compiuto entro il loro quadro. Questi emminenti accademici, costituitisi
in un soviet trascendentale della cultura
hanno
decretato che  la tecno-scienza e’ una fatalita’ dell’essere. Per
loro e’ ininfluente il modo in cui questa "fatalita’" si intreccia con
i rapporti sociali.

Dimenticano, volentieri e molto in fretta che "Entro il medium
costituito dalla tecnologia, la cultura, la politica e
l’economia si fondono in un sistema onnipresente che assorbe o
respinge
tutte le alternative. La produttività e il potenziale di
sviluppo di
questo sistema stabilizzano la società e limitano il progresso
tecnico
mantenendolo entro il quadro del dominio." Il fatto che la
razionalità tecnologica sia
divenuta razionalità politica questi filosofi aristocratici
lo traducono nel loro linguaggio raffinato nei termini di "fine
dell’economia politica", "fine del lavoro", "morte del soggetto",
"mancanza di fondamento", "tramonto dei valori", "nascondimento
dell’essere"…Gli interessi del profitto, del dominio e del controllo
si ritirano nella razionalita’ tecnologica e loro, i filosofi
post-moderni, ne deducono la scomparsa, prima che della "realta’",
dello sfruttamento di classe, dell’antagonismo…

La tecno-scienza, come oggettivazione del potere del capitale, mistifica, rendendola
irriconoscibile, una relazione sociale che ne
costituisce la sostanza: Il suo presupposto elementare è che il
lavoro produca immediatamente il valore di scambio, che il lavoro
vivente sia una merce, lavoro salariato (quale che ne sia la forma). Nel sistema del dominio del
lavoro morto sul lavoro vivo l’illusione e’ la regola
da sempre, lo e’ gia’ nell’ ideologia dell’economia politica che nel "libero mercato" promette l’equita’ e l’equivalenza dei
rapporti di scambio e poi, piu’ tardi nell’idea che la conoscenza, la tecno-scienza,
divenuta la  principale forza produttiva del capitale, sia una  "variabile indipendente" dai rapporti sociali dominanti.

La
tecnologia digitale, in particolare internet, si rivela uno strumento
di "assorbimento" della conoscenza collettiva per le imprese che
possiedono la necessaria potenza tecnico-organizzativa-economica (
capacita’ di controllo e dominio del flusso informativo…) per 
tradurla in progetti operativi, nuovi prodotti, servizi, innovazione
ecc. e ovviamente in profitti; la scienza, presuntamente neutrale, si
presta ad un astratto accrescimento del potere del capitale sulla vita
(
capacità di trasformare la conoscenza in produttività economica grazie
alla creazione di nuove tecnologie). Ma nessuno dei nostri filosofi
post-molto-postmoderni coglie che nella trasformazione tecno-scientifica e nelle sue "rivoluzioni" resta intatta:
L’incapacita’ di rappresentarsi
concretamente il mondo diverso da come appare, in modo schiacciante, a
coloro che lo compongono; "l’atteggiamento dello spirito fissato e
manipolato" che diviene forza reale e contribuisce proprio a quella
repressione che un tempo il suo contrario, lo spirito libero, voleva
eliminare.
Il "progresso" qui,  non puo’ che assumere il volto di
"quell’orribile idolo pagano, che beveva il nettare soltanto dai teschi
degli uomini uccisi"…

L’espansione delle forze produttive aumenta il potere umano sulla
natura, ma il carro del destino ha gettato a terra il conducente e
corre cieco nello spazio: "man mano che l’umanita’ domina la natura,
l’uomo sembra divenire schiavo degli altri uomini o delle sue stesse
carenze. Anche la pura luce della scienza sembra in grado di brillare
soltanto sullo sfondo oscuro dell’ignoranza. Tutte le nostre scoperte,
tutto il nostro progresso sembra avere il risultato di arricchire di
vita intellettuale le forze materiali, e di appiattire la vita umana al
livello di una forza materiale". Quanto piu’ l’umanita’ domina la
natura tanto piu’ gli individui diventano schiavi di questo dominio. E’
il trionfo della scienza che assoggetta le forze della natura (anche di
quella "interna"-umana) non per un fine vitale ma per la "la cupidigia
mera e cruda", per la ricchezza astratta, per quell’avidita’ di denaro che
ormai si comporta come una forza naturale…

Oggi come non mai le forze
produttive sono plasmate dai rapporti di produzione (l’apriori totale), e in modo
cosi’ integrale che appaiono (soprattutto ai nuovi filosofi) come il dato essenziale, mentre quelli sono
divenuti una seconda natura. A essi va attribuita la responsabilita’
del fatto che gli uomini debbano morire di fame in gran parte della
terra, in un insensato contrasto con le reali possibilita’. Il fatto che le forze produttive e i rapporti di produzione
costituiscono oggi una sola cosa, e che pertanto la societa’ possa
venire costruita direttamente a partire dalle forze produttive, e’
l’aspetto attuale di un’illusione socialmente necessaria.

Diciamo socialmente necessaria in quanto attraverso di essa, vengono
riportate ad una specie di denominatore comune momenti del processo
sociale-ivi inclusi gli uomini viventi-che una volta erano
effettivamente separati gli uni dagli altri: la produzione materiale,
la distribuzione, il consumo vengono amministrati contemporaneamente. I
loro confini, che precedentemente, anche all’interno del processo
complessivo delle loro sfere specifiche, si distinguevano chiaramente,
si confondono.

La totalita’ del processo di mediazione, in virtu’ del
principio dello scambio di merci, produce una immediatezza, per cosi’
dire, di secondo grado, e di carattere illusorio. Questa permette a sua volta, nella misura del possibile, di cancellare
o di rimuovere dalla coscienza gli elementi di divisione e quelli di
carattere antagonistico.(…) non esiste alcun soggetto globale sul
piano sociale: occorrerebbe riportare l’illusione ad una formula, e
affermare che tutto cio’ che esiste sul piano sociale e’ oggi cosi’
interamente integrato in se stesso, che il suo carattere totalitario
viene reso irriconoscibile da questa stessa integrazione. Non esiste
piu’ un punto di vista esterno a questo meccanismo, dal quale sia
possibile dare un nome a questa realta’ fantasmatica: non rimane che
appellarsi alla sua incoerenza interna. (E’ quanto Horkheimer e Adorno
intendevano dire, alcuni decenni or sono, introducendo il concetto di
<schermo tecnologico>.)

