il fascismo della normalita’

 
La belle èpoque (1885-
1914 ) fini sotto i colpi di pistola che risuonarono a Serajevo nel
1914. Rotto l’incanto dell’espansione economica indefinita e del
progresso tecnico e scientifico (luce elettrica, ferrovie, vetrine
piene di merci, teatri, cabaret, cinema…, la radio, le
automobili…le riviste a colori, il commercio internazionale, grandi
magazzini, vendita a rate ecc.) segno di una inarrestabile corsa verso
il futuro il mondo cadde nel baratro della guerra (1914-1918).

In italia, ma non solo, la guerra produsse profonde trasformazioni
strutturali della societa’ che portarono alla dissoluzione del vecchio
sistema statale e dei precari equilibri stabilitisi nel periodo
anteguerra tra forze sociali contrastanti.
La crisi politica, sociale ed economica che investi’ il paese sfocera’
nel fascismo che mutera’ "la violenza in terrore e la
propaganda in indottrinamento".

Il capitalismo italiano "partito da  una base insufficiente, non
aveva una forte dinamica espansiva ed era pertanto incapace di
omogeneizzare l’italia in un grande mercato capitalistico;(…) di
conseguenza trovava nel mercato interno una scarsa possibilita’ di
assorbimento dei prodotti e si orientava decisamente verso lo Stato come
valvola di sicurezza per ricavarne commesse, protezioni, sovvenzioni,
premi, aiuti e naturalmente per fare cio’ doveva garantirsi una presa
sempre piu’ sicura sul potere statale.(…) Dopo la "grande
guerra" c’erano possibilita’ di esportazione in un mondo che
doveva ricostruirsi, c’erano possibilita’ di rivolgersi al mercato
interno, che era stato compromesso durante la guerra e che avrebbe
potuto espandersi  grazie ad un elevamento generale del livello di
vita. Ma la classe industriale italiana mancava in larga misura dei
requisiti per affrontare questi compiti; abituata a produrre al riparo
di comode tariffe doganali, non era in generale capace di produrre a
costi competitivi e vendere sui mercati esteri; abituata del pari a
pagare bassi salari preferiva conservare questa abitudine e quindi si
pregiudicava le possibilita’ di allargamento del mercato interno(…)

L’atteggiamento passivo dello Stato nei confronti della crisi 1920-21
"forni’ l’ultima decisiva prova che lo stato liberale non rispondeva piu’
agli interessi della classe dominante. La quale era contro l’intervento
dello Stato, contro quelle che allora si chiamavano <bardature di
guerra>, nella misura in cui cio’ favoriva le sue speculazioni e i suoi
profitti, ma al tempo stesso voleva che lo Stato fosse sempre pronto ad
intervenire nelle forme e nella misura che essa considerava necessaria
per garantirsi profitti larghi e tranquilli, senza rischi.(…)
Ingigantire al massimo il profitto privato e socializzare le perdite,
rimaneva sempre una massima aurea per i capitalisti italiani e lo Stato
liberale si mostrava ormai incapace di applicarla. La sua sorte era
pertanto decisa.(…)

Il capitalismo era abbastanza diffuso in italia per distruggere in
larga misura certe sopravvivenze del passato (molte proprieta’
comuniali e molti usi civici che sostenevano l’economia contadina, il
piccolo artigianato domestico delle campagna, le vecchie forme di
assistenza) che assicuravano una certa stabilita’ di vita alle masse
agricole, ma non abbastanza ne’ per creare nuove possibilita’ di
lavoro nelle citta’ ne’ per elevare il tenore di vita nelle campagne:
al contrario le esigenze dell’accumulazione capitalistica, in un paese
di ritardato sviluppo, portarono alla compressione del tenore di vita delle masse lavoratrici sia agricole che urbane.(…)

In generale il  capitalismo nella sua avanzata distrugge tutta una
serie di attivita’ e professioni indipendenti (la bottega
dell’artigiano, il negozio del piccolo commerciante, in larga misura la
piccola proprieta’ terriera) incapaci di tenere il passo con lo
sviluppo capitalistico, ma al tempo stesso crea una serie di nuove
attivita’ che assorbono e utilizzano gli ex-titolari di quelle
posizioni indipendenti e in ultima analisi l’elemento di relativa
stabilita’ e sicurezza che l’appartenenza ad una grande organizzazione
puo’ consentire appare agli occhi del lavoratore moderno preferibile
alla vecchia indipendenza. In italia, proprio a cagione della relativa
arretratezza capitalistica e della insufficienza dei suoi ritmi di
sviluppo, e’ accaduto che la distruzione delle vecchie professioni e
delle vecchie posizioni, del vecchio equilibrio economico, non era
seguita dalla creazione di nuove possibilita’ di lavoro,
dall’instaurazione di un nuovo equilibrio. E anche quell’altro fenomeno
che il capitalismo ha suscitato ovunque di una larga promozione sociale
era in italia  per le stesse ragioni frenato e limitato:
quando il figlio di un contadino o di un artigiano conquistava un
diploma di maestro, ragioniere o avvocato, non per questo riusciva a
conquistare una posizione sociale adeguata, e spesso rimaneva un
disoccupato o uno spostato, sradicato ormai dal suo vecchio ambiente ma
non in grado di sistemarsi nel nuovo. Donde una larga parte di ceto
medio in una situazione economica e sociale instabile e,
conseguentemente, di irrequietezza psicologica e politica, animato da
un sordo rancore verso il sistema che lo confinava ai suoi margini ma
al tempo stesso voglioso di conquistarsi proprio l’ingresso in quel
sistema stesso.(…)

questo ceto medio irrequieto continuava ad aderire all’ordine sociale
in cui rappresentava un elemento permanente di turbamento e irrequieta
instabilita’, dando vita a tutta una serie di fenomeni caratteristici
di queste situazioni che vanno si puo’ dire, dal garibaldinismo
risorgimentale al nazionalismo, all’interventismo e al fascismo,
passando attraverso lo stesso socialismo e il sindacalismo
rivoluzionario.(…) l’irrazionalismo e l’antidemocratismo sono le
espressioni in cui si incarna l’aspirazione di questo ceto medio
travagliato a un regime che gli dia finalmente quella posizione e
funzione sociale cui inutilmente aspira da decenni. Ma naturalmente
questo ceto medio non puo’ essere il cemento della societa’, non puo’
essere il sostegno della stabilita’ democratica.(…)

