valore immaginario

"Il rapporto di valore  astrae dal soggetto che lavora
concretamente e dall’oggetto concretamente lavorato". La produzione
capitalista in quanto produzione per la produzione e non per il consumo
richiede che gli individui stessi astraggano dai particolari valori
d’uso, bisogni e interessi. Il valore di scambio benche’ empiricamente
non percepibile e’ una funzione concreta che ha un reale potere sugli
uomini.

Nelle societa’ dove predomina la produzione capitalistica la ricchezza
si presenta come un’immane accumulazione di merci.
Le merci sono qualcosa di duplice, valore d’uso e valore di scambio.
Come valore d’uso una merce e’ una cosa utile ed espressione
(oggettivazione) di un lavoro concreto e determinato. Come valore di
scambio la merce rappresenta  semplice dispendio di forza
lavorativa umana, cristallizzazione di una certa quantita’ di lavoro
astratto.

La forma del valore d’uso e’ la forma del corpo stesso della merce. La
forma del valore di scambio e’ la sua forma sociale.
I produttori mettono in relazione tra loro i loro diversi
 lavori
in quanto lavoro umano in generale mettendo in relazione i prodotti di
questi lavori in qualita’ di merci: senza questa mediazione della
"cosa" non sarebbero in grado di farlo(entrare in relazione), per
questo il rapporto fra persone appare come un rapporto tra cose.
I prodotti del lavoro umano non diventerebbero merci se non
fossereo il prodotto di lavori privati, esercitati
indipendentemente
l’uno dall’altro. In quanto tali essi acquistano un carattere
sociale ed entrano in relazione solo perche’
creano valori di scambio, i loro prodotti valgono come corpo di questo
valore.

La merce come valore di scambio e’ espressione di forza lavoro umana in
generale; cioe’ astratta, astratta dal lavoro 
determinato, utile e concreto contenuto in essa. Merci differenti, con
differenti valori d’uso si riferiscono l’una all’altra, si commisurano
quantitavivamente poiche’ sono ridotte ad una stessa unita’ o sostanza:
a lavoro umano che conta come dispendio di forza lavoro umana in
generale. In quanto valori di scambio tutte le merci sono equivalenti,
espressioni reciprocamente sostituibili o scambiabili della stessa
unita’.

All’nterno del rapporto di valore il concreto, sensibile, il valore
d’uso(la forma corporea determinata della merce: abito, grano, ferro
ecc.) valgono come forma fenomenica  di quell’universale
astratto
che e’ il valore di scambio.
Il denaro, la forma di denaro della merce e’ solo la figura
ulteriormente sviluppata di questa forma semplice di valore (dispendio
di lavoro umano in generale oggettivato in determinate quantita’). Nel
denaro il rapporto quantitativo del valore di scambio acquista una sua
autonoma indipendenza , si separa, dalla forma corporea delle
merci.

"5 letti=una casa
non differisce da
5 letti= tento e tanto denaro.
Il rapporto di valore implica che la casa sia posta come
qualitativamente uguale al letto; queste cose, materialmente diverse,
non sarebbero riferibili come grandezze commensurabili se nella loro
essenza non partecipassero di tale uguaglianza(…) Aristotele afferma:
<non puo’ esistere lo scambio senza l’uguaglianza e non puo’
esistere uguaglianza senza la commensurabilita’>. Ma qui si
ferma e
abbandona l’ulteriore analisi della forma di valore(…) Aristotele non
poteva dedurre dalla stessa forma di valore che tutti i lavori sono
riportati nella forma dei valori di merci come lavoro umano uguale e di
conseguenza aventi uguale valore, poiche’ la societa’ greca si reggeva
sul lavoro servile, e quindi aveva come naturale fondamento la
disuguaglianza  degli uomini e della loro forza-lavoro.
Soltanto quando il concetto di uguaglianza umana abbia gia’ la saldezza
di un pregiudizio popolare, si puo’ scoprire il segreto della
espressione di valore, l’uguaglianza e l’uguale validita’ di ogni
lavoro, poiche’ e in quanto sono lavoro umano in generale."
(Questo accade solo in una societa’ in cui la forma di merce sia la
forma generale del prodotto del lavoro e in cui, di conseguenza, il
reciproco rapporto fra gli uomini come possessori di merci sia il
rapporto sociale dominante.)