La falsa identita’ tra l’organizzazione
del mondo e quella dei suoi abitanti, attraverso l’espansione della
tecnica, finisce per confermare i rapporti di produzione, che
continuano cosi’ a sussistere, non contestati, sebbene sia altrettanto
difficile scorgere a vantaggio di chi essi agiscano, e chi siano i
proletati. L’autonomia del sistema nei confronti di tutti, anche dei
detentori del capitale, ha raggiunto i suoi limiti: ed e’ divenuta una
fatalita’ che si esprime nell’angoscia, la quale-secondo l’espressione
di Freud, dilaga ovunque, proprio in quanto non riesce piu’ a fissarsi
su alcun oggetto vivente, ne’ individui, ne’ classe. Tuttavia
e’ evidente che, in ultima analisi, permangono ancora le relazioni umane
nascoste dietro i rapporti di produzione; e percio’ l’onnipotente
ordine delle cose costituisce ancora una mera ideologia, virtualmente
impotente.

Non e’ lo sviluppo tecno-scientifico ad essere incontrollabile ma il
potere dei rapporti di produzione, la totalita’ delle relazioni sociali
che si riproducono indipendentemente dalla volonta’ e dalla coscienza
degli uomini.
I rapporti di scambio, l’astrazione oggettiva a cui ubbidisce il
processo vitale sociale, il suo potere (di questa astrazione)
sugli uomini e’ piu’ vivente di quello di ogni istituzione particolare
"che si costituisce silenziosamente in base a quello schema e lo impone
agli uomini. L’impotenza che coglie l’individuo di fronte al tutto, ne
e’ la drammatica espressione".

Tutti i potenziali della produzione divengono forze produttrici di
capitale, percio’ il capitale si presenta come loro soggetto ed e’
 questa la ragione per cui il prodotto dispone del produttore,
l’oggetto del soggetto…L’unita’ del processo sociale, il fine e’
affidato ad un meccanismo impersonale ed inumano, il principio del
valore di scambio, che opera come una "forza naturale"; il capitale si
ritira, si mistifica, nello sviluppo tecno-scientifico, assume per se’
la massima che "la visibilita’ e’ una trappola":  questa massima
generalizzazione del rapporto di produzione capitalistico all’esistenza
intera viene equivocato come fine dell’economia politica, fine del
"lavoro", "tramonsto dei valori e dei fondamenti"…

La tecnologia svela il
comportamento attivo del capitale verso la natura, di cui l’umanita’ e’ parte
integrante…; svela l’immediato processo di produzione della  vita,
e con esso anche l’immediato processo di produzione dei rapporti
sociali vitali dell’uomo. Solo la tecnologia concepita astrattamente sembra estranea
ai rapporti sociali con i quali e’ intrecciata, ma lontano
dall’elaborazione filosofica del suo mito essa rivela il suo carattere conservatore:
rivoluzionare dalle fondamenta-per conservarla- la mediazione formale del rapporto
capitalistico, cioe’ del rapporto tra capitale e lavoro vivo.

La scienza e’ un fattore di produzione  e gli scienziati sono
lavoratori delle imprese capitalistiche…Chi e’ il padrone della
vostra testa?

Il fatto che le forze produttive e i rapporti di produzione
costituiscono oggi una sola cosa non ci permette di parlare di una
espressione distorta della tecnologia e di essa come di uno "strumento
di dominio". Non c’e un uso distorto della tecnologia poiche’ 
essa coincide compiutamente con il dominio. I rapporti sociali di
produzione
 sono cosi’ integrati con la tecno-scienza che ogni inversione
appare naturale e il suo contrario un antico pregiudizio. Ma  solo la
filiazione nazista della filosofia poteva concepire l’arte, l’estetica,
come l’ultimo antitodo a questo stato di cose: mentre la tecnica si mangia lo
spazio, lo divora per vomitarlo in valore di scambio, l’arte lo
sospende, lo illumina di senso e lo loscia stare…sic! "voltare le
spalle": questo e’ il segreto della nuova filosofia…: un’alzata di
spalle del medico di fronte alla morte. Il "girare in tondo" nella
"radura" recintata dal capitale recitando il mantra: "Più filosofica
della scienza e più rigorosa, ossia più vicina all’Essenza della Cosa
stessa, è l’arte", e’ la giusta pena di quelli che confondono
"l’essere", comune alle identita’ piu’ disparate, col denaro. ( Il
denaro e’ l’essere che va’ distinto dall’ente: il valore di scambio
dalla merce…)
 
La "decontaminazione" del pensiero dalle vecchie concezioni,
dall’utopia e infine dall’immaginazione procede nella scienza come
nella filosofia "post-moderna" nella stessa misura in cui cresce il
regno e l’onnipotenza del denaro che istruisce la "scomparsa del
reale", quel "risalire all’infinito" che non giunge mai a nulla, o al
nulla. 
Esso e’ il genio che genera quell’oscena promiscuita’ di tutte le
cose, quella confusione totale e "quell’eta’ della simulazione" (oggi
tanto in voga) in cui gli oggetti contraddittori iniziano a baciarsi
e  le cose impossibili si fondono:
La connessione  sociale degli individui espressa nel valore di
scambio-nel denaro, che realizza questa astrazione-significa
che
l’insieme delle relazioni sociali, delle condizioni dell’esistenza 
degli individui (apparentemente indipendenti) si contrappongono
autonomamente a questi, che la loro individuale collisione reciproca
produce un potere sociale estraneo che li sovrasta. Nel valore di
scambio reificato, oggettivato nel denaro, gli individui estraniano la
loro propria relazione sociale , il loro potere e realizzano l’unita’ e
l’integrazione reciproca come un rapporto naturale esterno e
indipendente da loro stessi.":  E qui saltano fuori i troll, quelli
che, lo "spazio spazieggia", il denaro si fa corpo, il vuoto instaura
i suoi luoghi…gli uomini dispongono e misurano…soprattutto misurano
tra uno stato di grazia e l’altro, tra una sniffata e una pera.
Che surrealismo!