anche la’ dove, pur fra alti e bassi, permane un equilibrio
fondamentalmente democratico, elementi di fascismo sono presenti
perche’ essi sono coessenziali al tipo di societa’ industriale moderna,
ne costituiscono anzi in un certo senso la tendenza di fondo. Anche la’
dove non si manifesta, questo nucleo di fascismo e’ presente sotto la
superficie democratica e l’indice di democraticita’ di un paese sara’
maggiore o minore anche in relazione all’incidenza minore o maggiore
che questo nucleo di fascismo esercita sull’andamento della vita
nazionale, minore solitamente nei periodi calmi, di equilibrio sociale,
maggiore nei momenti di crisi, di tensione, di squilibrio. Sociologhi
moderni hanno tendenza a vedere questo nucleo di fascismo
principalmente nei ceti medi i quali in una societa’ di tipo
industriale, che implica continui e profondi mutamenti della struttura
sociale, rischiano spesso di trovarsi ai margini della societa’, e, per
usare l’espressione del Mannheim, rischiano di trovarsi
<disinseriti> e percio’ scontenti e irrequieti, venendo cosi’ a
costituire un elemento turbolento e di squilibrio. In verita’ questo
ceto medio puo’ costituire l’ala marciante del fascismo ma non
rappresenta la forza determinante che sta’ invece nella tendenza del
grande capitale all’appropriazione del potere statale.(…)

Per sintetizzare in un’espressione la crisi del rapporto Stato-masse in
quel dopoguerra si puo’ dire che da unlato le masse premevano perche’
il vecchio Stato liberale  si trasformasse in uno Stato
democratico, ma ne’ la classe dominante, ne’ il ceto politico, ne’ il
quadro istituzionale, ne’ infine gli stessi partiti di massa erano
maturi per questo passaggio. Di fronte alla crisi del vecchio Stato,
incapace di contenere questa nuova spinta e di attuare le necessarie
trasformazioni, maco purtroppo una soluzione di ricambio che non fosse
la rivoluzione di tipo sovietico o il fascismo.

E qui e’ opportuno spendere qualche parola sulla responsabilita’ del
movimento operaio nell’ascesa al potere del fascismo. E’ assolutamente
gratuita l’idea che il fascismo abbia impedito in italia una
rivoluzione socialista e abbia raccolto il consenso popolare proprio
per salvare l’italia da questo pericolo. In realta’ finche’ il
movimento operaio fu’ forte fino al punto di poter rappresentare un
pericolo per l’ordine costituito, il fascismo viceversa fu assai debole
e le sue fortune cominciarono a salire dopo che il movimento operaio
era gia’ nella fase discendente. Il punto piu’ alto della tensione
rivoluzionaria in Italia fu toccato dai moti contro il caroviveri,
cioe’ nel luglio 1919, e a quell’epoca il fascismo era press’a poco
inesistente e comunque prese posizione a favore dei moti stessi.; fra
il luglio 1919 e l’occupaziuone delle fabbriche(settembre 1920) vi fu
un periodo di alti e bassi, ma con tendenza ad una diminuzione della
tensione, e del resto la stessa occupazione fu un momento di battaglia
che aveva per gli operai essenzialmente un carattere difensivo. Dopo la
fine dell’occupazione la tensione e la volonta’ di lotta delle masse si
abbassarono rapidamente e ogni possibilita’ rivoluzionaria
definitivamente tramontata, e invece la vera ascesa del fascismo
comincera’ soltanto piu’ tardi. Con cio’ cade anche la leggenda del
fascismo sorto come reazione alle violenze rosse….piu’ brutale e
inumana fu la violenza fascista che continuo a svilupparsi, sotto la
protezione dell’autorita’, molto dopo che la violenza operaia era
definitivamente tramontata. Se di una responsabilita’ del movimento
operaio deve tuttavia parlarsi, essa e’ di altra natura e consiste
soprattutto nell’incapacita’ che esso allora dimostro’ di offrire agli
italiani soluzioni nuove e democratiche, delle soluzioni che potessero
rappresentare un superamento del vecchio ordine liberale e potessero
incanalare l’immenso malcontento che la guerra aveva lasciato dietro di
se’ e che non riguardava soltanto gli operai ma anche il ceto medio.

Purtroppo in seno al movimento operaio prevalsero altri atteggiamenti:
da una parte la destra sembrava ansiosa di ritornare alla vecchia
prassi del piccolo cabotaggio riformistico, dei favori sollecitati ai
ministeri per le cooperative o per le leghe, e intanto rifiutava di
assumersi responsabilita’ nella situazione nuova, con lo specioso
preteso che la guerra l’aveva voluta la borghesia e che spettva alla
borghesia liquidarne le conseguenze.(…) Dall’altro lato la sinistra
massimalistica (compresi i comunisti) aspettava il crollo dello Stato
boirghese e voleva anche in italia una rivoluzione di tipo sopvietico,
ma intanto non faceva nulla per prepararla e tanto meno operava per
delle soluzioni che non fossero la rivoluzione."(1)

Ai suoi esordi il fascismo si presento’ con i caratteri di un
alternativa tanto al capitalismo quanto al comunismo e
prima del "ritorno all’ordine" (seguito al discorso di Mussolini del 3
gennaio 1925) e della nascita del regime totalitario esso assunse la
natura di un movimento politico "al di la’ della destra e della
sinistra", fondamentalmente contradditorio, composto da un’insieme di componenti
 diverse, di elementi di continuita’ e di
rottura rispetto alla storia precedente del paese. Il fascismo espresse
le velleita’ di una "terza via" nemica della politica ed economia di
tipo liberale, rea di meccanicismo, materialismo, individualismo,
cosmopolitismo, e del comunismo collettivista ecc., e orientata, invece, a
un organicismo comunitario legato a valori nazionali e spirituali. Le
stesse velleita’ le ritrovera’ alla fine della sua tragica parabola
storica, quando all’ombra del culto della morte e della persecuzione
sanguinaria si reclamizzera’ , per necessita propagandistiche, il
ritorno a presunti principi socializzatori, anticapitalisti e
antiborghesi del "fascismo-movimento" delle origini.

« Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e
sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè
fascista nel senso delle nostre origini. »(3)
« I nostri programmi sono decisamente rivoluzionari, le nostre
idee appartengono a quelle che in regime democratico si chiamerebbero
di sinistra; su ciò non può esserci nessun dubbio. NOI
siamo i proletari in lotta contro il capitalismo, i rivoluzionari in
cerca di un ordine nuovo. Se questo è vero rivolgersi alla
borghesia agitando il pericolo rosso è assurdo. Lo spauracchio
vero, in pericolo autentico, la minaccia contro cui lottiamo senza
sosta viene da destra." »(4)

"Al momento di dover fissare quella che e’ stata l’ideologia del
fascismo, ci si accorge che non e’ mai esistita o che una
sovrastruttura ideologica e’ stata, volta per volta , improvvisata
sulla spinta dell’azione. Non si tratta di un’ idea ma di un’ insieme
di idee parziali, rovesciate, che erano animate e coordinate  da
una ragione retorica.(…) la storia del fascismo e’ soltanto una
storia di soluzioni pratiche, di risoluzioni dettate dall’opportunita’
politica, per cui una volta esaurita la spinta meccanica del movimento
non e’ rimasto in piedi nulla di concreto, nulla di veramente
soddisfacente dal punto di vista dell’ideologia(…) il movimento
fascista, era anzitutto un movimento di reazione, in quanto non
determinava la realta’ ma la subiva e subendola cercava di inserirvisi;
non aveva nulla di autentico da proporre, caso mai aveva soltanto un
bisogno di opporsi e siccome la sua opposizione con una rete di
interessi economici ben precisi, ben individuabili, traeva di li’ la
sua forza, la sua capacita’ di organizzare la resistenza, ma sempre da
un punto di vista "negativo", mai positivo. "(2)

Gia’ nel maggio del ’19 Mussolini, in una intervista dichiarava
apertamente : " Le pregiudiziali sono delle maglie di ferro o di
stagnola. Non abbiamo la pregiudiziale repubblicana, non quella
monarchica, non abbiamo la pregiudiziale cattolica, socialista od
antisocialista. Siamo dei problemisti, degli attualisti, dei
realizzatori." E poco prima, nel marzo 1919, sulle colonne del Popolo
D’Italia scriveva: "Noi ci permettiamo il lusso di essere conservatori
e progressisti, reazionari e rivoluzionari a seconda delle circostanze
di tempo, di luogo e di ambiente" .

Alle sue origini il fascismo si proclamo, con le parole del suo
fondatore, "antipartito e movimento". La fondazione dei "fasci di
combattimento", piazza san sepolcro-milano 1919, avvenne sulla base di
un programma ambiguo e dalle "due anime": reazionario e conservatore
(perché anti-proletario e antisocialista), ‘rivoluzionario’
(perché anticapitalista).
("Tra i suoi punti di ‘sinistra’, v’era la richiesta della giornata
lavorativa di otto ore, il blocco degli affitti, la richiesta di
un’imposta straordinaria sul capitale, l’aumento delle imposte dirette
a carico dei ceti abbienti…")

In un paese con un ritmo economico poco intenso e istituzioni
democratiche poco provate ed elastiche  il passaggio, che
comportava una serie di riadattamenti, ridimensionamenti ecc., dallo
stato di guerra a quello di pace mise il ceto medio al centro di
malcontento ed agitazioni. Questo ceto medio intriso di cultura
tradizionale, provinciale e retorica incapace di inserirsi nel processo
produttivo moderno in condizioni di stabilita’ e sicurezza fu presa del
fascismo, della sua confusa e ambigua propaganda che prometteva una
generica palingenesi nazionale. Del resto : " le contraddizioni del suo
primo programma (del fascismo) sono le contraddizioni del ceto medio;
le rivendicazioni estreme e le prese di posizione anticapitalistiche,
antimonarchiche, aticlericali ed antiproletarie sono tipiche della sua
mentalita’ di quel tempo. Piu’ che un programma vero e proprio, cioe’
un insieme organico di soluzioni, esso comportava un cumulo di
risentimenti. Il risentimento era allora il vero stato d’animo del ceto
medio e l’interprete ideale doveva esserne Mussolini, la cui vita era
stata un perenne risentimento contro la societa e la cui filosofia,
come ha scritto un biografo inglese piuttosto benevolo, Finer, altro
non era che una carica di risentimenti. Chi scorra il Popolo d’Italia
di quei primi anni postbellici vedra’ che gli attacchi alla plutocrazia
e alle forze dominanti si alternano con gli attacchi al Partito
socialista, e al tempo stesso vedra’ un possibilismo pratico che
spinge Mussolini ad applaudire ad ogni movimento di massa con la
speranza di potervisi inserire e magari strapparne la direzione al
Partito socialista(…)

Questo atteggiamento ambivalente, incerto, pragmatico, questa
permanente disponibilita’ per ogni soluzione, per qualunque riforma,
per qualunque avventura, e al tempo stesso tutto questo risentimento
contro tutto cio’ che esiste di apparentemente forte e consolidato,
organizzato, questa mutevolezza che in Mussolini arrivo fino al piu’
spregiudicato cinismo e’ ancora un riflesso di quell’instabilita’ e
inquietitudine del ceto medio(…)

