telecom-una storia italiana

Soldi, morte, intercettazioni telefoniche illegali, uomini potenti e ricattabili, crack finanziari, sismi, sisde, giornalisti compiacenti (pagati dai servizi), la Cia, un governo di sordomuti,inquinamento delle indagini, e' questo lo scenario in cui muore Adamo Bove.
Un watergate all' italiana.

Una miscela incestuosa di interessi pubblici e privati ha approfittato del lavoro di Giuliano Tavaroli che ha diretto il reparto di sicurezza di telecom Italia fino agli scandali sulle intercettazioni che l' hanno costretto alle dimissioni. Una delle sue mansioni era di coordinare le intercettazioni telefoniche richieste dalla polizia. Tavaroli ha usato questa autorità per installare un programma di ascolto -in codice "Super Amanda" molto simile a quello utilizzato dall' amministrazione Bush dopo l' 11 settembre per controllare il telofono degli americani, le comunicazioni via e-mail…
Amanda ha di fatto costituito il grande orecchio di Berlusconi sulla societa' civile italiana e i suoi rivali politici.

L' intimo rapporto fra la rete spionistica illegale americana ed italiana viene sancito a Crawford nel luglio 2003 tra Bush e Berlusconi.
La nomina stessa di Marco Mancini a capo della Prima Divisione del SISMI ha creato un porto sicuro per i lavori sporchi svolti in comune da Sismi e Cia. questi lavori oltre a prevedere il rapimento illegale di "sospetti terroristi internazionali" (Abu Omar es.) prevedevano intercettazioni globali riguardanti delicate operazioni finanziarie, la fabbricazione di disinformazione riguardo alla minaccia terroristica (Nigergate-uranio-iraq), il controllo delle comunicazioni private di giudici, giornalisti, parlamentari.
Inchieste giudiziarie false e altretante false inchieste parlamentari erano costruite e messe a disposizione di megafoni come il New york time, il Time, Il Giornale…

Marco Mancini a capo della prima divisione del Sismi e' una sorpresa. Normalmente il reparto anti-terrosrismo (e corpi paramilitari?) tradizionalmente e' sempre stato diretto da un generale e Mancini e a malapena un capitano. Ma Pollari- direttore del Sismi- sosterra che la sua candidatura era voluta da "alte autorita' italiane" e dagli "americani"…

Il progetto " Super Amanda" ha generato una commistione d' interessi fra le grandi aziende della telecomunicazione e della difesa italiane.
questi interessi hanno favorito o osteggiato carriere nelle forze dell' ordine come nelle amministrazioni pubbliche e private.
Rapporti stretti, molto stretti, risultano quelli fra Finmeccanica e Telecom che ha trasferito alla prima il controllo di Telespazio.
Finmeccanica ha inoltre beneficiato della vincita-inaspettata- del contratto per la costruzione di 23 elicotteri per la marina americana-fanteria e di uno per il presidente Usa.
Gia' prima che il petagono annunciasse il vincitore dell' appalto alti dirigenti finmeccanica si ritenevano sicuri della vittoria dato che secondo loro si trattava di un affare contenuto in un pacchetto-scambio-favori concordato tra Bush e Berlusconi

Vi è una struttura Americano-Italiana segreta, illegale, parallela di spionaggio che funziona fuori da ogni controllo democratico nel nostro paese:
Poi finalmente arriva il governo di centro sinistra che ci sostituisce Pollari con De Gennaro ( quello di cui il Berti nel 2001 aveva detto peste e corna accusandolo dei fatti della Diaz e gestione complessiva dell' ordine pubblico) e Fassino che chiede a Berlusconi di comprare la Telecom.

