Il capitalismo gerarchico romano

Questo tipo di discorso non è specifico del romanismo ma di tutti i totalitarismi contemporanei: del nazi-fascismo, dello stalinismo, del settarismo religioso, dei regimi latino-americani di sicurezza nazionale, del fondamentalismo del mercato e del pensiero unico neoliberista. Il sistema è totalitario e chiuso in se stesso, nel caso della Chiesa gerarchica vaticana, un "totatus" ("totalitarismo") come dicevano i teologi cattolici critici verso l’assolutismo dei papi. La realtà comincia e termina là dove comincia e termina l’ideologia totalitaria. Non esiste nulla oltre il sistema. Ad esso tutti devono sottomettersi, come dice il documento di Ratzinger, in "pieno ossequio dell’intelletto e della volontà", "dando il proprio assenso volontario" (n. 7). La verità è solo "intrasistemica". Solo quelli che obbediscono al sistema partecipano dei benefici della verità che è la salvezza. Tutti gli altri sono in errore. Chi pretende di possedere da solo la verità assoluta è condannato all’intolleranza verso tutti gli altri che non sono in essa. La strategia è sempre la stessa, in tutti questi totalitarismi: convertire gli altri o sottometterli, demoralizzarli e distruggerli. Leonardo Boff (Da Adista del 9 ottobre 2000 n. 70)

DOC-1002. RIO DE JANEIRO-ADISTA.
di Leonardo Boff (Da Adista del 9 ottobre 2000 n. 70)

"Mentre si avvicina la conclusione dei festeggiamenti per i duemila anni di cristianesimo, il card. Ratzinger ci saluta con un documento dottrinario del quale dobbiamo ringraziarlo. In esso, senza maschera né sotterfugi, si espone la visione che una parte della Chiesa, la gerarchia vaticana, possiede circa la rivelazione, il progetto di Dio in Cristo, la natura della Chiesa, il dialogo ecumenico e interreligioso.

Adesso tutti, uomini e donne di buona volontà, persone religiose e spirituali, Chiese cristiane e tutti i fedeli sanno quello che devono aspettarsi dalla Chiesa gerarchica vaticana rispetto al futuro del dialogo micro e macroecumenico. Questo futuro è spaventoso, ma assolutamente coerente con il sistema che la Chiesa gerarchica vaticana ha elaborato negli ultimi due secoli e che ora ha raggiunto la sua più pietrificata espressione. È il sistema romano, ferreo, implacabile, crudele e senza pietà.

1. L’inaudita aggressività di un cardinale timido

In un’unica formula, picaresca ma autentica, ecco il riassunto della sua opera: "Cristo è l’unica via di salvezza e la Chiesa è il pedaggio esclusivo. Nessuno percorrerà il cammino se prima non pagherà il pedaggio". Altrimenti formulato: "Cristo è il telefono ma solo la Chiesa è la telefonista. Tutte le comunicazioni di corta e lunga distanza passano necessariamente attraverso di lei". Chiesa e Cristo formano "un unico Cristo totale" (n. 16), perché, "così come esiste un solo Cristo, esiste un solo corpo e una sola sua Sposa, una sola Chiesa cattolica e apostolica" (n. 16). Fuori della mediazione della Chiesa, tutti, inclusi "gli adepti di altre religioni, oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria" (n. 22).

Con enfasi, si dice, citando il Catechismo della Chiesa Cattolica: "Non dobbiamo credere in nessuno se non in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo" (n. 7).

Perché questo riduzionismo? Qui comincia ad articolarsi il sistema romano, il romanismo, a partire dal "carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo" (n. 4). Possono passare millenni, possono gli esseri umani emigrare in altri pianeti o galassie, fino al giudizio finale la storia è ingessata, poiché non si avrà nessuna novità in termini di rivelazione: "non si dovrà attendere alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa di Nostro Signore Gesù Cristo" (n. 5).

Il sistema è completo, chiuso e totale, tutto è proprietà privata della Chiesa (gerarchia vaticana) che deve estenderlo al mondo intero. Che dirà agli esseri umani, anche fra milioni di anni di evoluzione e di incontro spirituale con Dio, e agli altri cristiani che non sono cattolici-romani?