Il fascismo rimane  fin quasi alla fine del 1920 tipica
manifestazione del ceto medio urbano(…) solo dopo le amministrative
del 1920 si sviluppa la seconda componente del fascismo, la reazione
agraria , la quale gli fa assumere ben altre proporzioni ed inaugura
 il periodo della violenza sistematica e delle <squadracce
punitive>.
La grande agitazione contadina dell’estate 1920 si era chiusa con una
vittoria; l’associazione agraria bolognese aveva dovuto cedere e
firmare i nuovi concordati di lavoro, e voleva la rivincita sul terreno
della violenza, una rivincita per la quale poteva reclutare piu’
numerose squadre fra i sottoproletari disoccupati e i reduci delle
province piu’ povere, e poteva reclutare piu’ ufficiali fra i fascisti
del ceto medio che nella guerra civile trovarono finalmente
un’occupazione e uno sfogo. Ma a dare a questo spirito di rivincita una
ampiezza insospettata fu il risultato delle elezioni amministrative,
che segnarono una grande vittoria socialista con la conquista di 2800
comuni fra cui Milano e Bologna(…)

Il fascismo non avrebbe ugualmente potuto vincere la sua battaglia e
conquistare il potere statale, se alle due componenti di cui abbiamo
parlato, il ceto medio e il padronato agrario, non si fosse aggiunta
anche la terza, la grande industria.(…)
agli inizi del 1920, l’industria italiana si era data un’organizzazione
centralizzata, la Confindustria, che doveva ben presto diventare un
elemento determinante nella vita del paese. Fu la potenza economica
della grande industria, furono le sue relazioni politiche, la sua
influenza in seno alla classe di governo e alla burocrazia che
assicurarono al fascismo i mezzi per insediarsi al potere, si puo’ dire
senza combattere.

Attraverso il Popolo d’Italia si puo’ cogliere facilmente questa
evoluzione; dopo aver per tanto tempo tuonato contro il capitalismo e
la burocrazia, il giornale di Mussolini scopre a un certo punto che il
capitalismo e’ appena agli inizi della sua storia e ha innanzi a se’
ancora periodi gloriosi, e nello stesso numero in cui annunzia che
fara’ una grande campagna per una politica di espansione, per una
politica nazionalistica e di armamenti, annunzia altresi’ di aver
trovato i fondi per fare una grande tipografia moderna: credo non ci
sia bisogno di sottolineare la connessione tra questi fondi e la
campagna in favore di quegli obiettivi che interessavano l’industria
pesante.

Ma, come abbiamo detto, l’industria non dava solo i mezzi finanziari,
dava anche la forza politica e difatti l’omerta’ delle pubbliche
autorita’ con il fascismo diventera’ dopo di allora sempre piu’
sfacciata: le armi stesse dello Stato saranno messe a disposizione
degli assassini e degli incendiari fascisti e l’impunita’ sara’ loro
assicurata. Naturalmente gli uomini del vecchio regime che tolleravano
e favorivano questo scandalo non pensavano che si scavavano la fossa da
soli: si illudevano di servirsi dei fascisti per imbrigliare il
movimento operaio e poi di assorbire i fascisti nel vecchio giuoco
parlamentare. Ma il vecchio giuoco parlamentare era veramente troppo
vecchio, le istituzioni inadeguate. Lo Stato liberale aveva chiuso il
suo ciclo."(1)

Il fascismo, maschero’ la sua natura di classe con il corporativismo,
un’ideologia economica d’ispirazione cattolica che pretendeva di poter
superare il conflitto sociale ma che in realta’ subordinava l’interesse
delle classi lavoratrici all’obiettivo dello sviluppo della potenza nazionale e
al grande capitale. L’utopia dell’armonia e della pace sociale propagandata dal
fascismo in sostanza non fu che la facciata ideale del potere
incondizionato del capitale sul lavoro.
"Bisogna costruire un fronte unico dell’economia, bisogna eliminare
tutto ciò che può turbare il processo produttivo,
raccogliere in fascio le energie produttive del paese nell’interesse
della Nazione".(B.Mussolini-1923)

"quel corporativismo con una insostenibile parità tra capitale e
lavoro(…)si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici
alla mercé dei padroni in gambali ed orbace" , scrisse A.
Capitini .

Le correnti del "socialismo nazionale e corporativo" che si erano
riconosciute nella vagheggiata socializzazione delle imprese durante la
Repubblica di Salò, e di un mitico fascismo delle origini, dopo la liberazione ebbero un ruolo
importante nella ricostituzione del movimento fascista.
"Si stagliano nella storia frantumata dell’Italia sconvolta dal secondo
conflitto mondiale, questi fascisti indomabili che hanno nella testa
contemporaneamente la socializzazione dei mezzi di produzione e del
lavoro e l’idea di patria. O di sangue e suolo, se preferite. Concetti
chiave, questi ultimi, della lunga memoria fascista che approda al
dopoguerra forte di una tradizione ideologica e di valori condivisi
destinati dalla memoria dei vincitori ad essere apparentemente
confinati nell’oblìo. Le origini culturali di ciò che per
comodità espositiva è stato spesso definito neofascismo
stanno tutte lì, in quegli ultimi bagliori di eroismo del
soldato politico pronto a dare la vita perché soltanto nel
sacrificio trova appagamento il desiderio di essere utile alla
causa."(5)

Dietro la rinnovata mitologia di un "socialismo nazionale" mai esistito
e di un immaginario punto zero i nuovi fascisti come i vecchi cercano
di occultare la loro simpatia per le barbarie e l’orrore. In nome di un
"fascismo sovrastorico", una sorta di contenitore vuoto da riempire
all’occasione con la "permanente disponibilita’ per ogni soluzione, per
qualunque riforma, per qualunque avventura", questi nuovi fascisti sono
disposti a rinnegare le loro stesse determinazioni storiche. Oggi con
l’ambiguita’ e il cinismo di sempre arrivano anche a dichiararsi
estranei al fascismo.

Eppure le loro posizioni da campanilisti ingenui e paranoici che
credono che le loro cittadelle possano trasformarsi nel centro della
resistenza al mercato mondiale, le loro menzogne colorate da mitiche
"terze vie" vanno incontro ad un bisogno sentito: la paura degli
individui dinnanzi al loro annichilimento nei processi
reali della produzione e riproduzione della vita sociale. La loro
risposta a questo bisogno e’ ovviamente falsa nella misura in cui
propone antitodi che
sono solo "negazioni astratte", riproposizione di "un autentico", rivisto e corretto, che
si limita
a sanzionare la
nostalgia di un qualitativo che il rapporto di scambio ha gia’
distrutto definitivamente e che comunque e’ in accordo preliminare con
la repressione.