Si potrebbero scavare e raccontare molte altre cose interessanti su questa storia ma a che pro?
Tutto procede normalmente…..
La ridistribuzione del reddito continua verso l' alto dai lavoratori alle imprese e alle rendite finanziarie, gli affari sporchi del sismi proseguono; affari! affari! armi, guerre, corruzione…insomma va' tutto bene se non altro va' tutto come sempre…

Adamo Bove, 43 anni ex poliziotto responsabile security governance di Telecom ,  muore dopo un volo di 40 metri nel vuoto. E' volato giu' da un viadotto sulla tangenziale di Napoli si dice.

Un' amica di Adamo Bove scrive:
"Di chiunque potrei credere che avesse potuto suicidarsi, ma non riesco a credere che possa averlo fatto lui. Mi chiedo come mai un uomo che dal liceo ha la stessa donna (ed io so quanto le era legato), non le lascia un biglietto… mi chiedo come un uomo così preciso possa non aver avuto addosso i suoi documenti…mi chiedo come mai un uomo abituato ad utilizzare le armi (era sempre armato quando si usciva insieme) si uccida buttandosi da un ponte…e non solo, mi chiedo come un uomo così attento agli altri possa essersi buttato su una strada rischiando di provocare un incidente."

La settimana dopo la sua morte Bove avrebbe dovuto  incontrare  i pubblici ministeri milanesi che si occupano delle indagini  sulle intercettazioni e le possibili schedature degli utenti Telecom.

Appena si è scoperto il presunto suicidio, qualcuno ha cominciato a far girare la falsa notizia che Bove fosse indagato a Milano per l’affare Tavaroli-Telecom. Quando i pm lo hanno smentito ufficialmente, rompendo per una volta la linea di non dire ai giornalisti neppure quali errori fanno, è subito circolata una seconda notizia, anche questa falsa, che Bove fosse stato protagonista di testimonianza esplosiva, ai limiti dell’incriminazione, davanti agli stessi pm milanesi che in realtà non lo hanno mai sentito.

È vero invece che è partita dall’ufficio di Bove la prima relazione (firmata dal capo del controllo interno) che ha spinto i vertici di Telecom a denunciare alla Procura che qualcuno, ai tempi di Tavaroli, poteva spiare i tabulati telefonici senza lasciare traccia.

Adamo Bove era diventato uno dei tecnici che stavano aiutando la polizia postale nel troncone più delicato del cosiddetto «Laziogate », l’inchiesta nata dalla scoperta di un clamoroso caso di spionaggio politico finalizzato a condizionare le elezioni regionali del 2005 a Roma. Dopo l’arresto degli investigatori privati accusati di aver filmato, pedinato e acquisito illecitamente (tangenti a due marescialli della Guardia di Finanza) dati personali per screditare Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini, nel tentativo di favorire l’ex ministro di An Francesco Storace, il pm romano Piero Saviotti ha aperto un’indagine, collegata alla precedente, su casi di spionaggio privato (il reato-base è la violazione della privacy) attraverso i dati dei telefonini.

In allegato, Bove aveva consegnato al pm romano una sua relazione tecnica che identifica le postazioni e i metodi per acquisire tabulati senza lasciare tracce. Capire da dove e come venivano realizzati gli accessi anonimi è naturalmente la premessa tecnica per scoprire chi fossero gli spioni. È questo in realtà il lavoro più importante dell’inchiesta sui tabulati.

Il 4 maggio 2005, colpo di scena: i carabinieri della procura di Milano perquisiscono uffici e abitazioni di due indagati per «associazione per delinquere finalizzata alla violazione del segreto istruttorio». Il primo è Giuliano Tavaroli, ex carabiniere dell’antiterrorismo diventato negli anni Novanta capo della sicurezza della Pirelli e dopo il 2001 dell’intero gruppo Telecom. Il secondo è Emanuele Cipriani, suo vecchio amico, massone dichiarato, titolare delle agenzie investigative Polis d’istinto e System Group di Firenze: uno dei maggiori imprenditori della sicurezza privata in Italia. L’indagine è delicatissima sotto molti profili. Tavaroli è infatti il responsabile del Centro nazionale autorità giudiziaria (Cnag), la centrale che gestisce tutte le intercettazioni telefoniche chieste dalla magistratura: proprio lui, al suo arrivo in Telecom, ha spostato questo settore strategico a Milano, sotto la divisione sicurezza, togliendolo all’ufficio legale di Roma.