Una merce puo’ essere il prodotto del lavoro piu’ complesso di tutti,
ma il suo valore la equipara al prodotto del  lavoro semplice
e
rappresenta quindi soltanto una determinata quantita’ di lavoro
semplice. Le varie proporzioni nelle quali i differenti generi di
lavoro sono ridotti a lavoro semplice come loro unita’ di misura,
vengono stabiliti mediante un processo sociale estraneo ai produttori e
quindi a questi ultimi dato dalla tradizione.

"Il rapporto di valore  astrae dal soggetto che lavora
concretamente e dall’oggetto concretamente lavorato". La produzione
capitalista in quanto produzione per la produzione e non per il consumo
richiede che gli individui stessi astraggano dai particolari valori
d’uso, bisogni e interessi. Il valore di scambio benche’ empiricamente
non percepibile e’ una funzione concreta che ha un reale potere sugli
uomini. L’astrazione di tutte le concrete determinazioni del lavoro; la
riduzione del lavoro e del valore d’uso al loro puro concetto(prodotti
di lavoro umano in generale) sono reali modi di organizzazione della
formazione sociale capitalistica.
Il riferirsi sociale del valore di scambio ad un lavoro astratto,
a-qualitativo e rappresentato in un tempo immutabile e
destoricizzato-deumanizzato, nella sua espansione ad
ogni dimensione dell’esperienza umana, comporta la sottomissione
dell’uomo ad un mondo di fantasmi. La norma dominante del valore di
scambio, del tempo
di lavoro astrattamente umano proietta l’uomo in un mondo astorico.

Il valore di scambio e’ un’astrazione esistente; astrazione dai valori
d’uso, dagli individui concreti dai loro bisogni reali e dunque e’
 repressione della "differenza". La mercificazione totale
della vita  si nutre delle sue spoglie; dopo che l’ha svuotata
del suo contenuto  la conserva duplicandola sul piano
estetico, proiettandola in immagini.
Non si sottrae a questo destino di subordinazione alla legge astratta
del valore di scambio neppure il sostrato biologico dell’essere vivente.

"il consumatore reale e’ consumatore di illusioni"

Quando il valore di scambio, nella sua indifferenza costitutiva ai
valori d’uso, alla figura reale del prodotto, si "autonomizza" al suo
piu’ alto grado estende il suo dominio ovunque, fino alle emozioni piu’
intime e sottili dell’animo umano.
Tutto si presenta come immagine della sua potenza e la realta’ stessa
non puo’ piu’ sottrarsi al destino di venire riprodotta, doppiata e
venduta come una merce. La totalita’ del mondo umano viene schiacciata,
appiattita nella commensurabilita’ e fungibilita’ di ogni suo elemento.
Le equazioni astratte dello scambio di merci  dominano
l’esperienza viva fino al punto che tutto ha valore solo in quanto si
puo’ scambiare, non in quanto e’ di per se’ qualcosa. Il valore d’uso
diventa ostaggio di un’astrazione sociale.

Nel rapporto di scambio tutti i momenti qualitativi, entita’ singolari
e prestazioni non identiche diventano commensurabili, si riducono a
proporzioni quantitative comparabili di un’unica sostanza: lavoro umano
in generale, tempo di lavoro astratto.
Il dominio sociale del principio del lavoro astratto, del valore di
scambio(dell’universale fungibilita’ di tutti gli uomini e di tutte le
prestazioni) che nega a priori il non-scambiabile, il qualitativo
tuttavia non puo’  realizzarsi che tramite
un’individuazione determinata, una forma fenomenica particolare.
Cio’ che il valore di scambio nega  a priori e’ costretto a
conservarlo in forma degradata, in forma di apparenza, di mitologia, di
immagine. La differenza qualitativa, l’immediatezza attraverso la quale
il valore di scambio puo’ effettivamente realizzarsi viene riprodotta
come illusione e come immagine-feticcio. Cio’ che non entra nel
dominante rapporto di scambio, il qualitativo, l’unicita’ e la
differenza  in sostanza liquidati, si conservano e riproducono
come
un’apparenza necessaria, una falsa antitesi. Il valore di scambio,
cosi’ gli uomini nella promessa di una felicita’ irraggiungibile, si
proiettano in immagini apparentemente immuni e intraducibili nelle sue
astratte equazioni.