L’autonomizzazione del mercato mondiale
(nel quale e’ racchiusa l’attivita’ di ogni singolo) cresce con lo
sviluppo dei rapporti monetari (del valore di scambio) e questa
autonomizzazione del mercato mondiale e’ la prova di come ai singoli il
loro stesso scambio e la loro stessa produzione si contrappongono come
un rapporto oggettivo, da essi indipendente. Questa universale
dipendenza degli individui nella produzione e nel consumo cresce di
pari passo con la loro indifferenza reciproca di consumatori e di
produttori. Lo sviluppo di questa estraneazione produce contraddizioni
e crisi che si tenta di superare restando sul suo stesso terreno:
listini dei prezzi correnti, corsi dei cambi, sviluppo dei mezzi di
comunicazione.
L’avvento dell’era dell’informazione…prima del computer…; la
scienza arrivera in soccorso piu’ tardi facendo sfoggio di
fantasmagorici ritrovati tecnici.

Nel rapporto di denaro, nel sistema di scambio
sviluppato i vincoli di dipendenza personale, le differenze di sangue,
di formazione ecc. sono effettivamente saltati, lacerati e gli
individui sono immersi in un’illusione di indipendenza, cioe’ in uno stato di
indifferenza ed equivalenza assoluta. Nella produzione globale, nel
mercato mondiale, in questa connessione "naturale", indipendente dal
sapere e dal volere degli individui, si generano processi di ricambio
materiale e spirituale  che forniscono le basi per distruggere i
ristretti rapporti di consanguineita’, di connessione locale, di
signoria e schiavitu’ ecc. e per liquidare gli individui, le
individualita’, che entrano in relazione reciproca solo in una certa
determinatezza, come signore feudale e vassallo, come proprietario
fondiario e servo della gleba ecc., oppure come membri di caste ecc., o
come appartenenti a un ceto ecc. E’ evidente che il superamento di
questi vincoli di "comunita’", di "dipendenza personale", rapporto
patriarcale, feudalesimo, corporazione, di sangue ecc. resta solo una
seduzione in un sistema in cui le condizioni di esistenza entro le
quali gli individui entrano in contatto sono indipendenti e
incontrollabili dagli stessi .

La "limitazione personale" non viene abolita, semplicemente si sviluppa come "limitazione materiale" , come
la dissoluzione in forma generale dei "rapporti di dipendenza"(personali).
Anche qui gli individui entrano in relazione reciproca soltanto come
individui determinati solo,  la dipendenza degli individui gli uni
dagli altri  ora, e’ mediata da astrazioni, da cose…

I rapporti di
dipendenza personali come emanazione di rapporti di produzione e
scambio sviluppati, spogliati di ogni illusione,  appaiono come una
regressione rispetto agli stadi di sviluppo precedente in cui il
singolo individuo appare piu’ "compiuto", integrato in una pienezza
originaria di relazioni e questa contrapposizione romantica resuscita
nella coscienza borghese quei vincoli personali che oggettivamente sono
saltati. Da qui le chiacchiere sull’alienazione dell’uomo ,
sulla "condizione di totale svuotamento" dell’individuo moderno, il
"tramento dei valori"…  

L’espressione teoretica idealizzata e
sublimata
 del sistema sviluppato del valore di scambio, dei rapporti di denaro
appare nella filosofia aristocratica dei "postmoderni" in forma di
giudizi di valore contrabbandati come "interpretazioni".
Ovviamente ognuno s’impone la sua disciplina
spirituale e sfodera i suoi giudizi di valore in rapporto alle sue
condizioni di conservazione e crescita. La filosofia per la filosofia
doveva procurarsi la fonte magica della sua inesauribile produttivita’
: l’inutile ipotesi dell’intepretazione a prescindere dalla
soggettivita’…

Chi interpretera’ gli interpretatori?
"l’irrazionalita’ della societa’ borghese nella sua fase piu’ tarda e’
restia a farsi comprendere: erano ancora bei tempi quelli in cui si
poteva scrivere una critica dell’ecoomia politica di questa societa’,
cogliendola nella ratio a lei propria(…)la societa’ ha ormai gettato
questa ratio tra i ferri vecchi sostituendola virtualmente con una
disponibilita’ immediata su ogni cosa.(…) la condizione in cui non
c’e piu’ natura(…)
non e’ piu’ possibile distinguere la fase della completa reificazione
del mondo, che non lascia dietro di se’ nulla che non sia opera
dell’uomo, e cioe’ la fase della catastrofe permanente, da un processo
catastrofico prodotto aggiuntivamente e appositamente dall’uomo, in cui
la natura e’ stata cancellata e dopo il quale non cresce piu’
niente(…)  il puro predominio sulla natura diventa obbligo di
sterminio.

"Poiché il denaro, in quanto è il concetto esistente e in
atto del
valore, confonde e inverte ogni cosa, è la universale confusione
e
inversione di tutte le cose, e quindi il mondo rovesciato, la
confusione e l’inversione di tutte le qualità naturali ed
umane." E’ il denaro che muta la fedeltà in infedeltà,
l’amore in odio, l’odio in amore, la virtù in vizio, il vizio in
virtù, il servo in padrone, il padrone in servo, la
stupidità in intelligenza, l’intelligenza in stupidità…
in quanto è il mezzo e il potere esteriore, cioè nascente
non dall’uomo come uomo, né dalla società umana come
società, in quanto è il mezzo universale e il potere
universale di ridurre la rappresentazione a realtà e la
realtà a semplice rappresentazione, trasforma tanto le forze
essenziali reali, sia umane che naturali, in rappresentazioni meramente
astratte e quindi in imperfezioni, in penose fantasie, quanto, d’altra
parte, le imperfezioni e le fantasie reali, le forze essenziali
realmente impotenti, esistenti soltanto nell’immaginazione
dell’individuo, in forze essenziali reali e in poteri reali."

Il principio metafisico del valore di scambio , l’onnipotenza del
denaro  e poi il feticismo delle forze produttive sono  il motore incosciente della speculazione filosofica
postmoderna, il segreto della  "qualsiasi algebra combinatoria" e
della "generazione simulata delle differenze"  che danza sul
cadavere del "referente".  La funzione prima e piu’ essenziale del
soggetto, del resto, e’ quella di ingannarsi: il denaro e’ il potere
universale che riduce "la rappresentazione a realtà e la
realtà a semplice rappresentazione". Il denaro inventa veramente
l’esperienza, la crea; esso precostituisce e produce  la realta’
della teorizzazione. Come diceva Debord…, lo spettacolo e’ l’altra faccia del denaro…e anche della filosofia.

