il Nuovo Soggetto pare che non ci sia. zombie di tutto il mondo unitevi!

 

Come ha scritto R. Vaneigem, il lavoro produttivo è parte integrante
della tecnologia della legge e dell’ordine… di una civiltà che mai
prima ha raggiunto un tale grado di disprezzo per la vita al punto da
assassinare lentamente le persone nei macelli cyber-meccanizzati del
lavoro…e dove mai prima una generazione e’ stata cosi’ annegata nella
mortificazione, in una tale rabbia di vivere sotto i colpi del lavoro
forzato. Ogni appello alla produttivita’ e al "lavoro a vita" e’ una
chiamata alla schiavitu’; il lavoro e’ uno strumento di tortura. La
logica del lavoro e’ una logica da minare non da rivendicare.

Il modello di produzione fordista privilegiava come elemento centrale della sua organizzazione sociale e politica la stabilita’ del lavoro, la famiglia tradizionale…
Con la ristrutturazione post-fordista questo modello si rompe. Nelle metropoli del mondo oggi dominano prevalentemente forme di lavoro "astratto"(centrate essenzialmente sulle nuove tecnologie della comunicazione) e forme di lavoro "servile" mentre nelle sterminate periferie, si concentra il lavoro-industriale("fordista").

Mobilita’: mobilita’ nel tempo-"da un lavoro all’altro"; mobilita’nello spazio-fisica e mentale-"emigrazione"; mobilita’ di modi di vita: Precarieta’ e’ il potere del padrone sulla vita; e’ una condizione esistenziale che si estende al di la’ del rapporto di lavoro e include l’instabilita’ generale riguardo all’esistenza; a quegli strumenti necessari, in questa societa’, come il reddito, l’abitazione, la cura che rendono possibile, anche solo parzialmente, ad ognuno di autodeterminare la propria forma di vita e le proprie relazioni sociali.

Flessibilita’, capacita’ comunicativa e rapidita’ di adattamento…smontati, rimontati,  continuamente ristrutturati a breve termine, sfruttati: la giornata di lavoro ristretta nei limiti del tempo retribuito in queste condizioni e’ una vera e propria presa per il culo!

La precarieta’ e’ uno strumento di controllo del sistema che isola gli individui gli uni dagli altri e li pone in concorrenza fra di loro. Dinnanzi alla precarieta’, all’intermittenza del reddito, alcuni continuano a pensare che sia "rivoluzionario" rivendicare "un lavoro a vita" proprio quando, di lavorare gia’ non si smette mai…L’orario di lavoro invade il tempo libero, emotivo…Lo sfruttamento diventa illimitato e con esso il controllo del padrone sugli sfruttati:
Come ha scritto R. Vaneigem, il lavoro produttivo è parte integrante della tecnologia della legge e dell’ordine… di una civiltà che mai prima ha raggiunto un tale grado di disprezzo per la vita al punto da assassinare lentamente le persone nei macelli cyber-meccanizzati del lavoro…e dove mai prima una generazione e’ stata cosi’ annegata nella mortificazione, in una tale rabbia di vivere sotto i colpi del lavoro forzato. Ogni appello alla produttivita’ e al "lavoro a vita" e’ una chiamata alla schiavitu’; il lavoro e’ uno strumento di tortura. La logica del lavoro e’ una logica da minare non da rivendicare.

L’etica del lavoro e’ l’etica del sacrificio di sé; del sacrificio di sé per la "causa", per il padrone, per il denaro. Essa coltiva un’intima mentalita’ del martirio e infatti qualsiasi martirio si compie con l’identificazione in una qualche "causa" separata dalla propria esperienza quotidiana che invece e’ il luogo privilegiato in cui si riproduce il vero potere del capitale e dell’oppressione. La teologia dell’auto-sacrificio, dell’etica del lavoro la lasciamo volentieri alla nuova-vecchia-sinistra, arcobaleno o di tutti i colori che sia.
In ultima analisi il potere deve essere combattuto nei luoghi dove la vita quotidiana e’ vissuta, sofferta ed erosa… La quotidiana attività di schiavi riproduce schiavitù e quando gli uomini accettano denaro come equivalente della loro vita, la vita si scambia contro la sopravvivenza…
 
La discontinuita’ nel rapporto di lavoro dev’essere barattata con la continuita’ del reddito e della sicurezza sociale non con l’ideologia lavorista della scarsita’, della scarsita’ di tempo, della scarsita’ di vita e della sovrabbondanza uniforme e continua di sacrificio.  
Del resto la fine della dicotomia tra economico e sociale, tra lavoro e non-lavoro significa che quel lavoro a vita che sinistri sindacalisti continuano a portare come bandiera delle loro elucubrazioni politiche gia’ c’e…E, normalmente non si chiede cio’ che gia’ si ha…
La dissoluzione della linea di confine che separava produzione e riproduzione significa che tutto il tempo di vita di un soggetto e’ sottoposto ad un processo di sfruttamento sociale diretto e non…che una giornata di lavoro e’ gia’ fatta di 24 ore…