Ex marxisti come il filosofo Costanzo Preve reclamano la legittimita’
di termini come "comunitarismo" e "nazionalitarismo" affermando che "la
dicotomia Sinistra /Destra non è più un classificatore
adeguato per orientarsi sui più grandi problemi interni e
internazionali. Questa dicotomia non è certamente illusoria, ha
avuto una robusta e materiale origine storica, ma oggi si è
esaurita quasi completamente a causa di profonde trasformazioni della
stessa società capitalistica."

Allo stesso modo si da’ per superata l’opposizione
fascismo/antifascismo dimenticando allegramente che il piano della
dialettica politica ed istituzionale non e’ identificabile con quello
sociale. Elementi di fascismo sono coessenziali al tipo di societa’
moderna capitalistica, ne costituiscono la "tendenza di fondo". La
presenza di queste componenti fasciste all’interno delle societa’
occidentali e’ permanente e rende l’equilibrio democratico estremamente
precario. L’affermarsi della democrazia di tipo occidentale e’ il
frutto di un concorso di circostanze storiche che non possono mai dirsi
definitivamente consolidate.

 
Perche’ un  "regime democratico" possa affermarsi e’ necessario
che non vi siano lacerazioni profonde nel tessuto sociale: "quando
queste lacerazioni si producono sotto la spinta di tensioni troppo
forti, di polarizzazioni di classi, quando vi sono ricchezze enormi
concentrate in poche mani di fronte a classi popolari miserabili, non
puo’ sussistere democrazia perche’ o le masse miserabili sono escluse
dal potere o, se vi partecipano, se ne servono per rovesciare il
sistema, ma in questo caso l’asprezza della lotta portera’ alla
rottura, all’eversione, non all’equilibrio democratico. In altre parole
le classi dominanti  non consentiranno a dischiudere alle classi
cosiddette inferiori la via della partecipazione al potere se non sulla
base di un’adesione delle stesse classi inferiori ai principi che
regolano il sistema sociale, che disciplinano l’ordine costituito, onde
e’ stato scritto che la democrazia vive quando vi e’ un consenso
pressoche’ universale attorno ai principi fondamentali del sistema e
c’e dissenso solo sui particolari, il che impedisce che il sistema
venga rimesso in gioco ad ogni elezione.

La democrazia presuppone un tessuto sociale in larga misura omogeneo e
l’accettazione di una sola tavola di valori fondamentali. Ma perche’
questo sia possibile, occorre che la societa’ abbia risolto i problemi
elementari della vita delle masse, anzi che abbia assicurato alle masse
stesse delle condizioni di vita in continuo miglioramento per cui le
masse si sentano in definitiva solidali con il regime sociale e non
pensino a rimetterne ogni giorno in discussione i principi.

Cio’ implica che l’affermazione della  democrazia postula un
regime di prosperita’ crescente capace di soddisfare i bisogni
crescenti delle masse, e la storia ci conferma che la societa’
capitalistica ha potuto iniziare un processo di democratizzazione solo
nella misura in cui e’ riuscita ad assicurarsi margini sufficienti di
profitto.

Ma se la prosperita’ e’ la premessa del processo di democratizzazione,
essa non e’ tuttavia sufficiente: (…) e’ necessario in altre parole
che non soltanto il tessuto sociale sia omogeneo ma che sia omogeneo
anche il contesto ideologico della societa’. Questa omogeneizzazione e’
compito primario del ceto medio,, ne costituisce una delle funzioni
precipue e fa di esso l’elemento coesivo della societa’, una sorta di
cemento che lega e rafforza le strutture dell’edificio sociale. E’
infatti il ceto medio che fornisce i quadri intellettuali alle classi
avverse, a quelle dominanti e a quelle dominate, e questi quadri
intellettuali, che difendono interessi contrastanti, sono pur sempre
usciti dalle stesse scuole, hanno avuto la stessa formazione mentale,
parlano sostanzialmente lo stesso linguaggio, e percio’ possono
condurre il loro dibattito in forma di dialogo democratico, possono
esprimere i loro contrasti entro una cornice comune, che e’ appunto la
cornice delle istituzioni esistenti, frenando o riassorbendo le spinte
eversive, traducendo in termini di coesistenza democratica le volonta’
eventuali di rottura."(1)

Se queste sono le condizioni di uno sviluppo democratico tutta la
storia di questo paese e li’ a dimostrarci che queste condizioni non
sono mai state effettivamente confermate e che la democrazia e’
un’equilibrio instabile, "una successione di equlibri che si
distruggono e si ricompongono permanentemente".

L’intossicazione psicologica autoritaria avanza a ritmi serrati anche
per responsabilita’ di una "sinistra" che ha dimenticato che
nelle societa’ con un certo grado di civilta’ nei momenti di crisi, ma
non solo, la "cultura" e’ un terreno determinante di operazioni di
guerra di classe. Ha valutato con superficialita’ e leggerezza,
considerandola il puro delirio di una ristretta cerchia di
intellettuali la marea di fascismi che oggi ha conquistato una forte
egemonia culturale nel paese.
Ha trattato ambigue
parole d’ordine come "comunitarismo", "nazionalitarismo",
"antimondialismo", "differenzialismo" sono state trattate con
 sufficienza, come il vezzo di un ristretto nucleo d’intellighenzia,
ininfluenti dal punto di vista sociale, mentre gli sfuggiva di mano la
situazione e lasciava, a parte qualche "mitica mobilitazione
antifascista", che una "cultura" falsamente antiliberista finisse col
funzionare da ideologia di ricambio per l’impresentabile mito della
razza fondata su un sostrato biologico e si diffondesse fra larghi
strati della popolazione. 
 