"Quando io ho voglia di mangiare oppure voglio servirmi della diligenza
perché non sono abbastanza forte per fare il cammino a piedi, il
denaro mi procura tanto il cibo quanto la diligenza, cioè
trasforma i miei desideri da entità rappresentate e li traduce
dalla loro esistenza pensata, rappresentata, voluta nella loro
esistenza sensibile, reale, li traduce dalla rappresentazione nella
vita, dall’essere rappresentato nell’essere reale. In quanto è
tale mediazione, il denaro è la forza veramente creatrice. La
domanda esiste, sì, anche per chi non ha denaro, ma la sua
domanda è un puro ente dell’immaginazione, che non ha nessun
effetto, nessuna esistenza per me, per un terzo, per la (…); e quindi
resta per me stesso irreale, privo di oggetto. La differenza tra la
domanda che ha effetto, in quanto è fondata sul denaro, e la
domanda che non ha effetto, in quanto è fondata soltanto sul mio
bisogno, sulla mia passione, sul mio desiderio, ecc., è la
stessa differenza che passa tra l’essere e il pensare, tra la semplice
rappresentazione quale esiste dentro di me e la rappresentazione qual
è per me come oggetto reale fuori di me."

Dentro e fuori, notte e giorno, uomo e casa perdono ogni rigida
oggettivita’ e si fondono in una combinazione che li trascende;
l’aperto e il chiuso, il qui e il la’-miseri avverbi di luogo-sono
tutti poco piu’ di una schematizzazione, una forza di dogmatizzazione
dei filosofemi da parte delle istanze dell’espressione, cosi’ riflette il
filosofo post-post-moderno e a queste "fissazioni" esso contrappone
 figure dinamiche e ricche come quelle della spirale e poi dice:
"l’essere dell’uomo e’ un esere defissato. Ogni espressione lo
defissa". L ‘incielamento  della spirale del denaro che non
raggiunge mai il suo centro consente a questo pensiero di porsi
al di sopra  del reale, di tutto cio’ che puo’ essere visto e
toccato immediatamente per comporre un nuovo quadro in cui il vivente,
la natura e l’umanita’ sopravvivono come "rumore", impurita’, disturbo
e al piu’ come riserva d’informazioni per la scienza o di nuove
potenzialita’ dello spettacolo onirico globale:

"Siccome il denaro si scambia non con una determinata qualità,
né con una cosa determinata, né con alcuna delle forze
essenziali dell’uomo, ma con l’intero mondo oggettivo, umano e
naturale, esso quindi, considerato dal punto di vista del suo
possessore, scambia le caratteristiche e gli oggetti gli uni con gli
altri, anche se si contraddicono a vicenda. È la fusione delle
cose impossibili; esso costringe gli oggetti contraddittori a baciarsi.
Se presupponi l’uomo come uomo e il suo rapporto col mondo come un
rapporto umano, potrai scambiare amore soltanto con amore, fiducia solo
con fiducia, ecc. Se vuoi godere dell’arte, devi essere un uomo
artisticamente educato; se vuoi esercitare qualche influsso sugli altri
uomini, devi essere un uomo che agisce sugli altri uomini stimolandoli
e sollecitandoli realmente. Ognuno dei tuoi rapporti con l’uomo, e con
la natura, dev’essere una manifestazione determinata e corrispondente
all’oggetto della tua volontà, della tua vita individuale nella
sua realtà. Se tu ami senza suscitare una amorosa
corrispondenza, cioè se il tuo amore come amore non produce una
corrispondenza d’amore, se nella tua manifestazione vitale di uomo
amante non fai di te stesso un uomo amato, il tuo amore è
impotente, è un’infelicità."

La realta’ e’ impossibile da conoscere,  i vecchi dualismi e
opposizioni di soggetto/oggetto, storia/natura…segno/significato sono
stati tutti liquidati e’ vero , ma e’ vero anche che questo e’ il
frutto del dominio sempre piu’ totalitario dell’equivalenza assoluta,
della potenza del valore di scambio e, non dell’impero del caos,
della complessita, delle differenze, tutt’altro , questa "indifferenza"
e quest’equivalenza procedono dall’essenza del valore di scambio, del
denaro che nel momento stesso in cui annulla e spegne le qualita’ le
resuscita,
le riduplica  come suoi medium…I postmoderni allora  ci
danno sotto con i concetti di "differenza", "simulazione", "traccia",
"ripetizione" ecc.

"Poiché lo scopo del lavoro non è un prodotto particolare
che sta in un particolare rapporto con i bisogni particolari
dell’individuo, ma è il denaro, ossia la ricchezza nella
sua forma generale, la laboriosità dell’individuo non ha
anzitutto alcun limite, è indifferente ad una sua
particolarità, e assume qualsiasi forma che serva allo scopo;
è ricca di inventiva nella creazione di nuovi oggetti destinati
al bisogno. Il presupposto elementare della società borghese
è che il lavoro produce immediatamente il valore di scambio,
ossia il denaro…Il denaro è quindi immediatamente la reale
sostanza comune, in quanto è la sostanza universale
dell’esistenza per tutti, e nello stesso tempo il prodotto
sociale di tutti.
Ma nel denaro, come abbiamo visto, la sostanza comune è nello
stesso tempo mera astrazione, mera cosa estrinseca, accidentale per il
singolo individuo e nello stesso tempo mezzo puro e semplice del suo
soddisfacimento in quanto singolo individuo isolato. Ogni produzione
è un’oggettivazione dell’individuo. Ma nel denaro
(valore di scambio) l’oggettivazione
dell’individuo non è quella di lui in quanto è
posto nella sua determinatezza naturale, ma di lui in quanto è
posto in una determinazione (rapporto) sociale, che gli è nello
stesso tempo estrinseca. Cio’ che io posso pagare, quello io sono."

Siamo tutti prodotti dalle circostanze….il soggetto non e’ libero di
pensare al di fuori del linguaggio del denaro, cioe’ del segno che
rappresenta la cosa solo per rappresentare se stesso, ne’ dal  suo
libero fluttuare da un significato all’altro, cioe’ da una merce
all’altra. Il denaro non riflette la realta’, esso e’ la realta’ per
quanto sia un’astrazione. E’ un’astrazione reale.
Non solo la verita’ ma l’intera realta’ sono solo metafore sublimate
del denaro. I segni e i valori d’uso sono solo gli alibi del denaro.

