gli assassini sono fra di noi

i militi delle SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri:
<In
qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo
vinta noi; nessuno di voi rimarra per portare testimonianza, ma se
anche qualcuno scampasse, il mondo non gli credera’. Forse ci saranno
sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze.
E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi
sopravvivere, la gente dira’ che i fatti che voi raccontate sono troppo
mostruosi per essere creduti: dira’ che sono esagerazioni della
propaganda alleata, e credera’ a noi, che negheremo tutto, e non a voi.
La storia dei Lager, saremo noi a dettarla>

"(…)anche noi siamo abbagliati dal potere e dal prestigio da
dimenticare la nostra fragilita’ essenziale: col potere veniamo a
patti, volentieri o no, dimenticando che nel ghetto siamo tutti, che il
ghetto e’ cintato, che fuori del recinto stanno i signori della morte,
e che poco lontano aspetta il treno."

"I movimenti non
tradizionali della destra radicale si affacciano sulla scena dei paesi
europei alla fine dell’Ottocento come forme di reazione al liberalismo,
alla crescita dei movimenti socialisti della classe operaia e piu’ in
generale "contro l’ondata di stranieri che si era abbattuta sul mondo
nella piu’ grande emigrazione che la storia avesse conosciuto fino a
quella data. Uomini e donne erano emigrati non solo attraverso gli
oceani e le frontiere internazionali, ma anche dalla campagna alla
citta’, da una regione all’altra dello stesso stato per diventare cosi’
stranieri in casa d’altri.
Anticipando quanto sta’ accadendo alla
fine del nostro secolo, gli ultimi anni del secolo scorso aprirono la
strada alla xenofobia di massa di cui il razzismo-la protezione della
purezza del patrimonio genetico contro la contaminazione o lo
sconvolgimento radicale prodotti dall’invasione di orde
subumane-diviene l’espressione piu’ comune.(…) Il cemento comune di
questi movimenti era il risentimento dei "piccoli uomini" in una
societa’ che li schiacciava fra la roccia del grande affarismo da un
lato e le asperita’ dei movimenti in ascesa delle classi lavoratrici
dall’altro. Una societa’ che, come minimo, li privava della posizione
rispettabile occupata nell’ordine sociale tradizionale, e che essi
credevano fosse loro dovuta, e che d’altro canto impediva loro di
acquisire uno stato sociale al quale si sentivano in diritto di
aspirare. Questi sentimenti trovarono la loro espressione
caratteristica nell’antisemitismo che, in molti paesi, nell’ultimo
quarto del secolo scorso, inizio a produrre specifici movimenti
politici basati sull’ostilita’ contro gli ebrei. Gli ebrei erano
presenti quasi ovunque e potevano facilmente rappresentare tutto cio’
che c’era di odioso, terribile e minaccioso in un mondo sleale. A cio’
contribuiva la loro adesione alle idee dell’illuminismo e della
Rivoluzione francese in virtu’ delle quali si erano emancipati e nel
far cio’ avevano acquisito un ruolo sociale assai piu’ vistoso. Gli
ebrei potevano servire come simboli dell’odiato capitalismo
finanziario, come pure dell’agitazione rivoluzionaria, dell’influenza
corrosiva degli intellettuali <sradicati> e dei nuovi mezzi di
comunicazione di massa, nonche’ della concorrenza economica-come non
considerarla <sleale>?-che conferiva loro una quota
sproporzionata di impieghi in certe professioni, per le quali si
richiedeva istruzione e cultura; infine l’ebreo poteva essere assunto
come il simbolo dello straniero e dell’estraneo in quanto tale. Per non
citare, tra le opinioni antiebraiche, quella diffusa tra i cristiani di
vecchio stampo per i quali gli ebrei erano stati gli assassini di Gesu’.
L’antipatia
per gli ebrei era diffusa ovunque nel mondo occidentale e la posizione
degli ebrei nella societa’ ottocentesca era certamente ambigua.
Tuttavia il fatto che gli operai in sciopero fossero inclini, anche
quando aderivano a movimenti socialisti non razzisti, ad aggredire i
negozianti ebrei e a ritenere che i loro datori di lavoro fossero
ebrei(e questo era spesso un giudizio esatto in larghe zone dell’europa
centro-orientale), non deve indurci a considerarli come
protonazionalsocialisti(…) L’antisemitismo contadino dell’europa
centro-orientale, dove per ragioni pratiche l’ebreo costituiva il punto
di raccordo fra leconomia di sussistenza dell’abitante del villaggio e
l’economia esterna dalla quale la vita del villaggio dipendeva, era
senz’altro un fattore costante ed esplosivo, e lo divenne ancor piu’
allorche’ le societa’ rurali slava, magiara o romena vennero scosse in
misura crescente dagli incomprensibili terremoti del mondo moderno. Tra
gente cosi’ ignorante le storie sugli ebrei che sacrificavano i bambini
cristiani potevano ancora essere credute e nei momenti di esplosione
dei conflitti sociali si arrivava ai progrom, che furono incoraggiati
dalle forze politiche reazionarie nell’impero zarista, soprattutto dopo
l’assassinio dello zar Alessandro II nel 1881 a opera dei socialisti
rivoluzionari. Una via diritta conduce dall’originario antisemitismo
rurale allo sterminio degli ebrei nella seconda guuerra mondiale.(…)
I
nuovi movimenti della destra radicale, che si richiamavano a precedenti
tradizioni d’intolleranza, pur trasformandole essenzialmente, facevano
presa in particolare sui gruppi sociali medi e bassi.(…)Senza alcun
dubbio gli attivisti della svastica nelle Alpi austriache provenivano
in larga parte da quella specie di professionisti di
provincia-veterinari, geometri e simili-che un tempo erano liberali  e
avevano costituito una minoranza emancipata in un ambiente dominato dal
clericalismo contadino. Allo stesso modo, negli ultimi anni del nostro
secolo, la disintegrazione del proletariato operaio e dei movimenti
socialisti ha lasciato campo libero all’istintivo sciovinismo e
razzismo di tanti lavoratori manuali. Finora, pur non essendo immuni da