Precarieta’ e’ una condizione di vita altamente differenziata al suo interno che produce una frammentazione tale che diventa sempre piu’ complicato costruire legami di cooperazione, lotta e solidarieta’ collettiva. Incastrato in una situazione di permanente incertezza, transitorieta’ e mutamento l’individuo precario(individuo contingente) naturalmente tende a risolvere la sua sopravvivenza su un piano di gestione individuale.

Precarieta’ e’ un dispositivo sociale di controllo e disciplina molto potente rispetto al quale le risposte organizzative tradizionali(partiti, sindacati,collettivi-critici-critici) risultano inefficaci. Inoltre, se e’ vero che le imprese oggi si strutturano intorno alla circolazione, produzione di flussi d’informazione e comunicazione e che il lavoro in alcuni ambiti centrali della produzione assume una qualita’ relazionale e comunicativa e’ anche vero che
la dimensione cooperativa, sociale di questa nuove capacita’ del lavoro appartengono al padrone.
Il lavoratore isolato o inserito in micro-reti si trova in un processo complessivo fatto di macchine digitali e materia e tessuti sociali sui quali non ha alcun controllo. Queste capacita’ relazionali e comunicative della forza-lavoro al di fuori della rete e del sistema nervoso tecnologico, culturale e sociale che le mettono al lavoro non hanno alcun potere concreto di direzione e controllo.

Precarieta’ e’ una condizione enormemente stratificata in cui la segmentazione non passa solo attraverso delle linee legate all’incertezza del reddito-qualita’del lavoro…,ma ad esse sovrappone linee di genere, di razza, d’istruzione…Mica siamo tutti/e cognitaristi o qualcosa del genere! Esitono anche i corpi. Corpi di e per strada. Corpi sfruttati, venduti, umiliati, sottomessi. La precarieta’ e’ una condizione esistenziale che non puo’ essere ristretta alla sfera del lavoro cognitivo-intellettuale. Ci sono i "creativi" ma anche le casalinghe, non solo gli artisti ma anche gli immigrati, non solo i lavoratori della conoscenza ma anche le prostitute, non solo delle menti ma anche dei corpi…il migrante senza documenti, il lavoro sottopagato delle donne sono figure esemplari del precariato…

Il "lavoro" non organizza piu’ nessuna identita’ collettiva. Non ha senso, in una situazione sociale in cui il confine tra produzione e riproduzione e’ fluido se non inesistente, limitarsi a tentare un’aggregazioni gravitanti intorno al "lavoro"…o "alla garanzia di un lavoro a vita".

La sinistra cosiddetta militante e’in uno stato di avanzata decomposizione trattandosi di una "soggettivita’ politica" che essenzialmente si auto-definisce in rapporto(anche se negativo)con le istituzioni e con l’ideologia dimenticandosi completamente di se’ come soggettivita’ sociale nella dimensione di una radicalizzazione della lotta nella vita quotidiana.
Questa militanteria chiusa nella torre della "politica" non vede, come scriveva Debord, che l’esperienza quotidiana diventa sia la sua critica radicale che l’unico vero punto di attacco e di cambiamento. La precarieta’ diffusa tra i lavoratori e nel loro vissuto costituisce una forma di vita radicalmente diversa da quella che animava e costruiva forme di rappresentanza e lotta tradizionali cosi’ com’e completamente diverso il regime di controllo e disciplina cui
essa e’ sottoposta. I precari non hanno tempo…il loro tempo individuale e collettivo e’ oggettivamente tutto o quasi espropriato. La linea di confine tra tempo di lavoro, tempo di produzione e tempo di non-lavoro, sfera della riproduzione e’ saltata. C’e solo un’enorme continuum di lavoro e incertezza che sommerge la vita di questi individui.
Il tempo di vita completamente fagocitato dallo sfruttamento, cioe’ dal lavoro e dall’affannosa ricerca in apnea di un reddito, che vuol dire anche microillegalita, significa furto di comunicazione, di possibilita’ di autogestione della socialita’, di autoproduzione di un propria forma di vita.