Non molto tempo fa, questa gente
autonominatasi "rappresentante" del proletariato si dichiarava marxista
ma in realta’ era solo
impegnata nella
dogmatica adorazione di inconcludenti categorie con cui si dipingeva
il mondo in bianco e nero e lo  imbandiva per il
dominio, oggi ha scoperto, con decenni di ritardo, che la
causalita’ di struttura e
sovrastruttura come arma politica decisiva e’ rimasta molto, troppo
indietro allo sviluppo storico delle societa’ capitalistiche e si e’
lanciata  in deliranti acrobazie teoriche…Questa gente "storicizza" a
tutto spiano ma poi dimentica di storicizzare  se stessa e la sua
collocazione sociale. Troppo indaffarati, dentro e fuori le
istituzioni, a catalogare il mondo in "contraddizioni principali e
accessorie", troppo infatuati dalle strabilianti innovazioni
tecnologiche del capitalismo contemporaneo si sono scordati di stare
nei quartieri, sulla strada e sul territorio mentre la melma saliva dai
tombini.
Anche
adesso, giacche’ ne’ gli errori ne’ la storia  hanno mai insegnato
nulla a queste persone, invece di riaprire un processo di ri-elaborazione
sociale del conflitto, stanno li’, a lambiccarsi il cervello in
raffinate e dotte analisi sulle "ragioni della sconfitta" e a litigare
se la falce e martello e’ un simbolo che valeva piu’ di 5 tremolanti
strisce di colore. Si sa’, il marketing politico innanzitutto.

Come aveva profetizzato Pasolini "L’Italia sta marcendo in un benessere
che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione,
conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa
marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa
nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la
tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona,
con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per
affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre
essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come
codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo
brutalmente egoista di una società."

Prestarsi a codificare e sollecitare, in forme ora meno ora piu’
estreme, il "fondo brutalmente egoista " di
questa societa’   significa collaborare, sostenere il "fascismo della
normalita’" che e’ una delle ultime colonne di sostegno di quella 
piramide della spazzatura che e’ diventato questo paese che traballa
sotto i colpi della crisi economica.
Nella
marcescenza del sistema borghese italiano gli smarriti intellettuali
dell’inquieta classe media, con tutto il codazzo di piccola
psico-borghesia del caso, di destra, di sinistra, di centro e di su’
per giu’, anche quelli che ieri militavano su fronti avversi, si sono
abbracciati in un’orgia di rimpianto e di contrapposizione romantica
al sistema capitalistico.

Nell’attesa che le idee cadano dal
cielo i nuovi fascisti e l’oscuratismo clericale e autoritarista
inquina la mente di chi non ha altra merda per vivere che l’esistente,
nelle sue forme piu’ alienanti e brutali e mentre i poveri fanno guerra
agli altri poveri, gli immigrati regolari si barricano nella difesa dei
livelli di vita raggiunti contro gli irregolari, la tv ci rivende il
disagio come bene di consumo, e i neofascisti ci accoltellano e la
polizia ci pesta i nostri svaporati ex "rappresentanti" e anche quegli
altri duri e puri giocano a fare i rivoluzionari senza rivoluzione e le
avanguardie senza masse.
Chi difende e sostiene materialmente e
praticamente gli sfrattati? Quale organizzazione di "sinistra" ha messo
a dispozione le sue forze per occupare delle case, difendere i centri
sociali, non pagare i trasporti, promuovere "spese proletarie",
garantire reti di circolazione e solidarieta’ vere ecc.? E non mi
riferisco ai messaggi di solidarieta’, agli attestati di stima, alle
manifestazioni una tantum…

Ormai ogni settore dello spettacolo
e’ armonizzato in se’ e tutti fra loro, l’equivalenza dello scambio
progredisce nella cultura, nella politica e tutti si somigliano cosi’
tanto che gli stalinisti ballano coi fascisti, i nonviolenti con i
picchiatori, i poveri coi ricchi, gli oppressi coi loro oppressori…I
Preve, si trovano in sintonia con i
Paolo Signorelli e i Stefano delle Chiaie, gli intellettuali di
"sinistra" baciano quelli di "destra", i proletari non sanno neanche
piu’ distinguere i loro nemici sociali…

Diliberto
rimembra, i bei tempi andati in cui i maestri di paese, non pigliavano
quattro lire di stipendio, ma godevano, nel loro ruolo di austeri
educatori delle future generazioni, del prestigio della comunita…I
Bertinotti cantano le lodi della Gandhiana tesitura a mano…i
rivoluzionari con la R maiuscola sognano assalti al palazzo d’inverno
gia’ preda di una nota immobiliare internazionale… i terzomondisti
terzomondano…La resistenza la fanno tutti a Porta a Porta.
I nuovi fascisti intanto con posizioni apparentemente
innocue, da campanilisti ingenui e paranoici che raccontano di utopiche
cittadelle che si trasformeranno nel centro della resistenza alla "globalizzazione" vanno incontro ad un bisogno sentito: il
terrore degli individui dinnanzi al loro annichilimento nei processi
reali della produzione e riproduzione della vita sociale e si radicano sul territorio. La loro
alternativa e’ ovviamente falsa nella misura in cui propone antitodi
che sono solo ideologia astratta, "un’autentico" che si limita a sanzionare la
nostalgia di un qualitativo che il rapporto di scambio ha gia’
distrutto definitivamente e che comunque e’  in accordo
preliminare con la repressione:

"I termini dello scontro epocale non possono essere concepiti come
contrapposizione tra destra e sinistra (espressioni concettuali prive
di significato reale) ma come riaffermazione di Idee Forza capaci di
creare forme autentiche di resistenza al dominio mondialista e
globalizzante. Idee che possono rinvenirsi soltanto nel comunitarismo,
con la riaffermazione delle Comunità di Popolo e, quindi, della
riscoperta delle identità e delle culture negate."(Paolo Signorelli)

"Io
ritengo che la crisi, in questo momento, invada tutti i settori
politici. Allora la scelta strategica è o quella di trovare
all’interno di un settore, di un’area, delle ipotesi di riunificazione
per creare una forza, che comunque rimane ristretta in quell’area, o
preparare e creare un progetto politico di prospettiva, che permetta di
essere punto di riferimento di tutti i settori di crisi che esistono,
nelle varie aree politiche presenti nel Paese. E quindi non muoversi
orizzontalmente, ma muoversi in modo verticale: per fare questo, un
movimento politico sarebbe negativo."(Stefano Delle Chiaie)