tali sentimenti, essi avevano esitato ad esprimerli pubblicamente, a
causa della loro fedelta’ a partiti che erano fortemente contrari a
queste forme di fanatismo. Dagli anni ’60 la xenofobia occidentale e il
razzismo politico si trovano diffusi soprattutto fra i ceti operai e
fra i lavoratori manuali. Comunque, nei decenni d’incubazione del
fascismo, tali indirizzi erano propri di coloro che non lavoravano
sporcandosi le mani.Gli strati sociali medi e medio-bassi rimasero la
spina dorsale dei movimenti fascisti durante tutti gli anni dell’ascesa
del fascismo. Questo fatto non viene negato neppure da quegli storici
che sono ansiosi di sottomettere a revisione i risultati unanimi di
quasi tutte le analisi elaboorate dal 1930 al 1980 sulla base sociale
del nazismo.(…)In senso generale possiamo dire che l’attrazione della
destra radicale era tanto piu’ forte quanto piu’ grande era la minaccia
portata alla posizione occupazionale o all’aspettativa consueta di
occupazione degli esponenti del ceto medio, proprio mentre si piegava e
spezzava quella struttura sociale che doveva garantire sicurezza alla
loro condizione.(…)L’ascesa della destra radicale dopo la prima
guerra mondiale fu indubbiamente una risposta al pericolo, anzi alla
realta’, della rivoluzione sociale e della accresciuto potere della
classe operaia e, piu’ in particolare fu una risposta alla Rivoluzione
d’Ottobre e al leninismo. Senza questi fatti non ci sarebbe stato il
fascismo, perche’ sebbene in un certo numero di paesi europei dalla
fine dell’Ottocento si fosse registrata una presenza vociante e
aggressiva dell’estrema destra demagogica, queste forze politiche erano
state tenute sotto controllo, quasi sempre con facilita’, fino al 1914.
Sotto
questo profilo gli apologeti del fascismo hanno probabilmente ragione
nel sostenere che Lenin ha generato Mussolini e Hitler. Comunque e’ del
tutto illegittimo discolpare la barbarie fascista che essa fu ispirata
dalle precedenti strocita’ attribuite alla Rivoluzione russa, come sono
giunti a fare alcuni storici tedeschi negli anni ’80(Nolte,1987).
Inoltre
si devono avanzare due importanti riserve alla tesi che la violenta’
reazione di destra fu essenzialmente una risposta alla sinistra
rivoluzionaria. In primo luogo, tale tesi sottovaluta l’impatto della
prima guerra mondiale su uno strato sociale medio e medio-basso,
composto di soldati e di giovani che, dopo il novembre 1918, erano
frustrati per aver perso la lro occasione eroica. Il mito del soldato
che era stato al fronte e aveva combattuto in prima linea doveva
giocare un ruolo importante nella mitologia della destra estrema(…)il
57% dei fascisti italiani della prima ora erano ex militari.(…)
La
seconda riserva che va’ mossa a quella tesi e che la reazione di destra
non era solo una risposta contro il bolscevismo, ma contro tutti i
movimenti, in ispecie quelli organizzati della classe operaia, che
minacciavano l’ordine sociale o che potevano essere accusati di averlo
fatto crollare. Lenin era il simbolo di questa minaccia. Molti politici
europei non temevano tanto i partiti socialisti, i cui capi erano
abbastanza moderati, bensi’ paventavano la crescita del potere della
classe operaia, sempre piu’ radicalizzata e convinta dei propri mezzi.
La crescita della classe operaia conferiva nuova forza ai vecchi
partiti socialisti e finiva cosi’ per renderli indispensabili al
sostegno degli stati liberali. Non e’ un caso che negli anni subito
dopo la guerra la richiesta basilare che gli agitatori socialisti
avevano avanzato fin dal 1889(la giornata lavorativa di 8 ore)fosse
accolta quasi ovunque in Europa. Fu la minaccia implicita
nell’accresciuto potere della classe operaia a gelare il sangue dei
conservatori e non tanto che i leader dei partiti socialisti
lasciassero le tribune dell’opposizione per diventare i ministri di
nuovi governi.(…)La destra tradizionale poteva considerare la Russia
dei senzadio come l’incarnazione di tutto il male del mondo, ma la
sollevazione dei generali spagnoli nel 1936 non fu diretta contro i
comunisti, se non altro perche’ rappresentavano la frazione piu’
piccola del Fronte popolare. Essa fu diretta invece contro l’adesione
popolare crescente, almeno fino alla guerra civile, alle posizioni
socialiste e anarchiche. Fare di Lenin e di Stalin la scusa che spiega
l’origine del fascismo e’ una indebita razionalizzazione post factum. E
tuttavia cio’ che si deve spiegare e’ perche’ la reazione di destra
dopo la prima guerra mondiale vinse nella forma del fascismo. Infatti
prima del 1914 erano gia’ esistiti movimenti estremistrici
dell’ultradestra, istericamente nazionalisti e xenofobi, intolleranti e
brutali, accesamente antiliberali, antidemocratici, antisocialisti e
antirazionalisti, imbevuti dei miti del sangue, della terra patria e
del ritorno ai valori che la modernita’ aveva scardinato. questi
movimenti ebbero una qualche influenza nell’ambito della destra
politica e in alcuni circoli intellettuali, ma non prevalsero in alcun
paese. Cio’ che diede loro l’opportunita’ di emergere dopo la prima
guerra mondiale fu il crollo dei vecchi regimi e con essi delle vecchie
classi dirigenti e dei loro sistemi di potere, di influenza e di
egemonia. Se i vecchi regimi avessero continuato a funzionare non ci
sarebbe stato bisogno del fascismo. Infatti in Gran Bretagna, a
prescindere dai brevi entusiasmi di cui si e’ detto, il fascismo non
guadagno’ terreno. Neppure in Francia vi riusci, almeno fino alla
disfatta del 1940.(…)Non ci fu’ bisogno del fascismo neppure in quei
paesi di recente costituzione in cui una nuova classe dirigente
nazionalista pote’ prendere il potere. Costoro potevano essere
reazionari e potevano optare per governi autoritari, ma e’ una
prospettiva deformante, prodotta dalla stessa retorica fascista, quella
che vuole identificare con il fascismo ogni spostamento verso la destra
antidemocratica avvenuto in Europa fra le due guerre.(…)

