.Militari nelle strade, polizia nelle scuole…per tutto il resto c’e’ Mastercard

E’ buio nel paese e nell’ordine borghese…Militari nelle strade, polizia nelle scuole. Siamo un paese liberale… Lo spettacolo si fa sempre piu’ concentrato e concentrazionario. Nella crisi capitalistica l’uomo viene ridotto allo stato puro, cioe’ allo stato economico, a merce, semplice parte intercambiabile della immensa macchina sociale del profitto.

La rivoluzione elettroinformatica ha ristratificato la forza-lavoro e diviso i lavoratori tra una elite di iperqualificati e  una massa di tecno-esecutori di livello inferiore e di schiavi. Nella crisi, questo processo di riforma dello spazio gerarchico e delle relazioni sociali, mediato, reso possibile, dalle nuove tecnologie viene accellerato, liquidando ogni forma di resistenza: tralaltro, riformando la scuola e rompendo il quadro della contrattazione collettiva. L’intensificazione del Comando e dello Sfruttamento significa salari bassi, precarieta’ e repressione militare da parte di uno Stato che non vuole piu’ coprire i costi di riproduzione/formazione della forza-lavoro. I lavoratori devono essere "just-in-time", avere la flessibilita’ delle macchine e per il resto arrangiarsi (per il resto c’e’ Mastercard?!!). La scuola nello specifico viene ridisegnata come una fabbrica, un’isola fordista in un mare di accumulazione flessibile. In ogni caso la scuola e l’istruzione devono essere totalmente business-oriented. Altro che "formazione del cittadino"! sic!  
Tutto nelle politiche educative deve viaggiare sulla linea della retorica dell’efficenza, della prestazione, del servizio al mercato e alle imprese.
Allora, giu’ a "privatizzare la formazione", affossare la scuola pubblica…per intensificare le disuguaglianze sociali, sottomettere in modo definitivo e totalitario la cultura e l’istruzione agli interessi del profitto.
La pedagogia comincia gia’ a somigliare ad una nuova, si fa per dire, scienza del controllo a cui si affida il compito di individuare-isolare (per razza o reddito), perseguire, punire, ripulire i minori, la futura carne da macello da sacrificare al capitale, da qualsiasi passione di rivolta o di autonomia individuale.

Crescente polarizzazione sociale lungo linee di classe, di razza, etnia, sesso, nazionalità – intensificazione della miseria umana su scala mondiale…Ristrutturare/declassare/escludere…segmentare l’istruzione, destabilizzare il proletariato, isolare gli immigrati-potere razziale-occupare le strade con la polizia-terrore e psicopolizia…Ogni zona di vita e’ una zona di guerra.

L’economia e’  la scienza che serve ad arricchire i ricchi, a rendere piu’ potenti i potenti e per il resto c’e’ Mastercard?!: un doppio sistema di vita e d’istruzione…Una volta si chiamava, societa’ di classe.

Particelle, scaglie, schegge, pezzetti, pezzettini di parmiggiano per i poveri.
Avvisi ai naviganti del signor B:non permetteremo l’occupazione delle scuole e dell’universita’"…il diritto di studio viene garantito con i celerini.
Qualsiasi critica sara’ punita. Qualsiasi protesta contro il governo del signor B e la riforma della scuola e’ sotto la regia della "sinistra e dei centri sociali". La democrazia sara’ difesa dalle forze dell’ordine. L’unica realta’ e’ la realta’ del signor B tutto il resto e’ menzogna e disinformazione.

Anno 2008: Amore, Verita’, Bellezza? preferisco dei titoli negoziabili: Milano  e’ una citta’ spettrale, un cumulo di macerie. La borsa  e’ appena crollata e l’italia e’ sprofondata nel sogno angoscioso della fame e della morte. La gente a Milano  vive "nella tragedia" come nel suo "elemento naturale". E. K., un ragazzino di tredici anni, si conserva in vita con espedienti di ogni sorta (tra le altre cose scava fosse al cimitero ma da clandestino perche’ non ha 15 anni) ,si aggira fra le rovine in cerca di cibo per sostenere la famiglia che grava quasi per intero sulle sue spalle…Il padre di E. è costretto infermo a letto da una grave invalidità, non ha documenti e non possiede la tessera alimentare, suo fratello ha disertato durante la guerra in Afghanistan ed ora è ricercato, sua sorella si guadagna favori e regali prostituendosi con i soldati della finanza creativa. La distruzione della borsa ha generato uno spazio di vita indeterminato e privo di qualsiasi orientamento etico, la civilta’ e la cultura sono cenere, residui del passato. In questa quotidianeita’ fredda e contingente, in un groviglio di rovine che e’ un non-luogo E. incontra il suo vecchio maestro (H. E.), nazista convinto che gli fa delle proposte oscene e soprattutto lo assoggetta alla fede che nel mondo i deboli sono destinati a soccombere per garantire la sopravvivenza dei piu’ forti. Persuaso dai discorsi del suo ex-maestro E. avvelena il padre. Nella degradazione integrale che avvolge la citta’ "il maestro" ha trovato le condizioni per far rivivere le mostruose teorie che hanno catturato un intero popolo fino all’autodistruzione e all’annientamento dell’altro, attraverso un bambino smarrito che cerca un "senso" e un riferimento nel suo vagare nel cuore della disintegrazione dell’umano. Dopo aver avvelenato il padre E. torna a trovare il maestro che vigliacco rappresentante della "storia" e della "cultura" appena franata rifiuta di assumersi le sue responsabilita’ e lo respinge come "un’assassino" e un "folle". Il silenzio. E. sconvolto dal rimorso, forse dalla sua indifferenza emozionale nel momento in cui ha avvelenato il padre, non ha il coraggio di tornare a casa. Vagabonda per le strade della citta’, sente il suono di un organo uscire da una Chiesa, ma dopo averlo ascoltato se ne va. Si arrampica su un campanile pericolante da cui vede trasportare via la salma del padre. Si lancia nel vuoto.
Le parole ispirano il veleno. Si inciampa e si corre invano. Le strade sono difficili da ritrovare sotto le macerie. Il cielo e’ grigio, regna il silenzio intensificato da qualche rumore. I dischi con la registrazione dei discorsi di Hitler si vendono ancora, a dieci euro. Tutti galleggiano su un lavaggio di cervello di massa.

Dove una volta la geometria del potere aveva previsto elementi di stabilita’ e di proporzione oggi si intravvedono slittamenti di significati, immagini d’angoscia e di discredito. L’architettura traballa, i significati cedono, i punti d’appoggio crollano. Fabbriche, scuole, borse, mercati, lavoro, non-lavoro, cultura, visioni, concezioni, scene e spettacoli: si è costretti a ridefinire la normalità.

Lode al venerato maestro Milton Freidman, all’economia come religione…e agli yuppies, al tasso naturale di disoccupazione…, lode alla più grande orgia di speculazione finanziaria della storia del capitalismo, lode al giorno del "giudizio universale" quando la gente chiedera’ soldi e non scuse.

" ecco un uomo, nato da ventre di donna, ma i cui gesti, tutti, si sono piegati nel fondo di un cielo intellegibile, il firmamento dei cambi, degli sconti; cieli crudeli, incombenti su brave teste di uomini; cieli che non si piegano su di esse se non per corromperle e disseccarle come le piccole teste delle mummie indiane…non bisogna confondere un uomo libero con un barometro registratore, un dinamometro e un fonografo. Quanti mali puo’ provocare questa confusione quando non si tratta di registrare cifre, ma i pensieri della saggezza morale e le decisioni politiche. Quel che mi ha piu’ schifato dei miei fratelli e’ il fatto di vederli vivere come vermi: i vermi non capiscono nulla dell’attrazione universale, gli uomini non capiscono nulla del loro buon dio, dei propri desideri, delle proprie operazioni: tutto passa al di sopra di loro, ma essi credono di inventare cio’ che li sorvola…Ogni secondo del tempo che passano, che li passava, subiva la pressione del mercato mondiale: gli uomini la subiscono dappertutto, non subiscono altro, ma dopo tante e tali derivazioni di canali e tubature, in cui la forza di quella sembra dissiparsi come vapore, che conservano e comunicano l’illusione dell’indipendenza e perfino dell’autonomia…
Questi uomini erano i pezzi di ricambio di un meccanismo invisibile, che rallentava la domenica a causa della religione e che facevano talvolta attrito per gli accidenti periodici e violenti delle crisi economiche; tutto l’ammasso, tenuto assieme dalle viti, senza valvole, vibrava come un edificio di lamiera; in tutte le citta’ del mondo dei testimoni aspettano il giorno in cui vedranno saltar via il coperchio e schizzar fuori i volani!…

non basta aver afferrato l’essenza e i moventi di una vita inumana per essere immuni dai danni che essa ci fa. Io vivo come un’ombra fra le altre ombre e tutto trascorre con passi ovattati in mezzo alle pietre della febbre.

Tutto quello che sta in piedi attorno a me appartiene ai miei nemici. Non ho nulla, non godo di nulla. Vedo dappertutto le testimonianze di pietra della loro dominazione: chiese, sedi di governo e delle camere, accademie, commissariati, palazzi di giustizia, bordelli, ministeri. Non posso stirare le braccia, senza andare a toccare con le dita le porte di una banca, il petto di un agente, di un cavaliere della Legion d’Onore.
E se voglio far fuggire la donna che amo, quelli mi metteranno il bastone fra le ruote dell’amore. Accorrono da tutte le parti al luogo dove si faccia sentire una parola di protesta, dove si produca un tentativo di liberazione. Quando si ritirano, lasciano piazza pulita: i loro poliziotti, i loro giullari o saggi, agiscono con la sicurezza inconscia delle macchine. A che pensa un tornio verticale? A che pensa l’agente 36541? A che pensa Bergson? Capisco come si debba restare strangolati in questo paese che e’ pieno di generi, varieta’ e famiglie di Homo Oeconomicus.

L’Homo Oeconomicus e’ ora banchiere, industriale, commissario, sensale; si presenta nelle varieta’ di piccolo proprietario, di giocatore in borsa, di chi vive di rendita. Si puo’ incontrare un Homo Oeconomicus funzionario, perfino operaio. E’ un animale contento della propria economia dal profitto supplementare; benche’ ripeta con ardore delle massime come: "non si ha niente per niente", egli riceve questo profitto senza dar nulla in cambio, e tanto ci tiene, quanto piu’ quello e’ veramente gratuito.

E’ tempo di distruggere l’Homo Oeconomicus, suscettibile di ferite; quando e’ nudo, e’ vulnerabile come qualsiasi altro uomo. Ma non e’ persuadibile: non sa’ che ti schiaccia, ne’ perche’ lo fa; il capitale esige che egli schiacci, e’ come una legge divina. Il capitale gli da’ passione e sentimenti sufficienti perche’ possa fare la sua opera con convinzione: anche le passioni aumentano il profitto e il rendimento.
…hanno maschere quando si guardano negli specchi e non riconoscono la loro brutta cera dietro la cartapesta dorata…

E’ il momento di fare guerra alle cause della paura; di rimboccarsi le maniche; ci sara’ tempo per farsi dei fratell…Non esistono che due specie di umane e hanno per unico legame l’odio. Quella che schiaccia e quella che non si adatta ad essere schiacciata. Non c’e mai stato trattato di pace fra loro, non c’e’ che la guerra.

Voi siete soli: quando pranzate, quando siete a teatro, quando siete a letto con una donna, attenzione alle trappole! Gli scenari che attraversate sono proprieta’ del nemico, innalzati contro di voi; dovete distruggerli. Dal risveglio al sonno, anche sprofondati in un letto protettore come un ventre, voi vivete in mezzo a loro: fate quel che fanno le spie rinfocolando l’ira, non concedetevi respiro! Senza odio non potrete penetrare mai nei loro segreti.
Questa guerra e’ intimamente priva’ di nobilta’; in essa gli avversari non sono pari: e’ una lotta questa in cui voi disprezzate i vostri nemici, voi, che volete essere degli uomini. Resterete sempre fedeli al catechismo? Bisogna rifiutare un bicchiere d’acqua ai loro moribondi…si tratta di distruzione…

Non sia immune dall’ira alcuna delle nostre azioni…Solo l’amore e’ pur esso un atto di rivolta e per questo schiacciano l’amore. Ma se troverete che i vostri genitori e le vostre mogli sono del partito nemico, abbandonateli.
Non bisogna temere di odiare. Non bisogna vergognarsi di essere dei fanatici. Io devo loro del male; poco e’ mancato che mi perdessero. L’odio si arricchira’ dell’ira di sapere che esso e’ una diminuzione dell’Essere, una condizione che ha per madre la poverta’.
Spinoza dice che l’odio e il pentimento sono i due nemici del genere umano: ignorero’ il pentimento, vivro’ con l’odio. I doveri onorati, i magici drammi generati nei cuori, altro non sono che simboli di giochi mortiferi per gli uomini….

La Rivoluzione puo’ avere delle ragioni piu’ metodiche, ma poche ragioni piu’ persuasive di questa: per essere un uomo bisogna averne l’agio."
( da Aden Arabia, 1932- Paul Nizan)

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indymedia 2.0, uno spiccato senso di interazione unilaterale

Non meravigliatevi se scrivete su noblogs e finite per apparire su indymedia 2.0, non c’e’ nulla di strano, e’ solo uno spiccato senso di interazione unilaterale che consente questo miracolo di proliferazione psicogeografica dei propri contenuti, quali che essi siano, volenti o no. Che ci volete fare, e’ lo spirito di una nuova condivisione e democrazia sociale che si aggira in rete e per me utente poco evoluto non ci sono santi, devo interagire senza saperlo, condividere senza essere consultato, classificato, indicizzato, quadrettato e stare pure contento e gioire.
Io, adesso non mi sto chiedendo cosa sia il web 3.0 ma comunque mi devo adeguare all’effetto rete per il business, sono sicuro che e’ gia’ in via di sviluppo un software che puo’ ragionare al mio posto. Per intanto il sistema e’ abbastanza intelligente da fare a meno del mio parere.
Chiunque mette su la sua piccola fabbrichetta d’informazione mi puo’ integrare e sfruttare, qualsiasi corporate multimediale puo’ sostenere le condizioni del suo profitto monitorandomi e colonizzandomi senza consenso. Ora questo modo di fare ha i suoi credenti ovunque nella gerarchia dell’espropriazione totale, completa, integrale.

E’ in in arrivo una collaborazione, interazione, cooperazione e condivisione forzata di massa. Sono destinato a divulgare la mia vita o le mie fantasie nell’orizzonte di un voierismo patecipativo tra la terra promessa e il denaro.
Partecipative media, citizen journalism, blog, auto-editoria, social networking…css, rss…Fabbrica informazione. Nessuno puo’ pensare di cambiare il mondo con un solo clic, ad ogni modo neanche puo’ pensare di farlo procedendo con la stessa etica di chi si pretende di combattere.
Se lo sfruttamento e’ dissimulato da una piattaforma tecnologica formalmente partecipativa non necessariamente significa che essa conduca direttamente nel regno della democrazia piuttosto che dentro un architettura dello sfruttamento. L’assenza di senso storico e’ preoccupante.
Che delle imprese capitalistiche per fare soldi utilizzano alle spalle degli utenti i loro contenuti o la loro pura e semplice partecipazione (sfruttamento della produzione creativa degli utenti) e’ un dato di fatto. Che promuovano ideologie complementari sulla condivisione e l’interazione ecc. anche cio’ e’ risaputo. Il fatto incomprensibile e ambiguo e che i critici o presunti tali di questo sistema di sfruttamento adottino acriticamente gli stessi comportamenti e gli stessi metodi e in fondo le stesse strategie.

La negazione strettamente simbolica della gerarchia si combina alla perfezione con la gerarchia immutata del profitto e dello sfruttamento sociale. Dov”e la differenza?
Progetto Guttemberg e il bing-bang tecno-sociale.

 

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autonomia immaginante-2

l) Lo stabilirsi di una riflessivita’ e di una capacita’ di attivita’ deliberata richiede un’importante e relativa labilita’ degli investimenti. Questa labilita’ non va’ confusa con una qualche fluidita’ ne’ con cio’ che Freud ha definito <<sostituibilita’>> dell’oggetto della pulsione: e’ semplicemente il contrario dell a rigidita’. Ora, una certa rigidita’ degli investimenti sublimati e’ caratteristica della quasi totalita’ delle societa’ umane, e potremmo dire che e’ la migliore caratterizzazione, dal punto di vista psicoanalitico, della loro eteronomia.
L’investimento di un credente nel suo Jahveh, nel suo Cristo o Allah, di un membro del Partito nazionalsocialista nel Fuhrer o di un membro del Pcus nel Segretario generale, o di uno scienziato nel carattere ereditario dell’intelligenza (credenza che lo porta a manipolare i dati) non e’ labile. Quello di un cittadino che puo’ e vuole discutere la fondatezza di una legge a cui nel frattempo obbedisce, o quello dello scienziato critico, lo sono. Orbene, cio’ non dipende dall’essere umano singolo, e questo vale almeno in due sensi. Innanzitutto, non e’ mai il singolo che ha scritto alla sommita’ dell’edificio sociale: la legge e’ fatta da noi, anziche’: Dio ci ha dato la legge. Poi, non e’ lui che si e’ educato da solo in modo da non riconoscere nessuna autorita’ suprema che non debba render conto e ragione dei suoi atti e della sua esistenza; sono altri che l’hanno educato a questo atteggiamento, e costoro erano gia’ stati formati a questo.

altro presupposto della riflessivita’ …e’ la capacita’ effettiva di mettere in discussione, in funzione della riflessione, gli oggetti investiti finora (fossero pure, al limite, le regole del pensare) e di agire di conseguenza secondo i risultati di tale riflessione. Cio’ equivale alla capacita’ di mettere in discussione gli oggetti istituiti. Anche questa capacita’, per quanto <<soggettiva>>, dipende dal modo e dal contenuto dell’istituzione sociale di quegli oggetti.  E’ psichicamente inconcepibile il poter dire: la legge e’ ingiusta, se la legge e’ stata data da Dio e la giustizia non e’ altro che uno dei nomi-attributi di Rio (lo stesso vale per lo Zar).

m) l’autonomia non ha niente a che vedere con un <<adattamento>> qualsiasi allo stato di cose presente, ma e’ proprio il contrario, perche’ significa precisamente la capacita’ di mettere in discussione quell’ordinamento, che-fondato su una sublimazione che rispetta le significazioni istituite- sarebbe scarsamente minacciato da una esplosione di <<desideri>> per definizione inarticolati e inarticolabili, o dalla fantomatica apparizione sulla scena sociale del <<soggetto dell’inconscio>>.
E’ evidente che stiamo parlando di possibilita’ dell’essere umano.

L’individuo sociale, livello <<socialmente funzionale>> dell’essere umano, presenta certo i caratteri du <<per se’>>, e’ fabbricato dalla societa’ (attraverso la famiglia, l’educazione, il linguaggio e via dicendo) a partire dal materiale psichico, ma e’ <<separato>> dalle altre istanze psichiche mediante la barriera della rimozione. La sua estensione e’ assimilabile a quella del <<conscio>> della prima topica freudiana, ed esso e’ capace di <<pensiero>> e di <<volizione>> (nel senso dell’attivazione da parte del conscio dei meccanismi motori) entro l’orizzonte dell’istituito. Ma, in via generale (se si considera tutta l’estensione della storia e delle societa’ umane) non e’ in grado di mettere in discussione questo orizzonte; non possiede la riflessivita’ nel senso rigoroso e forte del termine – e di conseguenza, neanche la capacita’  di attivita’ deliberata come l’abbiamo definita prima-, caratteristica di cio’ che si deve chiamare soggettivita’ umana. Va’ detto che quest’ultima e’ una creazione storica relativamente recente (la rottura che la crea ha luogo nell’antica Grecia). Esa e’ dunque una virtualita’ di ogni essere umano, non certo una fatalita’. La storia recente e contemporanea mostra spaventosi esempi di massa, in cui le ultime tracce di riflessivita’ e volonta’ propria che esseri umani possono possedere sono ridotte a zero dall’istituzione sociale (politica). Proprio in quanto diventa soggettivita’, l’essere umano puo’ mettersi in discussione e considerarsi come origine, certo parziale, della sua storia passata, e anche come volonta’ di una storia avvenire di cui vuol essere coautore. Certo, lo sottolineo, il semplice <<conscio>> e’ lungi dal riuscirvi: si puo’ perfettamente concepire un conscio che resti mero spettatore, che registri solo i processi che si svolgono nella vita dell’individuo. Senza una tale soggettivita’ (senza il <<progetto>>, che pero’ e’ gia’ in via di realizzazione, di una tale soggettivita’) non soltanto ogni obiettivo di verita’ e di sapere crolla, ma scompare qualsiasi forma di etica, perche’ svanisce ogni responsabilita’.

piu’ oltre, l’unita’ piu’ o meno solida dell’individuo costruito dalla societa’, vi e’ un’unita’ presa di mira e che dobbiamo prendere di mira, quella della rappresentazione riflessa di se’ e delle attivita’ deliberate che s’intraprendono. Naturalmente unita’ qui non vuol dire in alcun modo invarianza nel corso del tempo.

il mondo accessibile della soggettivita’ umana non e’ dato una volta per tutte…l’interazione autentica con altre soggettivita’ significa qualcosa di inaudito nel mondo: il superamento dell’esteriorita’ reciproca. questo superamento della reciproca esteriorita’ e’ in gioco quando si tratta di comprendere  e di accedere alla dimensione del senso in quanto invisibile.
Se qualcuno ci dicesse che si tratta pur sempre di esteriorita’ reciproche tra esseri umani; che ci adattiamo reciprocamente come magnetofoni costruiti per questo; che mentre uno fa finta di parlare, gli altri fan finta di capire e di credere che quel che dice ha senso; che, per esempio, amare e’ voler dare quello che non si ha a qualcuno che non lo vuole, e cosi’ via – gli risponderemmo, innanzitutto e prima di tutto, che senza dubbio la nostra idea di cio’ che ha senso ci impedisce di far finta di dialogare con un magnetofono, e che dunque lo lasceremmo grachiare  nel suo cantuccio. Pero’ tra noi aggiungeremmo che questo tale non solo ripete banalita’ filosofiche che s’aveva il diritto di sperare di archiviare da venticinque secoli, ma disconosce requisiti essenziali della teoria psicoanalitica. Perche’ in questo ambito, l’idea che non c’e’ mai tra umani superamento delle reciproche esteriorita’ implica necessariamente che non potra’ mai esservi nello sviluppo dello psichismo, una vera introiezione: qualsiasi introiezione sarebbe una costruzione totalmente <<introproiettiva>> (spostare-proiettare i propri sentimenti e parti di se’ su altri soggeti o oggetti-"paranoico"), tutto cio’ che il bambino introietterebbe ( incorporare sentimenti, atteggiamenti e pensieri altrui-"empatia") sarebbe dovuto esclusivamente al bambino e la madre non c’entrerebbe affatto: si tratterebbe dunque di mera proiezione che il bambino illusoriamente reincorporerebbe. Senoche’ questa e’ solo meta’ della realta’: il bambino trasforma quel che gli si da’, o quel che trova, attribuendogli un senso, che pero’ non e’ senza relazione con il senso di cio’ che gli s’e’ dato. Non c’e bambino che non sappia fare la differenza tra uno sguardo carico di amore e uno sguardo carico di odio. Anzi, e’ proprio a questa condizione  che si impara a parlare, accettando cio’ che la significazione di una parola sia quella che gli altri  le attribuiscono.