Di fronte al "disincanto del mondo", alla distruzione dell’unita’
"mitica e sacrale del corpo sociale" da parte della razionalizzazione
capitalista il fascismo ha sempre proposto surrogati, storicamente
adeguati e molteplici, di questa unita’. Il suo "nucleo mitico" ,
visionario, il suo "organismo fatto di immagini", che catalizza
l’immaginario affettivo delle moltitudini e degli individui compressi
dalla razionalizzazione capitalista, ha la forma di un utopia astratta,
di volta in volta modellata e nutrita dall’esistente, dai suoi tratti
reificati e alienanti:
Appello alla comunita’, attivismo esasperato, culto della
gioventù e dello sport, eroico ideale di avventura, la
volontà di sperimentare in un azione proiettata verso il futuro
un ideale di perfezione eterna; corpi scultorei, la vittoria dei "puri"
contro gli "impuri", estetizzazione della vita quotidiana che e’
anche sigillo di una superiorita’ morale sovrastorica ecc. in fondo
cosa promettono se non gli stessi "oggetti di desiderio" di una qualsiasi infima
pubblicita’ di merci a buon mercato…?!!

 
Dinnanzi al processo di deterritorializzazione innescato
dall’espandersi del mercato mondiale capitalistico gli individui
spaesati e sradicati  si lasciano catturare
da un richiamo di identificazione territoriale che usa la
frustrazione di fronte alle promesse non mantenute delle nuove
frontiere del benessere (che la "globalizzazione" avrebbe dovuto
portare con se’) per indurre negli
stessi una sorta di
istinto di rinuncia che orienta verso una modalità di
esistenza ridotta, cosa alquanto necessaria ai capitalisti nel
tentativo di tenere bassi i costi di produzione e riproduzione sociale
della
forza-lavoro nella guerra della competizione
internazionale. Contemporaneamente questi individui sono perennemente
mobilitati dal richiamo virtuale ad un consumo senza limiti, sottoposti
alla crescente pressione di definire se stessi attraverso un consumo 
dal quale in realta’ restano esclusi. Peggio, tutta la loro vita
gravita attorno ad universi che pongono al centro "il lavoro", un
lavoro tradizionale, un lavoro che rende la "dignita’ di produttori",
che apre l’accesso ai diritti, fonda le identita’ e le relazioni
sociali, ma che non c’e piu’…

Su questo terreno contraddittorio i nuovi fascisti e i loro amici
pensano di poter realizzare una riedizione contemporanea del primato
della politica sull’economia, un aspirazione che inevitabilmente ha
sempre fatto precipitare la societa’ nel totalitarismo, nel terrore,
nel sacrificio degli individui alla totalita’.
La "terza via" ,oltre la propaganda contingente, ha tutte le premesse
per concludersi, come ogni volta, nel soffocamento della societa’
civile, nella repressione di ogni percorso di liberazione ed
emancipazione umana a favore di un paradiso amministrato da apparati
sovraindividuali. E questa sarebbe l’alternativa al capitalismo e al
comunismo…un culto della comunita’ che e’ il risultato della miseria
individuale. Come diceva Susan
Sontag il fascismo e’ affascinante perche’ promette di dissolvere l’alienazione in estatici sentimenti di comunita…

Il fascista nuovo cerca di convinere le masse che ordine, disciplina,
spirito
di sacrificio ed elitarismo, cioe’ elementi indispensabili al capitale
per ammortizzare gli effetti della crisi economica o per attutire le
conseguenze dei cambiamenti strutturali, che esso deve affrontare,
sulla tenuta della sua struttura gerchica, siano i rimedi finalmente
trovati per guarire  il vuoto spirituale, l’alienazione degli individui gli uni
dagli altri tipici della societa’ borghese.

Fino al 1980 l’estrema
destra in Europa è stata politicamente emarginata
perché manteneva una visibile continuità con il
fascismo storico, poi pur conservando le sue radici anti-egualitariste,
anti-pluraliste, anti-liberali e la visione di una "società organica"
essa
ha operato una rottura apparente con il "fascismo tradizionale"
che gli e’ valsa una crescente credibilita’ elettorale, una
legittimazione e un consenso culturale molto vasto.
Questo nuovo fascismo "etno-pluralista" anti-multiculturalista e
anti-mondialista, che all’antagonismo razziale sostituisce quello
culturale, ha promosso la sua ascesa presentandosi come baluardo
"dell’identita’ culturale" dei popoli, come difesa contro l’atomizzazione
sociale liberista e al declino delle tradizionali forme d’integrazione
sociale (religione, nazione, famiglia ecc) attraverso
la reclame di un comunitarismo genericamente solidaristico e interclassista. In
materia di politica economica infatti promette di andare "al
di là di destra e della sinistra" e di creare un "equilibrio tra
intervento pubblico e privato", tra stato e mercato, come garanzia di
una supremazia dell’uomo politico contro "l’homo oeconomicus".
Si,
questo nuovo fascismo e’ contro "l’homo oeconomicus" salvo poi esibirsi
in sperticati elogi dell’etica del lavoro, del valore "spitiruale" del
lavoro, poco importa se a servizio di un capitalista collettivo o meno
o di qualche "ibrido"-lo stato, la comunita’-…Ad ogni modo sotto
queste "buonsensate" glorificazioni del lavoro si sente la puzza del
modello San Patrignano dov’e ben presente la massima seconda la quale
un corpo produttivo e’ sempre un corpo assoggettato.
I proletari non sanno che farsene della "dignita’ dei produttori!!!!!"…

I nuovi fascisti non hanno affatto rinunciato all’odio razziale,
all’antisemitismo e al culto della violenza semplicemente hanno
rilucidato a nuovo i loro vecchi armamenti: del resto gia Evola
scriveva:  "la razza esiste sia nel
corpo, sia nello spirito". Questo razzismo che considera la biologia un
risultato dello "spirito" gia’ anticipava i "moderni differenzialisti"
che allude ad una gerarchizzazione delle razze su scala planetaria, una
sorta di congelamento dell’attuale divisione internazionale del lavoro;
altro che opposizione all’impero usa, altro che lotta contro alla
mondializzazione, alle "centrali del potere finanziario"…