Le
condizioni ottimali per il trionfo dell’ultradestra erano: un vecchio
stato i cui meccanismi direttivi non erano piu’ in grado di funzionare;
una massa di cittadini disorientati, disillusi e scontenti che non
sapevano piu’ a che autorita’ obbedire; forti movimenti sociali che
minacciavano o che sembravano minacciare la rivoluzione sociale, ma che
non erano effettivamente in condizione di attuarla; un’ondata di
risentimento nazionalistico contro i trattati di pace del 1918-20. In
queste condizioni le vecchie elite dirigenti senza piu’ risorse erano
tentate di affidarsi all’estrema destra, come fecero i liberali
italiani con i fascisti di Mussolini e come fecero i conservatori
tedeschi con i nazionalsocialisti di Hitler nel 1932-33.(..)ne’ in
Italia ne’ in Germania il fascismo <conquisto’ il potere>, a
dispetto della retorica in entrambi i paesi sulla <conquista delle
strade> e sulla <marcia su Roma>. In entrambi i casi il
fascismo pervenne al potere grazie alla connivenza del vecchio regime,
se non per sua stessa iniziativa(come in Italia)cioe’ in maniera
costituzionale. La novita’ del fascismo fu che, una volta al potere, si
rifiuto’ di accettare le regole del vecchio gioco politico e, dove
pote’, assunse il pieno controllo dello stato.(…)
A questo punto
dobbiamo brevemente sbarazzarci di due tesi sul fascismo, l’una di
marca fascista, ma fatta propria da molti storici liberali, l’altra
cara al marxismo sovietico ortodosso, le quali sono parimenti
inadeguate alla comprensione del fascismo: quella del fascismo come
rivoluzione e quella del fascismo come espressione del <capitalismo
monopolistico> o dei grandi interessi economici borghesi.

