25 aprile: risalire il vento

Nel deserto e nel grande silenzio degli spazi sociali si celebra il 25 aprile, festa della resistenza e della liberazione dalla prospettiva del potere, che ha un solo orizzonte: la morte.
La liberazione dal dominio nazifascista fu’ innanzitutto per milioni di uomini e donne il culmine di un lungo e radicale processo di ristrutturazione dei propri schemi di vita e di pensiero.
La "resistenza", oggi, per questo, resta viva nelle lotte contro il dominio totalitario degli "imperativi economici" che si impadroniscono e infettano tutti i rapporti umani, tutti i sentimenti, tutte le passioni e tutti i bisogni.
Il mito, il sacro non cementano piu’ la piramide sociale; l’edificio del potere gerarchico si sbriciola e si decompone allo stesso ritmo con cui si corrodono le sue vecchie basi materiali.
Non ci sono piu’ ombre di gerarchie divine, ne’ punti di convergenza sacri che possano cementare il sistema e allora si ingozzano gli schiavi di parole, si sostituisce la minaccia del castigo divino con le oscillazioni del mercato mondiale, lo spettro della "recessione" e la prospettiva della miseria e della precarieta’.
Si resuscitano i surrogati dei vecchi miti sacrali: la patria, la terra, la gerarchia, la famiglia, il lavoro, il sacrificio: sacrificio come "conferimento di un potere mitico per quelli che si sacrificano realmente e di un potere reale per quelli che si sacrificano miticamente".
Nel disordine sociale apparente trionfano gli interessi della classe dominante…
Patria, famiglia, lavoro, sacrificio assurgono al rango di "idee", di forze di organizzazione e controllo sociale. Le "menzogne" producono un mondo reale dove si uccide e si e uccisi, dove si da’ la caccia agli immigrati…dove c’e gente che crede di morire per la patria e invece muore per il capitale; che pensa di lottare per il proletariato e invece muore per i suoi "dirigenti"…

Il fascismo non sarebbe esistito senza la mobilitazione delle masse dal basso, senza l’appello dei "rivoluzionari della controrivoluzione" e di quanti si sentono "vittime" della societa’.
Come scrive Hobsbawm:"Anticipando quanto sta’ accadendo alla fine del nostro secolo, gli ultimi anni del secolo scorso aprirono la strada alla xenofobia di massa, di cui il razzismo- la protezione della purezza del patrimonio genetico contro la contaminazione o lo sconvolgimento radicale prodotti dall’invasione di orde subumane- divenne l’espressione piu’ comune.(…)
Il cemento comune di questi movimenti era il risentimento dei "piccoli uomini" in una societa’ che li schiacciava fra la roccia del grande affarismo da un lato e l’asperita’ dei movimenti in ascesa delle classi lavoratrici dall’altro. Una societa’ che, come minimo, li privava di una posizione rispettabile occupata nell’ordine sociale tradizionale, e che essi credevano loro fosse dovuta, e che d’altro canto impediva loro di acquisire uno stato sociale al quale si sentivano in diritto di occupare."

"Del resto mai i dominanti hanno potuto sognare una situazione migliore in cui gli strati sociali da essi rovinati costituiscono la propria avanguardia…"

Come disse T.W.Adorno, la psicologia sa che chi si dipinge il male, in qualche modo lo vuole. Ma come accade che il male gli viene incontro con tanto zelo?
Alla fantasia paranoide corrisponde qualcosa nella realta’ che essa deforma…
"la violenza su cui si basa la civilta’ significa persecuzione di tutti ad opera di tutti, e al malato di persecuzione si reca pregiudizio solo in quanto attribuisce al prossimo cio’ che e’ opera del tutto, nel disperato tentativo di rendere l’incommensurabilita’ commensurabile.
Egli si brucia , perche’ vorrebbe afferrare immediatamente, per cosi’ dire con le mani, la follia oggettiva a cui assomiglia, mentre l’assurdo consiste proprio nella perfetta mediazione. Egli cade vittima della conservazione del complesso di accecamento. Anche la piu’ folle e insensata rappresentazione di avvenimenti, la proiezione piu’ folle, contiene lo sforzo inconsapevole della coscienza di conoscere la legge mortale merce’ si perpetua la vita della societa’.
L’aberrazione non e’, in realta’, che il cortocircuito dell’adattamento: la follia manifesta dell’uno chiama erroneamente nell’altro la follia del tutto col suo vero nome, e il paranoico e’ la caricatura della vera vita, in quanto sceglie di adeguarsi alla falsa. Ma come nel cortocircuito sprizzano scintille, cosi’ follia e follia comunicano fulmineamente nella verita’. I punti di contatto sono le conferme lampanti delle fantasie di persecuzione: conferme che danno apparentemente ragione al malato, e lo sprofondano nel suo abisso. La superficie dell’esistenza si richiude subito, e gli dimostra che le cose non vanno poi cosi’ male e che egli e’ pazzo. Egli anticipa soggettivamente lo stato in cui la follia oggettiva e l’impotenza del singolo trapassano immediatamente l’una nell’altra: il fascismo, come dittatura di malati di persecuzione, realizza tutti i terrori delle vittime. Ecco perche’ si puo’ decidere solo post factum se un sospetto eccessivo sia paranoico o adeguato alla realta’, la fievole eco privata della furia imperversante nella storia. La psicologia non arriva fino all’orrore."

Il fascismo era anche la "sensazione assoluta", la reazione negativa del sensorio al disincantamento del mondo sensibile, alla sua oggettivazione come "mondo di merci". La "reazione" fa’ a meno della mediazione e passa attraverso la "natura e il carattere": "Goebblels pote’ sostenere con vanto che i nazisti-perlomeno-non erano noiosi. Nel Terzo Reich, il terrore astratto di notizia e diceria era gustato come il solo stimolo in grado di accendere momentaneamente il sensorio indebolito delle masse. Senza la violenza quasi irresistibile del desiderio dei grossi titoli, che, prendendo alla gola, fa regredire il cuore nel passato mitico, l’indicibile non avrebbe potuto essere tollerato dagli spettatori, e forse nemmeno degli attori. Concetti come sadismo e masochismo sono ormai insufficienti. Nella societa’ di massa dei mezzi di grande diffusione, sono mediati dalla sensazione, dal nuovo meteorico, assurdo e remoto. Esso schiaccia il pubblico, che si torce sotto lo choc e dimentica contro chi l’enormita’ ‘ stata commessa, contro di se’ o contro altri. Il contenuto dello choc diventa, rispetto al suo valore di stimolo, realmente indifferente, come lo era idealmente nell’evocazione dei poeti…."

Per dirla con Deleuze e Guattari: " Nell’orrore della quotidianeita’ e del suo spazio Hitler trovera’ alla fine il suo piu’ sicuro strumento di governo, la legittimazione della sua politica e della sua strategia militare, e questo fino in fondo(…)
E’ troppo facile essere antifascista a livello molare, senza vedere il fascista che noi stessi siamo, che nutriamo e coltiviamo, a cui ci affezionamo, con delle molecole, personali e collettive."

Asf.
"Nella storia collettiva come nella storia individuale, il culto del passato e il culto del presente sono ugualmente reazionari. Tutto cio’ che deve essere costruito si costruisce nel presente."

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