In conclusione-ed ecco il punto piu’ difficile- qualsiasi messa in discussione delle leggi e delle condizioni della chiusura della soggettivita’ ha ancora luogo nella chiusura, nella sfera chiusa d’altre leggi e altre condizioni, per quanto enormemente allargata possa essere. Esser soggetto, ed essere soggetto autonomo, e’ ancora esser qualcuno e non tutti, qualcuno e non uno qualsiasi, qualcuno e non qualunque altra cosa. Esser soggetto e’ inoltre e soprattutto investire oggetti determinati e investire la <<propria>> identita’, la rappresentazione di se’ come soggetto autonomo.

n)  Appena ieri si celebrava la morte dell’uomo e la fine del soggetto. Secondo i gazzettini piu’ recenti, quelle notizie erano un tantino esagerate. Autentico redivivo, il soggetto sarebbe di nuovo tra di noi. I discorsi sulla morte dell’uomo e la fine del soggetto non sono mai stati altro che una copertura pseudoteorica della fuga di fronte alla responsabilita’: dello psicoanalista, del pensatore, del cittadino. Allo stesso modo, le infiammate proclamazioni di oggi sul ritorno del soggetto, cosi’ come preteso <<individualismo>>, mascherano la deriva della decomposizione in un’altra delle sue forme.

Il soggetto non sta’ tornando, semplicemente perche’ non era mai partito. E’ stato sempre qui, non certo pero’ come sostanza, ma come problema e come progetto…

S’e’ voluto scomporre il soggetto umano in due modalita’ che, pur essendogli apparentate, non ne toccano affatto l’essenziale. Per un verso, se si considera il per se’ in quanto semplice processo autocentrato e autoconservatore, ma tuttavia <<cieco>> a tutto quello che supera le dimensioni strumentali che dipendono da quelle due finalita’, dunque al limite apparentemente <<meccanizzabile>>, l’essere umano non sara’ <<soggetto>> piu’ di quanto lo e’ il sistema immunitario, che presenta, com’e’ noto, un’ipseita’ assai elevata. Si giunge cosi’ al <<processo senza soggetto>> (grande scoperta!! che cosa e’ mai una galassia se noun <<processo senza soggetto>>??) e alla linea Lèvi-Strauss/Althusser/Foucault. Oppure si pretende di riassorbire interamente il soggetto umano nella dimensione dell’individuo sociale, e in particolare nel linguaggio. Si dira’ allora che e’ perso, perduto, alienato nel linguaggio ( e negli orpelli sociali), che non parla ma che e’ parlato (o, perche’ no che non scrive ma e’ scritto) salvo poi collocare dietro di lui un <<soggetto dell’inconscio>> che in tutta evidenza s’annulla appena e’ pronunciata una parola. E’ la linea Lacan/Barthes/Derrida.

o) L’opposizione individuo/societa’, rigorosamente considerata, e’ di una fallacia totale. Lìopposicione, la polarita’ irriducibile e’ quella tra la psyche e la societa’. Qra, la psyche non e’ l’individuo: la psyche diviene individuo unicamente nella misura in cui subisce un processo socializzazione (senza il quale, del resto, ne’ essa ne’ il corpo che anima potrebbero sopravvivere un solo istante). ..

il sociale e’ tutti e nessuno, cio’ che non e’ mai assente e quasi mai presente come tale, un non-essere piu’ reale di ogni essere, cio’ in cui noi tutti siamo immersi da ogni parte ma che non possiamo mai afferrare in <<carne ed ossa>>. Il sociale e’ una dimensione indefinita, anche se ogni istante circoscritta; una struttura definita e allo stesso tempo in mutamento, oltre tutte le articolazioni, sostiene la loro unita’. E’ cio’ che si da’ come struttura-forma e contenuto indissociabili- degli insiemi umani, un che d’informe che pero’ da’ forma, un sempre piu’ e sempre anche altro. Il sociale e’ cio’ che puo’ incontrarsi solo entro e attraverso l’istituzione, ma che e’ sempre infinitamente piu’ dell’istituzione, poiche’ e’, paradossalmente, cio’ che essa forma, cio’ che ne sovradetermina costantemente il funzionamento e cio’ che, in fin dei conti, la fonda: la crea, la mantiene in esistenza, l’altera, la distrugge. Vi e’ il sociale istituito, ma esso presuppone sempre il sociale istituente: in <<tempi normali>> il sociale si manifesta nell’istituzione, ma tale manifestazione e’ a un tempo vera e in qualche modo fallace, come mostrano i momenti in cui il sociale istituente irrompe e si mette in opera a mani nude, cioe’ i momenti di rivoluzione. Ma tale opera mira immediatamente a un risultato cioe’ a darsi di nuovo un’istituzione per esistere in essa in modo visibile; e non appena questa istituzione e’ posta, il sociale istituente sfugge, si mette a distanza e’ gia’ altrove.

p) un altro in me.

L’inconscio e’ il discorso dell’Altro. L’inconscio e’ fondamentalmente il precipitato degli intenti, dei desideri, degli investimenti, delle esigenze, delle attese, insomma delle significazioni di cui l’individuo e’ stato oggetto, fin dal suo concepimento o addirittura da prima, da parte di coloro che l’hanno generato ed allevato. Ne consegue, come implicazione dell’autonomia, che il mio discorso deve prendere il posto del discorso dell’Altro, d’un discorso estraneo che e’ in me e mi domina, che parla attraverso di me. Questa delucidazione indica immediatamente la dimensione sociale del problema.
Ma qual’e’ questo discorso dell’Altro, non piu’ nelle sue origini, ma nella sua qualita’? E fino a che punto puo’ essere eliminato? La caratteristica essenziale, dal punto di vista che qui ci interessa, e’ quale rapporto intercorre tra il discorso dell’Altro e l’immaginario. Il punto e’ che, dominato da questo discorso, il soggetto si prende per qualcosa che non e’ (che in ogni caso il soggetto non e’ necessariamente per lui stesso): ne consegue che gli altri ed il mondo intero subiscono per il soggetto un travestimento corrispondente. Il soggetto non si dice, ma viene detto da qualcuno, esiste quindi come parte del mondo di un altro (certamente a sua volta travestito). Il soggetto e’ dominato da un immaginario, che viene vissuto come piu’ reale del reale, anche se non e’ saputo come tale. L’essenziale dell’eteronomia -o dell’alienazione nel senso generale del termine- alivello individuale. e’ la dominazione da parte di un immaginario autonomizzato che si arroga la funzione di definire per il soggetto tanto la realta’ quanto il suo desiderio…

L’autonomia non consiste in una <<presa di coscienza>> effettuata una volta per sempre, ma in un <<altro rapporto>> tra conscio e inconscio, tra lucidita’ e funzione immaginaria, in un altro atteggiamento del soggetto verso se stesso, in una modifica profonda del miscuglio attivita’-passivita’, del segno sotto cui essa si effettua, del posto rispettivo dei due elementi che lo compongono. …L’autonomia non e’ quindi  delucidazione senza residui ne’ eliminazione totale del discorso dell’Altro ne suo essere ignorato come tale, ma instaurazione di un altro rapporto tra il discorso dell’Altro ed il discorso del soggetto…L’autonomia non significa l’eliminazione pura e semplice del discorso dell’altro, ma la rielaborazione di questo discorso, in modo che l’altro non sia materiale indifferente ma importi per il contenuto di cio’ che dice: solo cosi’ diventa possibile un’azione inter-soggettiva non piu’ condannata a restare vana o a contrastare con la sua semplice esistenza cio’ che e’ stato presupposto come suo principio. In mancanza di cio’ non potrebbe esserci una politica della liberta’ e si sarebbe costretti a scegliere tra il silenzio e la manipolazione o ci si dovrebbe ridurre alla magra consolazione del <<dopo tutto l’altro fara’ quel che vorra’>>. E’ solo per questo in definitiva sono responsabile di quanto dico e di quanto taccio.
Infine l’autonomia, cosi’ come l’abbiamo definita, porta direttamente al problema politico e sociale. La concezione dell’autonomia che abbiamo delineata mostra che non si puo’ volere l’autonomia senza volerla per tutti e che la sua realizzazione non puo’ concepirsi appieno se non come impresa collettiva…un problema e’ un rapporto sociale.

q) L’alienazione trova le sue condizioni, oltre l’inconscio individuale e il rapporto inter-soggettivo che vi si gioca, nel mondo sociale. Oltre il <<discorso dell’altro>>, vi e’ quel che lo carica di un peso irremovibile che limita e rende quasi vana ogni autonomia individuale. E’ quel che si manifesta come massa di condizioni di privazione e di oppressione, come struttura solidificata globale materiale e istituzionale, di economia, potere e ideologia, come mistificazione, manipolazione e violenza.
Nessuna autonomia individuale puo’ superare le conseguenze di questo stato di cose, annullando gli effetti sulla nostra vita della struttura oppressiva della societa’ in cui viviamo. (l’idea di autonomia e di responsabilita’ di ognuno nei riguardi della propria vita possono facilmente diventare delle mistificazioni se li si astrae dal contesto sociale e le si considera risposte autosufficienti). L’alienazione, l’eteronomia sociale, non si manifesta semplicemente come <<discorso dell’altro>>, anche se quest’ultimo vi svolge un ruolo decisivo in quanto determinazione e contenuto dell’inconscio e del conscio della massa degli individui. Ma al suo interno l’altro scompare nell’anonimato collettivo, nell’impersonalita’ dei <<meccanismi economici del mercato>> o della <<razionalita’ del Piano>>, della legge di pochi presentata come la legge e basta. E, parallelamente, quel che rappresenta l’altro non e’ piu’ un discorso: e’ una mitragliatrice,, e un ordine di mobilitazione, una busta-paga e merci costose, una decisione di tribunale e una prigione. L’ <<altro> e’ ormai <<incarnato>> altrove rispetto all’inconscio individuale, anche se la sua presenza per delega nell’inconscio di tutti gli interessati (colui che tiene la mitragliatrice, colui per il quale e colui davanti al quale e’ tenuta) e’ condizione necessaria di questa incarnazione; ma l’inverso e’ ugualmente vero: il fatto che vi siano alcuni che maneggiano mitragliatrici e’ senza dubbio condizione del perpetuarsi dell’alienzazione.

r)  Politica: non si tratta delle elezioni comunali, e nemmeno di quelle presidenziali. La politica nel vero senso della parola, e’ la messa in discussione dell’istituzione effettiva della societa’, e’ l’attivita’ che tenta di prender di mira lucidamente l’istituzione sociale in quanto tale….Lo specifico del pensiero e’ volersi incontrare con qualcosa d’altro da se’. Lo specifico della politica e’ voler fare se stessi altro da cio’ che si e’, a partire da se stessi.

da quando esistono, le discussioni sull’uguaglianza come quelle sulla liberta’ sono ipotecate da un’ontologia antropologica, da una metafisica riguardante l’essere umano che fa di questo essere umano- dell’esemplare della specie homo sapiens- un individuo-sostanza, un individuo di diritto divino, o di diritto naturale, o di diritto razionale. Dio, Natura, Ragione- posti di volta in volta come esseri-enti supremi e paradigmatici, fungenti allo stesso tempo da essere e senso…questi fondamenti metafisici dell’uguaglianza tra umani sono in se stessi, insostenibili- e di fatto non se ne sente piu’ parlare. Non si sente piu’ dire che l’esigenza di uguaglianza o l’esigenza di liberta’ si fonda sulla volonta’ di Dio, che ci ha creato tutti uguali, oppure sul fatto che per natura siamo uguali, o che la ragione esige che…
Ed e’ assolutamente emblematico, a questo proposito, che tutte le discussioni contemporanee sui diritti dell’uomo siano segnate da un pudore, per non dire da un imbarazzo, o pusillanimita’ filosofica del tutto sfacciati.
Ma vaa agiunto che questi <<fondamenti>> filosofici o metafisici sono, o diventano nel loro impiego effettivo, piu’ che equivoci.  Per via di un qualche slittamento logico o di qualche premessa nascosta, se ne puo’ infatti far discendere tanto la difesa dell’uguaglianza che il suo esatto contrario.

Il cristianesimo, per fare un esempio, in buona teologia, non ha a che vedere se non con un’uguaglianza davanti a Dio, non con un’uguaglianza sociale o politica. E, in buona pratica storica, ha quasi dovunque accettato e giustificato le disuguaglianze terrene. L’eguale statuto metafisico di tutti gli uomini in quanto figli di Dio, promessi alla redenzione, e via di seguito, riguarda la sola faccenda considerata importante: la sorte <<eterna>> delle anime. Il che non dice niente, e non dovrebbe dir niente, sulla sorte degli umani quaggiu’, durante questa infima frazione di tempo intramondano della loro vita, che e’, come direbbe un matematico, di misura nulla dinnanzi all’eternita’…E’ strano vedere, pensatori peraltro seri, voler fare dell’uguaglianza trascendente delle enime, professata dal cristianesimo, il precursore delle idee moderne sull’uguaglianza sociale e politica. Per poterlo fare, dovremmo dimenticare, o cancellare, nel modo piu’ incredibile, dodici secoli di Bisanzio, dieci secoli di Russia, sedici secoli iberici, la santificazione della servitu’ in Europa ( e questo bel vocabolo tedesco per dire servitu’, leibeigenschft, la proprieta’ del corpo: l’anima, evidentemente e’ proprieta’ di Dio), la santificazione della schiavitu’ fuori dall’Europa, le posizioni di Lutero durante la guerra dei contadini- e non aggiungo altro…

Altrettanto equivoche sono, in questo campo, le invocazioni della <<natura>> o della <<ragione>>. E’ emblematico che il solo filosofo greco che si sia applicato a <<fondare>> la schiavitu’ (che per i greci era un semplice fatto, risultato di una disuguaglianza nella forza, e che nessuno aveva tentato di giustificare), Aristotele dico, per far questo invochi simultaneamente la <<natura>> e la <<ragione>>…

Non possiamo ricavare conseguenze politiche da questo genere di argomentazioni (metafisiche o di <<natura scientifica>>).
Apparteniamo ad una tradizione che trae le sue radici dalla volonta’ di liberta’, di autonomia individuale e collettiva- e le due cose sono inseparabili. Noi assumiamo esplicitamente e criticamente questa tradizione attraverso una scelta politica, il cui carattere non delirante e’ dimostrato dai momenti in cui, nella nostra tradizione europea, il movimento verso l’uguaglianza e la liberta’ e’ andato avanti…Questa scelta si traduce, qui, nell’affermazione seguente: vogliamo che tutti siano autonomi, cioe’ che tutti imparino a governare se stessi, individualmente e collettivamente: e nessuno puo’ sviluppare la capacita’ di governarsi se non attraverso la partecipazione, su di una base ugualitaria e in modo uguale, al governo delle cose comuni, degli affari comuni. Certo la seconda affermazione contiene un’importante componente fattuale o <<empirica>>-che tuttavia sembra difficilmente contestabile. Ogni essere umano possiede geneticamente la possibilita’ di parlare- che non serve a nulla se non impara una lingua.

Il tentativo di fondare l’uguaglianza e la liberta’, cioe’ l’autonomia umana, su di un fondamento extrasociale, e’ intrinsecamente antinomico. E’ la manifestazione stessa dell’eteronomia. Se Dio, la Natura o la Ragione hanno decretato la liberta’, come del resto la schiavitu’, allora saremo sempre sottomessi e asserviti a questo presunto decreto.
La societa’ e’ autocreazione. La sua istituzione e’ autoistituzione che fino ad oggi ha occultato se stessa. Tale auto-occultamento e’ precisamente la caratteristica fondante dell’eteronomia delle societa’. Nelle societa’ eteronome, cioe’ nella schiacciante maggioranza  delle societa’ che sono esistite fino a questo momento-pressoche’ tutte- si trova, istituzionalmente stabilita e sanzionata, la rappresentazione di una fonte dell’istituzione della societa’ che si  troverebbe fuori dalla societa’ stessa: presso gli dei, presso Dio, presso gli antenati, nelle leggi della Natura, nelle leggi della Ragione, nelle leggi della Storia. In altri termini, vi si trova, imposta agli individui, la rappresentazione che la societa’ non dipende da loro, che non possono porre loro stessi la loro legge -questo infatti vuol dire autonomia-, ma questa legge e’ gia’ data da qualcun altro.

La sola dotazioneuniversale degli esseri umani e’ la psiche in quanto immaginazione radicale. Ma questa psiche non puo’ manifestarsi, e nemmeno sussistere e sopravvivere, se non le e’ imposta la forma dell’individuo sociale. E questo individuo e’ <<dotato>> di cio’ di cui di volta in volta lo dota l’istituzione della societa’ a cui appartiene.
Per rendersene conto, e’ sufficiente riflettere a questo macroscopico dato di fatto: nella maggioranza dei casi e nella maggior parte dei tempi storici, l’individuo e’ fabbricato dalla societa’ in modo tale da portare in se stesso l’esigenza della disuguaglianza in rapporto agli altri, e non l’esigenza di uguaglianza. E questo non e’ un caso. Infatti un’istituzione della societa’ che sia istituzione della disuguaglianza corrisponde molto piu’ <<naturalmente>>-anche se qui il termine e’ del tutto fuori posto-alle esigenze del nucleo psichico originario, della monade psichica che portiamo in noi e che, quale che sia la nostra eta’, sogna sempre di essere onnipotente e al centro del mondo. Questa onnipotenza e questa centralita’ in rapporto all’universo evidentemente non sono realizzabili; ma se ne puo’ trovare un simulacro in una minipotenza e nello stare al centro di un piccolo universo. Ed e’ evidente che un correlato fondamentale delle esigenze dell’economia psichica dell’individuo e’ creato e inventato dalla societa’ proprio nella forma della gerarchia sociale e della disuguaglianza.
L’idea di una sostanziale uguaglianza politica e sociale degli individui non e’, e non puo’ essere, ne’ una tesi scientifica ne’ una tesi filosofica. E’ una significazione immaginaria sociale e, piu’ precisamente , un’idea legata ad un progetto politico, un’idea che concerne l’istituzione della societa’ come comunita’ politica. E’ essa stessa creazione storica ed e’ una creazione, se cosi’ si puo’ dire altamente improbabile. Gli europei contemporanei (esssere europeo in questo contesto non vale come caratterizzazione geografica, ma in quanto espressivo d’una determinata forma di civilta’) non si rendono conto dell’enorme improbabilita’ storica della loro esistenza. In rappoerto alla storia generale dell’umanita’, quella storia particolare, quella tradizione-la filosofia, la lotta per la democrazia, l’uguaglianza , la liberta’- sono altrettanto improbabili dell’esistenza della vita sulla terra in rapporto ai sistemi stellari che ci sono nell’universo….

L’esigenza di uguaglianza e’ una creazione della nostra storia, di quel segmento della storia alla quale apparteniamo. E’ un fatto storico, o meglio un meta-fatto che nasce in questa storia e che, a partire da li’, tende a trasformare la storia, compresa la storia degli altri <<popoli>>. E’ assurdo volerla <<fondare>>, in una qualunque eccezione possibile di questo termine, poiche’ e’ questa storia che ci fonda in quanto uomini europei..

Come le idee-le significazioni immaginarie sociali- di liberta’ e di giustizia, l’idea di uguaglianza anima da secoli le lotte sociali e politiche dei paesi europei (nel senso largo che ho appena indicato) e il loro processo di autotrasformazione. Il culmine di questo processo e’ il progetto di instaurazione di una societa’ autonoma: cioe’, d’una societa’ che sia capace di autoistituirsi, dunque di mettere in discussione le istituzioni gia’ date, la rappresentazione del mondo gia’ stabilita; il che significa: d’una societa’ che, pur vivendo sotto delle leggi e sapendo che non puo’ vivere senza legge, non si faccia serva delle sue leggi; d’una societa’, dunque, in cui la domanda: qual’e’ la legge giusta? resti sempre effetivamente aperta. Una tale societa’ e’ inconcepibile senza individui autonomi, e viceversa. E’ una falsita’ grossolana il contrapporre qui, ancora una volta, societa’ e individuo, autonomia dell’individuo e autonomia sociale, perche’, quando diciamo individuo, parliamo di un versante dell’istituzione sociale, e quando parliamo d’istituzione sociale, parliamo di qualcosa di cui l’effettivo portatore, efficace e concreto, e’ la collettivita’ degli individui.
Non ci possono essere individui liberi in una societa’ serva. Ci possono forse essere dei filosofi che riflettono al caldo di una stufa; ma l’esistenza di questi filosofi in quello spazio storico e’ stata resa possibile, perche’ ci sono state prima di loro, delle colletivita’ autonome che hanno creato, insieme , la filosofia e la democrazia.