Il valore d’uso viene prodotto e riprodotto in unita’ immaginarie,
atomi di senso, in valore simbolico anche nelle fasce basse del
consumo. L’utilita’ di una cosa, la sua differenza, dopo la sua
liquidazione imperfetta, ha sempre meno peso, non  ha piu’
gravita’ e non si puo’ piu’ gettare sul piatto della bilancia. Diventa
una funzione "sensibilmente sovrasensibile".
La "smaterializzazione" del valore d’uso, allude, dopo la sua negazione
e la sua liquidazione, alla sua conservazione in un culto mistico di
carattere sociale. Il bisogno di possedere l’immediatezza, il
non-scambiabile, l’esperienza "autentica" e viva come negazione
astratta del valore di scambio si capovolge in mitologia. Questa
infatti e’ falsa antitesi  poiche’ continua a presupporre una
societa’ in cui tutte le prestazioni sono traducibili in valore di
scambio, che e’ fondata sulla fungibilita’ universale.

"la ricchezza della societa’ nelle quali predomina il modo di
produzione capitalistico si presenta come una immane raccolta di
immagini e l’immagine singola si presenta come la sua forma elementare."

Il valore d’uso, nella sua assoluta subordinazione al valore di
scambio, si realizza come consumo di illusioni, di scenari immaginari
dove il "soggetto" in veste di spettatore o di protagonista "appaga"
virtualmente i suoi desideri.
La separazione, la decomposizione delle relazioni fra gli uomini e
degli uomini da loro stessi nel lavoro alienato raggiunge il suo apice
quando gli individui non si riconoscono piu’ in se’ e nei loro rapporti
diretti con gli altri ma in immagini.
L’affermarsi di una coscienza della realta’ sempre piu’ mediata
dal principio del lavoro di scambio, dal lavoro astratto, accresce
considerevolmente il potere delle immagini , e le immagini del potere
sugli uomini.
In questo regno dell’equivalenza assoluta, dell’atemporalita’,
 della fine della tensione di "forma" e "materia",
significante e
significato, di parola e cosa, di sogno e realta’, il cosiddetto
"spirito critico" vegeta come residuo di sistemi superati o come
"imperativo sentimentale" e la comunicazione ormai impossibile continua
a vegetare come finzione universale.

Le immagini non hanno ne’ passato ne’ futuro; vivono nell’immediatezza
dell’identificazione estetica in uno stato di assenza ideologica. Esse
non hanno storia, ne’ concatenazione fra quanto precede  e
quanto
segue, e gettano chi guarda in una condizione di costante
stupore,
di non-storia.
Il lavoro astratto, il rapporto del valore di scambio e’ un principio
d’identita’(cioe’ di morte) sovrasensibile, ossia completamente
sociale, in cui la riduzione delle differenze qualitative a differenze
quantitative si esplica attraverso la moltiplicazione
indefinita della ricchezza delle determinazioni dei valori d’uso.
Le differenze  sono un’apparenza necessaria di questa
astrazione universale esistente e realmente operante.