Le "vecchie" categorie come il genere, la razza, classe restano ancora valide, accanto ad altre nuove, per la riproduzione delle disuguaglianze e della gerarchia sociale nonostante quelli che cantano odi-future al lavoro "autonomo", "auto-responsabile", "flessibile", "immateriale"…
Tutti a fare la pubblicita’ di questa nuova-sic!-qualita’ del lavoro, ad enfatizzare che esso promette(ma mantiene?)liberta’ dai vincoli e dalle gerarchie del rapporto di lavoro standard.
Cioe’, l’auto-sfruttamento si giustifica in nome di una promessa di "liberta’" personale, socio-economica ecc. Senza offendere la "tendenza", c’e anche da dire, che se anche questo guadagno d’indipendenza-creativa nella gestione del tempo promesso dalla nuova qualita’ del lavoro fosse vera, essa riguarderebbe un’elite di gruppi o singoli individui dove non c’e posto per cose come la giustizia sociale.
Non e’ che sia proprio una grande novita’ teorica, spiegare, che nelle trasformazioni produttive e sociali postfordiste, comunque ci saranno vinti e vincitori, sfruttati e sfruttatori, poveri e ricchi e che emergeranno a galla, come sempre, nei periodi di convulsioni socio-economiche, tutti quelli che hanno abbastanza soldi, risorse culturali per andarsene in giro a raccattare le briciole che cadono dalla tavola del re…E bisogna anche essere creativi!
E alla fine dalla fabbrica e dalla sua disciplina si scappa quando c’e non quando e’ evaporata.
Si vede che il post-fordismo e’ perpetuo…oppure si fa’ come quello che inseguiva l’orizzonte…

Gli sfigati, troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per trovare un’altro lavoro ancora, intanto non hanno neanche un reddito minimo e si offrono sul mercato del lavoro nero a guadagnare nulla per vivere pure in uno stato di emarginazione continuata.

Quando la vita intera ti viene messa al lavoro suona davvero cosi’ ridicolo e anche irrisorio essere invitati all’osteria del futuro della politica in tutte le sue modalita’tradizionali.
Nessuno dei movimenti-partitini oggi in circolazione ha una proposta concreta riguardo ad un percorso anche solo possibile di riappropriazione immediata di tempo di vita nel quotidiano.
L’impossibilita’ diffusa per molti lavoratori e lavoratrici di autodeterminare la propria vita sociale e personale e’ la migliore forma di controllo che il sistema ha per fermare ogni organizzazione e lotta collettiva: cioe’ di rendere impossibile la costruzione collettiva di un’altra vita attraverso una lotta condivisa e creativa.

Le situazioni di ognuno sono diverse e trovare denominatori comuni e’ molto difficile. "Le differenze nella vita immediata" sono sono cosi’ spesso irriducibili che e’ complicato esprimersi su un piano collettivo. Definire un "luogo comune" e’ un processo che non puo’ passare attraverso una semplificazione politica e cioe’ passando per l’astrazione delle situazioni di lavoro e vita e sopravvivenza di ognuno.
Per la voglia matta di dire qualcosa a tutti universalmente e di produrre una falsa e cattiva omogeneita’ "extraterritoriale" si puo’ sempre giocare a fare la guerra al vapore con qualche strabiliante strategia politica da qui a 3500 anni; per la cronaca basta ricordarsi che di acqua sotto il ponte ne e’ passata tanta, ma il cadavere del capitalismo non s’e visto e ci sono ancora quelli che aspettano adesso, che pure, il ponte sta’ crollando.
Ci servono rotte quotidiane metropolitane e non, situazioni, coincidenze e corrispondenze fisiche e umane tutto il resto e’un sedativo pseudoreligioso o propaganda bella e buona.
Come si fa’ a vincere la debolezza della dispersione? Come ci si incrocia tra sconosciuti con e senza documenti? Le reti non cadono dal cielo. La vita e’ assorbita dal lavoro e lo chiamano "lavoro multidimensionale" ma e’ il pilastro portante dell’economia postmoderna, piu’ correttamente si dice: lavoro malpagato-precario,sommerso, di merda!.

Gli inorganizzabili si autorganizzano: Dall’istituzionalizzazione della critica all’istituzione della critica nella vita quotidiana. I vecchi sistemi di pensiero omogeneo, nei quali si trovava tutto perfettamente chiaro ma con cui non si capiva assolutamente nulla, che corrodevano l’autonomia dei singoli, sono oggettivamente al collasso nella loro presuntuosa e superba estraniazione dal cuore dell’esperienza di ogni giorno degli individui.

Gli inorganizzabili non si organizzano: Disorientati, tormentati, oscuramente minacciati, singoli sfollati sulle strade con l’onere dell’invisibilita’, del razzismo, dell’oppressione di classe… nessuno di essi sa piu’ da dove e’ venuto e dove va’; nessuno sa’ perche’ fa’ le cose che fa’.