L’autonomia degli individui, la loro liberta’ (che implica, beninteso, la loro capacita’ di rimettere in discussione se stessi) ha anche e soprattutto quale contenuto l’eguale partecipazione di tutti al potere, senza di che evidentemente non c’e’ liberta’, come non c’e’ liberta’ senza uguaglianza. Come potrei essere libero se altri da me prendessero decisioni relative a quel che mi riguarda escludendomi dal potervi partecipare?  E’ necessario affermare con forza, contro i luoghi comuni di una certa tradizione liberale, che c’e’ non antinomia ma implicazione reciproca tra le esigenze della liberta’ e dell’uguaglianza. Questi luoghi comuni che continuano ad aver corso, possono acquisire un’apparente e ingannevole pertinenza solo a partire da una concezione degradata della liberta’, come liberta’ ristretta, difensiva, passiva. Secondo questa concezione, si tratta semplicemente di difendere l’individuo contro il potere: il che presuppone che sia gia’ accettata l’alienazione o l’eteronomia politica, che ci si rassegni dinnanzi all’esistenza di una sfera statuale separata dalla collettivita’, infine che si sia gia’ aderito ad una visionedel potere (o anche della societa’) come <<male necessario>>.
Questa prospettiva, oltre ad esser falsa, rappresenta una degradazione etica mortificante.

Un’altra mostruosa fallacia circola al giorno d’oggi. Si pretende di mostrare che la liberta’ e l’uguaglianza sono perfettamente separabili, e addirittura antinomiche, e s’invoca l’esempio della Russia, dei paesi detti, per antifrasi, socialisti.
Si sente dire: vedete bene come l’uguaglianza totale e’ incompatibile con la liberta’ e va di pari passo con l’asservimento. Come se ci fosse una qualunque forma di uguaglianza in un regime come quello della Russia! Come se in quel regime non ci fosse una frazione della popolazione che viene privilegiata in ogni modo, che gestisce la produzione, che, soprattutto, ha nelle sue mani la direzione del Partito, dello Stato, dell’Esercito e cosi’ via!

E’ vano volere una societa’ demoratica se la possibilita’ di uguale partecipazione al potere politico non e’ trattata dalla collettivita’ come un compito la cui realizzazione la riguarda. ..

Con tutta evidenza, la questione di sapere che cosa implica e esige di volta in volta l’uguale partecipazione di tutti al potere resta aperta. Lungi dall’esser sorprendente, questa e’ l’essenza stessa di cio’ che e’ davvero dibattito e lotta politica. Infatti come la giustizia, come la liberta’, come l’autonomia sociale e indivduale, l’uguaglianza non e’ una risposta o una soluzione che si possa dare una volta per tutte al problema dell’istituzione della societa’. E’ una significazione-un’idea, un valore- che fa nascere questioni e che percio’ non e’ affatto scontata.

s) E’ inutile ricordare l’ipocrisia che regna in questo campo quando si dichiara che tutte le nazioni sono uguali.
Ipocrisia dal punto di vista del bruto e brutale rapporto di forza, delle possibilita’ che certe nazioni hanno di imporre la loro volonta’ ad altre; ma ipocrisia anche nel fuggire di fronte ad un problema assai piu’ sostanziale, assai piu’ difficile dal punto di vista delle idee, del pensiero. Intendo il problema della della necessita’ e dell’impossibilita’ di conciliare quello che scaturisce dalla nostra esigenza di uguaglianza, cioe’ l’affermazione che tutte le culture umane sono, da un certo punto di vista equivalenti; e la constatazione che, da un altro punto di vista, non lo sono affatto, visto che un gran numero di esse negano attivamente ( e in ogni caso nei fatti) tanto l’uguaglianza tra individui che l’idea di equivalenza di culture differenti.
In sostanza, si tratta di un paradosso analogo a quello con cui ci fa scontrare l’esistenza di  partiti totalitari in regimi piu’ o meno democratici. Qui il paradosso consiste nella nostra affermazione che tutte le culture hanno uguali diritti: affermazione relativa anche a culture che non ammettono che tutte le culture abbiano uguali diritti e che invece si attribuiscono il diritto di imporre il proprio <<diritto>> agli altri. C’e’ paradosso nell’affermare, per esempio, che il punto di vista dell’Islam vale quanto qualsiasi altro-mentre proprio questo punto di vista dell’Islam sta’ nell’affermare che solo il punto di vista dell’islam ha valore. E noi facciamo altrettanto: affermiamo che solo il nostro punto di vista, secondo cui c’e’ equivalenza fra culture, ha valore- negando con cio’ ila valore del punto di vista, eventualmente <<imperialista>>, di questa o quella diversa cultura.

Esiste, dunque, questa paradossale singolarita’ ddella cultura e della tradizione europee (ancora una volta non in senso geografico), che consiste nell’affermare un’equivalenza di diritto di tutte le culture, mentre le altre culture rifiutano questa equivalenza, e la stessa cultura europea la rifiuta in un certo senso, per il fatto stesso che e’ la sola ad affermarla.
E questo paradosso non e’ semplicemente teorico o filosofico. Esso pone un problema politico di prima grandezza, visto che esistono, e in sovrabbondanza, societa’, regimi, Stati che violano constantemente, sistematicamente e macroscopicamente i principi che noi consideriamo costitutivi di una societa’ umana. Sara’ necessario considerare considerare l’escissione e l’infibulazione delle donne, la mutilazione dei ladri, le torture poliziesche, i campi di concentramento e gli internamenti politici <<psichiatrici>> come particolarita’ etnografiche interessanti delle societa’ che le praticano?
E’ evidente che, come diceva Robespierre, << i popoli non amano i missionari armati>>; e’ evidente che la risposta a questo genere di questioni non puo’ essere data con la forza .; ma e’ anche evidente che simili questioni, sul piano internazionale e mondiale, non soltanto sussistono, ma acquistano attualmente un grado d’importanza che rischia di farsi critico.

A tutte queste questioni dobbiamo, di volta in volta, dare una risposta che non ha e non puo’ avere un fondamento scientifico, una risposta che sia fondata sulla nostra opinione, sulla nostra doxa, sulla nostra volonta’, sulla nostra responsabilita’ politica. E a tale responsabilita’, qualsiasi cosa noi si faccia, tutti egualmente partecipiamo. L’esigenza di uguaglianza implica anche un’uguaglianza delle nostre responsabilita’  nella formazione della nostra vita collettiva. L’esigenza di uguaglianza subirebbe una radicale perversione se riguardasse solo dei <<diritti>> passivi.
Il suo senso e’ anche e’ soprattutto quello di un’attivita’, di una partecipazione, di una responsabilita’ uguali.

da:
1) lo stato del soggetto oggi, 1986-Cornelius Castoriadi
2) il progetto dell’autonomia- C. Castoriadis
3) natura e valore dell’uguaglianza, 1982-C. Castoriadis

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autonomia immaginante-1

a) il vivente-il per se’ archetipico

"Essere per se’" significa essere fine di se stesso:  "che cio’ si manifesti come per se’ del singolo essere vivente particolare -pulsione di conservazione- o come per se’ della specie -pulsione di riproduzione- importa poco: in ogni caso c’e autofinalita’. L’autofinalita’ e’ sempre accompagnata dall’insorgenza di un mondo proprio."

Che significa "mondo proprio"? Che necessariamente ogni volta (almeno dal livello della cellula in poi) c’e presentazione, rappresentazione e messa in relazione di quel che e’ rappresentato:
<<C’e>> qualcosa <<all’esterno>>, c’e X. Ma X non e’ informazione. X informa soltanto del fatto che <<c’e>>.
E’ semplice urto…Appena se ne dice di piu’, si fanno entrare in gioco determinazioni <<soggettive>>. Anche la determinazione limite (vuota) <<c’e>> non si sottrae alla domanda: c’e per chi?
La natura in se’ non ha <<informazioni>> che attendono di essere raccolte. X diventa qualcosa solo in quanto viene formato (in-formato) dal per se’: cellula, sistema immunitario, cane, essere umano, e cosi’ via.. L’informazione e’ creata da un << soggetto>> e, con tutta evidenza, a suo modo.

L’informazione cosi’ creata non puo’ mai essere <<puntuale>>: gli <<elementi>> o i bits di informazione sono delle astrazioni del teorico. (<<astratto>> e’ cio’ che e’ isolato, il singolo momento individuato nello spazio e nel tempo in antitesi al "tutto", a cio’ che e’ cresciuto insieme). Un’informazione effettiva e’ sempre una <<presentazione>>- sempre una <<messa in immagine>> e un’immagine non puo’ mai essere un atomo, ma sempre gia’ anche una <<messa in relazione>>:
cioe’ comporta indissolubilmente un numero indeterminato di <<elementi>> e il loro modo di <<coappartenenza>>.
Possiamo chiamare questa funzione del vivente funzione cognitiva a condizione di capire che unisce indissolubilmente le due dimensioni: <<il rappresentare con immagine>> e <<il legare insieme>>: la <<messa in scena>> che contiene gia’ il senso e la <<messa in senso>> non puo’ fare a meno di una <<presentificazione>> di tale senso, la quale esige una <<scena>>.

b) Messa in immagine e messa in relazione obbediscono ogni volta e fino ad un certo grado a delle <<regole>>: devono presentare una certa <<regolarita’>>, senza di che il vivente non potrebbe semplicemente sopravvivere. Queste <<regole>> devono almeno parzialmente essere assoggettate all’autofinalita’ del vivente, per esempio alle necessita’ della conservazione:
Ne discende la conseguenza per il per se’ vivente che quel che viene presentato dev’esser <<valutato>> in un modo o in un altro, positivamente o negativamente, il che significa che deve essere <<investito>> da un <<valore>> (buono o cattivo, alimento o veleno, ecc.), divenendo cosi’ supporto o correlato di un <<affetto>>, positivo o negativo al limite neutro.
Questa <<valutazione>> o <<affetto>> guida <<l’intenzione>> o il <<desiderio>> che porta, eventualmente, ad una azione corrispondente (di avvicinamento o allontanamento).

c) Se una qualsiasi entita’ deve conservare se stessa cosi’ com’e (conservarsi numericamente: questo cane o genericamente: i cani), deve anche agire e reagire in un ambiente, valutando positivamente quello che favorisce la propria conservazione e negativamente quello che l’ostacola: e per far cio’ deve avere consapevolezza, be aware of…di questo ambiente, fosse pure nel senso piu’ vago. Perche’ parti o elementi di quell’ambiente esistano per tale entita’, e’ necessario che siano presenti per essa e dunque rappresentati da essa. Tale rappresentazione non puo’ essere ne’ <<oggettiva>> ne’ <<trasparente>>: si tratterebbe di contraddizioni in termini. Non puo’ essere <<oggettiva>> perche’ e’ rappresentazione fatta da e per <<qualcuno>>, dunque necessariamente perlomeno <<adattata>> alle sue finalita’; ne’ puo’ essere <<trasparente>>, perche’ la maniera d’essere di questo <<qualcuno>> e’ parte integrante della costituzione della rappresentazione.
…questa presentazione-rappresentazione non puo’ che essere altamente <<selettiva>>. Quel che di volta in volta viene <<percepito>> tralascia ed esclude una massa infinitamente piu’ rilevante di <<non  percepito>> d’ogni ordine: la <<selezione>> non e’ soltanto qualitativa, ma necessariamente anche qualitativa. Strati di cio’ che e’ potranno essere <<colti-costruiti>>, altri non lo potranno, sempre in virtu’ della natura di quel che e’ e grazie alle condizioni del dispositivo presentivo-rappresentativo del vivente, il quale e’ necessariamente determinato.

Determinato vuol dire allo stesso modo, <<limitato>> o, se si vuole, specifico(- ecco perche’ anche il Dio onniscente dei teologi razionali e’ un’idea irrazionale: egli dovrebbe <<percepire>> a tutti i livelli possibili di fenomenalita’ tutto cio’ che potra’ mai esser dato a tutti i sensoria interni ed esterni: non gli basterebbe certo <<pensare>>, in quanto non si puo’ attraverso il <<pensiero>> ricostruire il dolore specifico di chi ha appena subito quella tale operazione o perso la persona amata.)

Questa <<selettivita’>> specifica e’ anche palesemente correlativa alle mete del per se’ che e’, di volta in volta, questo vivente specifico e dipendono gia’ dal suo essere determinato. L’obiettivo della conservazione di un albero non porta alla stessa selezione nell’ambiente cui conduce l’intento di riproduzione sessuale di un mammifero.
Ogni volta e’ selezionato qualcosa di differente, ed e’ trasformato ogni volta in modo diverso per essere presentato-rappresentato. Il che porta a dispositivi di <<percezione-elaborazione>> differenti…il vivente non crea in una liberta’ assoluta il suo sistema di <<appropriazione>>, <<elaborazione>>, <<interpretazione>> degli elementi dell’ambiente. Ma per cio’ che attiene all’essenziale, ogni per se’ vivente costruisce, anzi meglio: crea il suo <<mondo proprio>>. In tutta evidenza la costruzione-creazione di questo <<mondo>> s’appoggia ogni volta su un certo esser cosi’ di cio’ che e’.

c) Il vivente esiste di volta in volta esntro e attraverso una chiusura. In un certo senso, il vivente e’ una sfera chiusa. Non possiamo entrare nel vivente, possiamo scontrarci con esso, imporgli dei colpi, ma in nessun modo entriamo al suo interno: qualsiasi cosa noi si faccia, quello reagira’  a suo modo…non si puo’ entrare all’interno di qualcuno, anzi non ci si entra affatto…in quanto "metaosservatori" che possono osservare, insieme, il vivente e quello che accade fuori dal viventee che costatano che un elemento X del nostro mondo scatena, in quel tal vivente, un elemento X1 del nostro mondo che noi definiamo <<reazione Y>> del vivente. Siamo allora portati a dire, se non facciamo abbastanza attenzione, che per il vivente in questione l’elemento X fornisce l’informazione Y. Il che e’ un terribile abuso del modo di parlare.
Cio’ che, <<in se’>>, corrisponde ad X non e’ un’informazione e non fornisce informazione: tutto cio’ che possiamo dire e’ che crea un urto-anstoss che mette in moto la capacita’ formante (immaginifico-immaginativa, presentificante, collegante) del vivente. Soltanto dopo questa enorme elaborazione l’indescrivibile che corrisponde ad X diventa <<informazione>>…

Quando si arriva all’essenziale non si puo’ pensare il vivente se non dall’interno. Certo le spiegazioni <<scientifiche >> causali sono nella maggioranza dei casi ineliminabili e decisive, ma alla fine manca sempre qualcosa: tutte le concatenazioni che si descrivono scientificamente quali pure esteriorita’, la loro coesistenza e il loro intreccio, non diventano intellegibili se non in quanto assoggettate a questa finalita’ che non porta da nessuna aprte, a questo essere senza ragion d’essere, a questo vivente determinato. Il che e’ vero del singolo essere particolare ed e’ vero della specie, sicche’ questo punto ritorna in maniera quasi comica nei testi dei neodarwiniati: una volta stabilito il postulato meccanicistico-aleatorio, tutte le descrizioni vengono fatte in termini finalistici, fino a ragionare come se le specie si fossero evolute per adattarsi all’ambiente, come se una certa strategia d’adattamento fosse fallita e un’altra avesse avuto successo, e cosi’ di seguito ( non s’e mai sentito dire che una galassia abbia fallito in questa o quell’altra attivita’).

d) Supremo paradosso. Chiusura e interiorita’ vanno di pari passo con una certa universalita’ e partecipazione. Non c’e una cellula sola, ce n’e’ un numero incalcolabile. Non c’e un solo platano, ci sono i platani- e il platano non potrebbe esistere se non ci fossero i platani. Ma alla chiusura e all’interiorita’ non si contrappone soltanto un’universalita’ generica. Ciascuna entita’ singola partecipa ed e’ integrata a entita’ di altri livelli, oppure e’ a sua volta formata dall’integrazione di quelle entita’. Un platano non puo’ esistere senza foresta, una foresta non puo’ esistere senza uccelli, ne’ questi senza vermi, e via dicendo.

e) Il <<per se’>> e’ la specificita’ dello psichico nei confronti del vivente. Aristotele, com’e’ nto, attribuiva un’anima-psiche- agli animali e ai vegetali, da un lato, e agli dei dall’altro. Si tratta di cio’ che abbiamo definito il <<per se’>>.  Quel che interessa qui e lo psichismo umano e le sue specificita’. Specificita’ in rapporto a che cosa? in riferimento, a quello che sappiamo o crediamo di sapere degli animali <<superiori>>…Che cosa possiamo dire, che cosa possiamo supporre sulle differenze tra lo <<psichismo>> delle echidne ( I Tachiglossidi, comunemente chiamati echidne o "formichieri spinosi", rappresentano una famiglia di mammiferi ovipari inclusi, assieme agli Ornitorinchidi, nell’ordine dei Monotremi.) e lo psichismo umano?
E’ evidente che la specificita’ non sta’ nella sessualita’  come tale. La specificita’ umana non e’ la sessualita’, ma la <<distorsione della sessualita’>>, che e’ tutt’altra cosa. Questa specificita’ e’ innanzitutto trasversale o orizzontale: con questo intendo dire che le sue caratteristiche valgono per tutte le <<istanze>>  psichiche.

La prima di queste caratteristiche e’ la <<de-funzionalizzazione>> dei processi psichici relativamente al loro sostrato, cioe’ alla componente biologica dell’essere umano. Basta riflettere un poco per vedere che questa <<de-funzionalizzazione>> vale ugualmente per l’Io freudiano, che si suppone assicuri i rapporti dell’essere umano con la realta’: nella maggior parte dei casi di suicidio, occorre che l’Io cooperi attivamente. Certo, si puo’ vedere in questa de-funzionalizzazione la condizione per una funzionalita’ di un’altro ordine: le <<istanza>> psichiche, prese ciascuna in se’, e la psiche come un tutto sono non funzionali biologicamente per essere <<funzionali>> da un altro punto di vista, il loro: per esempio, nella <<funzionalita’>> della conservazione di una <<immagine di se’>> puo’ accadere, al limite, che ci si uccida. Ma, come segnala proprio questo esempio, impiegare il termine <<funzionalita’>> sarebbe qui un abuso. Ogni istanza lavora a conservare il suo mondo, di cui e’ parte essenziale la sua immagine dell’essere considerato.
Che, in generale, la conservazione di questa immagine valga piu’ di quella <<dell’essere reale>> e’ solo una conseguenza del secondo tratto trasversale dello psichismo umano: il dominio del piacere rappresentativo sul piacere d’organo…
Da qui discende quella che Freud aveva chiamato l’onnipotenza magica del pensiero che, piu’ correttamente, si dovrebbe chiamare l’onnipotenza reale del pensiero inconscio Reale perche’ per l’inconscio il problema non e’ di trasformare la <<realta’ esterna>> (di cui non ha alcuna conoscenza), ma di trasformare la rappresentazione per renderla piacevole. Orbene, una siffatta rappresentazione e’ sempre possibile; se e quando non viene formata, e’ che un’altra istanza psichica vi s’oppone (vedi- "Come farsi un corpo senza organi"-Deleauze-Guattari).