Eliminando tutto cio’ che costituisce l’individualita’ di un s-oggetto,
facendo astrazione delle sue qualita’ in modo assoluto si arriva ad
avere nient’altro che una pura quantita’ di lavoro astratto, o di
denaro ovvero di potere sociale.
La cancellazione di ogni  essenza umana qualitativa
 e la sua riduzione al valore di scambio si
compie attraverso la proliferazione delle sue distinzioni e
delle
determinazioni  immaginarie e visive. Senza la
differenziazione della forma l’uguaglianza di contenuto (lavoro
astratto) produrrebbe una notte in cui tutte le merci sono nere.
Il valore di scambio deve avere delle forme sensibili
e apparenti e delle rappresentazioni per essere
effettualmente realizzato nel consumo. La legge astratta del valore di
scambio senza determinazioni
nella sua realzione con "l’altro", con il non scambiabile anche solo
come
apparenza, sarebbe una vuota ripetizione. Essa ha bisogno dello
spettacolo interessante
della quantita’ infinita delle singolarita’
visibili.

Il valore di scambio e’ un rapporto sociale, la sostanza che si
da’ in un’infinita ricchezza di forme, fenomeni e figure.
Il valore di scambio e’ un’astrazione esistente; astrazione dai valori
d’uso, dagli individui concreti dai loro bisogni reali che si da’ in
forme visibili. Cio’ che esso nega lo riproduce come apparenza, nelle
forme più avanzate di merce, nel consumo in cui si
moltiplicato la varietà apparente dei ruoli e degli oggetti
da scegliere. Il conferimento di significati nuovi ad oggetti "vecchi"
e’ ora condizione predominante della
realizzazione del valore di scambio.
Nello spettacolo il valore di scambio canta le merci e le loro
passioni, si sensualizza.

Le immagini hanno colonizzato il regno del desiderio nell’interesse
della riproducibilita’ del rapporto di valore di scambio nelle sfere
della
vita  individuale e sociale che sembravano sottrarsi e
sottraibili al suo dominio. Esse hanno accellerato il processo di
defunzionalizzazione degli oggetti a favore della loro
circolazione sempre piu’ accellerata in forma di merci.

Il ready-made, un’operazione di spostamento del significato
oggettivo del prodotto, diventa la logica determinante della
mercificazione. Proporre "nuovi significati alle cose, anche per quelle
già esistenti" e infine proporre significati
"nuovi" e basta non a caso diventano un’attivita’ predominante nel modo
di produzione capitalistico contemporaneo.
Il dominio totalitario dell’astrazione del valore di scambio 
ha
innalzato ad attivita’ produttiva piu’ alta la creazione di
"nuovi pensieri " per oggetti standardizzati, la creazione di nuovi
titoli e punti di vista, e immagini che fanno scomparire dietro di essi
il significato d’uso degli oggetti.
La produzione di oggetti procede simultaneamente ad una
crescente creazione di una moltitudine di immagini di oggetti.
Nella merce la sua funzione simbolica, la sua immagine, e’ piu’
decisiva della sua funzione d’uso. L’immagine produce degli effetti
nella sensibilita’, orienta la costituzione delle forme di vita,
orientando il desiderio. L’immagine
è un potente strumento di natura ideologica che manifesta ovunque la
potenza del principio astratto, delle astrazioni che dominano il mondo
sociale e umano (movimento autonomo del non vivente).

Il consumo si organizza intorno alla merce-visiva. Il referente unico
e’ la continua organizzazione e riorganizzazione della vita intorno al
rapporto sociale capitalistico autonomizzatosi o tendente a rendersi
indipendentei dalle condizioni materiali della sua riproduzione. Limite
ineliminabile continuamente superato e continuamente
riproposto.
Il "vero" appartiene al principio del valore di scambio, alla legge del
lavoro astratto, allo sfruttamento e la "realta’" e’ la
manifestazione della sua potenza.

"lo spettacolo e’ un rapporto sociale mediato da immagini"
(Spettacolo-spectaculum- cio’ deve essere visto-che si offre alla vista-cio’ che attrae lo sguardo- ma anche ciò che deve .

Johan Huizinga ne il " Il declino del Medioevo", sosteneva che una
delle caratteristiche fondamentali del declino del medioevo era stata
la crescente predominanza del senso della vista; l’atrofia del pensiero
soggiogato dall’espressione visiva, per immagini di se’.

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