Le risposte sono chiare e senza titubanze, autentiche stilettate di pugnale nel petto dei destinatari: a voi, persone religiose del mondo, membri di religioni anche più antiche del nostro cristianesimo (come il buddismo o l’induismo), annuncio questa desolante verità: voi non avete "fede teologale", a mala pena possedete "credenza"; le vostre dottrine non sono cosa dello Spirito ma sono cose che "l’uomo nella sua ricerca della verità ha ideato". Se possiedono degli elementi positivi, "ad essi non può essere attribuita l’origine divina", né sono vostri, sono nostri perché "ricevono dal mistero di Cristo gli elementi di bontà e di grazia in essi presenti" (n. 8).

E voi, Chiese ortodosse che possedete gerarchia e eucarestia, voi siete appena "Chiese particolari, senza la piena comunione perché non accettate il primato del Papa" (n. 16).

E voi, Chiese evangeliche, uscite dalla Riforma, e le altre sorte in un secondo tempo, ascoltate bene questa sentenza: "non siete Chiese in senso proprio" (n. 17), siete "comunità separate", "il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che fu affidata alla Chiesa cattolica" (n. 17).

E ora ascoltate tutti quello che il Concilio Vaticano II ha sentenziato e noi riaffermiamo: l’"unica vera religione sussiste nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato il compito di diffonderla tra tutti gli uomini" (n. 23). Sappiate che unicamente in questa è la verità. Tutte le persone sono obbligate a cercare la verità che altro non è se non Cristo e la Chiesa. Una volta conosciuta, voi siete obbligati ad aderire ad essa, perché al di fuori di questa verità tutti voi siete irrimediabilmente nell’errore.

In fondo, questo documento, espressione suprema di totalitarismo, dirà a tutti, in modo crudele e impietoso: senza Cristo e la Chiesa voi tutti non possedete niente di vostro; se, per ventura, avete qualche elemento positivo, non è vostro ma di Cristo e della Chiesa. A voi non resta altra strada se non la conversione. Fuori della conversione c’è solo il rischio oggettivo della perdizione.

Dopo tale pronunciamento, per noi mortali, impegnati nel micro e nel macro ecumenismo, una cosa è chiara: qualsiasi iniziativa del Vaticano in quest’area nasconde una farsa e prepara un’esca. Gli appelli che il documento fa alla continuità del dialogo non sono propriamente sui contenuti religiosi, ma sul rispetto delle persone, uguali in dignità, ma assolutamente disuguali in termini di condizioni oggettive di salvezza. Con queste tesi il timido cardinal Joseph Ratzinger è apparso come lo sterminatore del futuro dell’ecu-menismo.

Come si è giunti a questo sistema totalitario, il romanismo, che fa tante vittime e che produce un discorso di esclusione e di disperazione?

2) Il capitalismo gerarchico romano

Questo tipo di discorso non è specifico del romanismo ma di tutti i totalitarismi contemporanei: del nazi-fascismo, dello stalinismo, del settarismo religioso, dei regimi latino-americani di sicurezza nazionale, del fondamentalismo del mercato e del pensiero unico neoliberista. Il sistema è totalitario e chiuso in se stesso, nel caso della Chiesa gerarchica vaticana, un "totatus" ("totalitarismo") come dicevano i teologi cattolici critici verso l’assolutismo dei papi. La realtà comincia e termina là dove comincia e termina l’ideologia totalitaria. Non esiste nulla oltre il sistema. Ad esso tutti devono sottomettersi, come dice il documento di Ratzinger, in "pieno ossequio dell’intelletto e della volontà", "dando il proprio assenso volontario" (n. 7). La verità è solo "intrasistemica". Solo quelli che obbediscono al sistema partecipano dei benefici della verità che è la salvezza. Tutti gli altri sono in errore. Chi pretende di possedere da solo la verità assoluta è condannato all’intolleranza verso tutti gli altri che non sono in essa. La strategia è sempre la stessa, in tutti questi totalitarismi: convertire gli altri o sottometterli, demoralizzarli e distruggerli.

Questo metodo lo conosciamo bene in America Latina. Fu applicato minuziosamente dai primi missionari spagnoli che vennero in Messico, nei Caraibi e in Perù con l’ideo-logia assolutista romana. Considerarono false le divinità delle religioni indigene e una pura invenzione umana le loro dottrine. E li distrussero con la croce unita alla spada.