…terza caratteristica fondamentale dello psichismo umano e’ <<l’autonomizzazione dell’immaginazione>>: si tratta beninteso << dell’immaginazione radicale>>, non della capacita’ di vedere <<immagini> (o di vedersi in uno specchio), ma della capacita’ di porre cio’ che non e’, di vedere in qualcosa cio’ che in essa non c’e.
A rigore il <<rappresentare con immagine>> deve essere supposto ovunque vi sia per se’, dunque innanzitutto nel vivente in generale.  Il vivente fa essere una immagine (una <<percezione>>) la dove c’e’ una X (e anche laddove non c’e’ nulla: ombra). Ma lo fa una volta per tutte, sempre <<nello stesso modo>>, e lo fa assoggettandosi alla funzionalita’.
Per lo psichismo umano, c’e’ un flusso rappresentativo illimitato e incontrollabile, spontaneita’ rappresentativa che non e’ asservita ad un fine determinabile, rottura della corrispondenza rigida tra l’immagine e la  X alla quale si riferisce o rottura della conseguenzialita’ rigida delle immagini tra esse.
Evidentemente proprio su queste proprieta’ dell’immaginazione radicale s’appoggia psichicamente la capacita’ linguistica dell’essere umano: che presuppone la facolta’ del del quid pro quo, del vedere qualcosa la’ dove c’e’ altro, per esempio il poter <<vedere>> un cane nei quattro fonemi o nelle quattro lettere di questa parola, ma anche di non vedervi sempre la stessa cosa, dunque di poter comprendere l’espressione: <<che tempo cane>> e ancora di poter vedere un cane in dog se si conosce l’inglese.

f) La specificita’ dello psichismo umano sta, per altro verso, nella sua diemnsione verticale, cioe’ nella sua <<stratificazione>>…; abbiamo sempre a che fare con una psiche caratterizzata dalla molteplicita’ delle sue <<istanze>>, il che e’ ben diverso dal dispiegamento funzionale teso ad ottenere una migliore divisione del lavoro.
Un animale non e’ <<stratificato>> nel senso forte del termine: non ha storia psichica ne’ conflitti intrapsichici. Ma nell’essere umano i conflitti intrapsichici sono conflitti di <<istanze>>, e la stessa istanza di queste istanze, al pari della loro concrezione ogni volta particolare, e’ il risultato di una <<storia>>. Che in questa storia e a causa sua si costituiscono istanze (o processi), i quali poi non risultano <<superati>> o <<integrati armoniosamente>>, ma  persistono in una totalita’ contraddittoria e anche incoerente, ecco quel che differenzia radicalmente l’evoluzione temporale dello psichismo umano da qualsiasi <<processo di apprendimento>>…In questa storia, le tappe successive non annullano quelle precedenti ma coesistono secondo tutte le modalita’ concepibili creando cosi’ il ventaglio dei <<tipi>> umani…
Per ogni <<istanza>> vi sono <<oggetti>> nuovi e specifici, valutazioni e affetti specifici, appetizioni specifiche…
Ogni volta si dispiega un modo del rappresentare, un modo del desiderare, un modo di provare affetto…C’e dunque anche una conservazione della chiusura di ciscuna delle istanze, come per il vivente: ognuna conosce il suo mondo e non vuole saperne di nient’altro; ognuna persegue i suoi scopi e si oppone a tutti gli altri scopi….
Questa strana pluralita’ della psiche non e’ un sistema, ma quel che si definisce un magma, un modo di coesistenza sui generis, caratterizzato da una <<organizzazione>> che contiene frammenti di molteplici organizzazioni logiche ma non e’ riducibile ad un’organizzazione logica.

g) L’individuo sociale.
Ho appena evocato il processo di socializzazione, il che ci porta alla terza ragione del per se’, quella dell’individuo sociale. In psicoanalisi non si ama questo termine ne’ quello di socializzazione e davvero non so perche’. Si parla continuamente della madre. Ma che cos’e  la madre, se non qualcuno che parla? Anche se e’ sordomuta. parla. E se parla, puo’ farlo unicamente perche’ e’ un individuo sociale e parla la lingua di questa o quella societa’, portatrice delle stratificazioni immaginarie specifiche di quella societa’. Per il neonato la madre e’ la prima, e suprema rappresentante della societa’.
E poiche’ quella societa’, quale che sia, partecipa in un’infinita’ di maniere alla storia umana, la madre e’ per il neonato la portavoce attiva ed efficace di migliaia di generazioni passate. Questo processo di socializzazione, che incomincia il primo giorno di vita- senon prima- e finisce solo con la morte. benche’ consideriamo decisive le sue primissime tappe…culmina nell’individuo sociale, cioe’ un’entita’ che parla, che ha un’identita’ e uno status sociale, che si conforma piu’ o meno a certe regole, persegue certi fini, accettta certi valori, agisce secondo motivazioni e condotte abbastanza stabili, da rendere il suo comportamento il piu’ delle volte prevedibile quanto basta agli altri individui. (l’insieme di questo processo trova la propria condizione nella capacita’ psichica di sublimazione…)

Il risultato del processo e’ un individuo che il piu’ delle volte funziona in modo adeguato per lui stesso e, soprattutto, dal punto di vista della societa’. <<Tutti sono sempre adeguati a questo mondo, in esso non si sente mai la mancanza di nessuno>>. Questa e’ la societa’ che uno sia Alessandro Magno, Landru, de Gaulle, Jack lo Squartatore, Marilyn Monroe, una ragazza di rue Sain-Denis, che uno sia autistico, disabile, geniale, santo, o criminale, ci sara’ sempre un posto per lui o per lei nella societa’, le sara’ sempre adeguato. Ma tre minuti (anzi tre millesimi di secondo) dopo la sua scomparsa, la superficie dell’acqua si ricompone, il buco non c’e piu’, la societa’ continua, in essa non si sente la mancanza di nessuno. Da questo punto di vista- dal punto di vista della societa’- la socializzazione funziona sempre. I fiaschi hanno luogo dal lato della <<persona>>: ma questa e” un’altra storia.

Con l’individuo sociale riemerge daccapo la domanda che ponevo all’inizio: qual e’ l’unita’ dell’essere umano singolo?
Tuttavia con l’individuo sociale emerge anche una prima risposta. Questa unita’/identita’ dell’individuo e’ l’unita’/identita’ della sua definizione sociale singola, compreso, evidentemente, il suo nome: X figlio di Y e Z, che abita a V, di mestiere M, eta’ T, sposato…Questa unita’/identita’ e’ prima di tutto unita’/identita’ di reperimento; ma e’ soprattutto <<unita’ di attribuzione/imputazione>>, senza di cui non esiste funzionamento possibile della societa’ ( chi ha fatto o detto questo? a chi bisogna dare quello?). Questa unita’ in quanto tale sembra (e, in effetti, in gran parte lo e?) un artefatto sociale, unita’ che ricopre una pluralita’, unita’ che nasconde le contraddizioni della psiche.

h) il soggetto umano.
Nella psicoanalisi incontriamo delle <<istanze>> che in prima approssimazione possono rivendicare il titolo di <<soggetto>>, e cioe’ il conscio (che comprende il preconscio) o l’Io (Ich) cosciente … Notiamo ch einogni caso questo conscio o Io cosciente e’, in massimo grado, il coprodotto di fattori irriducibili l’uno all’altro e nello stesso tempo indissociabili l’uno dall’altro; da un lato la psiche e, piu’ in particolare, l’insorgenza delle diverse istanze psichiche ( nella serie delle quali si trova il conscio); dall’altra, il sociale, che agisce come madre, famiglia, linguaggio, ogetti, gruppo, ecc.
A mio avviso, il conscio freudiano puo’ rivendicare il titolo di <<soggetto>>, ma soltanto in prima approssimazione….
Il conscio puo’ essere facilmente confuso con il semplice <<ragionamento logico>> o anche con il <<calcolo>>, che non comprende affatto il momento della riflessivita’…il conscio di Freud, appare essenzialmente come un apparato che, attraverso il calcolo, cerca di elaborare compromessi tra istanze inconsce per cavarsela con il minimo di contrarieta’.
…l’attivita’ calcolante e raziocinante e’ propria della coscienza vigile, ma esiste dappertutto nella sfera psichica e , possiamo aggiungere oggi, ovunque vi sia il per se’, certo ovunque vi sia il vivente. Non possiamo non attribuire un attivita’ raziocinante e calcolante a qualsiasi entita’ vivente, quale ne sia l’ordine e la complessita’. Non possiamo nemmeno evitare di attribuire un altro tratto decisivo implicato dall’autofinalita’: l’autoriferimento. In questa prospettiva <<sapere di sapere>> resta insufficiente a caratterizzare il soggetto umano, e piu’ esattamente quella possibilita’ del soggetto umano che e’ la <<riflessivita’>>…Piu’ in generale, se un sistema qualunque e’ dotato della proprieta’ dell’autofinalita’, di necessita’ vi e’ implicato l’autoriferimento: il sistema deve conservare (o raggiungere) lo stato desiderato, e per questo deve riferirsi <<attivamente>> a se stesso. Il che comporta che, in un modo o nell’altro, il sistema debba contenere una qualche <<conoscenza>> del proprio stato. Il conscio umano e’ evidentemente dotato di autoriferimento, il che implica, sia pure solo in  maniera debole, il sapere di sapere…Ma questo puo’ essere -ed effettivamente e’, il piu’ delle volte- un semplice accompagnamento: il segnale verde indica che il circuito degli <<indicatori di stato>> funziona bene.
 Nella riflessivita’ ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso: la possibilita’ che l’attivita’ propria del soggetto divenga <<oggetto>>; l’esplicitazione di se’ come un oggetto non oggettivo, o come soggetto semplicemente per posizione e non per natura. E nella misura in cui uno puo’ diventare per se stesso un oggetto per posizione e non per natura, diventa possibile l’altro. Ho parlato di <<accompagnamento>> a proposito del semplice conscio; ma la riflessione implica la possibilita’ della scissione e dell’opposizione interna-gia’ Platone parlava di dialogo dell’anima con se stessa: e un dialogo presuppone due punti vista possibili-, dunque anche la possibilita’ della messa in discussione di se stessi.
Il semplice pensiero inconscio di Freud che non conosce ne’ obiezioni ne’ interrogazioni, al massimo ostacoli, funziona secondo regole date; quando s’imbatte in qualcosa d’impossibile, s’inceppa o si blocca…

Il semplice conscio non e’ cieco su quel che fa, ma in genere e’ piu’ che cieco sul perche’ lo fa: e cosi’ pensa qualcosa, ma non si domanda perche’ pensa questo anziche’ il contrario o qualcos’altro. Ora tanto la storia che la psicoanalisi ci mostrano come la possibilita’ di questo interrogarsi -di la’ da quanto autorizzato di volta in volta dal sistema in vigore-, possibilita’ che dobbiamo postulare dovunque negli umani, non s’e’ realizzata che molto di rado nelle diverse societa’ storiche o nei diversi individui della nostra societa’. E’ attraverso una creazione storica che tale possibilita’ si trasforma in effettiva: ion questo senso c’e’ vera autocreazione della soggettivita’ umana come riflessivita’.

La condizione assoluta di possibilita’ della riflessivita’ e’ l’immaginazione (o fantasmatizzazione). Proprio perche’ l’essere umano e’ immaginazione-immaginazione non funzionale- puo’ porre come <<entita’>> qualcosa che non lo e’. La sua immaginazione puo’ riflettere, proprio perche’ e’ sbrigliata, altrimenti si limiterebbe a calcolare e a <<ragionare>>. La riflessivita’ presuppone che l’immaginazione abbia la capacita’ di porre come esente cio’ che non e’, di vedere Y in X e, in modo particolare, di veder doppio, di vedersi doppio, di vedere se’ pur vedendosi come altro. Io mi rappresento, e mi rappresento come attivita’ rappresentativa, oppure, per cosi’ dire, mi agisco come attivita’ agente. Naturalmente anche qui esiste la possibilita’ dell'<<illusione>> o dell'<<inganno>>; per esempio, posso anche pormi come <<cosa>> o come <<sostanza>> (<<materiale>> o <<immateriale>>, posso <<realizare>> (reificare, oggettivare) la mia attivita’ di pensiero e i suoi risultati ( e di conseguenza addirittura, udire voci).

La capacita’ di attivita’ deliberata e’ cosa diversa dalla possibilita’ di un atto indicato dal semplice calcolo logico o reckoning (di cui sono capaci anche l’animale e anche il batterio). Chiamo capacita’ d’attivita’ deliberata, o volonta’, la possibilita’ per un essere umano di far entrare nei circuiti che condizionano i suoi atti i risultati del processo della sua riflessione (oltre quanto risulta dalla semplice logica animale). Detto in altro modo: la volonta’ o attivita’ deliberata e’ la dimensione riflessa di quello che noi siamo in quanto esseri immaginanti, cioe’ creatori; o ancora: la dimensione riflessa della nostra immaginazione come fonte di creazione.

E’ necessario poter immaginare altro da cio’ che e’ per poter volere; e bisogna volere altro da cio’ che e’ per liberare l’immaginazione…quando non si vuole qualcosa di diverso da cio’ che e’, l’immaginazione e’ inibita o rimossa, e rappresenta solo la perpetuazione in eterno di cio’ che e’. E se non si puo’ immaginare qualcosa d’altro dall’esistente, qualsiasi <<decisione>> non e’ altro che una scelta tra possibilita’ date -date dalla vita interiore o dal sistema istituito- che puo’ sempre venir ricondotta ai risultati di un calcolo o di un ragionamento.

i) Il primo presupposto metapsicologico dwllw due possibilita’ la cui attualizzazione definisce la soggettivita’ umana propriamente detta, e’ la capacita’ della psiche di sublimare…
parlare e’ gia’ sublimare, in quanto il <<soggetto>> del linguaggio non e’ un <<soggetto pulsionale>>. A partire dal momento in cui l’apparato orale investe un’attivita’ che non procura alcun piacere d’organo (almeno non in generale), c’e attivita’ sublimata. Parlare e’ un’attivita’ sublimata, prima di tutto perche’ non procura alcun piacere d’organo; in secondo luogo e soprattutto, perche’ e’ un’attivita’ orchestrata entro e attraverso una creazione extra-psichica e che supera la possibilita’ della psiche singola: l’istituzione del linguaggio; infine perche’ implica sempre potenzialmente che ci si rivolga ad altri membri reali della societa’ (faccio astrazione dal delirio psicotico, sebbene…).

Non possiamo comprendere nulla della psiche umana (non piu’ di quanto si possa comprendere della societa’) se ci rifiutamo di constatare che alla base di tutte le sue specificita’ si trova la sostituzione del piacere di rappresentazione al piacere d’organo. Conversione massiccia, cooriginaria dell’umanita’ che rende possibile la sublimazione.
Certo, la sostituzione del piacere di rappresentazione al piacere d’organo prende all’inizio la forma della fantasmatizzazione o, come diceva Freud, del piacere allucinato. Ma gia’ nel caso del piacere allucinato si vede che la psiche realizza la possibilita’ di soddisfarsi di qualcosa che non e’ piu’ lo stato di un’organo…Lo stivaletto come oggetto feticcio e’ una sfida ad ogni teoria sessualista ingenua e mostra l’onnipotenza della fantasmatizzazione (gia’ solo per il fatto che gli umani hanno camminato a piedi nudi per la maggior parte della loro storia).

Nella sublimazione- e qui sta’ la differenza con la fantasmizzazione- l'<<oggetto>> (su cui si investe l’energia in questione) non e’ e non ha valore se non entro e attraverso la sua istituzione sociale, quasi sempre effettiva talvolta anche virtuale. Tutto cio’ significa che la sublimazione e’ l’investimento di rappresentazioni (o di stati della rappresentazione) il cui referente non e’ piu’ un <<oggetto privato>> ma un oggetto non privato, pubblico, cioe’ sociale. E questi oggetti sociali sono invisibili o valgono in virtu’ di attributi invisibili, valgono cioe’ in virtu’ del loro essere costituiti e forgiati da significazioni sociali immaginarie.

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il socialismo dei padroni

La Confindustria immemore della sua religione, il "libero mercato", chiede l’intervento dello Stato per arginare la crisi del sistema finanziario internazionale e salvare "l’economia reale". La signora Emma Marcegaglia parla di  "intervento necessario e come unica soluzione possibile in una fase di emergenza." I sacerdoti nostrani del "libero gioco delle forze di mercato", gli adepti della "mano invisibile", invitano lo Stato a fare un enorme trasferimento di fondi pubblici per salvare le grandi banche, gli illusionisti della finanza globale, cioe’ i responsabili dell’attuale crisi economica mondiale. Il presidente della Confindustria e’ diventata socialista, per non dire togliattiana, e si e’ messa a fare sottili distinzioni tra capitale produttivo e capitale fittizio (l’economia fatta di carta e soprattutto di speculazione sic!!!). Quando si tratta di migliorare le condizioni e il tenore di vita della classe operaia, degli immigrati, dei precari ecc. "l’ingerenza dello Stato" e’ considerata una vera e propria sciagura, diversamente, quando si tratta di salvare il sistema finanziario dal tracollo e le imprese dalla mancanza di credito allora beh!, e’ tutta un’altra storia, questa non e’ "ingerenza" e’ una "necessita’" in un momento di "emergenza". La Banca europea deve "intevenire", quel cane da guardia del sistema capitalistico che e’ Massimo D’Alema dice che deve "cambiare atteggiamento" (tassi piu’ bassi e credito alle imprese piu’ facile)e, in sostanza propone l’ennesima versione togliattiana dell’alleanza tra "produttori" e "capitale produttivo"…contro il "capitalismo parassitario".
Eppure negli ultimi decenni tutti si sono arricchiti saccheggiando la ricchezza sociale e non si sono fatti scrupoli quando di mezzo ci andavano lavoratori e proletari. Quando si fanno profitti non importa distinguere -fare la distinzione falsa e impossibile- tra capitale specultativo e capitale produttivo- lanciare anatemi contro i "castelli di carta" se, invece, i profitti diventano a rischio gli "industriali" diventano teorici, affinano la speculazione… filosofica e allargano i loro orizzonti fino al socialismo: "serve l’intervento dello Stato"…, poi, dopo, verra’ rispristinato il "mercato ben regolato" (ma non era "libero"?, ma non era "autoregolantesi"?). Il controllo pubblico dell’economia e’ un tabu’ ma, nazionalizzare le banche e gli istituti finanziari invece e’ un provvedimento "necessario". Tanto per cambiare la Confindustria chiede " un forte taglio alla spesa pubblica improduttiva" (improduttiva per chi?) e di " liberare risorse per investimenti pubblici" ( a favore di chi?).
Le menzogne e miti dell’ideologia neoliberista crollano definitivamente ma rimane in piedi la difesa estremistica dei profitti che invoca l’intervento finanziario dello Stato che fino all’altro ieri doveva starsene nell’angolo non intralciare il libero corso delle forze di mercato e all’occorrenza pestare e incarcerare i dissidenti.
Non c’e denaro per sanita’, casa, istruzione…ma ci sono soldi da distribuire alle imprese: semplicemente si dimostra, ove fosse necessario il carattere di classe dello Stato, dei governi e delle loro politiche: Se il sistema capitalistico e’ in crisi a pagare saranno i lavoratori e le lavoratrici, gli immigrati, i precari a favore dei padroni e degli sfruttatori. La solita immondizia.
E cosi’ i padroni di colpo sono diventati socialisti, piu’ socialisti di Engels!!! Vogliono un processo di pianificazione per togliere ancora ai poveri e dare ai ricchi: Privatizzare i profitti socializzare il disastro! Ipocriti!!!! Dov’e finito il fanatismo inflessibile e integralista del "libero mercato"?
E la cosiddetta "sinistra radicale" che fa? Propone, per fronteggiare la "crisi", i gruppi di acquisto, il mutualismo degli sfigati e masturbazioni terzomondiste tanto per non sporcare la stanza nella quale si gira in tondo. Il capitalismo, con tutte le sue fluttuazioni cicliche, rappresenta una estesa produzione di miseria e di catastrofe e noi che dovremmo fare?:  "resistere" tra una ctastrofe e l’altra? Ancora "sacrifici"?
…non basta sacrificarsi occorre immolarsi?

re-
 Socialismo per i ricchi
La "liberalizzazione dei mercati finanziari" all’inizio degli anni ’80 era stata salutata come il miglior antibiotico disponibile contro la proliferazione dei batteri violenti della lotta di classe e della recessione economica (dei profitti) che aveva sconvolto il capitalismo nei decenni precedenti. L’offensiva del capitale contro la classe operaia chiamata "neoliberismo"  venne descritta e reclamizzata come l’alba di una nuova epoca d’oro ma ora, lo sappiamo, era solo l’ouverture, lunga, che introduceva alla catastrofe.
Le banche non si fidano delle banche e il denaro improvvisamente ha smesso di fluire: una crisi di liquidità minaccia l’intero sistema economico mondiale…

L’ideologia del libero mercato, sollevata al rango di religione di Stato, ha portato lo spettacolo dell’economia capitalista alla decomposizione e i padroni oggi sono costretti ad adottare politiche prima ferocemente criticate, dall’ideologia neoliberista, dell’intervento dello Stato nell’economia, del controllo della crisi tra il New Deal e il Nazismo-crisi nuova soluzioni vecchie. Il governo americano e tutti i governi ultraliberali di punto in bianco si trovano a dover imporre, pena il collasso, una sottospecie di capitalismo autoritario di Stato…, il socialismo dei padroni, che usera’ lo spettro della recessione (prima quello del debito pubblico) per aggredire violentemente le condizioni di vita dei lavoratori (salario, istruzione, casa, sanita’, pensioni, trasporti, sanita’) per salvare i finanzieri, le banche, gli speculatori, cioe’ i responsabili della crisi.
La catastrofe viene socializzata ad ogni fine di un ciclo di speculazione che e’ sempre il veicolo di una strategia politica antiproletaria.
Da capo, ripetizione…Uno due tre quattro cinque sei sette otto nove ruota uno due tre quattro cinque sei sette otto nove ruota…

Una crisi finanziaria mondiale sta’ aprendo le porte ad una crisi generalizzata dell’economia capitalista che annuncia la regressione sociale ma, l’italia e’ un paese surreale, un’ allucinata dimensione parallela: non un atto di ribellione. L’ultima Eco mitologica della lotta di classe e’ stata confinata "nell’Isola dei Famosi", nel conflitto per la sopravvivenza televisiva che oppone  "common people" e "celebrita’".
Il dramma entra in scena solo nell’informazione-blah, allegorico, traslato nella cronaca morbosa di ordinari quotidiani omicidi da assassini della porta accanto, di rigori non concessi. La democrazia terminale si e’ trasfigurata nello zapping autistico-egosurfing, la resistenza sociale nell’agitazione lobotomica di folle che inseguono con lo sguardo ebete 22 deficienti che si rincorrono rincorrendo una sfera.
Una spruzzata di nostalgico umanesimo, una dose di sentimentalismo-caramba-che-fortuna!, una striscia di carita’ cristiana per le vittime del benessere e l’impasse del narcisismo degradato e patologico ha il suo bel contrappeso. La sublimazione corrosiva e acida non ha mai fine.
Da capo, ripetizione…Uno due tre quattro cinque sei sette otto nove ruota uno due tre quattro cinque sei sette otto nove ruota…"non posso continuare, devo continuare."

Di sinistra sotto i ponti ne abbiamo vista passare tanta ma, del cadavere del capitalismo nessuna traccia. Con buona pace dei "rivoluzionari" piccolo borghesi e dei masticatori di apocalissi la "crisi economica" è una  "normale" modalità di funzionamento del sistema capitalistico anche se i suoi ingranaggi variano storicamente. La "crisi" ha un valore politico, di potere contro la classe operaia: premere verso il basso i livelli salariali e verso l’alto i tassi di sfruttamento; devastazione sociale e azzeramento del potere politico dei lavoratori: I padroni invocano il "socialismo nazionale" per espropriare definitivamente la classe operaia della capacita’ di conflitto e resistenza e difendere il comando del profitto, intensificarlo ed estenderlo. Il modello neoliberale si è tradotto in un impressionante concentrazione di ricchezza, accanto ad una diffusa disoccupazione, fame, poverta’, malcontento, disuguaglianza. L’internazionalizzazione dell’economia, la deregolamentazione dei mercati finanziari ha comportato la marginalizzazione di una parte significativa della popolazione mondiale che costringe milioni di persone ad emigrare dai loro paesi d’origine ma, l’enorme divario di  ricchezza non separa solo il Nord dal Sud, ma anche le classi sociali privilegiate all’interno delle societa’ occidentali.  Concentrazione del potere economico e concentrazione del potere politico si sono sviluppate di pari passo: la trasformazione tecnologica della struttura produttiva ha modificato il mercato del lavoro instaurando una combinazione permanente di precarieta’ e di sottoccupazione che ha portato al declino del potere della classe operaia tradizionale e con essa al conseguente declino delle tradizionali forme della politica.
L’espansione dei rapporti di produzione capitalistici in ogni sfera della vita sociale ha inoltre disintegrato i legami tra le persone e le vecchie reti di sicurezza e solidarieta’ sociale dando il via alla propaganda sulla "sicurezza" e al revival di fantomatiche "tradizioni"(e mistiche e religioni) e  "identita’ nazionali" da operetta all’ombra del conformismo postmoderno della cultura egemone delle èlites. Il "libero gioco delle forze di mercato" da sole insufficienti a definire il controllo sociale sono state affiancate dall’uso dell’ ideologia, ideologia del denaro, ideologia del potere, ideologie a-economiche (apolitiche): le "masse" devono avere "fede" non partecipare.