L’essere differenziato non puo’  essere registrato in assoluto e a
occhi chiusi come positivo, perche’ la semplificazione del processo
sociale lo relega tra i faux frais, alla stessa meniera che vanno
scomparendo certe complimentose forme sociali che davano luogo a una
possibilita’ di differenziazione. L’esser differenziato, gia’
condizione dell’umanita’, scivola nell’ideologia…di coloro che
possono permettersi l’individuazione.

"Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione,
ciò che io posso pagare, ciò che il denaro può
comprare, quello sono io stesso, il possessore del denaro medesimo,
Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il
mio potere. Le caratteristiche del denaro sono le mie stesse
caratteristiche e le mie forze essenziali, cioè sono le
caratteristiche e le forze essenziali del suo possessore. Ciò
che io sono e posso, non è quindi affatto determinato dalla mia
individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più
bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché
l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata
dal denaro. Io, considerato come individuo, sono storpio, ma il denaro
mi procura venti quattro gambe; quindi non sono storpio. Io sono un
uomo malvagio, disonesto, senza scrupoli, stupido; ma il denaro
è onorato, e quindi anche il suo possessore. Il denaro è
il bene supremo, e quindi il suo possessore è buono; il denaro
inoltre mi toglie la pena di esser disonesto; e quindi si presume che
io sia onesto. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera
intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido
chi lo possiede? Inoltre costui potrà sempre comperarsi le
persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti, non
è più intelligente delle persone intelligenti? Io che col
denaro ho la facoltà di procurarmi tutto quello a cui il cuore
umano aspira, non possiedo forse tutte le umane facoltà ? Forse
che il mio denaro non trasforma tutte le mie deficienze nel loro
contrario ?
E se il denaro è il vincolo che mi unisce alla vita umana, che
unisce a me la società, che mi collega con la natura e gli
uomini, non è il denaro forse il vincolo di tutti i vincoli? Non
può esso sciogliere e stringere ogni vincolo ?"

"Tutte le merci rappresentano nei loro prezzi una determinata somma di
denaro, sono dunque soltanto denaro rappresentato o rappresentanti del
denaro…Tutte le merci sono soltanto denaro
rappresentato, il denaro è dunque l’unica merce reale. In
contrapposizione a tutte le merci che sono soltanto una
rappresentazione dell’esistenza autonoma del valore di scambio, del
lavoro sociale generale, della ricchezza astratta, il denaro è
l’esistenza materiale della ricchezza astratta…il denaro soddisfa
ogni bisogno in quanto è direttamente trasformabile nell’oggetto
di ogni bisogno. Il suo valore d’uso è realizzato nella serie
infinita dei valori d’uso che costituiscono il suo equivalente. Il
denaro è perciò il dio tra le merci."

"Come singolo oggetto tangibile il denaro può essere
perciò accidentalmente cercato, trovato, rubato, scoperto, e la
ricchezza generale passare tangibilmente in possesso del singolo
individuo. Dalla sua forma di schiavitù nella quale si presenta
come semplice mezzo di circolazione, esso diventa improvvisamente
sovrano e dio nel mondo delle
merci. Esso rappresenta l’esistenza celeste delle merci, mentre
queste rappresentano la sua esistenza terrena. Ciascuna forma della
ricchezza naturale, prima che questa sia tramutata mediante il valore
di scambio, suppone una relazione sostanziale dell’individuo con
l’oggetto, al punto che l’individuo, per uno dei suoi
aspetti, appare esso stesso materializzato nella cosa, e nello stesso
tempo il suo possesso della cosa appare come un determinato sviluppo
della sua individualità; la ricchezza di pecore [rivela] lo
sviluppo dell’individuo come pastore, la ricchezza di grano il
suo sviluppo come contadino ecc. Il denaro al contrario, in quanto
individuo della ricchezza generale, in quanto autonomo risultato della
circolazione e puro rappresentante dell’universale, come
risultato puramente sociale, non suppone assolutamente alcuna relazione
individuale col suo possessore; il suo possesso non è lo
sviluppo di uno qualsiasi dei lati essenziali della sua
individualità,
ma è piuttosto possesso di ciò che è privo di
individualità, giacché questo [rapporto] sociale esiste
nel contempo come un oggetto sensibile, esterno, di cui ci si
può impossessare meccanicamente o che può anche andare
perduto. La sua relazione
all’individuo si presenta dunque come una relazione puramente
accidentale; laddove questa relazione ad una cosa niente affatto
connessa con la sua individualità gli conferisce nello stesso
tempo, per il carattere di questa cosa, il dominio assoluto sulla
società, su tutto il mondo dei godimenti, dei lavori ecc. come
se per esempio il ritrovamento di una pietra mi
procurasse, del tutto indipendentemente dalla mia individualità,
il possesso di tutte le scienze. Il possesso del denaro mi pone
rispetto alla ricchezza (sociale) nell’identico rapporto in cui
mi porrebbe la pietra filosofale rispetto alle scienze."

La pura identita’ diventa identita’ dell’individuo annientato,
identita’ di soggetto e oggetto nello stadio della piena alienazione;
dissociazione dell’unita’ di coscienza in elementi disparati, la
non-identita’. Non appena il soggetto non e’ piu’ con certezza identico
con se stesso, ecco che anche il confine che lo separa dall’esterno si
dilegua, e le situazioni dell’interiorita’ diventano contemporaneamente
situazioni della natura fisica.(…) la crisi storica dell’individuo si
arresta al singolo essere biologico, che e’ anche il suo luogo
scenico…il mutamento delle situazioni  cessa al livello dei
corpi, che e’ il punto fino al quale le situazioni regrediscono.
Commisurate a tale unita’, le situazioni schizoidi sono comiche ne’
piu’ ne’ meno delle illusioni dei sensi. L’identita’ dell’individuo
annientato semplifica la distruzione delle opposizioni binarie, delle
dicotomie  natura / cultura, maschio / femmina ecc che per i
filosofi post-moderni viene assunto come un positivo di liberazione. Ma
che ragione d’essere hanno le forme, se si elimina la loro tensione
rispetto ad un fattore che e’ loro non omogeneo?  Esse non
sono in grado di produrre null’altro che
se stesse, di comprare nulla fuor che se stesse,
poiché tutto il resto è ormai loro schiavo. L’ estetica
e’ l’ultimo rifugio….