I lamenti dei saggi aztechi riecheggiano fino ad oggi: "Avete detto che i nostri dei non erano veri. È nuova questa parola che dite. A causa sua siamo danneggiati, a causa sua siamo molestati. Ascoltate, signori: non fate al nostro popolo cosa che gli rechi disgrazia e che lo faccia morire, non possiamo stare tranquilli" (Miguel León Portilla, "La conquista dell’America Latina vista dagli indios", Vozes, Petrópolis 1987, 21-22). I maya piangevano singhiozzando: "Addoloriamoci, perché sono arrivati (gli spagnoli cristiani). Sono venuti a far marcire i fiori. Perché vivesse il loro fiore hanno distrutto e inghiottito il nostro fiore. Castrare il sole: questo sono venuti a fare qui. Questo Dio "vero" che viene dal cielo parlerà solo di peccato, solo sul peccato sarà il suo insegnamento. Ci hanno insegnato la paura" (León-Portilla, op. cit. 60-62).

Il card. Ratzinger potrà immaginare quello che un pio presbiteriano, che lavora con gli indigeni all’interno della selva amazzonica, o un monaco taoista, immerso nella sua contemplazione, proveranno quando, in un qualsiasi incontro interreligioso, verrà detto loro che non hanno fede o che non sono Chiesa, che in sé non possiedono nulla di divino e di positivo, e se lo possiedono è solo a causa di Cristo e della Chiesa? Così umiliati e offesi hanno motivo di piangere come gli aztechi e i maya. Il loro lamento arriverà fino al cuore di Dio che sempre ascolta il grido degli oppressi, senza la mediazione non necessaria della Chiesa. Ma poiché sono giusti e saggi, di sicuro sorrideranno solamente di fronte a tanta arroganza, a tale mancanza di rispetto e tale assenza di spiritualità riguardo ai percorsi di Dio nella vita dei popoli.

La strategia del documento vaticano obbedisce alla stessa logica dei citati totalitarismi: va dalla demoralizzazione e dalla svalutazione fino alla completa negazione del valore teologico delle convinzioni degli altri. Distrugge tutti i fiori del giardino non-cattolico e religioso perché resti, sovrano e solitario, solo il fiore della Chiesa cattolica romana. E tutto con l’invocazione di Dio, di Cristo e della rivelazione divina, peccando allegramente contro il secondo comandamento della Legge di Dio che proibisce di usare il santo nome di Dio invano, o per coprire interessi meramente umani.

Come si è giunti a questa rigidità fondamentalista e senza pietà? Non vogliamo riassumere l’indagine storica, fatta dai migliori storici ed esegeti cattolici che il card. Ratzinger conosce bene avendoli studiati a Frisinga, Bonn, Tubinga e Regensburg: dalla comunità fraterna degli inizi del cristianesimo si è arrivati per ragioni storiche, comprensibili ma non giustificabili, alla società ecclesiastica piramidale e disuguale. Nei primi secoli, fino a dopo l’anno mille, il popolo cristiano partecipava del potere della Chiesa-comunità dei fedeli nelle decisioni e nell’elezione dei suoi ministri secondo l’antico adagio: "tutto quello che riguarda tutti deve essere da tutti discusso e deciso". In seguito il popolo cominciò ad essere a malapena consultato, ed infine totalmente emarginato ed espropriato della capacità che in origine possedeva. Così nella Chiesa è sorta una innegabile divisione e disuguaglianza: una gerarchia che tutto sa, tutto insegna, tutto discute e tutto decide al di sopra di una massa di fedeli depotenziata e destituita, che deve obbedire e aderire totalmente alla gerarchia.