Il "fondamentalismo del libero mercato" ha alcune semplici regole: Favorire i ricchi e punire i poveri; il cittadino e’ un consumatore, i diritti sono delle merci; dittatura dell’economia. Nei periodi di "crisi" le relazioni sociali vengono militarizzate e i comportamenti irregimentati. La societa’ divisa secondo linee di paura, di intolleranza, di ignoranza religiosa, di pedagogia autoritaria, di razzismo…
La continuazione e lo sviluppo di questi elementi culturali e ideologici, cioe’ delle patologie della normalita’ , della disumanizzazione quotidiana, in momenti di tensione vengono estremizzati, condensati e mobilitati a difesa del sistema. Ritona il mito della "nazione" e dei suoi paladini che vogliono salvarla dalla contaminazione etnica e dall’infezione della democrazia; ritorna il modello della famiglia repressiva patriarcale, della violenza maschile sulle donne; infine riappare la mitologia della "tradizione" e "dell’identita’", cioe’ la fabbrica del genocidio.

    

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tutti sempre non si accorgono di niente

A Sant’Angelo di Brolo (Messina) per tutto il pomeriggio (del 16 settembre 2008) circa 200 cittadini hanno bloccato l’accesso alla Residenza Sanitaria Assistita destinata dal ministero degli interni ad ospitare cento stranieri (per lo più donne e bambini), richiedenti asilo politico, provenienti dal centro di accoglienza di Lampedusa. Dopo la mediazione del questore di Messina, Vincenzo Mauro, (il prefetto ha assicuarato al sindaco che ci sarà il "potenziamento dell’ordine pubblico, non rimarranno per lunghi periodi queste persone all’interno della struttura, per cui non c’è il modo per radicarsi all’interno della società"), gli stranieri sono stati accolti nella struttura, nata come centro per gli anziani e mai entrata in funzione… Le reazioni sono arrivate dai cittadini, dall’opposizione (consiglieri comunali del PDL) e anche dall’associazione consumatori siciliani. Le motivazioni della protesta e del blocco:  "questi immigrati vengono solo per rubare, uccidere e prenderci i figli.": "tutte le volte che si accende la televisione si sanno queste cose…": "è un problema di sicurezza": «L’associazione Consumatori Siciliani condanna la scelta del Ministero degli Interni, che non ha sentito la comunità locale in merito a quest’importante decisione, e soprattutto perché cambia la destinazione d’uso di una struttura pagata dai contribuenti a favore degli anziani.(…)"

"Tutti culturalmente siamo per l’accoglienza, fino a quando questo non ci tocca direttamente (…) nell’immaginario collettivo molto spesso abbiamo una visione distorta nel senso che pensiamo che ci siano questi cittadini stranieri che vagano per il paese ubriachi (…) "quando mi sono stati chiariti i termini della questione mi sono un po rassicurato, nel senso che il prefetto mi ha assicuarato che ci sarà il potenziamento dell’ordine pubblico.": Cosi’ ha dichiarato li sindaco di Sant’Angelo di Brolo, Basilio Caruso.

Il giornalista tedesco, documentarista radiofonico, Roman Herzog ha scritto a riguardo di tale episodio:

"Vedere le immagini del 16 settembre 2008 (e quelli che mi conoscono bene sanno che spesso non mi fido affatto delle immagini) di S. Angelo di Brolo (paese in provincia di Messina) era troppo.

Hanno attivato il profondo desiderio di esprimermi subito in confronto a quello che resta della sempre debole forza alternativa in questo paese, che ho scelto come mia base  di esprimermi come straniero, anche se straniero privilegiato, perché tedesco.

Gli avvenimenti degli ultimi mesi in italia con la punta dell’iceberg di questi ultimi giorni, cioè il raid razzista della popolazione di S. Angelo di Brolo contro un pullman con 100 richiedenti di asilo della Somalia e l’assassino dell’ Italiano Abdul originario del Burkina Faso a Milano mi ricordano troppo una realtà che ho cercato di lasciare di dietro, che però corre di dietro di me, sicuramente perché è soltanto un immagine della realtà umana che non ha confini.

Queste immagini mi fanno ricordare quello che ho vissuto in Germania negli anni 90 e che pensavo fosse superato, o che fosse una cosa ben tedesca, per la sua rigidità. Vedo nuovamente che non è per niente così. È peggio ancora, perché sappiamo bene che è soltanto la punta dell’iceberg, sappiamo che da anni si muore in Italia per violenza razzista e fascista.

E sappiamo pure, che l`Italia è un paese che mai ha fatto i conti con il suo passato fascista, un paese dove la gloriosa “resistenza” ha reso possibile alla sinistra di togliersi il peso di dover fare i conti con il fascismo. È soltanto per questo che una riattivazione del fascismo, come quella che viviamo in questi giorni, e come si viveva negli anni `70 già una volta in questo paese, è possibile.

Quando dopo la caduta del muro nella nuova Germania sorgono i primi problemi economici a causa della “unificazione”, cioè della rottamazione della base produttiva del socialismo reale da parte dalle grandi multinazionali dell’ovest, i primi a sfruttare la situazione sono i movimenti della destra, non soltanto della estrema destra nazista e neonazista, ma pure la cosiddetta destra democratica.

Il nemico è subito identificato, sono gli “stranieri” i colpevoli per tutto il male che accade. È un meccanismo psicologicamente povero, assai semplice ma molto efficace che i politici di qualsiasi ora hanno sempre saputo e sanno ancora strumentalizzare. Quando nel settembre 1991 si tentava di bruciare vivi i primi “stranieri” (o come si suole dire qua “extracomunitari”) a Hoyerswerda attaccati dalla popolazione del paese comandato da un gruppo neonazista, un piccolo paese come S. Angelo di Brolo vicino Berlino, stavo all’estero, lavorando nel quotidiano argentino Pagina/12.

Sentivo una rabbia ma sopra tutto una enorme impotenza, quando entravo di mattina nella redazione e chiedevo al mio capo di «internacionales» di scrivere l’ editoriale. Me lo concedeva e ricordo che scrivevo dell’ enorme paura che avevo in confronto a quello, che stava allora ancora per venire.

Quello che succedeva a Hoyerswerda era un fanale, l’inizio di una ondata di violenza neonazista e di estremismo di governo che durava tutti gli anni `90 e che tuttora non è finito (perché non finiscono mai queste ondate soltanto se si dedica meno attenzione). Non mi ha soddisfatto il fatto che ho avuto molta ragione. Invece sapevo che scrivere è poco, o meglio detto niente in confronto a certe realtà troppo violente perché fisiche. Volevo esserci in Germania per fronteggiare quello che accadeva, fisicamente, assieme agli altri ben decisi. Ma rimaneva soltanto l’impotenza e il giornale dove lavoravo.

Tornato in Germania un anno dopo non mancavano opportunità di assistere a ben peggio durante gli anni. Erano gli anni quando continuamente venivano ammazzati in Germania una decina di “stranieri” per mese (ora sono “soltanto due decine l’anno, ma non si  riporta più, perché “motivi razzisti non ci sono…”).

Quando bruciavano i grattaceli di Rostock Lichtenhagen nell`agosto del 1992 mentre all’inizio la televisione regionale, poi quella nazionale e dopo un giorno quella internazionale trasmettevano le immagini in diretta sugli schermi degli spettatori di tutto il mondo, ci volevano poche ore per mobilitare un gruppo ben deciso di alcuni centinaia di persone da Berlino che ci recavamo sul posto.

Arrivato lì cercavamo di “difendere” gli immigrati, 400 richiedenti asilo in un CPA e abitanti comuni, 115 persone di non-origine tedesca  che vivevano da anni in blocchi di cemento stile Librino (quartiere popolare di Catania) al di fuori della città accanto al CPA. Ma le tremila persone della popolazione di Rostock che avevano ascoltato da settimane il discorso dei politici che parlavano di sicurezza, di stranieri che arrivano in massa, che tolgono il “nostro” lavoro (quelli della destra neonazista aggiungevano chiaramente che strappano le “nostre” donne etc.), quelle tremila persone assieme a ben 400 neonazisti armati erano troppo decisi.

Con le nostre due o tre cento persone non siamo riusciti a combinare quasi niente, eppure solo per miracolo in questi giorni non c’era nessun morto sebbene centinaia di feriti, perché la folla dopo aver assediato i grattaceli gridando “fuori tutti gli stranieri” aveva prima attaccato gli stessi e soprattutto le finestre con delle pietre e tiri di pistola, per mettere finalmente fuoco al primo piano al grido “vi bruciamo tutti”. Mi ricordo bene del sentimento di impotenza che avevamo tutti, quanti in quei giorni e del pensiero che avevamo in molti: così deve essere stato nel ’33…

Durava tre giorni il pogrom di Rostock Lichtenhagen, mentre la polizia assisteva ai fatti dall’inizio non intervenendo, perché “in pochi” e per paura della folla (e perché stava ben d’accordo con quello che succedeva, così come i politici) attivandosi però subito contro noi che eravamo venuti per “difendere i migranti”.
Eppure in quest’occasione come in tanti altri della “nuova Germania” fino ad oggi i politici, sociologi, psicologi, la chiesa, i media, eccetera non si stancavano e non si stancano mai di ripetere continuamente, che non si tratta di avvenimenti razzisti o di ideologia politica. Come ora anche in Italia. A Milano oppure a S. Angelo di Brolo. Mentre il neofascismo prende tranquillamente la sua strada, tutti sempre non si accorgono di niente. La cecità sembra uno dei mali più grandi dell’umanità, sopratutto della cosiddetta “sinistra”.

Come qua in Italia allora, a Milano dove non si trovano elementi razzisti. Oppure a S. Angelo di Brolo dove la popolazione ripetendo le frasi ben preparate dai politici, chiedeva sempre e di nuovo, “chi garantisce la “sicurezza” della popolazione”, di un paese di 3.000 abitanti se si facesse venire 100 migranti richiedenti asilo del Somalia, soprattutto donne, per soggiornare in una struttura inefficiente, spostati dal centro affollato di Lampedusa. Sicurezza di cosa? E contro cosa?

Ragazzi, non scherziamo. Quello che viviamo oggi in Italia è molto più brutto di quanto Famiglia Cristiana o altri pensano. In questo paese viene preparato e attivato da mesi da politici fascisti, sopportato dalla ex-sinistra che vuole essere centro, un clima razzista di violenza contro il diverso che si mette subito in pratica. Lo dimostrano tutti quanti i fatti, dai campi rom di Napoli bruciati, agli attacchi contro omosessuali in tutto il paese, le iniziative di “sicurezza” locale che sono piuttosto squadriglie, il filo spinato intorno al CPA di Lampedusa eccetera, eccetera, eccetera.

Non è che è un pericolo, ha già vinto questo clima, funziona, è in grado di mobilitare dal nulla una folla di duecento persone di un paese con 3.000 abitanti contro un “nemico” liberamente scelto, che pensano essere colpevole per tutto quello che non hanno.
In Italia il fascismo sta al governo, in un paese non-cosciente del suo passato fascista e dei legami fra il regime di Mussolini e la repubblica del dopoguerra, eppure una opposizione non c’è, e nessuno sembra preparato, e pochi sembrano riuscire a comprendere quello che accade.

Quanto ci vuole? Quanto ci vuole per arrivare ad attacchi stile Rostock Lichtenhagen? E quanto ci vuole per fare uscire quello che resta della gente che pensa dalla loro riservatezza?
Qua in questo paese ci vuole coraggio, molto coraggio e gente in grado di reagire praticamente, subito. Non c’è più tempo di organizzarsi o discutere. È l’ora della pratica, così pochi che siamo, ma è l’ora della pratica. Non dormite troppo."

La normale  "violenza economica" del capitalismo nella "crisi economica mondiale" (1) si acutizza smantellando i diritti sindacali, la qualita’ della vita dei lavoratori e alzando i livelli di repressione politica e poliziesca. L’ internazionalizzazione dei movimenti di capitale e lavoro ha generato enormi profitti e insieme ha prodotto una brutale disuguaglianza, miseria e guerra che ha provocato grandi migrazioni di popolazione su scala planetaria. La risposta del capitalismo agli "effetti collaterali" della sua ideologia "del guadagno per il guadagno" (unita’ di produzione e annientamento) estesa a tutto il pianeta si configura oggi, in parte,  come "razzializzazione della politica", riarticolazione del vecchio razzismo e delle connesse mitologie del "nazionalismo", "dell’identita’ comunitaria", creazione di capri espiatori per la sistematica distruzione dei diritti sociali che investe l’occidente.
La retorica e i luoghi comuni della destra e della sinistra-di-destra che assumono la "produttivita’ economica" come paradigma della cittadinanza e dunque dell’esclusione con i corollari immaginari di "pari opportunita d istruzione, occupazione, ricchezza’", "meritocrazia", "operosita’", "legalita’", "benessere" ecc., contengono gia’ interi tutti gli elementi di quella cultura dell’apartheid sociale che ha il suo sbocco naturale nella violenza razzista, nelle aggressioni brutali e fasciste di strada contro "gli altri".
Il razzismo è un’altra arma usata da coloro che sono in una posizione di potere per dividere e controllare gli sfruttati all’interno di una complessa strategia di guerra civile fra poveri.

(1) Socialismo per i ricchi
La "liberalizzazione dei mercati finanziari" all’inizio degli anni ’80 era stata salutata come il miglior antibiotico disponibile contro la proliferazione dei batteri violenti della lotta di classe e della recessione economica (dei profitti) che aveva sconvolto il capitalismo nei decenni precedenti. L’offensiva del capitale contro la classe operaia chiamata "neoliberismo"  venne descritta e reclamizzata come l’alba di una nuova epoca d’oro ma ora, lo sappiamo, era solo l’ouverture, lunga, che introduceva alla catastrofe.
Le banche non si fidano delle banche e il denaro improvvisamente ha smesso di fluire: una crisi di liquidità minaccia l’intero sistema economico mondiale…

L’ideologia del libero mercato, sollevata al rango di religione di Stato, ha portato lo spettacolo dell’economia capitalista alla decomposizione e i padroni oggi sono costretti ad adottare politiche prima ferocemente criticate, dall’ideologia neoliberista, dell’intervento dello Stato nell’economia, del controllo della crisi tra il New Deal e il Nazismo-crisi nuova soluzioni vecchie. Il governo americano e tutti i governi ultraliberali di punto in bianco si trovano a dover imporre, pena il collasso, una sottospecie di capitalismo autoritario di Stato…, il socialismo dei padroni, che usera’ lo spettro della recessione (prima quello del debito pubblico) per aggredire violentemente le condizioni di vita dei lavoratori (salario, istruzione, casa, sanita’, pensioni, trasporti, sanita’) per salvare i finanzieri, le banche, gli speculatori, cioe’ i responsabili della crisi.
La catastrofe viene socializzata ad ogni fine di un ciclo di speculazione che e’ sempre il veicolo di una strategia politica antiproletaria.
Da capo, ripetizione…Uno due tre quattro cinque sei sette otto nove ruota uno due tre quattro cinque sei sette otto nove ruota…

Una crisi finanziaria mondiale sta’ aprendo le porte ad una crisi generalizzata dell’economia capitalista che annuncia la regressione sociale ma, l’italia e’ un paese surreale, un’ allucinata dimensione parallela: non un atto di ribellione. L’ultima Eco mitologica della lotta di classe e’ stata confinata "nell’Isola dei Famosi", nel conflitto per la sopravvivenza televisiva che oppone  "common people" e "celebrita’".
Il dramma entra in scena solo nell’informazione-blah, allegorico, traslato nella cronaca morbosa di ordinari quotidiani omicidi da assassini della porta accanto, di rigori non concessi. La democrazia terminale si e’ trasfigurata nello zapping autistico-egosurfing, la resistenza sociale nell’agitazione lobotomica di folle che inseguono con lo sguardo ebete 22 deficienti che si rincorrono rincorrendo una sfera.
Una spruzzata di nostalgico umanesimo, una dose di sentimentalismo-caramba-che-fortuna!, una striscia di carita’ cristiana per le vittime del benessere e l’impasse del narcisismo degradato e patologico ha il suo bel contrappeso. La sublimazione corrosiva e acida non ha mai fine.
Da capo, ripetizione…Uno due tre quattro cinque sei sette otto nove ruota uno due tre quattro cinque sei sette otto nove ruota…"non posso continuare, devo continuare."

Di sinistra sotto i ponti ne abbiamo vista passare tanta ma, del cadavere del capitalismo nessuna traccia. Con buona pace dei "rivoluzionari" piccolo borghesi e dei masticatori di apocalissi la "crisi economica" è una  "normale" modalità di funzionamento del sistema capitalistico anche se i suoi ingranaggi variano storicamente. La "crisi" ha un valore politico, di potere contro la classe operaia: premere verso il basso i livelli salariali e verso l’alto i tassi di sfruttamento; devastazione sociale e azzeramento del potere politico dei lavoratori: I padroni invocano il "socialismo nazionale" per espropriare definitivamente la classe operaia della capacita’ di conflitto e resistenza e difendere il comando del profitto, intensificarlo ed estenderlo. Il modello neoliberale si è tradotto in un impressionante concentrazione di ricchezza, accanto ad una diffusa disoccupazione, fame, poverta’, malcontento, disuguaglianza. L’internazionalizzazione dell’economia, la deregolamentazione dei mercati finanziari ha comportato la marginalizzazione di una parte significativa della popolazione mondiale che costringe milioni di persone ad emigrare dai loro paesi d’origine ma, l’enorme divario di  ricchezza non separa solo il Nord dal Sud, ma anche le classi sociali privilegiate all’interno delle societa’ occidentali.  Concentrazione del potere economico e concentrazione del potere politico si sono sviluppate di pari passo: la trasformazione tecnologica della struttura produttiva ha modificato il mercato del lavoro instaurando una combinazione permanente di precarieta’ e di sottoccupazione che ha portato al declino del potere della classe operaia tradizionale e con essa al conseguente declino delle tradizionali forme della politica.
L’espansione dei rapporti di produzione capitalistici in ogni sfera della vita sociale ha inoltre disintegrato i legami tra le persone e le vecchie reti di sicurezza e solidarieta’ sociale dando il via alla propaganda sulla "sicurezza" e al revival di fantomatiche "tradizioni"(e mistiche e religioni) e  "identita’ nazionali" da operetta all’ombra del conformismo postmoderno della cultura egemone delle èlites. Il "libero gioco delle forze di mercato" da sole insufficienti a definire il controllo sociale sono state affiancate dall’uso dell’ ideologia, ideologia del denaro, ideologia del potere, ideologie a-economiche (apolitiche): le "masse" devono avere "fede" non partecipare.

Il "fondamentalismo del libero mercato" ha alcune semplici regole: Favorire i ricchi e punire i poveri; il cittadino e’ un consumatore, i diritti sono delle merci; dittatura dell’economia. Nei periodi di "crisi" le relazioni sociali vengono militarizzate e i comportamenti irregimentati. La societa’ divisa secondo linee di paura, di intolleranza, di ignoranza religiosa, di pedagogia autoritaria, di razzismo…
La continuazione e lo sviluppo di questi elementi culturali e ideologici, cioe’ delle patologie della normalita’ , della disumanizzazione quotidiana, in momenti di tensione vengono estremizzati, condensati e mobilitati a difesa del sistema. Ritona il mito della "nazione" e dei suoi paladini che vogliono salvarla dalla contaminazione etnica e dall’infezione della democrazia; ritorna il modello della famiglia repressiva patriarcale, della violenza maschile sulle donne; infine riappare la mitologia della "tradizione" e "dell’identita’", cioe’ la fabbrica del genocidio.

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berlusconi, lo stato mediatico totalitario

Ci siamo dentro. E’ il primo Stato Mediatico Totalitario integralmente
realizzato sull’onda dell’ultima "rivolta dei privilegiati". O’sistema…mediatico, potere del denaro, il potere del padrone ha
portato a termine la "mutazione antropologica" degli italiani che
afferrati in un vortice di illusioni brutali mischiano fatti e
mitologia, oggetti e uomini. Enrichissez vous! ( Arricchitevi!):
La guerra psicologica e’ stata condotta a termine, ora che "il popolo"
e’ in overdose da stereotipi (del denaro, della razza, del
decisionismo) il governo si prepara al confronto violento, all’utilizzo
della forza militare dello Stato contro gli ultimi oppositori
(comunisti, anarchici, vagabondi, gente che reclama i suoi dirittti). I
fatti
stanno per essere definitivamente raddrizzati e l’intero paese liberato
dalle distorsioni percettive di una "minoranza" di poveri che credono
di essere poveri, di disoccupati che pensano di essere disoccupati, di
precari convinti di essere precari, di sfruttati che ancora si sentono
sfruttati.