Gli spioni sono come le ciliegie: da Cipriani l’inchiesta si allarga a una rete molto più vasta di agenzie investigative, sospettate di raccogliere informazioni riservate in tutta Italia con metodi illegali.  Tra gli spiati, comuni cittadini, imprenditori, manager. Anche nomi famosi, calciatori come Bobo Vieri, politici come Piero Fassino, banchieri come Cesare Geronzi. Gli spioni hanno orecchie anche dentro le procure, visto che sono riusciti a carpire alcuni segreti di indagini riservate, a Milano come a Roma.

La procura ipotizza un traffico di tabulati: dati sulle chiamate girati a pagamento a investigatori senza scrupoli. Secondo l’agenzia Ansa, proprio Adamo Bove «collaborava da mesi con i suoi ex colleghi in divisa e stava ricostruendo con loro il flusso dei tabulati di Tim e Telecom finiti nel mirino».

Il manager Telecom Bove come gia' detto  aveva presentato «un esposto a propria tutela », rivelando ai pm  il sistema per rubare i tabulati telefonici senza lasciare tracce era attivabile solo da alcuni computer, anche lontani dalla sede centrale. Accessi anonimi, con password riservate

Tra l’aprile e il luglio 2006 si gioca una partita mortale. Ai primi di giugno, Telecom compie un’ispezione interna (internal audit) che appura che i sistemi per acquisire legalmente i tabulati telefonici consentivano anche accessi anonimi. All’interno di Telecom, insomma, c’era chi poteva spiare i numeri chiamati dai clienti senza lasciare traccia. L’audit è firmato dal responsabile del controllo interno, Fabio Ghioni, uomo molto vicino a Tavaroli e per lunghi anni consulente delle procure, a Milano, a Bologna, a Roma. Non contiene nomi di sospettati: è un rapporto tecnico che indica le falle della struttura, mostrando in particolare come fosse possibile accedere ai dati telefonici senza «logarsi», cioè appunto senza lasciare traccia.

La stessa Telecom presenta un esposto alla procura di Milano in cui si espongono i risultati dell’audit. Il rapporto Telecom viene raccontato dal settimanale L’Espresso, che ne indica come effettivo autore Adamo Bove, ex poliziotto della Digos diventato nel 1998 capo della sicurezza di Tim. Negli stessi giorni, però, contro Bove parte una manovra insidiosa, avvolgente, mortale. Il 5 luglio era stato arrestato Marco Mancini, numero due del Sismi, accusato con altri funzionari del servizio (Gustavo Pignero, direttore di divisione del SISMI) di essere coinvolto nel sequestro dell’ex imam Abu Omar, rapito da uomini Cia a Milano il 17 febbraio 2003.

Bove è l’uomo che ha permesso la grande beffa al Sismi. Lui, che gestiva il contratto coperto da segreto di Stato sui cellulari Telecom del Sismi, nell’aprile 2006 ha fornito alla Digos di Milano, su regolare richiesta della magistratura, i numeri dei telefoni riservati di Mancini e degli altri funzionari del servizio indagati. Così gli intercettatori per professione sono finiti intercettati. A giugno parte l’operazione contro Bove, che viene indicato come il responsabile delle irregolarità in Telecom. L’obiettivo sembra: dannare Bove per salvare Tavaroli. Qualcuno soffia la falsa notizia (smentita ufficialmente dai pm milanesi e romani) che Bove fosse indagato per i furti di tabulati. Nella trappola cadono anche ottimi giornalisti, che per i disinformatori sono i più preziosi: il 10 giugno, anche il Sole 24 ore fa il nome di Bove, che a partire da quel momento, come confermeranno i suoi familiari, comincia a sentirsi vittima di nemici interni alla sua azienda e a temere di diventare il capro espiatorio di colpe altrui.