Il tradizionale antimodernismo romantico di destra e’ funzionale non al
superamento dell’esistente, ma alla conservazione di esso. Anche la
"lega nord" dice di collocarsi al di la’ di vecchie etichette politiche
definendosi un movimento popolare, populista e antimondialista, cioe’
che vuole anteporre ai miti attuali dell’ultraliberismo e della
modernità i valori "comunitari":
L’antropologia di fondodi questo "antimondialismo" e’ sempre la stessa,
la visione dell’uomo come animale sociale,  la cui esistenza e’
inscritta  in "comunita’ di appartenenza ereditate"-famiglia,
etnia, lingua, cultura-
La "modernita’", la "globalizzazione", lo "stato mondiale in
formazione", il multiculturalismo e l’immigrazione corrodono questa
"comunita’ e il suo senso"  producendo il disagio non solo
materiale ma anche spirituale dell’uomo ecc: la tiritera reazionaria e’ sempre la stessa
Questa opposizione borghese romantica alla pressione del mercato
mondiale che non intacca le strutture fondamentali del dominio
capitalista guadagna egemonia e consenso culturale:

Veltroni dichiara: "La legalità non è di destra o di sinistra. La legalità non ha, e non
deve avere, colore politico. E’ un diritto fondamentale dei cittadini,
e chiunque è al governo di una comunità sa che assicurarne il rispetto
è un suo compito, un suo dovere."
Poi che dire, anche la confindustria come ha detto il suo ex presidente
Montezemolo presenta proposte che «non hanno colore politico, non
sono né di destra né di sinistra. Questo è il
nostro modo di stare in politica, fuori dai partiti»: la crescita
economica e’ il vero «vero bene comune»: "La crescita
economica è il vero bene comune della nazione perché crea
ricchezza nell’interesse e a beneficio di tutti."…
Cosa volete, sono tutti per il superamento della lotta di classe, nuovi fascisti, ex di sinitra, padroni, leghisti…

"…e’
nella tecnica del fascismo quello di presentarsi, da un lato, nella sua
essenza pura di attivismo cui poi dare contenuti a seconda delle
situazioni (liberismo o statalismo, nazionalismo o regionalismi e nuone
sntita’ statali, ecc.), e, dall’altro lato, nella veste di un partito
che si riserva l’azione che crea  l’ordine , ricreando e pianificando
continuamente il disordine, convinto che l’ordine e’ cio’ a cui l’uomo
aspira. il totalitarismo moderno ha due facce, il ferreo ordine
gerarchico imposto a tutta la societa’ e il caos della frammentazione
di poteri non regolati giuridicamente(…)

il fascismo e’ una
potente macchina che utilizza tute le risorse della comunicazione, non
e’ dunque da relegare in un passato piu’ o meno lontano, bensi bisogna
precorrere sempre la sua vocazione a presentarsi come espressione della
moderna societa’ di massa. Un fenomeno, quindi, del tutto attuale, che
assume forme cangianti di volta in volta, a seconda dei momenti storici
in cui si afferma(…)

La prima riflessione va fatta sulla
natura del fascismo, che si presenta come una categoria moderna della
politica in quel suo aspetto carateristico di puro attivismo, di
indifferenza ai contenuti, di estrema flessibilita’ ideologica e
mobilita’ nei territori politici altrui(…) in se’ il fascismo
contiene sia i <miti>del liberalismo, e cioe’ la centralita’
dell’impresa e del mercato, sia i <miti> che sono stati della
sinistra storica: lo statalismo e l’anticapitalismo.(…)
Pur  di
ottenere consensi, Mussolini gia’ nel dicembre del ’19, diede al suo
movimento una coloritura di sinistra, e infatti nel programma di Piazza
San Sepolcro riusci ad imbarcare ex anarchici, ex massimalisti, ex
socialisti e una base che in qualche modo aveva tradizioni di sinistra.
Non si tratta di una tecnica di pura propaganda, che altrimenti non
avrebbe alcun interesse,; invece e’ la capacita’ del fascismo di
coniugare in forme inedite autoritarismo e assemblearismo, liberismo e
statalismo, capitalismo e corporativismo, inverando anche aspetti e
contenuti di sinistra in una visione gerarchica della societa’. Nella
repubblica sociale di salo’, ad esempio, si coniugava il terrore contro
le popolazioni  e la repressione del movimento partigiano con la
socializzazione delle imprese  e mistificate forme di democrazia
diretta."(7)

………….
"Si racconta che una volta Jack
Kerouac presentò una sorta di programma politico-culturale della Beat
Generation che parlava della "volontà che unisce i nostri gruppi e che
ci fa comprendere che gli uomini e le donne devono apprendere il
sentimento comunitario al fine di difendersi contro lo spirito di
classe, la lotta delle classi, l’odio di classe!" e che si concludeva
con l’auspicio "Noi andiamo a vivere presto in comune la nostra vita e
la nostra rivoluzione! Una vita comunitaria per la pace, per la
prosperità spirituale, per il socialismo".
Il pubblico composto da
"alternativi" di sinistra ne fu entusiasta ma si raggelò subito
apprendendo di aver applaudito un discorso pronunciato da Adolf Hitler
al Reichstag nel 1937."(6)

Prima che arrivino i vermi, Waiting For The Worms.
1) Lelio Basso, le origini del fascismo-1961
2) Carlo Bo, l’deologia del regime-1961
3) Benito Mussolini, dal discorso di Radio Monaco del 18 settembre 1943.
4) Benito Mussolini, 22 aprile 1945.
5) http://www.intermarx.com/ossto/marioBO.html
6) http://www.intermarx.com/ossto/archivio.html
7) R. Baldi, La repubblica di Salo’ e il pericolo fascista-1994
8) http://isole.ecn.org/antifa/

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