I
movimenti fascisti avevano in se’ elementi propri dei movimenti
rivoluzionari nella misura in cui tra i loro aderenti vi erano persone
che volevano una trasformazione fondamentale della societa’, spesso in
senso spiccatamente anticapitalista e antioligarchico. Tuttavia, il
cavallo del fascismo rivoluzionario non riusci’ a partire e in ogni
caso non riusci’ a correre. Hitler elimino’ rapidamente coloro che
prendevano sul serio la componente <socialista> del partito
<nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi>, alla quale egli non
aveva mai creduto. L’utopia di un ritorno a una sorta di Medioevo
piccolo-borghese, popolato di contadini proprietari, di artigiani come
Hans Sachs e di ragazze dalle trecce bionde, non era un programma
attuabile in un grande stato del ventesimo secolo(salvo che in quegli
incubi che erano i piani di Himmler per la purificazione della razza),
meno che mai in regimi che, come quello italiano e tedesco, erano
impegnati a loro modo nella modernizzazione e nel progresso
tecnologici.(…) Il nazismo aveva certamente un programma sociale per
le masse, che in parte riusci’ ad attuare: vacanze, sport, la
produzione della <macchina del popolo>, quella Volkswagen che il
mondo conobbe dopo la seconda guerra mondiale col nome di
<maggiolino>. Il suo risultato principale, comunque, fu di
liquidare la Grande crisi piu’ efficacemente di ogni altro governo,
perche’ l’antiliberalismo dei nazisti aveva l’aspetto positivo che non
li vincolava alla credenza nelle virtu’ del libero mercato. Nonostante
tutto questo, il nazismo dev’essere considerato una modernizzazione e
una rivitalizzazione del vecchio regime, piuttosto che un regime
sostanzialmente nuovo e diverso.(….)