La tradizione degli oppressi insegna che la "situazione di emergenza" in cui viviamo è la regola. La regola e’ quella in cui il mondo civile si difende uccidendo come a genova. Percio’ il proprio dovere dovrebbe consistere nel provocare un vero stato d’eccezione generalizzato e quotidiano.

Degli uomini girano per affari come se la città fosse in perfetto ordine e nessuno sente il fuoco che cova sotto la brace mentre si sparge rovina, terrore e sgomento.
Nel delirio di sicurezza i devoti del saccheggio e della distruzione col loro senso d’immunita’ e d’intoccabilita’ hanno orrore del disordine…sic!
Comunque occorre non dimenticare che i colpevoli della repressione e della tirannia sono i responsabili del nostro divertimento.
Che la societa’ governata dal fanatismo capitalista e’ stata costruita con la complicita delle nostre risate che salivano da una schiacciante paralisi mentale…Moderni, teconologizzati e disciplinati artisti della ribellione senza’arte della rivolta. Italian psycho
L’inferno e’ gia’ qui e la situazione e’ precaria cosi’ tanto che vivere e’ solo un modo di frequentare il nulla. Siamo tutti cosi’ pesanti che tendiamo verso il basso con primitivo e osceno disprezzo.

La grande morale di queste "epocali" trasformazioni produttive e sociali che investono le societa’ capitaliste e’ che i piu’ forti sopravvivono e i deboli soccombono.
Ad ogni livello, o piano storico, si soccombe in maniera diversa, a volte ante, a volte post, a volte tecno, piu’ spesso brutalmente e in qualche caso senza rendersene conto.
In alcuni casi, sempre piu’ frequenti, si schiatta per, rendere onore alla "tendenza filosofica" di moda, per circostanze sconosciute, condizioni imprevedibili,incerti sviluppi, mancanza di sicurezza, instabilità…basso salario, umiliazione, vicolo cieco…

Per il momento si vive in clandestinita’ sociale…legale e illegale. Alcuni forzatamente mobili e altri costretti sempre forzatamente all’immobilita’. Sono quasi quattro anni che si sa’ e si attende, ai piani alti, che scoppi la "bolla immobiliare" e un’altro bel ’29, ma se ne stanno abbastanza tranquilli, nel frattempo che la crisi arriva loro hanno gia’ reinvestito in materie prime e laggiu’, ai piani bassi, si puo’ sempre scaricare di tutto…e confidare nelle forze di polizia e nella beneficienza privata. Il crash finanziario non e’ una sorpresa e presto, rassicuratevi, che gli esperti del settore verranno a rassicurarvi in tv se non l’avrete ancora ipotecata…

ZOMBIE DI TUTTO IL MONDO UNITEVI

E attraverso i muri / attraverso le porte / passano i fantasmi / delle persone morte / passa il desiderio / di zombie proletari / che solo nei silenzio / sanno illudersi uguali / passa un sogno perduto / di ricomposizione / ma come ricomporre / un bacio un’emozione / passa un sogno suicida / che dice che ha sparato / a un cuore che non c’è / al cuore dello Stato / passa un sogno che canta / l’ultima ideologia / io voglio la sua testa / la testa di Maria / Maria che non esiste / che e’ solo una canzone / Maria che non è bella / neanche come nome.

E attraverso il rifiuto / attraverso i rifiuti / abbiam trovato asilo / su mondi separati / e per comunicarci / il menu di domani / possiamo solamente / far segni con le mani / e fare le boccacce / d’un linguaggio inventato / che non emette suoni / emette solo fiato / con un po’ di paura / che un intellettuale / capisca anche il silenzio / e lo voglia svelare / e ci tolga la voglia / di non capire niente / vivendo come corpo / anche la nostra mente / sapendo che comprendere / vuole dire abbracciare / ma se l’abbraccio è morsa / vuol dire strangolare / sapendo che la morte / non è così lontana / siamo noi che l’amiamo / non è lei che ci chiama / perché siamo i fantasmi / del fantasma d’Europa / che di carne e di sangue / ne ha conservata poca / e dice con sospiro / come un basso profondo / unitevi di nuovo / zombie di tutto il mondo.

Da tutte le paludi / da tutte le galere / lasciando le famiglie / lasciando le bandiere / che vogliono bendare / questi corpi straziati / noi non li nascondiamo / questi corpi spezzati / ci si vede attraverso / ci si vede lontano / trasparenza assoluta / che si tocca con mano / trasparenza che dice / che oltre questa storia / ce n’è una più bella / e non è la memoria / e non è nostalgia / che i ritratti conserva / di noi quando da piccoli / avevamo la barba / è la storia segreta / la storia parallela / là dove il nostro inverno / diventa primavera.
                                                            G.Manfredi

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