Il "despota illuminato",
il cavaliere Berlusconi, e’ pronto ad istituire uno Stato di polizia,
radere al suolo i dirittti sociali e la democrazia mentre milioni di
suoi concittadini, come polli a cui è stata tagliata la
testa, gli corrono intorno in modo vivace. L’italia deve diventare
un’immensa workhouse (casa di lavoro), il programma "dell’inevitabile
stato maggiore delle liberta’" e’ chiaro: reimporre la feroce
disciplina del lavoro. Rieducare i lavoratori e le lavoratrici italiane
con forme severe e punitive di internamento: il carcere, il manicomio,
le comunita’, la "comunita’ nazionale"…Il regime ha la sua
prospettiva bibblica : <<con dolore ti procurerai il cibo per
tutti i giorni della tua vita

(…) 

con il sudore della tua fronte mangerai il pane finché tornerai alla
terra>> (Gen 3,17-19). Come ricordava B.Russel in "elogio
dell’ozio": <<L’etica del
lavoro e’ l’etica degli schiavi(…) Questa è la morale dello
stato schiavista, applicata in circostanze
totalmente diverse da quelle in cui sorse…>>

"L’imprenditore che fa miracoli" pensa "solo a lavorare per
risolvere i problemi degli italiani": fabbrica il cielo e fissa
le stelle al loro posto mentre canta il grande inno del Dio
creatore nel quale l’uomo "esce al mattino al suo lavoro, per la
sua fatica fino a sera" e come una rockstar quasi in odore di santita’ guida la guerra santa contro
"l’ozio nemico
dell’anima".

Il "recordman nazionale delle persecuzioni giudiziarie" lo ha
comunicato esplicitamente in italia sta’ per essere restaurato lo Stato
etico del lavoro contro "l’anarchia": "Bisogna seguire decisioni prese democraticamente
anche
attraverso l’uso della forza". "Noi abbiamo imposto le decisioni dello Stato e cosi’ faremo
anche in futuro, cosi’ come e’ successo a Napoli, e in Campania, dove
abbiamo riportato lo Stato di civilta’ attraverso anche l’uso delle
forze militari".

Lo "stato di civilta’" imposto "attraverso anche l’uso delle
forze militari" tradotto in termini meno magniloquenti significa:
"grandi opere" contro la "follia degli ecologisti", business e
speculazioni senza restrizioni contro la "magistratura che impone
difficolta’ a chi rischia e porta
lavoro"; Tav, ponte sullo stretto, rigasificatori e centrali nucleari
contro le "minoranze locali", i "blocchi" che "non sono espressione di
democrazia, ma
spinte anarchiche." (<<Abbiamo usato l’esercito in Campania e lo
impiegheremo ancora per difendere i cantieri>>.-Qualsiasi protesta sara’ preventivamente bollata
come<<manifestazioni organizzate da minoranze>>: <<lo
Stato è tornato a fare lo Stato>>.)

Dal Vangelo secondo Silvio ai missionari e agli apostili del
partito della liberta’ il messaggio e’ limpido: l’occidente deve
riconoscere la superiorita’ della sua civilta’ che ha garantito un
"benessere largo" che in Italia si puo’ toccare con mano attraverso
l’alto numero di automobili rispetto alla popolazione, il maggior
numero di case di
proprietà nelle singole famiglie, per il fatto che tutti sono dei
grandi
playboy e i ragazzi mandano almeno dieci messaggi al giorno alle loro
tante
ragazze.
Il rischio che corre l’Occidente è che di la’ c’è un Islam fiero di difendere e imporre i propri valori,
di qua il nulla, il nichilismo, la dimenticanza delle proprie radici.

La
formula del successo occidentale si riassume in tre parole:
lavoro, lavoro, lavoro: Il paese si
rialza se si rialzano le imprese: la difesa della "civilta’
occidentale" e la "rinascita della nazione" passano per l’etica del
lavoro, l’abolizione dei sindacati,la liberta’ di licenziare, la
sostituzione degli aumenti salariali con compensi di
"natura spirituale". Il disagio sociale è grande come l’inflazione ed è
una malattia che bisogna
curare, non con l’intervento pubblico ma, con un massiccio rilancio dei
"valori morali e religiosi." Dopotutto la media degli italiani a cui
bisogna parlare "è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al
primo banco…": l’informazione e’ destinata ad un’èlite che comanda
mentre per il  "popolo" bastano i quotidiani sportivi, la tv spazzatura
e la minaccia del castigo dell’inferno.

Appena
battuto il
"comunismo occulto" che vuole eliminarlo con l’uso della "giustizia
politica", liquidato quel male della democrazia che e’ la magistratura,
ritoccata l’architettura dello Stato lui, "il miracolo che cammina",
liberera’  l’economia del profitto privato e dei costi socializzati da
qualsiasi condizionamento. Finalmente lo Stato sarà sempre più
"Nazione" in grado di rispondere
all’istinto anarchico che si insinua nella società libera della
globalizzazione, capace cioe’ di difendere la "nostra identità" con la
tutela dei "nostri interessi economici." Il ragionamento e’ elementare:
"L’Italia e’ un sistema
produttivo di cui tutti gli italiani sono i produttori. L‘integrità
nazionale è quindi l‘asse
portante per il benessere dell’Italia": Arbeit macht frei!
Nell’edificazione
italiana "dell’ordine nuovo" ha un ruolo centrale la costituzione di un
"fronte del lavoro" che esalti i valori del produttivismo e
dell’impresa, della collaborazione tra la borghesia e la "classe
nazionale", di una gerarchia in cui ciascuno deve stare al suo posto,
"nel proprio mucchio di letame, per gridare: "e’ Mio"!, sotto la mano
del paternalista del padrone per la competitivita’ nel mercato
mondiale. L’azienda Italia per funzionare deve ritrovare "il sentimento
di essere nazione e di essere uno Stato fondato sulla nazione" per
ristabilire la "cooperazione" tra Stato, impresa e lavoro.

L’inserimento competitivo dell’Italia nell’economia mondiale si attua attraverso l’autorità dello Stato "come forza morale e
potere reale che compie le condizioni che consentono la fiducia dei
cittadini nelle loro attività economiche."
Il
"popolo" con il volto di una persona, quello di Berlusconi, attraverso
"la forza dello Stato" salvera’ l’italia dalla crisi, superera’ "la
questione sociale come oggetto dello Stato" (visto che
lo Stato non è più decisore sul tema dei livelli sociali, ma lo è il
mercato mondiale), garantira’ il "nord-est" che sostiene la presenza
italiana nel mercato mondiale.
Il
partito di Berlusconi, alla faccia della retorica del "libero mercato"
e del "liberalismo" segna una convergenza effettiva con "la destra
tradizionalista e integralista" (ex neofascista e neonazista),
assumendo come riferimento ideologico "la nazione" (fondamento umano e
culturale dello Stato), in un quadro comunitarista e neocomunitario
(vincolo etico ed etnico), composta da una federazione di "comunita’
territoriali"…

 

 

 

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fascisti senza fascismo

"il fascismo è la
verità della società moderna, chi non vuol parlare del
capitalismo deve tacere anche sul fascismo”-Max Horkheimer

1)Il
capitalismo negli ultimi decenni ha assunto un nuovo paradigma produttivo e nuovi
modelli di controllo e integrazione sistemica. La modalita’ del dominio sul
lavoro e’ stata ristrutturata divenendo "flessibile", assumendo lo
stato permanente d’insicurezza economica e sociale come strumento principale per opprimere i
lavoratori. 
Ogni volta che un’ordine transitorio del capitalismo si decompone
assieme ai suoi peculiari rapporti di valore per far posto ad un’altro
assetto economico-ideologico la societa’ e gli individui entrano in
fibrillazione e cadono preda di convulsioni "nichiliste". Le
trasformazioni dei paradigmi
produttivi capitalistici disgregano le vecchie sintesi sociali e
culturali, le consolidate forme di vita, e alimentano cosi’ la nascita
di "contromovimenti" che guardano all’indietro a mistiche e mitiche
visioni del mondo. "L’antimodernismo" rituale di queste numerose epoche
di crisi si presenta come un’opposizione non dialettica ad un’ennesimo
presunto "declino della civilta’" prodotto da una  "ricorrente
modernita’".
Il fascismo in questo senso fu anche una rivoluzione immaginaria che
aspirava a ripristinare un "mitico ordine sociale patriarcale" ma, che nella pratica utilizzava le stesse resistenze ai
cambiamenti economico-produttivi per farli accettare o imporli al paese
(vedi la retorica fascista della potenza tecnologica e produttiva in
funzione della "potenza della nazione"). In questo significato il
fascismo resta una tentazione
permanente della politica moderna. Il reupero mitologico della
"Tradizione" in tal senso si presenta come l’illusione ciclica: realizzare
l’utopia impossibile di un capitalismo senza lotta di classe, evitare tutti gli "effetti collaterali" delle forze produttive, la loro
azione disgregatrice sull’ordine e la gerarchia sociale.

2)Ovunque
la societa’ borghese insiste sullo "sforzo di volonta’" anche questi
periodici "contromovimenti"sono ossessionati dalla "potenza della
volonta’"; ovunque il
regime della mercificazione capitalista si appella all’emotivita’ piu’
brutale cosi’ anch’essi invocano le patologie piu’ velenose della psicopatologia quotidiana. L’affinita’
generale tra questi "fascisti senza fascismo" e il sistema che a parole dicono
di voler combattere e’ senz’altro il maggior punto di forza della loro
propaganda.

I loro "programmi" vaghi ed astratti basati su una "religiosita’
politica" edificata sul culto di una "tradizione" inesistente e’
daltronde conciliabile con tutte le tendenze radicalmente inumane del
capitalismo. L’opera di intossicazione psico-ideologica condotta da
questi "contromovimenti" di "fascisti senza fascismo" procede con le
stesse modalita’ degli slogan pubblicitari che affascinano il consumatore avvolgendo le merci di cui fa la reclame con l”ethos del mitico in un
mondo demitologizzato e desacralizzato.

3) Il nuovo fascismo (come quello delle origini), quello dei "fascisti
senza fascismo" e’ una religione politica che si pretende in rapporto
diretto con una "trascendenza spirituale", una concezione del mondo che
afferma la priorita’ della "realta’ metafisica" su quella visibile. La
"tradizione" come principio atemporale viene presentata come unico vero
antitodo alla "decadenza dell’eta’ moderna", cioe’ come rimozione della
lotta di classe dall’orizzonte storico e apologia dell’ordine
gerarchico "naturale e giusto".

Il "modello della tradizione" oggi, come ieri, viene agitato dal
"nuovo" fascismo (ma sarebbe piu’ corretto definirlo
"movimento tradizionalista integralista") "contro le forze oscure della
decadenza
moderna". Il ritorno, la "rivoluzione" nel senso di "riconversione" del
moderno ai "valori spirituali", ai principi e alle gerarchie
"primordiali e perenni" rappresentano per questa "reazione apparente
alla modernita’" la base per "il superamento della
decadenza europea" e per la formazione di una
nuova élite’ che funzioni da argine al "modernismo americanasta". La
"tradizione", con la "T"
maiuscola, viene qualificata come un’essenza metafisica, atemporale,
sovrastorica rispetto alla quale le "tradizioni" non sono che
delle manifestazioni particolari ( la "tradizione" e’ al di là delle
singole espressioni storicamente determinate della vita "spirituale e
iniziatica", dottrine
sacre, simboli, riti ecc. ). Cosi’ esiste un accordo di fondo fra
mondi diversi come l’oriente e l’occidente per quanto riguarda i
"principi immortali" ed e’ solo l’abbandono (il "tradimento della
Tradizione") da parte dell’occidente di quei "valori spirituali perenni
e primordiali" ad aver causato un "conflitto di civilta’".

4)La cosiddetta
"Tradizione
Primordiale" e’ il mitico retaggio religioso, culturale e sociale di
una civilta’ e di un popolo altrettanto mitici gli Iperborei
(vissuti in una fantastica eta’ dell’oro). Una "caduta interiore" o una
"deviazione morale" segnarono la fine del "ciclo dell’eta’
dell’oro" e della loro condizione "semidivina"; l’universo cadde nel
disordine e le civilta’ che si succederono altro non furono che il
risultato di questa corruzione e degenerazione. I "nazionalsocialisti"
 credevano alla leggenda di questa "civilta’ archetipica e
aristocratica" (nordica, ariana) e concepirono la distruzione delle
"razze non ariane" come un tentativo di restaurare "l’eta’ dell’oro",
di "ritornare a Tule" (tule e’ uno dei tanti nomi del paese degli iperborei) e porre fine all’ "età
nera" o "eta’ del ferro"–kali yuga (in questa epoca la
"casta" prevalente e’ quella dei "servi" contro quella aristocratica e
le gerarchie di classe-casta  s’incrinano; s’impone il
materialismo, avanza la desacralizzazione… ecc.)

Il recupero di una "tradizione primordiale" astorica e mitica diviene, per questi "tradizionalisti integrali",
la fonte di un’altrettanto irreale e favolosa antropologia che pone al
suo vertice una razza di uomini "virili", "uomini-dio"(indo-ariani) che, opportunamente
svincolata da limiti angustamente biologici e geografici da’ origine ad
un nuovo concetto di razza, quello di "razza interiore".
I "fascisti senza fascismo" non hanno rinunciato alla mitologia della
razza e del sangue ma, l’hanno riformulata in riferimento ad un supposto
primato della parte spirituale dell’uomo su quella corporea e biologica.
Non e’ che di colpo sono diventati antirazzisti, come vorrebbero farci
credere semplicemente dinnanzi agli "incroci di cui oggi
"pochissime stirpi sono esenti" hanno rivisto la loro concezione di
"meticciato". Questi "incroci", come essi non mancano di narrare, ovviamente, sono stati causati dallo
spirito nomade "di gente desertica non connessa a nessuna
terra, gli Ebrei" che hanno "immesso nei vari popoli – a partire da
quello romano- il virus della snazionalizzazione,
dell’universalismo, dell’internazionalismo della cultura".
La loro incessante opera di corrosione di " tutto quel che
è differenziato, qualitativo, connesso ad un sangue e ad una
tradizione" che, nei "tempi moderni, in sede politica, passò a manifestarsi anche come ideologia demo-massonica
giudaizzante con relativi miti umanitari-sociali ed
internazionalistici” ha provocato esiti e conclusioni paradossali(paradossali per loro): ""una razza può degenerare,
anche
restando biologicamente pura, se la parte interiore e spirituale
è
morta-(come
presso certi tipi nordici attuali)"; puo’ accadere che "ad un
corpo di una data razza siano legati, in un individuo, il carattere e
l’orientamento spirituale propri di un’altra razza"; " il giudaismo si
definisce soprattutto nei termini di una "razza dell’anima" (di una
condotta) unica, osservabile in individui che, dal punto di vista della
razza del corpo, sono assai diversi"…;" le
qualità che dominavano e dominano oggi in diversi tipi di ebrei
sono
evidentissime in tipi ariani, senza che per questi ultimi si possa
invocare come attenuante la minima circostanza ereditaria."

I "fascisti senza fascismo" cosi’ giungono alla conclusione che "per dirsi ariani, nel senso completo della parola" non basta piu’ non avere "la
minima
goccia di sangue ebraico o di una razza di colore" ma  bisogna esaminare "qual è la vera "razza interiore", ossia
l’insieme di qualità che in origine corrispondevano all’ideale
dell’uomo ario."
Il "nuovo concetto di razza" per questi "fascisti senza fascismo"
dipende dunque, innanzitutto "dall’immagine che si ha dell’uomo" che
nella la concezione tradizionale si riconosce come " un essere composto
da tre elementi: il corpo, l’anima e lo
spirito": la "razza pura" secondo questo delirio lucido, si realizza dunque "quando esiste una
perfetta trasparenza e armonia
fra questi tre elementi sotto il dominio, però, dello spirito".
I "fascisti senza fascismo" in sostanza oggi si battono per un "razzismo
integrale", derivato da una concezione "tradizionale" (mitologica)
dell’uomo, contro un "razzismo moderno" frutto di "una
civiltà desacralizzata e materialista" che non "conosce che una
forma biologistica di razzismo".

Il "razzismo integrale" che dipende da una determinata visione antropologica
dell’uomo costituisce il cuore e il centro di una nuova fondazione
della realta’. L’arianesimo assunto come mito universale, non piu’ come una semplice
"tradizione di sangue eletto", permette di giustificare politicamente
l’internazionalismo razzista che caratterizza attualmente i "movimenti
tradizionalisti integralisti".

5) Tra gli ispiratori della "destra integralista tradizionalista" una
posizione di privilegio spetta al barone Giulio Cesare Andrea Evola (la
sua ammirazione per il mondo germanico lo indusse poi a prendere il
nick di Julius). Quest’uomo che postulava la continuita’ fra uomo e Dio
nel senso di "un’identificazione reale" ( l’uomo si fa egli stesso Dio)
in un giorno del 1945 a Vienna con in tasca la convizione di essere protetto dagli dei
si fece una passeggiata durante i bombardamenti che colpirono la
citta’. Scaraventato a terra da uno spostamento d’aria si lesiono’ il
midollo spinale e si procuro’ una paralisi permanente agli arti
inferiori. Gli dei evidentemente si erano distratti o piu’
semplicemente non amavano questo piccolo uomo che voleva giocare a
farsi Dio: come egli stesso ebbe a dire: "forse si tratta di dèi che han fatto pesare un po’
troppo la mano, nel mio scherzare con loro".

Il "barone nero" pur vicino al fascismo e profondo ammiratore del nazismo non
manco’ mai di criticare entrambi questi regimi per la loro
incompleta aderenza ai "valori spirituali della tradizione" e per il
loro scarso radicalismo.
Si attribui la
difesa delle idee fasciste "non in quanto erano
fasciste, ma solo in quanto, rappresentavano, nel fascismo, la
riapparizione di principi della grande tradizione Politica europea di
Destra in genere." Il fascismo secondo il "barone" era meritorio per aver fatto risorgere
gli antichi simboli (l’ascia e l’aquila), il mito "dell’ordine"
(monocrazia, gerarchia, aristocrazia) ma, poi avverte deluso si e’ era
fermato alla propaganda e ridotto ad esere poco piu’ di "un’ideologia moderna".

La "tradizione" del resto per sua intrinseca natura ha un carattere
"apolitico" essendo una "forza spirituale formatrice immutabile" che si
esprime a piacere attraverso una molteplicità di forme politiche e ideologiche.
L’intervento attivo nella vita politica dei "militi della tradizione" pertanto si attua sempre
nell’indifferenza alle forme contingenti dell’agire e ovunque in
riferimento a "concetti trascendenti la situazione
storica esistente”. Per essi la "rinascita della Tradizione" puo’ avvenire sempre e solo
dopo la distruzione del "mondo borghese" (ovvero della liberta’ e dei movimenti proletari) e pertanto ci si puo’ anche,
legitimmamente, adoperare per accellerare questo processo di
dissoluzione (magari con le stragi e gli omicidi?).

I "fascisti senza
fascismo" si richiamano a "principi superiori al piano politico",
ma che se "applicati sul piano politico possono dar luogo
ad un ordine
di differenziazioni qualitative, quindi di gerarchia, quindi anche di
autorità e di Imperium nel senso più ampio." Nella misura
in cui il fascismo, il liberalismo, l’anarchismo, il comunismo, la
teocrazia religiosa, il nazionalsocialismo segue e difende tali
"principi", in
questa stessa misura essi possono considerarsi fascisti, liberali,
anarchici, comunisti, religiosi, nazionalsocialisti.

Questi signori e’ chiaro, sono affetti da un congenito impulso alla
trascendenza, alle vecchie certezze della "Tradizione" (fabbricata a
soggetto) che si puo’ incarnare in qualsiasi ideologia purche’ contenga
in se’ anche solo parzialmente i "principi perenni", o che in qualche modo si riannodi a
qualcosa di superiore ed eterno.

In tempi di decomposizione di uno dei tanti paradigmi transitori del
capitalismo, secondo lotro, bisogna attaccarsi "all’immutabile fondamento", adottare la
parola d’ordine della "Tradizione", studiare per essa "forme adatte
alle nuove circostanze", nuove incarnazioni storiche e con
esse imporsi, "tanto che una immateriale continuità sia
ristabilita e
mantenuta".


La “tradizione sacrale derivata
dalla tradizione primordiale” e’ una forza, teorizzano questi "iniziati del buio", che puo’ formare e
animare differenti forme politiche e sociali. Queste "formazioni" si distinguono per l’essere caratterizzati dalla
presenza nel suo seno di "esseri, i quali per via di una superiorità
innata o acquisita rispetto alla semplice condizione umana" incarnino
la presenza viva ed efficace della "Tradizione" sul piano dell’ordine
temporale.

Non importa "il segno politico" ne’ "l’ordine fenomenico della gerarchia" per loro si puo’ "partecipare" e "aderire" purche’ queste "geometrie sociali" riconoscano il diritto di
predominare nella vita ai valori della gerarchia, dei rapporti di comando e di obbedienza,
di coraggio, ai "sentimenti di onore e fedeltà, forme specifiche di
attiva impersonalità capaci di svilupparsi fino al sacrificio
anonimo, relazioni chiare a aperte da uomo a uomo, da camerata a
camerata,da capo a seguace" 

6)Oggi
in italia non siamo cosi’
lontani da una situazione economica e culturale che favorisce il
ripresentarsi del fascismo nella forma che Mussolini promosse e
divulgo’ prima della presa del potere. Ci avviamo verso "un imminente
inverno dello spirito" dove nessuno comprende piu’ il suo passato,
cioe’ non controlla il suo presente e si lascia espropriare della sua
vita.

Quando si finisce a vivere come mosche dentro un bicchiere non si
riesce piu’ a combattere nessuna battaglia contro il potere, per la propria liberta’.
 