"Una sensualità astratta presuppone un oggetto che contenga la
possibilità di tutti i godimenti. La sensualità astratta
il denaro la realizza nella sua determinazione di rappresentante
materiale della ricchezza.  Il denaro è non soltanto un
oggetto della brama di arricchimento, ma ne è l’oggetto in
assoluto. Essa è essenzialmente auri sacra fames. La brama di
arricchimento in quanto tale come particolare forma di appetito,
differente cioè dalla brama di una ricchezza particolare, come
per esempio vestiti, armi, gioielli, donne, vino, ecc., è
possibile soltanto quando la ricchezza generale, la ricchezza in quanto
tale, è individualizzata in un oggetto particolare.
L’avidità di denaro o la brama di arricchimento
rappresentano necessariamente il tramonto delle antiche
comunità. Donde l’opposizione ad esse. Esso stesso, il
denaro, è la comunità, né può sopportarne
altra superiore.superiore. Ma ciò presuppone il pieno sviluppo
dei valori di scambio e quindi una organizzazione della società
ad essi corrispondente."

"Nel denaro la ricchezza generale è non soltanto una forma ma
nello stesso tempo il contenuto stesso. Il concetto di ricchezza
è per così dire realizzato, individualizzato in un
oggetto particolare. Il valore di scambio costituisce la sostanza del
denaro, e il valore di scambio è la ricchezza. Il denaro
è perciò, d’altra parte, anche la forma
materializzata della ricchezza rispetto a tutte le sostanze particolari
di cui essa consiste.Nella semplice determinazione del denaro stesso
è implicito che esso può esistere come momento sviluppato
della produzione soltanto là dove esiste il lavoro salariato;
sociale ecc. È chiaro dunque che, sulla base del lavoro
salariato, l’azione del denaro non è dissolutrice,Il
presupposto elementare della società borghese è che il
lavoro produce immediatamente il valore di scambio, ossia il denaro; e
che quindi anche il denaro compra immediatamente il lavoro, e quindi
l’operaio, soltanto se egli stesso, nello scambio, aliena la sua
attività. Lavoro salariato, nel primo senso, capitale nel
secondo, sono perciò soltanto forme diverse del valore di
scambio sviluppato e del denaro quale sua incarnazione."

La distinzione tra realta’ e apparenza si dissolve, l’ipotesi di un
"mondo vero"  e’ superfluea nella "comunita’ del denaro" dal
momento che la  "sostanza universale dell’esistenza di tutti" e’
una mera astrazione. L’oggettivazione dell’individuo e’ posta in una
determinazione sociale che gli e’ estranea ; la sua attività,
quale che sia la sua forma fenomenica individuale, e il prodotto
dell’attività, quale
che sia il suo carattere particolare, è il valore di scambio,
vale adire qualcosa di generico in cui ogni individualità,
proprietà è negata e cancellata…Ma cio’ che viene
liquidato dalla testa ai piedi e’ ancora la mediazione necessaria del
rapporto di scambio, cioe’ l’individualita’, la qualita’, la differenza
ecc. , e pertanto diventa indispensabile simularle, riprodurle
artificialmente, dargli un’esistenza virtuale, prolungargli l’esistenza
in un interregno sospeso tra la vita e la morte, tra il cielo e la
terra…La "verita’" dipende dalla comunita’ a cui si appartiene dunque
se la comunita’ reale e’ la comunita’ del denaro, il denaro e’ la
verita’…l’unica  a prescindere dalle "letture" diverse che se ne
faranno.
Il principio trascendentale esiste anche se le sue visioni sono molteplici.

"Il denaro è quindi immediatamente la reale sostanza comune, in
quanto è la sostanza universale dell’esistenza per tutti,
e nello stesso tempo il prodotto sociale di tutti.quindi immediatamente
la reale sostanza comune, in quanto è la sostanza universale
dell’esistenza per tutti, e nello stesso tempo il prodotto
sociale di tutti. Ma nel denaro, come abbiamo visto, la sostanza comune
è nello stesso tempo mera astrazione, mera cosa estrinseca,
accidentale per il singolo individuo e nello stesso tempo mezzo puro e
semplice del suo soddisfacimento in quanto singolo individuo isolato.
L’antica comunità
presuppone una relazione del tutto diversa dell’individuo per
sé. Lo sviluppo del denaro nella sua terza determinazione la
mette dunque in crisi. Ogni produzione è un’oggettivazione
dell’individuo. Ma nel denaro (valore di scambio)
l’oggettivazione dell’individuo non è quella di lui
in quanto è posto nella sua determinatezza naturale, ma di
lui in quanto è posto in una determinazione (rapporto) sociale, che gli è nello stesso tempo estrinseca."

Il "soggetto", il suo concetto,  presuppone che ognuno sia
responsabile, cioe’ causa delle sua azioni  il che appare
impossibile in una condizione nella quale: 
"la totalità del processo (sociale) si presenta come una
connessione oggettiva che nasce naturalmente, che è bensì
il risultato dell’interazione reciproca degli individui
coscienti, ma non risiede nella loro coscienza, né, come
totalità, viene ad essi sussunta.(…) La circolazione, essendo
una totalità del processo sociale, ne è anche la prima
forma, nella quale non soltanto il rapporto sociale — come
avviene per esempio nel pezzo di moneta o nel valore di scambio
—, si presenta come qualcosa di indipendente dagli individui, ma
la totalità del movimento sociale stesso. La relazione sociale
degli individui tra di loro come potere fattosi autonomo al di sopra
degli individui — sia essa rappresentata come forza naturale,
come caso o in qualsiasi altra forma — è un risultato
necessario del fatto che il punto di partenza non è il libero
individuo sociale."