Questa realtà è in sé perversa e contraria al significato originario del messaggio di Gesù. Per renderla accettabile entrano in funzione i meccanismi di legittimazione. La gerarchia vaticana elabora una corrispondente teologia con l’obiettivo di giustificare, rafforzare e socializzare il suo potere. Per rendere questo potere irriformabile, intoccabile e assoluto gli attribuisce un’origine divina, quando in verità è una produzione storica e frutto di un processo implacabile di espropriazione. Per ottenere tale "faraonismo" la gerarchia vaticana mise mano alla manipolazione di decreti e alla falsificazione del famoso Testamento di Costantino, fino ad istituire con Gregorio VII nel 1075, con il suo "Dictatus Papae" (la Dittatura del Papa), il potere assoluto del papato in formule come queste: "Il papa è l’unico uomo al quale tutti i prìncipi baciano i piedi (questo valeva fino alla metà di questo secolo, con Pio XII); la sua sentenza non deve essere corretta da nessuno e lui solo può correggere quella di tutti; egli non deve essere giudicato da nessuno". Alla fine con Pio IX, infelicemente beatificato di recente, il papa fu proclamato infallibile nel suo magistero, potendo decidere tutto "da sé e senza il consenso della Chiesa".

A partire da questa ideologia totalitaria si leggono le Scritture e si estrapola da queste ciò che serve a fondamento di questa dottrina ideata dalla sete di potere, spiritualizzando prospettive contrarie o semplicemente riducendole al silenzio. Anche le più essenziali. Il documento del card. Ratzinger continua questo metodo senza una benché minima sottigliezza, come ci si sarebbe potuto aspettare da uno che è stato un tempo un teologo di riconosciuta competenza.

Occorre ricordare che il Gesù storico fu vittima di un sistema assolutista simile, architettato da scribi e farisei che, in nome di quell’assolutismo, rigettarono Gesù come falso profeta, nemico della verità, belzebù, traditore delle tradizioni e seduttore del popolo. Gesù replica loro, e lo stesso diremo al card. Ratzinger: "in verità, annullate così la Parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte" (Mc 7,13); "a causa delle tradizioni voi non insegnate il precetto di Dio" (Mt 15,3).

Cos’è che il card. Ratzinger non insegna in nome di tradizioni spurie?

3) Errori teologici che rendono inaccettabile il documento vaticano.

Il card. Ratzinger non insegna l’essenza del cristianesimo, senza la quale nulla si sostenta e vana è l’intera argomentazione del documento. Tra le altre cose essenziali, due sono le più gravi: non annuncia la centralità dell’amore, né predica l’importanza decisiva dei poveri. Sono completamente assenti dal suo documento.

Per Gesù e per tutto il Nuovo Testamento l’amore è tutto (Mt 22, 38-39) perché Dio è amore (1 Gv 4,8-16) e solo l’amore salva (Mt 25,34-37), amore che deve essere incondizionato (Mt 5,44). Niente di questo si legge nel documento cardinalizio. Parla solo di verità rivelate e della fede teologale come piena adesione ad esse. E sa bene il cardinale che la fede da sola non salva, poiché come dicono tutti i Concilii, salva solo la fede "informata d’amore" (fides caritate informata). È un silenzio clamoroso, comprensibile solo in chi non possiede un’esperienza spirituale, non si incontra con il Dio-comunione di persone divine, non ama Dio né il prossimo, ma aderisce solo pigramente alle verità scritte e astratte. Per il fatto che il testo non rivela nessun amore, mostra anche di non amare nessuno che non sia il proprio sistema. Anzi, senza compassione o sforzo di comprensione, offende e distrugge il credo degli altri.

Più ancora, come aggravante, in nessun momento si riferisce ai poveri. Per Gesù e per tutto il Nuovo Testamento il povero non è un tema fra gli altri. È il luogo a partire dal quale si scopre il vangelo come buona notizia di liberazione ("beati i poveri") e funziona come criterio finale di salvezza o di dannazione. A nulla vale appartenere alla Chiesa romano-cattolica, possedere l’intero arsenale degli strumenti di salvezza, sottomettersi con mente e cuore al sistema gerarchico, accogliere tutte le verità rivelate. Se non avessi l’amore "non sarei niente" (1 Cor 15,2). Se non avessimo amore per gli affamati, gli assetati, gli ignudi, i forestieri e i prigionieri nessuno, né io, né il card. Ratzinger potremmo udire le parole delle Beatitudini: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo" (Mt 25,34); perché "ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me" (Mt 25,45). La questione del povero è così essenziale all’eredità di Gesù che quando Paolo andò a Gerusalemme a definire la sua dottrina con gli apostoli, questi gli ricordarono l’attenzione verso i poveri (Gal 2,10).