Parlare di una
<rivoluzione fascista> faceva parte della retorica del regime,
anche se per molti fascisti italiani quella retorica era sincera. Il
fascismo, assai piu’ che un sistema rivoluzionario, era un regime che
faceva gli interessi delle vecchie classi dirigenti. Era nato infatti
come una difesa contro le agitazioni sociali rivoluzionarie del periodo
postbellico, diversamente dal nazismo, che sorse come reazione ai
traumi della Grande crisi e all’incapacita’ della Repubblica di Weimar
di fronteggiarli.(…)

Quanto alla tesi del fascismo come
espressione del <capitalismo monopolistico> la questione e’ che
il grande capitale ppuo’ venire a patti con qualunque regime che non ne
intenda effettivamente espropriarlo, e dunque ogni regime deve venire a
patti con esso. Il fascismo non fu <l’espressione degli interessi
del capitalismo monopolistico> piu’ di quanto non lo fossero il New
Deal americano, il governo laburista inglese o la Repubbllica di
Weimar…

"I lager nazisti sono stati l’apice, il coronamento
del fascismo in Europa, la sua manifestazione piu’ mostruosa; ma il
fascismo c’era prima di Hitler e Mussolini, ed e’ sopravvissuto, in
forme palesi o mascherate, alla sconfitta della seconda guerra
mondiale. In tutte le parti del mondo, la’ dove si comincia a negare le
liberta’ fondamentali dell’uomo, e l’uguaglianza fra gli uomini, si va’
verso il sistema concentrazionario, ed e’ questa una strada su cui e’
difficile fermarsi.(…)
A molti, individui o popoli, puo’ accadere
di ritenere, piu’ o meno consapevolmente, che <ogni straniero
e’ nemico>. Per lo piu’ questa convinzione giace in fondo agli animi
come un’infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e
incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma
quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa
maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena sta’ il
Lager. Esso e’ il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue
conseguenze con rigorosa coerenza: finche’ la concezione sussiste, le
conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe
venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.(…)
Forse
quanto e’ avvenuto non si puo’ comprendere, anzi non si deve
comprendere, perche’ comprendere e’ quasi giustificare. Mi spiego:
<comprendere> un proponimento o un comportamento umano
significa(anche etimologicamente) contenerlo, contenerne l’autore,
mettersi al suo posto, identificarsi con lui. Ora, nessun uomo normale
potra’ mai identificarsi con Hitler, Himmler, Goebbels, Eichmann e
infiniti altri.(…)Se comprendere e’ impossibile, conoscere e’
necesario, perche’ cio’ che e’ accaduto puo’ ritornare, le coscienze
possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre. Per
questo, meditare su quanto e’ avvenuto e’ un dovere di tutti. Tutti
devono sapere, o ricordare, che Hitler e Mussolini, quando parlavano
pubblicamente, venivano creduti, applauditi, ammirati, adorati come
dei.(…)

Le idee che proclamavano non erano sempre le stesse, e
in generale erano aberranti, o sciocche, o crudeli; eppure vennero
osannati, e seguiti fino alla loro morte da milioni di fedeli. Bisogna
ricordare che questi fedeli, non erano aguzzini nati, non erano(salvo
poche eccezioni)dei mostri: erano uomini qualunque. I mostri esistono,
ma sono troppo pochi per essere veramente pericolosi; sono piu’
pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere ed obbedire
senza discutere, come Eichmann, come Hoss comandante ad Auschwitz, come
Stangl comandante di Treblinka, come i militari francesi vent’anni
dopo, massacratori in Algeria, come i militari americani di trent’anni
dopo, massacratori in Vietnam.
Occorre ddunque essere diffidenti con
chi cerca di convincerci con strumenti diversi dalla ragione, ossia con
i capi carismatici: dobbiamo essere cauti nel delegare ad altri il
nostro giudizio e la nostra volonta’. Poiche’ e’ difficile distinguere
i profeti veri dai falsi, e’ bene avere in sospetto tutti i profeti; e’
meglio rinunciare alle verita’ rivelate, anche se ci esaltano per la
loro semplicita’ e il loro splendore, anche se le troviamo comode
perche’ si acquistano gratis. E’ meglio accontentarsi di altre verita’
piu’ modeste e meno entusiasmanti, quelle che si conquistano
faticosamente, a poco a poco e senza scorciatoie, con lo studio, la
discussione e il ragionamento, e che possono essere verificate e
dimostrate. E’ chiaro che questa ricetta e’ troppo semplice per bastare
in tutti i casi:
un nuovo fascismo, col suo strascico di
intolleranza, di sopraffazione e di servitu’, puo’ nascere fuori dal
nostro paese ed esservi imposrtato, magari in punta di piedi e
facendosi chiamare con altri nomi; oppure puo’ scatenarsi dall’interno
con una violenza tale da sbaragliare tutti i ripari. Allora i consigli
di saggezza non servono piu’, e bisogna trovare la forza di resistere:
anche in questo, la memoria di quanto e’ avvenuto nel cuore
dell’Europa, e non molto tempo addietro, puo’ essere di sostegno e di
ammonimento."