La dissoluzione dell’identita’ del soggetto con se stessto e’ a portata
di mano per il semplice fatto che: "la merce esiste doppiamente, una
volta come prodotto determinato che contiene idealmente (in forma
latente) il suo valore di scambio nella sua forma di esistenza
naturale, e poi come valore di scambio divenuto manifesto (denaro), il
quale si e’ a sua volta spogliato di ogni connessione con la forma di
esistenza naturale del prodotto, questa duplice e diversa esistenza
deve portare alla differenza, la differenza all’antitesi e alla
contraddizione."  Contraddizione tra la natura particolare della
merce-uomo in quanto prodotto e la sua natura universale in quanto
valore di scambio…la contraddizione tra le sue qualita’ naturali e le
sue qualita’ sociali universali che implicano sin dal principio che
queste sue due forme di esistenza separate non siano reciprocamente
convertibili. La scambiabilita’ della merce-uomo col denaro e’
immediatamente legata a condizioni esterne che possono verificarsi o
meno; e’ in balia di condizioni esterne, esiste al di fuori della merce
stessa come denaro…E qui sorge l’aurea di "contingenza",
"discontinuita’", "indeterminazione", "incertezza" ecc che pervade gli
scritti dei filosofi post-moderni…

"il prodotto diventa merce, ossia semplice momento dello scambio – La
merce viene trasformata in valore di scambio. Per equipararla a se
stessa in quanto valore di scambio, essa viene commutata in un segno
che la rappresenta come il valore di scambio in quanto tale. In questa
forma di valore di scambio simbolizzato essa può essere poi di
nuovo scambiata in determinati rapporti con qualsiasi altra merce. Per
il fatto che il prodotto diventa merce, e la merce valore di scambio,
il primo finisce con l’acquistare nel pensiero una duplice
esistenza. Questa duplicazione ideale comporta (e deve comportare) che
la merce nello scambio reale si presenta in duplice forma: per un
verso, come prodotto naturale, per l’altro come valore di
scambio. Ossia il suo valore di scambio acquista una esistenza
materialmente separata da essa.
La determinazione del prodotto in valore di scambio comporta dunque
necessariamente che il valore di scambio riceve una esistenza separata,
scissa dal prodotto. Il valore di scambio scisso dalle merci stesse ed
esistente esso stesso come una merce accanto ad esse — è
denaro. Tutte le proprietà della merce in quanto valore di
scambio si presentano come un oggetto diverso da essa, come una forma
di esistenza sociale in denaro, scissa dalla sua forma di esistenza
naturale."

Una massa di forme antitetiche dell’unita’ sociale…il cui carattere
antitetico non puo’ mai essere fatto esplodere mediante una quieta
metamorfosi….

Una volta emancipato dalla sua determinazione psicologica, il
simbolismo si reifica in un dato essente in se’: il simbolo diventa
simbolistico…i simboli si liberano dall’uomo empirico e vengono
intrecciati in un tappeto dove tutto e dove niente e’ simbolico,
poiche’ tutto puo’ voler dire qualsiasi cosa…il linguaggio diventa il
complesso delle proprie forme vuote, di una grammatica privata di ogni
rapporto col contenuto del linguaggio e dunque della propria funzione
di sintesi.
Non ci sono corrispondenze, ne’ referenti, ma solo interpretazioni possibili e dunque  non
vi è alcun motivo per  ficcarsi nella prospettiva postmoderna
piuttosto che nel nazionalismo, nel maschilismo, nel razzismo, nel libero mercato ecc…
Le "interpretazioni"  sono l’esistenza celeste delle "verita’" rispetto alle loro espressioni terrene.

"L’evoluzione della società elabora, insieme al simbolo,
anche il materiale ad esso sempre più corrispondente, da cui poi
cerca di nuovo di svincolarsi; un simbolo, se non è arbitrario,
richiede determinate condizioni del materiale in cui si esprime.
Così per esempio i segni linguistici hanno una loro storia, la
scrittura alfabetica ecc.). Il valore di scambio del prodotto genera
dunque, accanto al prodotto, il denaro. Come allora è
impossibile eliminare complicazioni e contraddizioni, derivanti
dall’esistenza del denaro accanto alle merci particolari,
trasformando la forma del denaro (sebbene alcune difficoltà
relative ad una forma inferiore possano essere evitate con una
superiore), altrettanto è impossibile eliminare il denaro stesso
finché il valore di scambio rimane la forma sociale dei
prodotti. Nel denaro, il valore delle cose è separato dalla loro
sostanza. Il denaro è originariamente il rappresentante di tutti
i valori; nella prassi la cosa si rovescia, e tutti i prodotti e i
lavori reali diventano i rappresentanti del denaro."

"La mutua e generale dipendenza degli individui reciprocamente
indifferenti costituisce il loro nesso sociale. Questo nesso sociale
è espresso nel valore di scambio, e solo in esso, per ogni
individuo, la propria attività o il proprio prodotto diventano
un’attività o un prodotto fine a se stessi; egli deve
produrre un prodotto generico — il valore di scambio o —
considerato questo per sé isolatamente e individualizzato,
— denaro. D’altra parte il potere che ogni individuo
esercita sulla attività degli altri o sulle ricchezze sociali,
egli lo possiede in quanto proprietario di valori di scambio, di
denaro. Il suo potere sociale, così come il suo nesso con la
società, egli lo porta con sè nella tasca.
L’attività, quale che sia la sua forma
fenomenica individuale, e il prodotto dell’attività, quale
che sia il suo carattere particolare, è il valore di scambio,
vale adire qualcosa di generico in cui ogni individualità,
proprietà è negata e cancellata."

"Il carattere sociale dell’attività, così come la
forma sociale del prodotto e la partecipazione dell’individuo
alla produzione, si presentano qui come qualcosa di estraneo e di
oggettivo di fronte agli individui; non come loro relazione reciproca,
ma come loro subordinazione a rapporti che sussistono indipendentemente
da loro e nascono dall’urto degli individui
reciprocamente indifferenti. Lo scambio generale delle attività
e dei prodotti, che è diventato condizione di vita per ogni
singolo individuo, il nesso che unisce l’uno all’altro, si
presenta ad essi stessi estraneo, indipendente, come una cosa. Nel
valore di scambio la relazione sociale tra le persone si trasforma in
rapporto sociale tra cose; la capacità personale, in una
capacità delle cose. Quanto minore è la forza sociale del
mezzo di scambio, quanto più esso è ancora legato alla
natura dei prodotto immediato del lavoro e ai bisogni immediati di
coloro che scambiano, tanto, maggiore deve essere la forza della
comunità che lega insieme gli individui."

…..Fine del lavoro? fine della produzione? fine dell’economia politica?
fine della dialettica significante/significato o forma priva di
contenuto???