La tradizione teologica della Chiesa ha sempre argomentato correttamente: dove sta Cristo, lì sta la Chiesa; Cristo è nei poveri; quindi la Chiesa è (deve essere) nei poveri. Non solo nei poveri laboriosi e buoni, ma nei poveri puramente e semplicemente per il solo fatto che sono poveri. Essendo poveri, hanno meno vita e perciò sono i primi destinatari del Vangelo e dell’intervento liberatore del Dio della vita. Nessuna risonanza di questo annuncio di libertà e di compassione troviamo nel vile documento vaticano. Sulla questione dei poveri si potrebbe inaugurare un ecumenismo aperto e fecondo con tutte le Chiese, le religioni, le tradizioni spirituali e le persone di buona volontà.

Nell’amore incondizionato e nei poveri si trova la centralità del messaggio di Gesù e non nel ragionamento ideologico messo su dal documento del cardinale. C’è nel documento una forma di negazione del Dio vivo che solo gli ecclesiastici realizzano: parlare di Dio, della sua rivelazione e della sua grazia senza mostrare nessuna compassione verso i poveri e verso gli offesi. Non parlano del Dio di Gesù che ascolta il grido degli oppressi e scende per liberarli (Esodo 3,4), ma di un feticcio ecclesiastico che l’uomo "ha ideato" (n. 7) nella sua brama di potere. Non senza motivo l’immagine di Dio che emerge dal documento è quella di un Dio funereo che è morto da molto tempo ma che ha lasciato come testamento frasi, raccolte nel Nuovo Testamento, con le quali la gerarchia vaticana costruisce un edificio di salvezza esclusivo per che vi vuole entrare.

Ma ci sono altre insufficienze gravi di teologia che occorre denunciare:

Il documento offende il Verbo che "illumina ogni persona che viene al mondo" (Gv 1,9) e non solo i battezzati e i romano-cattolici.

Il documento bestemmia contro lo Spirito che "soffia dove vuole" (Gv 3,8) e non solo sopra coloro che sono legati agli schemi del cardinale. Gesù enfatizza che "i veri adoratori che il Padre desidera, devono adorarlo nello Spirito e nella verità" e non solo in Roma (Gerusalemme) o Garizim (Cracovia) (Gv 4,21-23), vale a dire tutte le persone aperte alla dimensione spirituale e sacra dell’universo, manifestazione della presenza del Mistero divino, il cui culmine è l’incarnazione.

Il documento si fa gioco degli esseri umani negando loro l’essenza del messaggio di Gesù, cioè l’amore incondizionato e la centralità dei poveri e degli oppressi. Al suo posto, offre loro un indigesto menù di citazioni arrangiate per giustificare le discriminazioni e le disuguaglianze prodotte contro la volontà manifesta di Gesù che ha proibito a chiunque di farsi chiamare maestro o padre (papa è l’abbreviazione di padre dei padri: pater-patrum = papa) o di considerarsi il più grande o di mettersi al primo posto, "perché voi siete tutti fratelli e sorelle" (Mt 23,6-12).

La gerarchia romana ha bisogno urgentemente di conversione perché possa trovare il suo posto nella totalità del popolo di Dio e come servizio dentro la comunità di fede. Essa non è una fazione, ma una funzione della Chiesa-comunità di fedeli e di servizi. Il documento è anni luce dall’atmosfera di giovialità e di benevolenza propria dei Vangeli e della gesta di Cristo. È un testo di scribi e farisei e non di discepoli di Gesù, un testo privo di virtù umane e divine più destinato a giudicare, a condannare e ad escludere che a valorizzare, comprendere ed includere come nella prima alleanza che Dio ha stabilito con la vita e l’umanità, simbolizzata dall’arcobaleno. Ratzinger non vuole la molteplicità dei colori nell’unità dello stesso arcobaleno, ma solo il predominio imperativo del colore nero, quello della triste gerarchia vaticana.