7)L’italia e’ un paese che non ha mai fatto i conti con il suo passato
fascista. Il 22 giugno 1946, pochi giorni dopo la nascita della
Repubblica, fu varato un provvedimento di amnistia che doveva
pacificare il paese e invece si tradusse nella liberazione di migliaia di
fascisti, compresi i peggiori criminali. Palmiro Togliatti, il partico
comunista italiano, acconsentirono alla liberazione di 
collaborazionisti delle SS, stragisti, torturatori di partigiani,
persecutori di ebrei e all’insabbiamento di molti procedimenti per
crimini di guerra nazifascisti e i italiani nella guerra d’Africa
e nei paesi occupati. Garantendo l’impunita’ ai funzionari di stato di
ogni ordine e
grado che aderirono al fascismo non venne mai meno la continuita’ con
il ventennio. Presto gli ex-repubblichini ben addestrati alla lotta antipartigiana e
pronti ad azioni eversive si trasformarono in
una massa di manovra in funzione anticomunista al servizio dei
servizi segreti alleati anglo-americani e
della «dottrina Truman», che poneva la
lotta al comunismo al
centro della strategia dei paesi occidentali.
In preda ad un’evasione angosciosa dal proprio vergognoso passato la
maggioranza del paese si e’ dato all’esercizio della metafisica per far
svanire tutte le sue responsabilita’ concrete.

A proposito dell’amnistia profeticamente cosi si espresse Sandro
Pertini:
"(…)Attraverso queste maglie del decreto di amnistia noi abbiamo
visto uscire non soltanto coloro che dell’amnistia
erano meritevoli, cioè coloro che avevano commesso reati
politici di
lieve importanza, ma anche gerarchi: Sansonelli, Suvich, Pala; abbiamo
visto uscire propagandisti e giornalisti che si chiamano Giovanni
Ansaldo, Spampanato, Amicucci, Concetto Pettinato, Gray. Costoro, per
noi, sono più responsabili di quei giovani che, cresciuti e
nati nel
clima politico pestifero creato da questi propagandisti, si sono
arruolati nelle brigate nere ed in lotta aperta hanno affrontato i
partigiani e ne hanno anche uccisi (…) Attraverso queste maglie
abbiamo visto uscire coloro che hanno incendiato villaggi con i
tedeschi, che hanno violentato donne colpevoli solo di aver assistito i
partigiani (…) Abbiamo visto uscire una parte della banda Kock, la
Marchi, la Rivera, Bernasconi (…) Ricordiamo che l’epurazione
è
mancata: si disse che si doveva colpire in alto e non in basso, ma
praticamente non si è colpito né in alto
né in basso. Vediamo ora lo
spettacolo di questa amnistia
che raggiunge lo scopo contrario a quello per cui era stata emanata:
pensiamo, quindi, che verrà giorno in cui dovremo
vergognarci di aver
combattuto contro il fascismo e costituirà colpa essere
stati in
carcere ed al confino per questo. (…)". (Sandro Pertini –
intervento all’Assemblea Costituente all’indomani dell’amnistia ai
fascisti avvenuta il 22 giugno 1946).

<<La "defascistizzazione" come resa dei conti definitva con la
dittatura e degli italiani con le proprie responsabilita’ morali ed
etiche falli’ completamente in ragione di
equilibri politici, della continuita’ dello Stato e dell’anticomunismo.
Il risultato e’ che oggi e’ venuto il giorno in cui dobbiamo "vergognarci di aver
combattuto contro il fascismo" e sentirci in  "colpa essere
stati in
carcere ed al confino per questo". Come ha ben scritto lo storico F. Germinaro: <<La purga che
reclama la "verità storica" apporta nei testi scolastici
modifiche di questo tono: fra i padri della patria via Ferruccio Parri
dentro Anfuso, frequentatore dell’entourage di Goebbels; alle
ricostruzioni storiche di Guazza e Pavone si preferiscono quelle di
Pisanò; al socialismo liberale di Bobbio il reazionarismo di
Evola; al depravato Moravia il collaborazionista Brasillach. Ecco il
tenore dei nuovi testi che piacciono alla destra, Colombo e Feltri:
"… gli italiani sono brava gente, lo erano anche negli anni
Venti e dintorni. Favorirono l’ascesa di Mussolini, un ragazzo
che ci sapeva fare, e voleva ripristinare un po’ d’ordine
nel paese scosso dagli scioperi…". Mussolini è
rappresentato "come l’onesto e laborioso padre di famiglia
impegnato a ricondurre a ragione il figlio ribelle, il movimento
socialista".

L’operazione è un’astuta e spericolata
"defascistizzazione" del fascismo anch’essa figlia del negazionismo:
si nega che siano esistite ideologia, cultura, violenza, classe
dirigente, totalitarismo e persino Regime fascisti.

Negando, nascondendo e rimuovendo si propone di
celebrare in contemporanea le figure di Matteotti e Gentile. Una
volta rimescolate e confuse le acque chi potrà contraddire?>>

8) Ad uno sguardo superficiale potrebbero sembrare
degli innocui appassionati di leggende nordiche o al piu’ degli strani
personaggi, forse degli imbroglioni o dei cialtroni che si credono
degli iniziati in possesso di un sapere esoterico ma, non e’ cosi’, non
sono delle figure da macchietta. E bene lo sanno le vittime delle
dittature dell’america latina (cile, bolivia, paraguay…argentina) e
di quell’infame manovrare, uccidere e reprimere dello Stato italiano
che un’eufemismo storiografico qualifica come "strategia della
tensione". Oggi, a distanza di decenni queste maschere tragiche sono
tornate ad agitare i deliri  piu’ oscuri  e velenosi di
questo paese in preda ad una nevrosi ipocondriaca. Si sono ripresentati
sul palcoscenico con la stessa faccia da culo che li ha contraddistinti
nel passato recente e sono venuti per giocare a fare le vittime,
rivendicarsi  un’anima rispettabile e una moralita’ politica che
non hanno mai posseduto. Il loro obiettivo e ripulire la faccia
degenerata della "destra tradizionalista integralista" italiana per
 riguadagnarsi un nuovo ruolo da servi, benche’ rancorosi,
dell’ordine borghese. Sanno bene come muoversi nel buio, suggestionare
dei ragazzini e indurli all’omicidio, al fanatismo squadrista e alla
guerra fra poveri e poi come sempre, una volta conquistato il monopolio
della violenza di strada strisceranno fino al ministero degli interni
per offrirla allo Stato, il loro idolo (adesso la chiamano comunita’
nazionale) e al loro delirio di di liberta’ da supposti
"superuomini".  Sembrano usciti dal pennello di Georg Grosz,
caricature grottesche figure emblematiche di una societa’ borghese in
putrefazione eppure non sono stati accolti con disprezzo, anzi, hanno
trovato persino gente, che si aspacciava di
sinistra-comunista-rivoluzionaria e bla’ bla’ bla’, pronta a farsi
plagiare, felice  finalmente di poter sfogare il proprio
autoritarismo represso e frustrato a mezzo di interposte dottrine.

Come il dittatore fascista Mussolini, anime prive di
qualsiasi traccia di etica e di umanita’, i "fascisti senza fascismo"
non si fanno problemi ad essere un giorno aristocratici e un’altro
democratici; un giorno conservatori e l’altro progressisti; una mattina
reazionari e la sera rivoluzionari; a colazione legalisti e a cena
illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di
ambiente per la propria personale inesauribile "volonta’ di potenza",
narcisismo estremo che legittima spietate gerarchie sociali.

Non sono una "casta di guerrieri" ma uomini
banali, normali, normalizzati fino all’inumanita’ che in
questi anni hanno intessuto una fitta trama di distorsione dei fatti
malvagi che li riguardavano e che si sono applicati ad un fitto e
intenso lavoro di distruzione e cancellazione delle prove delle loro
colpe. Daltronde si credono onnipotenti, fanno ogni giorno guerra alla
verita’.

9) Rimozione e occultamento questa e’ la loro vera parola d’ordine: via
i riferimenti piu’spegevoli e ignobili della storia fascista e nazista;
liquidare tutte le parole che fanno riferimento esplicito a quella
congrega di vili assassini e torturatori pagati dal terzo Reich
conosciuta col nome di Repubblica di Salo’; niente piu’ camice nere ma
completi in gessato blu’ senza gravatta per fare piu’ casual. Questa
operazione di travestimento nel gergo dei "fascisti senza fascismo" si
dice: superamento dell’area neo fascista. Il carnevale ha lo scopo
 di creare le condizioni  per "costruire una progettualita’
politica che li rigetti nella storia di oggi" per conquistarsi
un’avvenire. Per non rischiare di farsi rivomitare dalla storia a calci
nel culo questi signori in intimo nero sono costretti a fare i salti
mortali a sostenere immaginarie non-coincidenze tra "area
storica"(neofascista-neonazista) e "area politica" ( gli affiliati del
giorno, il contesto in cui si muovono).
Da esperti cavalcatori di tigri di carta si sono impegnati nella
costruzione di una rete di rapporti personali con "uomini" capaci di
elaborare "tematiche politiche che siano parte integrante di un
progetto politico
in prospettiva".
Quella strana divergenza tra "area storica e area politica" non
rappresenta il segno di una ritirata dall’attivismo politico ma
semplicemente un cambiamento di tattica: "superare lo spazio
politico" attualmente considerato di destra per poter creare
"progetto politico di prospettiva: un "punto di
riferimento di tutti i settori di crisi che esistono, nelle varie aree
politiche presenti nel Paese." In questo senso considerano al momento negativa la costruzione di un "movimento politico".

 Il crollo dei sistemi politici consolidati,
la crisi della rappresentanza, del welfare state, della forma-partito e
più in generale della mediazione politica tradizionale apre loro
degli ambiti di una possibile egemonia prima culturale e poi politica.
Questo e’ il motivo per cui chiacchierano tanto di superamento di
categorie politiche come destra/sinistra, fascismo/antifascismo e
strombazzano di "terze vie interclassiste", "neocomunitariste". Come ha
scritto il
Sub comandante Marcos: "Nella complicata geometria politica
europea, la cosiddetta "terza via" non solo è risultata
letale per la sinistra, ma è stata anche la rampa di lancio del
neofascismo".

I fascisti mutanti proclamano di aver messo mano ad una "lotta di
liberazione dall’occupazione mondialista", ad un "Fronte di tutti gli
italiani,
qualunque sia
stato il loro passato politico" per…, per abbattere il capitalismo?
Neanche per sogno! da buoni servitori dei padroni del vapore stanno
edificando tutto questo fronte trasversale per vincere le sfide del
secolo?: "il lavoro e l’identita’ nazionale"…ovvero, la tirannia
patriarcale, il culto del capo, il disprezzo delle donne, la
devastazione delle nazioni, lo stupro, la violenza e l’oppressione,
l’imperativo della sopravvivenza e della funeraria etica del lavoro.
E cosi’ (ma davvero non si capisce che sono fascisti?) bisogna edificare  "movimenti
di liberazione
sociale ed etno-culturale del Popolo italiano e dei Popoli europei"
(nella previsione della loro autodeterminazione in un quadro unitario
di
un’Europa che geopoliticamente si estende (Progetto Eurasia) da
Lisbona a Vladivostok.), per liberarsi "dalle logiche del Mercato
Unico Globale che manovra la disperazione e la miseria" e per fare che?
Farsi sequestrare la propria esperienza e la propria vita dal lavoro e
dalla "nazione"? Dobbiamo lottare per consegnarci ad un branco di lupi
autoctoni che modereranno, forse-veramente?, la loro sete di denaro in
ossequio agli interessi superiori della "identita nazionale"?
Un "lavoro a vita"? le parate? No grazie!!! Il diritto al lavoro è il
diritto alla miseria. Esso e’ la miglior polizia dello Stato borghese.

Gli strumenti di questo mirabile progetto di liberazione, cioe’ di
scambio di padroni, non e’ appunto, un "movimento politico" ma uno
specchietto per le allodole, dei  "laboratori politici" di
"comunicazione dinamica e
d’intervento sociale sul territorio" che…, e che ve lo dico a
fa’!…, sono "al di là della destra e
della sinistra".
Le categorie politiche di destra/sinistra, dopo averci sguazzato dentro
a suon di bombe e vili aggressioni, per i "fascisti senza fascismo"
sono diventate inutili per definire i "termini epocali dello scontro",
sic! Tradotto in concetti meno ermetici e cifrati significa che la
lotta di classe non s’ha da fare che al conflitto sociale bisogna
sostituire la resistenza di "idee forza", che al "dominio mondialista"
bisogna sostituire il comando della "comunita’ nazionale"…, di
caserma in caserma, di prigione in prigione, di sfruttamento in
sfruttamento si deve rinunciare ad ogni ostilita’ verso il capitale e
accontentarsi di drogarsi con "l’identita’", "il popolo", "l’idea-nord"
e "l’idea-sud", "la comunita’"(il nazionalismo rivisto e corretto).
Il profitto non va’ minacciato ci si deve appagare di qualche sottile correttivo "comunitario" della schiavitu’.

10) Non contro la "modernita’" ma contro il proletariato, la giustizia
sociale, l’uguaglianza comunista, la lotta contro la proprieta’ privata
si scaglia questa gente che cammina in avanti con la testa girata
all’indietro.
"Tradizione", ideologia
conservatrice, nazionalismo, mitologia
religiosa, islamismo radicale, fondamentalismo cristiano
tutti uniti vogliono instaurare regimi autoritari patriarcali,
abolire il femminismo con la violenza sulle donne, la liberta’
individuale con la subordinazione e la sottomissione dei singoli alla
"comunita’" o a qualche presunto bene superiore o trascendenza mitica,
discriminare gli omosessuali e quando e’ possibile giustiziare i
dissidenti di qualsiasi genere e ordine, sanzionare con la legge e la
polizia la loro "metafisica".
Paranoia autoritaria reattiva o resistenza passiva-autodistruttiva; il
contagio si diffonde per la necessita di garantire l’ordine
capitalistico: manipolare la paura per massimizzare il comando. I
leader mistici di ogni parte politica e religiosa sono tutti d’accordo
sul fatto che le masse debbano scannarsi fra di loro perche’ questo li
favorisce e dopotutto i massacri sono un business. Il malcontento sale
con l’ansia e lo smarrimento e cosi’ la produzione di sacre reliquie,
bandiere, martiri, il culto della morte, le spiegazioni banali di
fenomeni complessi e l’utilizzo di armi di distrazione di massa.

Il marketing della rabbia e della miseria sa’ bene che la gente ha
bisogno di risposte, di significati e di scopi e che questo bisogno si
puo’ controllare e manipolare per sostenere le macellerie sparse in
giro per il pianeta. Per parafrasare H. Marcuse ormai siamo finiti
dentro una societa’ dove e’ ritenuto osceno e immorale una donna nuda
che si mostra in pubblico o chi ha comportamenti sessuali non conformi
mentre e’  ritenuto altamente morale un generale che mostra
sull’uniforme le medaglie guadagnate in una guerra di aggressione con
omicidi di massa e torture o che gli alti prelati della chiesa, di
tutte le chiese, dichiarino la guerra un "male necessario" per
difendere la pace.

Fondamentalismo religioso, etnocentrismo e pregiudizi contro le
minoranze etniche e razziali, le donne e gli omosessuali, prigioni e
castighi esemplari, tutto e’ socialmente terapeutico sotto il segno
della produttivita’ capitalistica, dalle nuove chiese alle nuove false
speranze in favore delle classi dominanti.

 

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milano ‘o sistema e i suoi squadristi

cnero

In periodi di  crisi economica insieme alla depressione
dell’attivita’ produttiva si registra una concomitante e generale
recessione delle anime. Lo spettacolo e’ in stallo e le modalita’ della
repressione e del controllo inclinano, dove la mistificazione
ideologica non arriva, alla violenza, all’intimidazione brutale nelle
strade, all’omicidio. Lo spettacolo in stagflazione e’ pronto a
resuscitare i fantasmi dei
suoi cani da guardia piu’ fanatici e criminali ma, non prima di averli
ripuliti dalla memoria del sangue che hanno fatto colare nel corso
della storia. Per questo accade oggi che i torturatori e gli assassini
in camicia nera vengano "ri-umanizzati", infilati nella lavatrice di
storici piu o meno ufficiali, piu’ o meno accademici e poi riasciugati
al sole dei media d’O Sistema. In questo paese sgretolato la
disposizione al fascismo nella sua forma piu’ pura, cioe’
come somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere
umano medio (Wilhelm Reich), la si puo’ leggere a Milano. Non
a caso Milano e’ la capitale della moda e dell’economia del paese,
ovvero il centro d’O Sistema. Milano
fa tendenza
.

In viale Certosa, appunto a Milano, non lontano dal cimitero di
Musocco, non molto distante dal "Campo X" dove sono sotterrati un
discreto numero di assassini delle SS in compagnia di illustri
torturatori e seviziatori in camicia nera, dal  capo delle
brigate nere
Alessandro Pavolini al fondatore della "legione E. Muti" Francesco
Colombo ad alcuni militi omicidi e criminali della banda Koch…Non
tanto fuori mano dall’immagine di un cervello sociale ridotto ai minimi
termini, in un ex negozio di lapidi mortuarie si sta’ per esumare un
ritrovo per neofascisti paranoici, psicotici e schizoidi con in testa
il culto della morte. Un’aggregazione di lombrichi travestita da
associazione culturale che si  chiama "cuore
nero"
.
Tra i promotori di questo progetto funerario si annovera un tale
Roberto Jonghi Lavarini, ex Alleanza Nazionale, ex investigatore
privato, nostalgico della Repubblica di Salo’ e rappresentante della
"Fondazione Augusto Pinochet" insieme ad altri devoti dell’olio di
ricino e della cocaina come Alessandro Todisco, ex Azione skinheads,
condannato per odio razziale e suo fratello Franco, detto
Lothar, una carriera da buttafuori in
locali notturni costellata di risse e capo degli "irriducibili
dell’inter".  A questo squallido camposanto non hanno mancato
di ossequiare personaggi come Grabiele Adinolfi ex di Terza
Posizione attualmente boss e zucca pensante di "casa
Pound" (roma) altro rinomato sepolcro imbiancato dei veneratori del
totalitarismo revisionato di quei due clown efferati e omicidi, Hitler
e Mussolini, che hanno
strisciato nella storia del novecento.

La malasorte, se preferite la scalogna che si sa’ ha occhi acuti, l’11
aprile 2007 aveva causato un incendio in questa ex lapideria e
l’incidentaccio aveva momentaneamente bloccato i sogni di questa
congrega di vili nullita’. Ma essi non hanno demorso vista anche la
sollecita solidarieta’ offerta loro dal comune di Milano e da i
camerati stinti di An ( Carlo Fidanza, uno che inneggia a Mussolini ma
dice di non aver mai cantato "faccetta nera" ne’ in curva ne’ sotto la
doccia e un tale di azione giovani Alessandro Pozzoli detto
“Peso” capo dei "Guerrieri ultras del Milan"…).

Ma le vedette e le veline di richiamo annodate al progetto
"cuore nero" sono tante da Remo Casagrande, picchiatore missino degli
anni ’70 a Cesare Ferri, accusato e poi assolto per la strage di piazza
della Loggia a Brescia, a Maurizio Murelli, condannato per aver ucciso
nel 1973 un poliziotto a Milano. Non manca l’appoggio di quel discepolo
di Pinochet Stefano delle Chiaie e dei suoi amici calabresi di Quarto
Oggiaro come i Carvelli, i Di Giovine e i Crisafulli. (1)

"Ci sono foto che ritraggono assieme Jonghi Lavarini (in corsa per An)
e Salvatore Di Giovine detto "Zio Salva", della nota famiglia calabrese
da sempre implicata nel traffico e nello spaccio di droga nella zona.
In altre foto, altri politici sono immortalati accanto a Ciccio
Crisafulli, nipote ed erede del boss Biagio "Dentino" Crisafulli.
Intrecci arditi. Favori concessi per tornaconto o in nome di vecchie
amicizie. Come il posto di lavoro fittizio che Lino Guaglianone, un
tempo tesoriere dei Nar, oggi ricco imprenditore già
candidato alle ultime politiche con l’Azione sociale di Alessandra
Mussolini, trovò nella sua palestra di Novate Milanese a
Gilberto Cavallini, plurimomicida ergastolano ex Nar. Di Guaglianone
è anche la palestra Doria di via Mascagni. Tra i ragazzi la
Doria è considerata la palestra "vera", non "fighetta".
Quella che è anche un po’ palestra di vita. Pugni, tifo
ultrà, "azioni" universitarie e militanza politica."
Non volendo fare torto a nessuno di questi vermi e’ bene ricordare che
anche l’avvocato Adriano Bazzoni, collaboratore di
Ignazio La Russa capo di An a Milano e attuale ministro della difesa
del governo berlusconi, si è fatto fotografare, nella sede
di An di Quarto Oggiaro con un bel gruppo di camerati. Tra questi, il
compunto “Zio Salva”: ovvero Salvatore Di Giovane,
che fa parte della famiglia calabrese nota per essere rimasta coinvolta
in indagini pesanti sul traffico di droga della ’ndrangheta
in Lombardia.

Squadrismo. Questa e’ la modalita’ d’azione "culturale" di questa
comitiva di nostalgici di Salo’ e di Hitler. Le aggrssioni compiute da
questi vigliacchi sono state 61 nel 2005, 97 nel 2006, un centinaio nel
2007 (catalogate dall’Osservatorio democratico sulle
nuove destre di Saverio Ferrari). Obiettivi preferiti: giovani
di sinistra, immigrati, omosessuali; oppure sedi di partito, simboli
della Resistenza, centri sociali. La città con
più colpite Roma. Seguono
l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Veneto e la Toscana. Ma in
quasi tutte le regioni d’Italia sono accaduti episodi di
squallido squadrismo.
Con il volto coperto, armati di spranghe o di coltelli aggrediscono e
uccidono a tradimento: Questi sono il prototipo dei "guerrieri in piedi
in mezzo alle rovine" allevati dai revisionisti di destra e di
sinistra, dalle ambiguita’ culturali e politiche di certa sinistra e da
tutti quelli, intellettuali e non, che amano vivere nel vomito della
storia e che di quello si cibano inchinandosi a ‘O Sistema.