"Le prime notizie sui campi d’annientamento
nazisti hanno cominciato a diffondersi nell’anno cruciale del 1942.
Erano notizie vaghe, tuttavia fra loro concordi: delineavano una strage
di proporzioni cosi’ vaste, di una crudelta’ cosi’ spinta, di
motivazioni cosi’ intricate, che il pubblico tendeva a rifiutarle per
la loro stessa enormita’. E’ significativo come questo rifiuto fosse
stato previsto con ampio anticipo dagli stessi colpevoli; molti
sopravvissuti(tra gli altri Simon Wiesenthal nelle ultime pagine di
"Gli assassini sono fra noi) ricordano che i militi delle SS si
divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri:
<In qualunque
modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta
noi; nessuno di voi rimarra per portare testimonianza, ma se anche
qualcuno scampasse, il mondo non gli credera’. Forse ci saranno
sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze.
E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi
sopravvivere, la gente dira’ che i fatti che voi raccontate sono troppo
mostruosi per essere creduti: dira’ che sono esagerazioni della
propaganda alleata, e credera’ a noi, che negheremo tutto, e non a voi.
La storia dei Lager, saremo noi a dettarla>(…)

Del resto,
l’intera storia del breve <Reich Millenario> puo’ essere riletta
come guerra contro la memoria, falsificazione orwelliana della memoria,
falsificazione della realta’, fino alla fuga dalla realta’ medesima.

(..)nell’autunno
del 1944 i nazisti fecero saltare le camere a gas e i crematori di
Auschwitz, ma le rovine ci sono ancora, e a dispetto delle contorsioni
degli epigoni e’ difficile giustificarne la funzione ricorrendo ad
ipotesi fantasiose.Il ghetto di Varsavia, dopo la famosa insurrezione
della primavera del 1943, fu raso al suolo, ma la cura sovra-umana di
alcuni combattenti-storici(storici di se stessi!)fece si che, tra le
macerie spesse molti metri, o contrabbandata al di la’ del muro, altri
storici trovassero la testimonianza di come, giorno per giorno, quel
ghetto sia vissuto e sia morto.
Tutti gli archivi dei Lager sono
stati bruciati negli ultimi giorni di guerra, e questa e’ stata una
perdita irrimediabile, tanto che ancora oggi si discute se le vittime
siano state quattro o otto milioni: ma sempre di milioni si parla….
Prima
che i nazisti facessero ricorso ai giganteschi crematori multipli, gli
innumerevoli cadaveri stessi dele vittime, uccise deliberatamente o
consumate dagli stenti, uccise deliberatamente, potevano costituire una
prova, e dovevano essere fatti sparire in qualche modo. La prima
soluzione macabra al punto da fare esitare a parlarne, era stata quella
di accatastare semplicemente i corpi, centinaia di migliaia di corpi,
in grandi fosse comuni, il che fu fatto segnatamente a Treblinka, in
altri Lager minori, e nelle retrovie russe. Era una soluzione
provvisoria, presa con bestiale noncuranza quando le armate tedesche
trionfavano su tutti i fronti e la vittoria finale sembrava certa(…)
Ma dopo la svolta di Stalingrado ci fu un ripensamento: meglio
cancellare subito tutto. Gli stessi prigionieri furono costretti a
disseppellire quei resti miserandi ed a bruciarli su roghi
all’aperto….(…)
L’ignoranza voluta e la paura hanno fatto tacere
anche molti potenziali testimoni <civili> delle infamie dei
Lager. Specialmente negli ultimi anni di guerra, i Lager costituivano
un sistema esteso, complesso, e profondamente compenetrato con la vita
quotidiana del paese; si e’ parlato con ragione di "universo
concentrazionario, ma non era un universo chiuso. Societa’ industriali
grandi e piccole, aziende agricole, fabbriche di armamenti, traevano
profitti dalla manodopera pressoche’ gratuita fornita dai campi. Alcuni
sfruttavano i prigionieri senza pieta’, accettando il principio
disumano(ed anche stupido) delle SS, secondo cui un prigioniero ne
valeva un’altro, e se moriva di fatica poteva essere immediatamente
sostituito; altre, poche, cercavano cautamente di alleviarne le pene.
Altre industrie, o magari le stesse, ricavavano profitti dalle
forniture ai Lager medesimi: legname, materiali per costruzione, il
tessuto per l’uniforme a righe dei prigionieri, i vegetali essiccati
per la zuppa, eccetera. Gli stessi forni crematori multipli erano stati
progettati, costruiti, montati e collaudati da una ditta tedesca, la
Topf di Wiesbaden. E’ difficile pensare che il personale di queste
imprese non si rendesse conto del significato espresso dalla qualita’ o
dalla quantita’ delle merci e degli impianti commissionati dai comandi
SS. Lo stesso discorso puo’ essere fatto, per quanto riguarda la
fornitura del veleno che fu impiegato nelle camere a gas di Auschwitz:
il prodotto, sostanzialmente acido cianidrico, era usato da molti anni
per la disinfestazione delle stive, ma il brusco aumento delle
ordinazioni a partire dal 1942 non poteva passare inosservato…
(…)
In
nessun altro luogo del tempo e dello spazio si e’ assistito ad un
fenomeno cosi’ imprevisto e complesso: mai tante vite umane sono state
spente in cosi’ breve tempo, e con una cosi’ lucida combinazione di
ingegno tecnologico, di fanatismo e crudelta’.(…)