4) L’ecumenismo passa per Ginevra e non per Roma

Con questo documento il card. Ratzinger ha costruito la tomba per l’ecumenismo nella prospettiva della gerarchia vaticana. Possiede il merito di distruggere tutte le illusioni. A partire da ora non possiamo contare sulla gerarchia vaticana per cercare la pace spirituale e religiosa dell’umanità. Al contrario, per il suo capitalismo accentratore della verità divina, per l’arroganza con cui tratta tutti gli altri, il cristianesimo gerarchico romano costituisce il più grande bastione reazionrio, maschilista e di totalitarismo ideologico oggi esistente. Ma la gerarchia romana non è l’intera Chiesa né rappresenta l’intera gerarchia ecclesiastica mondiale. In seno alla gerarchia ci sono cardinali, arcivescovi, vescovi e presbiteri che seguono il cammino evangelico del reciproco apprendistato, del dialogo aperto e della sincera ricerca della pace religiosa, che risiede nell’esperienza radicale del Mistero che si vela e rivela lungo tutta la storia dell’universo e dell’umanità e prende corpo, ogni volta in modo singolare, nelle religioni e nel cristianesimo. Ma questo non è il cammino sostenuto da Roma. Al contrario, è sospettato di relativismo e condannato.

Se il Vaticano continua nel suo atteggiamento escludente, l’ecumenismo cristiano non passerà più per Roma, ma per Ginevra, sede del Consiglio Mondiale delle Chiese. Lì si perpetua l’eredità di Gesù, aperta alle dimensioni dello Spirito che riempie la terra e scalda i cuori dei popoli e delle persone.

Poiché il documento di Ratzinger è frutto di un sistema chiuso e ferreo, non mostra nessuna sensibilità verso la realtà che va al di là di esso. È il rospo che vive nel fondo del pozzo e non sa nulla degli universi che ci sono al di fuori. Un documento che guarda al dialogo religioso mondiale dovrebbe mostrare la pertinenza e la rilevanza che tale dialogo ha per la drammatica situazione che attraversano la Terra e l’umanità. Niente di questo rientra nel piano del documento.

Il senso del dialogo ecumenico ed interreligioso non si esaurisce nella gestazione della pace religiosa. Esso è ordinato alla costruzione della giustizia e della pace tra i popoli e alla salvaguardia di tutto il creato. Stiamo camminando verso un’unica società mondiale. Questa geosocietà ha il volto del Terzo mondo perché quattro miliardi di persone su sei, secondo i dati della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, vivono al di sotto della linea di povertà. Chi asciugherà le lacrime di questi milioni di vittime? Chi ascolta il grido che viene dalla terra ferita e dalle tribù della terra, affamate ed escluse?

Il documento non ha orecchie per queste tribolazioni. Chi è sordo al grido degli oppressi non ha niente da dire a Dio e niente da dire in nome di Dio. Il cristianesimo rappresentato dal card. Ratzinger non è globalizzabile, è espressione della faccia più oscura dell’Occidente che sempre più diventa danno. Il suo documento chiude il secondo millennio in un tipo di cristianesimo che non deve essere prolungato se si crede nel Mistero di Dio che si rivela nella storia, nell’amore di Gesù Cristo il cui significato e messaggio non vuole escludere né sminuire nessuno, nella comunione con le altre Chiese cristiane che portano avanti la memoria di Gesù e nel rispetto degli altri cammini religiosi e spirituali attraverso cui Dio ha sempre visitato tutti gli esseri umani nella salvezza e nella grazia.

Nel millennio che si inaugura, si farà un nuovo ecumenismo cattolico come quello che si sta facendo in importanti settori della gerarchia che si sono convertiti al suo significato evangelico di servizio e animazione della fede, nella base della Chiesa e nelle comunità cattoliche e cristiane; ecumenismo fondato sulla spiritualità e sulla mistica dell’incontro vivo con lo Spirito e il Risorto, a servizio degli uomini e delle donne, cominciando dai più poveri e penalizzati, in comunione e in dialogo con altri portatori di spiritualità. È missione di tutti suscitare ed animare la fiamma sacra del Divino e del Mistero che arde dentro ogni cuore e nell’universo intero. Senza questa fiamma sacra non salveremo la vita né garantiremo un futuro di speranza per la famiglia umana e la casa comune, la Terra. Per questo motivo ogni ecumenismo è desiderabile, ogni sinergia imprescindibile. E Roma dovrà un giorno, post Ratzinger locutum, unirsi a questo compito messianico.

 

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