Dall’invito ufficiale, il primo, all’inagurazione di questo
obitorio di cervelli detto "cuore nero" si puo’ leggere un interessante
elenco di  cani da gurdia dello spettacolo nell’era Berlusconi:
Roberto Fiore – Forza Nuova
On. Nello Musomeci – Alleanza Siciliana
On. Alessandra Mussolini – Azione Sociale
On. Pino Rauti –Movimento Idea Sociale
On. Luca Romagnoli – Fiamma Tricolore
Sen. Francesco Storace –
Ddestra Adriano Tilgher – Fronte Sociale Nazionale"
"Dirigenti Lombardi e Milanesi di : Azione Sociale Roberto
Giacomelli e Lino Guaglianone
Ddestra On.Alberto Arrighi e Luciano Buonocore
Fiamma Tricolore Attilio Carelli e Marco De Rosa
Forza Nuova Duilio Canu e Roberto Cartocci
Movimento Nazional Popolare On. Tomaso Staiti di Cuddia

I promoter di "cuore nero" sono la fantomatica "Associazione Culturale
Aurora Boreale"
Tra  i sostenitori si trovano
CastMilano ed Il Sogno di Rohan
Casa Pound Roma 
rivista Orion e Libreria La Bottega del Fantastico Milano
Comunità Giovanile di Busto Arsizio
Compagnia Militante di Monza 
l’ Associazione Culturale Limes Milano
Circolo Terra di Mezzo di Milano
Circolo della Rabbiusa Milano
Combattenti della Repubblica Sociale Italiana
Centro Studio Polaris-Gabriele Adinolfi
Ferlandia di Predappio
Attilio Carelli e Marco De Rosa Movimento Sociale Fiamma
Tricolore
Giordano Veneto Fronte Skinhead
Guido Giraudo Associazione
Culturale Lorien
Massimo Picozzi Consigliere di A.N. di Zona 8
Matteo Pisoni giovani della Fiamma
Milano – gruppo “Bandiera Nera”
la Compagnia Militante di Monza Skin4Skin ed il gruppo SAB Monza.

1)
1995-La Procura di Reggio Calabria ha concluso nello scorso Dicembre
un’inchiesta, relativa alle alleanza fra gruppi fascisti, ‘ndrangheta e
massoneria durante la rivolta di Reggio, con la richiesta di rinvio a
giudizio di 463 persone. L’indagine ha dei punti di contatto con quella
del giudice Guido Salvini di Milano, che indaga sulla strage di Piazza
Fontana. L’inchiesta dimostra come ci sia stata un’alleanza operativa
fra Junio Valerio Borghese, Stefano Delle Chiaie, i servizi segreti,
Paolo Romeo, ex segretario della commissione di vigilanza RAI, del PSDI
(che avrebbe protetto Franco Freda), le logge coperte della massoneria
e la mafia calabrese. Inoltre, è stato accertato che la
Freccia del Sud, il treno che il 22 luglio 1970 deragliò
vicino alla stazione di Gioia Tauro, causando 6 morti e 139 feriti fu
organizzato da tre fascisti legati alla ‘ndrangheta, già
morti per cause naturali

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Bologna 2 agosto. Stragi: molti esecutori, i fascisti, un solo mandante, lo Stato

2agosto

"Nel 1990 l’allora Presidente della Repubblica Francesco
Cossiga (sempre
molto presente in tutta questa vicenda), chiese formalmente che si
cancellassero dalla lapide le parole “strage
fascista”. Qualcuno,
sempre di AN, propose anche di far ripartire l’orologio della
stazione
fermo alle 10.25, l’ora dello scoppio della bomba. Traeva in
inganno i
viaggiatori. Palese il tentativo di ridurre questa strage ad uno dei
tanti misteri di cui è disseminata la vita della Repubblica.
Il
fatto è che in Italia, questo il cuore del problema, si
è combattuta
per decenni una guerra a “bassa
intensità” in nome
dell’”occidente”
contro il “pericolo comunista”, fatta di azioni
coperte, terroristiche
e illegali, guidate e condotte da interi scomparti dello Stato. Si
è
per questa via più volte giunti alle soglie di avanzati e
concreti
progetti eversivi. La strage di Bologna, molti lo dimenticano, fu uno
di questi capitoli, a lungo preparata. Almeno due i tentativi che la
precedettero: il 20 maggio a Roma, dove un’autobomba
destinata fare
strage ad un raduno nazionale di alpini non esplose per cause fortuite,
e il 30 luglio a Milano. Qui invece 14 chilogrammi di tritolo furono
fatti saltare davanti Palazzo Marino, in pieno centro, al termine di un
Consiglio Comunale.
E’ una parte della storia di questo paese. Le
destre temono l’emergere di loro complicità e
legami. Per questo si
scagliano contro alcuni brandelli di verità giudiziaria.
D’altro canto,
nessun democratico può accontentarsi. La storia, con tutta
evidenza, ci
dice del groviglio criminale ed eversivo, cresciuto dentro lo Stato,
che ha certamente protetto gli esecutori. Non furono solo i NAR di
Valerio Fioravanti e Francesca Mambro i responsabili della strage.
Anche per questo la battaglia dei familiari delle vittime per la
verità
continua ad essere la nostra." ( Saverio
Ferrari
)

Il 23 giugno 1980 a Roma, in viale Iorio ad una fermata dell’autobus
alle 8.05, i neofascisti Gilberto Cavallini e Luigi Ciavardini dei Nar
(nuclei armati rivoluzionari) assassinano il giudice Mario
Amato. Il magistrato arrivato alla procura della repubblica
nel 1977  aveva ereditato i fascicoli del giudice Vittorio
Occorsio (ucciso il 10 luglio 1976 dal neofascista Pierluigi
Concutelli) che si occupava di terrorismo nero.

Mario Amato, il 13 giugno del 1980  davanti al consiglio
superiore della magistratura, afferma a riguardo delle sue indagini sul
terrorismo di destra: «attraverso i parziali successi delle
indagini su singoli episodi terroristici sto arrivando alla visione di
una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità
ben più gravi di quelle stesse degli esecutori materiali
degli atti criminosi».

Nel volantino di rivendicazione, scritto da Mambro e Fioravanti, si
legge: << Oggi 23 giugno 1980 alle 8,05,abbiamo eseguito
la sentenza di morte emanata contro il sostituto procuratore Mario
Amato per le cui mani passavano tutti i processi a carico dei camerati.
Oggi, egli ha chiuso la sua squallida esistenza imbottito dal piombo.
Altri ancora pagheranno. La vendetta è sacra. Troppo spesso
ci si nasconde dietro frasi come ‘ non abbiamo le armi’ o ‘non abbiamo
i soldi ‘. Soldi e armi sono per le strade e basta anche un coltello
per cominciare. Non c’è bisogno né di covi
né di grandi organizzazioni. Tre camerati fidati e buona
volontà bastano. E se tre non ce ne sono ne bastano due e
non ci dite che non ci sono due camerati fidati>>

<<22 febbraio 1980. I Nar entrano nell’abitazione di un
giovane militante di Autonomia Operaia, Valerio Verbano,
legano e imbavagliano i suoi genitori, lo attendono e lo uccidono. La
madre Rina ricostrusice così l’omicidio di suo figlio.

Valerio Verbano scheda a uno a uno tutti i militanti dell’estrema
destra romana, le attività dei Nuclei Armati Rivoluzionari e
di Terza Posizione. Raccoglie in pochi mesi informazioni riservate che
scrive in un dossier fitto di nomi. I killer dei Nar li pedina anche di
sera, li fotografa da mesi. Si apposta davanti ai loro bar, segue gli
spostamenti, annota i contatti. In quelle carte vengono indicate anche
rapine di autofinanziamento, azioni davanti alle scuole, nelle sedi dei
partiti, raccolte biografie sui personaggi, cenni sulla nascita dei
gruppi di quartiere, sui dissidenti di Terza Posizione.
Il giudice istruttore di Roma Claudio D’Angelo trasmette una copia del
materiale raccolto a casa di Verbano al magistrato romano Mario Amato
che indaga sulle attività della destra radicale
romana.>>

Mario Amato parla spesso della sua convinzione che l’organizzazione
fascista Ordine Nuovo, si sia ricostituita sotto altro
nome, dopo lo scioglimento ufficiale decretato dal ministero
dell’Interno anni prima.
"Ma chi
sono i nuovi neri?
"- si chiede spesso Mario Amato:
"Il vertice dell’organizzazione pesca nell’ambiente
dei giovanissimi, appartenenti alla media e all’alta borghesia, figli
di professionisti. Vengono da famiglie per bene. Insomma tra loro
potrebbe esserci anche mio figlio".

<<I Nuclei Armati Rivoluzionari sono formati da giovani
militanti usciti dal Fuan, l’organizazione giovanile universitaria del
Movimento Sociale Italiana. Sono in gran parte figli della borghesia
romana. I leader più importanti frequentano la sede del Fuan
di via Siena: Giuseppe Valerio (detto "Giusva") Fioravanti, Cristiano
Fioravanti, Alessandro Alibrandi, Francesca Mambro, Dario Pedretti,
Franco Anselmi. A loro si aggiungono il milanese Gilberto Cavallini,
personaggi più vicini alla criminalità
organizzata, la Banda della Magliana, come Massimo Carminati e Claudio
Bracci, ragazzi provenienti dal gruppo di destra Terza Posizione come
Luigi Ciavardini e Giorgio Vale.>>

Il superiore di Mario Amato era allora Giovanni De
Matteo sospettato di collusione con i fratelli Caltagirone e con Licio
Gelli.
De Matteo per tutta l’inchiesta non gli fornì la minima
collaborazione.
Fu Amato a scoprire il clamoroso "protocollo 7125, n°21950"
datato 27
agosto 1976, un incartamento dei servizi segreti che rivelava la
riorganizzazione del gruppo fascista chiamato Ordine Nuovo, messo al
bando nel 1973.
Il 13 ottobre del ’77, il Procuratore Capo di Roma, Giovanni
de Matteo,
al Tg1 dichiara: «Io penso di concentrare tutti gli altri
episodi
presso due sostituti ed eventualmente anche presso un terzo sostituito.
Ognuno segue un certo filone, un certo settore e tutti quanti poi
confluiranno». Ma in realta’ i Sostituti Procuratori promessi
per
affiancare Amato non arriveranno mai. Nei tre anni successivi, infatti,
rimane l’unico magistrato a Roma a indagare sul terrorismo
nero. Cosi’
come era rimasto solo anche il suo “predecessore”
Vittorio Occorsio,
ucciso da Ordine Nuovo nel ‘76 .

Amato e’ convinto che tutti gruppi dell’eversione nera
obbediscano a un’unica regia: «Qui a Roma si
cercano i famosi NAR, che hanno rivendicato
numerosi omicidi e attentati, e che ora sono divenuti ancora piu’
virulenti. Recentemente sono state arrestate persone trovate in
possesso di pistole e bombe a mano. Esaminando il fascicolo rilevai,
utilizzando i miei appunti personali, ma anche un po’ di
schedario, che
le bombe a mano trovate a dette persone avevano lo stesso numero di
altre bombe a mano usate da altri, come quelle usate
nell’attentato dei
NAR alla sede del PCI, in cui rimasero ferite 22 persone. È
evidente
che non puo’ essere una coincidenza. Resta il fatto che tale elemento
l’ho evidenziato io in base a una serie di appunti che mi
sono andato
formando nel corso della mia attivita’, mentre nel rapporto della Digos
non era indicato. Lavorare in tal modo e’ inconcepibile, siamo in
pratica alle soglie della guerra civile e ci troviamo ancora in queste
condizioni». (davanti al CSM, il 15 marzo
dell’80)

<<Amato
intanto, viene isolato
sempre di piu’ anche perche’ rifiuta,
per
non mischiare lavoro e amicizie, gli inviti a feste organizzate
all’interno dell’ambiente giudiziario, tra cui
quella dell’illustre
psichiatra Aldo Semerari. Semerari e’ professore di Psichiatria
forense, membro della P2 e collaboratore del SISMI, che ha tra i suoi
pazienti esponenti della banda della Magliana e della Nuova Camorra
Organizzata di Raffaele Cutolo. Inoltre riceve pressioni dal Giudice
Istruttore Antonio Alibrandi, padre di Alessandro. Infatti il
magistrato Paolo Cemmi’ ricorda che Alibrandi “gli aveva
tolto il
saluto fino a fargli capire che riteneva che Mario fosse fazioso nelle
sue indagini”. A confermarlo e’ il magistrato Pietro
Giordano: «Erano
anni che lo attaccava dandogli del visionario e ricordo un episodio
quasi comico; gli disse: “Ma io ti faccio
arrestare!”. Si era arrivati
persino a queste parole». Di fronte a testimoni, inoltre
Alibrandi
avvisera’ Amato di stare “attento, perche’ questi
sparano”. E per
questi, naturalmente, intendeva i NAR, di cui suo figlio faceva
parte.>>

Srice Saverio Ferrari: <<Settori della destra eversiva,
in quegli anni, teorizzavano ancora le stragi, in una sorta di
continuità fra vecchi e nuovi gruppi terroristici.
Il terrorismo, sia indiscriminato che contro obiettivi ben
individuati, e il suo potenziale ( è stato definito
l’aereo di bombardamento del popolo ) può essere
indicato per scatenare l’offensiva contro le forze del
regime…poche decine di militanti, sparsi in piccoli gruppi,
possono veramente imporre una svolta decisiva alla lotta
rivoluzionaria” Così scriveva Mario Tuti ancora
nel giugno del 1979 insieme a Nico Azzi , Francesco De Min, Marzorati
ed altri, in un documento fatto poi ritrovare alla fine di agosto del
1980 in una cabina telefonica , proprio a Bologna. Quasi una
rivendicazione.

Tuti animava a quel tempo, insieme a Franco Freda, il bollettino dei
detenuti dell’estrema destra. “Quex”,
questa la testata ( ispirata ad un personaggio della mitologia nazista
che incarnava la purezza ariana ), divenne in quegli anni
l’organo di esaltazione delle gesta dei NAR. Dietro le nuove
generazioni terroristiche riaffiorava la vecchia linea della
“guerra civile” tesa a forzare apparati e settori
statali. Una
parte della verità
>>

Terza Posizione.
Scrive Gianni
Flamini
: Francesco Mangiameli, Roberto Fiore,
Gabriele Adinolfi (…) stavano fondando una nuova organizzazione e
dando alle stampe un giornale. Si sarebbero chiamati entrambi
“Terza posizione”. Era il 1979, e Flaminicita un
brano dei loro scritti: “Terza posizione rimuove le stagnanti
acque della rassegnazione e si manifesta come polo per tutti coloro che
vogliono disegnare con noi il futuro del nostro sistema. Dobbiamo
considerarci naturali alleati dell’Islam, a cui non
può non andare la nostra stima (…)  Su legami tra
Terza posizione ed i terroristi dei NAR indagò
all’epoca il giudice Mario Amato, che nelle sue
indagini comincia a tracciare un percorso da seguire:
Nar,Magliana,apparati dello Stato. E’
ancora all’inizio della sua indagine. Non sa degli elenchi
della P2.

Il paese e’ attraversato da forti contrasti sociali, da una grave crisi
economica: Il 2
agosto 1980
, alle ore 10,25, una bomba (5 chili di tritolo e
T4(1), esplosivo
di fabbricazione militare
detto Compound B, e 18 kg di
nitroglicerina per uso civile) esplode nella sala d’aspetto di seconda
classe della stazione di Bologna:
85 morti e 200 feriti. Per la
Giustizia i colpevoli
sono Fioravanti, Mambro e Ciavardini.
Nei primi momenti dopo la strage con insistenza si riferi di
un’esplosione accidentale di una caldaia malfunzionante. Poi, che la
bomba fosse esplosa accidentalmente…Nel corso degli anni vennero
tirate in ballo la pista francese, palestinese, tedesca, libica…Del
reato di depistaggio in relazione alla strage di Bologna sono stati
ritenuti colpevoli e condannati (calunnia pluriaggravata’)
Licio Gelli,
Francesco Pazienza, il generale Musumeci e il colonnello Belmonte. Nel
2000 a questi si aggiungono Massimo Carminati (estemista di destra),
Federigo Mannucci Benincasa (ex-direttore del SISMI fiorentino) e Ivano
Bongiovanni (criminale comune). I primi quattro in particolare sono
ritenuti membri della P2 (Propaganda 2, una loggia massonica segreta,
di cui facevano parte esponenti del mondo politico, militare,
economico, giornalistico, e dei servizi segreti), di cui Licio Gelli
era il capo, e a cui Musumeci e Belmonte, alti funzionari del SISMI,
erano sicuramente affiliati. Depistaggi
, menzogne, "segreti di stato"… P2, vertici dei servizi segreti
deviati, estrema destra…

La conclusione del processo
per la strage
di Bologna afferma sostanzialmente che: a
portare la valigia con la bomba sono stati due neofascisti dei
Nar -Fioravanti e la Mambro-; che il movente della strage e’ da
ricercarsi nella strategia dei Nar per imporre la loro egemonia sulla
galassia dei gruppi neofascisti.
Le prove dell’accusa si fondano in gran parte sulla testimonianza di un falsario legato
alla banda della Magliana: Massimo Sparti.

Arrestato il 9 aprile del 1981 due giorni dopo Sparti si pente e
dichiara che il 4 agosto 1980, due giorni dopo la strage di Bologna,
Valerio
Fioravanti si sarebbe recato con lui dal falsario Fausto de Vecchi,
dove avrebbe commentato i fatti di Bologna
con la frase: “Hai visto che botto”…Sparti
inoltre afferma di aver saputo che Fioravanti e Mambro erano stati presenti, in abiti tirolesi, a Bologna alla stazione, il
giorno dell’ esplosione.

Di sicuro il 2 agosto alla stazione di Bologna
era presente Sergio Picciafuoco, un personaggio della malavita
probabilmente in contatto coi Nar: prima accusato di essere
uno dei responsabili della strage alla stazione viene poi assolto "per non aver commesso il fatto" dalla prima
sezione della
Corte d’ assise d’ appello di Firenze (1996-sentenza confermata dalla
cassazione 1997). 

Tra depistaggi e menzogne di Stato il processo agli esponenti dei Nar per la strage di Bologna si e’ ritrovato a ruotare il impianto accusatorio sulle parole di un pentito della banda della Magliana. E’ vero che la storia non si scrive nelle aule dei tribunali ma a volte quello che accade o non accade al loro interno permette a certi personaggi di dubbia onesta’ intellettuale e politica di imbastire speculazioni nel tentativo di riscrivere ad uso e consumo del potere politico attuale la storia dello stragismo in questo paese. A partire dalle parzialita’ e incompletezza della verita’ processuale sulla strage di Bologna la destra ha imbastito una vasta operazione di revisionismo culturale e politico teso a legittimare, ripulendo la sua storia dall’infamia delle stragi, il suo attuale potere istituzionale.

Resta di fatto che una simile operazione e’ resa possibile nessuna luce viene fatta sui mandanti
politici.

Che Valerio Fioravanti e Francesca Mambro continuino
a dichiararsi innocenti non costituisce daltronde una contro-prova
d’innocenza, come sostenuto da molte parti:-non avrebbero motivo di
tacere ecc.-, perche’ per questo esiste una spiegazione piuttosto
convincente fornita da Cristiano Fioravanti (fratello di Valerio, ex
militante dei Nar e collaboratore di giustizia): tra i motivi della sua
scelta di collaborare con la giustizia egli annovera il tentativo di
"far comprendere a Valerio (Fioravanti) che era giunto anche
per lui il momento di chiarire le sue responsabilità […]
Mi rendo
conto, però, che per lui è impossibile compiere
questo sforzo di
autocritica, anche perché ciò significherebbe
ammettere di essere
stato strumentalizzato da altri e, cioè, da quei poteri
occulti che noi
abbiamo sempre combattuto, e ciò egli non lo farà
mai."

Ricordiamo che per la sua "collaborazione" con lo Stato Cristiano
Fioravanti tra le tante ricompense ricevute contera’ anche l’archiviazione della
sua posizione nell’omicidio di Walter
Rossi
.
In un verbale di interrogatorio reso il 13 aprile ’81 lo
stesso
C. Fioravanti aveva testualmente dichiarato: «Ero anch’ io
armato di una
pistola 7.65.

L’ arma non funzionava perché dell’
anteguerra. Fu per
questo che non partecipai allo scontro ma rimasi lontano mentre
Alibrandi si presentò di corsa con la sua calibro 9 che,
credo, sparò
alcuni colpi. Non so dire, però, se fu lui a colpire. Non
vidi bene
neppure la scena»
In una dichiarazione resa dal fratello, non pentito,
Valerio durante il processo per la strage di Bologna si afferma:
«A sparare erano
stati Cristiano ed Alessandro Alibrandi. Questo lo ha raccontato
Cristiano. La pistola era una e se la passavano l’ un l’ altro ed
è
finita che Cristiano è riuscito ad attribuire il colpo
mortale ad
Alessandro».

(«Non ammazzò Walter Rossi» Non
è stato Cristiano Fioravanti ad uccidere il 30 settembre del
‘ 77 in viale delle Medaglie d’ Oro il militante di Lotta Continua
Walter Rossi.
Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
dei minori Maria Teresa Spagnoletti che ha prosciolto l’ ex terrorista
di estrema destra poi pentitosi (all’ epoca del delitto aveva 17 anni)
«per non aver commesso il fatto»: il pubblico
ministero Massimo Floquet
aveva chiesto il rinvio a giudizio di Fioravanti per concorso in
omicidio volontario aggravato.-2001)

La strage di Bologna resta non solo senza mandanti ma anche senza
memoria:
“Più della metà degli studenti
bolognesi non sa chi furono gli autori
della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Secondo una
ricerca condotta dall’Associazione familiari delle vittime di Bologna,
dal Cedost, dal Censis e dal Landis, nel capoluogo emiliano solo il 22%
degli studenti delle superiori indica nei terroristi neri gli autori
della strage. Il 34% non sa rispondere e il 21,7% indica addirittura le
Brigate Rosse. Per il 72% degli intervistati la famiglia è
la prima
fonte di informazione”

Sul Corriere del 12 giugno 1994 in un’intervista Valerio Fioravanti
e Francesca Mambro e’ riportato quanto segue: seguendo dalla
TV del carcere le vicende del primo governo Berlusconi chiosavano
ironici: "Noi all’ergastolo, loro al governo".

Questo paese non cambia. 

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