Il capitale produttivo d’interesse, si presenta come denaro che genera
denaro D-D’, valore che valorizza se stesso, senza i processi che
servono da intermediari (produzione e circolazione). Il capitale, nella
forma di capitale produttivo d’interesse, appare come la fonte
misteriosa che da se stessa crea il suo accrescimento. Il capitale qui
viene concepito come un’entita’ autoriproducentesi, un semplice numero
che si automoltiplica, senza tenere in alcun conto le condizioni di
riproduzione del lavoro.

In questa forma di capitale, di valore che genera valore, di denaro che
produce denaro scompare ogni traccia degli elementi reali che
compongono le condizioni della produzione industriale. Il rapporto
sociale di produzione e’ perfezionato "come rapporto di una cosa, del
denaro, con se stessa. In luogo dell’effettiva trasformazione del
denaro in capitale non si ha qui che la sua forma priva di
contenuto.(…)Il valore d’uso del denaro consiste qui nel creare
valore, un valore più grande di quello che esso stesso contiene.
Il denaro in quanto tale è già valore che potenzialmente
si valorizza e in questa qualità viene dato a prestito,
costituendo il prestito la forma di vendita per questa merce
particolare. Precisamente come la proprietà di un pero è
di produrre pere, così la proprietà del denaro è
di creare valore, di dare dell’interesse.

Il capitale nella sua forma immediata di capitale monetario riceve la
forma pura del feticcio (capitale-feticcio) come soggetto e come cosa
vendibile. Nel capitale come capitale monetario tutti i suoi elementi
reali diventano invisibili (i capitali industriali e le loro condizioni
di produzione) e il valore di scambio, qui capitale, esiste come valore
di scambio autonomo.
(Mentre nella realta’ si sa invece che la conservazione e pertanto
anche la riproduzione del valore dei prodotti del lavoro passato sono
soltanto il risultato del loro contatto con il lavoro vivo.)

In questo scambio di apparenze, il presente viene e se ne va, come
l’aria che le persone inspirano ed espirano. Questo è il
metabolismo del capitale, della prodigalità, della festa e anche
della distruzione (che a sua volta risulta in un non-valore di
ciò che la produzione ha eretto, valorizzato).

Malgrado la loro variopinta apparenza, la produzione produce l’uomo non
soltanto come una merce, la merce umana, l’uomo in funzione di merce;
ma lo produce, corrispondentemente a questa funzione…e anche i
filosofi…

Nel capitale monetario, produttivo d’interesse, il capitalismo
realizza, la sua utopia di autonomia totale dai vincoli spaziali,
temporali, sociali ecc. L’utopia di un capitalismo senza classi e senza
lotta di classe, emancipato da ogni limite naturale o umano. Qui la
rappresentazione del capitale-feticcio, lo spettacolo che attribuisce
al lavoro morto, passato, accumulato, fissato come denaro la qualita’
segreta ed innata di produrre plusvalore in una progressione
geometrica, e’ portata a compimento. Il capitale che frutta interesse
e’ la forma puramente astratta del capitale che frutta profitto-valore
autonomizzato. Ad esso si contrappone l’intero mondo delle ricchezze
reali di cui e’ la pura astrazione-e percio’ fissato in questa forma,
e’ una pura immaginazione. La sua autonomia e’ pura parvenza…

Il capitalista realmente operante si trasforma in semplice dirigente,
amministratore di capitale altrui e i proprietri di capitale diventano
puri e semplici proprietari, capitalisti del denaro. Il capitale
diventa esso stesso una merce, la merce denaro viene venduta come
capitale. Una classe di capitalisti del denaro si contrappone ad una
classe di capitalisti dell’industria; essi costituiscono soltanto due
classi particolari, perche’ il profitto e’ in grado di diramarsi in due
divergenti categorie di reddito. Il profitto deve essere tanto elevato
che una parte se ne possa ramificare sotto forma d’interesse. Affinche
esistano queste due classi particolari deve essere gia’ presupposta la
divisione del plusvalore in profitti e interessi.

Economia politica: non basta sacrificarsi, bisogna immolarsi:

…Il suo ideale morale è l’operaio che porta alla cassa di
risparmio una parte del suo salario; e per questa sua idea prediletta
essa ha trovato persino un’arte servile. Tutto ciò è
stato portato sulla scena in forma sentimentale. L’economia politica
è quindi, nonostante il suo aspetto mondano e lussurioso, una
scienza realmente morale, la più morale di tutte le scienze. La
rinuncia a se stessi, la rinuncia alla vita e a tutti i bisogni umani,
è il suo dogma principale. Quanto meno mangi, bevi, compri
libri, vai a teatro, al ballo e all’osteria, quanto meno pensi, ami,
fai teorie, canti, dipingi, verseggi, ecc., tanto più risparmi,
tanto più grande diventa il tuo tesoro, che né i tarli
né la polvere possono consumare, il tuo capitale. Quanto meno tu
sei, quanto meno realizzi la tua vita, tanto più hai; quanto
più grande è la tua vita alienata, tanto più
accumuli del tuo essere estraniato. Tutto  ciò che
l’economista ti porta via di vita e di umanità, te lo
restituisce in denaro e ricchezza; e tutto ciò che tu non puoi,
può il tuo denaro. Esso può mangiare, bere, andare a
teatro e al ballo, se la intende con l’arte, con la cultura, con le
curiosità storiche, col potere politico, può viaggiare;
può insomma impadronirsi per te di tutto quanto; può
tutto quanto comperare: esso è il vero e proprio potere. Ma pur
essendo tutto questo, non è in grado di produrre null’altro che
se stesso, né di comprare nulla fuor che se stesso,
poiché tutto il resto è ormai suo schiavo; e se io ho il
padrone ho pure il servo, e non ho bisogno del suo servo. Cosi tutte le
passioni e tutte le attività devono andare a finire
nell’avidità di denaro. L’operaio può avere soltanto
quanto basta per voler vivere; e può voler vivere soltanto per
avere….

Noi siamo sempre in anticipo perche’ siamo stupidi.
f?:
-Karl Marx-opere 
-T. W. Adorno -dialettica negativa…
-G.E. Debord…
-H.Marcuse…

 

Questa voce รจ stata pubblicata in Generale. Contrassegna il permalink.