I nuovi
revisionisti tedeschi tendono a presentare le stragi hitleriane come
una difesa preventiva contro un’invasione <asiatica>. La tesi mi
sembra estremamente fragile. E’ da dimostrare che i Russi intendessero
invadere la Germania; anzi la temevano, come ha dimostrato l’affrettato
accordo Ribbentrop-Molotov; e la temevano, giustamente , come ha
dimostrato la successiva, improvvisa aggressione tedesca del 1941.
Inoltre, non si vede come le stragi <politiche> operate da Stalin
potessero trovare la loro immagine speculare nella strage hitleriana
del popolo ebreo, quando e’ ben noto che, prima della salita al potere
di Hitler, gli Ebrei tedeschi erano profondamente Tedeschi, intimamente
integrati nel Paese, considerati nemici solo da Hitler stesso e dai
pochi fanatici che inizialmente lo seguirono. L’identificazione
dell’ebraismo col bolscevismo, idea fissa di Hitler, non aveva alcuna
base obiettiva, specialmente in germania, dove notoriamente la maggior
parte degli Ebrei apparteneva alla classe borghese.
Che il <Gulag
fu prima di Auschwitz> e’ vero; ma non si puo’ dimenticare che gli
scopi dei due inferni non erano gli stessi. Il primo era un massacro
fra uguali; non si basava su un primato razziale; non divideva
l’umanita’ in superuomini e sottouomini; il secondo si fondava su
un’ideologia impregnata di razzismo. Se avesse prevalso, ci troveremmo
oggi in un mondo spaccato in due, <noi> i signori da una parte,
tutti gli altri al loro servizio o sterminati perche’ razzialmente
inferiori.(…)I Lager…Non erano un’imitazione <asiatica>,
erano bene europee, il gas veniva prodotto da illustri industrie
chimiche tedesche; e a fabbriche tedesche andavano i capelli delle
donne massacrate; e alle banche tedesche l’oro dei denti estratti dai
cadaveri.(…)

"molti sintomi denunciano che la generale
assoluzione e’ ormai la tentazione maestra di troppi intellettuali,
oltre che la pretesa della professione politica. L’Europa vuole
dimenticare di aver generato il fascismo, e il semplice rammentarlo
viene giudicato di cattivo gusto…

1) il secolo breve- Eric J. Hobsbawm
2) i sommersi e i salvati; la tregua- P. Levi

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