Il 21 luglio 2006 Adamo Bove muore, precipitando da un viadotto della tangenziale di Napoli.

Intossicazioni informative. La stessa falsa notizia sulle responsabilità di Bove era stata passata da Fabio Ghioni a due giornalisti di Libero (la «fonte Betulla» Renato Farina e Claudio Antonelli) che l’avevano subito riferita a un funzionario del Sismi, Pio Pompa, il quale ne aveva discusso immediatamente con il direttore del servizio segreto militare, il generale Nicolò Pollari. Intercettati nell’altra inchiesta (quella sul sequestro dell’imam Abu Omar), Pompa e Pollari avevano fatto proprie le false accuse a Bove. Pompa aveva riferito che dentro Telecom erano state fatte «richieste fuori protocollo… tra virgolette, di tabulati telefonici». Il capo del Sismi aveva chiesto: «Ma fatti da chi?». E Pompa: «Fatti da Bove… l’altro».

I due informatori Sismi di Libero aggiungono che, secondo la loro fonte Fabio Ghioni, esisterebbe una supertestimone, C.P., ex collaboratrice di Bove, che avrebbe fornito alla procura una lista di una ventina di numeri spiati, tra cui il cellulare del banchiere romano Cesare Geronzi. Questo primo minielenco di tabulati è molto strano: mischia nomi d’ipotetici integralisti islamici, che stando agli amici del Sismi sarebbero stati controllati da Telecom senza l’autorizzazione della magistratura (e secondo Tavaroli proprio da Adamo Bove, dietro richiesta degli 007 italiani della divisione antiterrorismo), e numeri di esponenti invece notoriamente moderati della comunità islamica milanese, mai indagati e considerati addirittura i rivali interni dei presunti fiancheggiatori delle cellule jihadiste.

I tabulati trafugati abusivamente dall’interno del gruppo Telecom sono «migliaia». I numeri riempiono centinaia di fogli: il dossier è alto quasi mezza spanna, come un elenco del telefono. Non è stata la sicurezza di Telecom a passare questi tabulati alla procura: i pm li hanno scoperti autonomamente, sentendo una lunga serie di testimoni, tutti importanti, ma nessuno decisivo. Il sistema Radar, descritto negli articoli che esasperarono Bove, è in realtà un sofware attivato fin dal 1999 per consentire i controlli legali chiesti dalla magistratura: l’inchiesta mira a identificare quei funzionari o dirigenti che potevano effettuare accessi anonimi. Inoltre Radar non è l’unico sistema d’analisi dei tabulati: ne esisterebbero almeno altri due, assolutamente riservati.

Fabio Ghioni è uno dei personaggi centrali nelle inchieste di Milano e Roma. Grande amico di Giuliano Tavaroli, Fabio Ghioni è il responsabile Technology and Information Security di Telecom. Ma si vanta di aver cominciato come hacker, giovanissimo, e già a 18 anni di essere stato scelto, via internet, come collaboratore da una non precisata «agenzia di sicurezza americana». Poi lavora all’Agusta, ma comincia a frequentare la procura di Milano: si offre al pm Elio Ramondini come esperto di internet nel momento in cui le nuove Br cominciano a usare il web per inviare le loro rivendicazioni. Si veste in modo vistoso, impermeabile e stivali pitonati, e fa coppia fissa con «Indio», un ex ispettore della Digos anch’egli consulente informatico della procura.

I due collaborano alle indagini sull’omicidio di Marco Biagi, poi a quelle sui terroristi islamici. Propongono un ombrello informatico capace di controllare le comunicazioni web, un piccolo Echelon all’italiana. Per questo vengono compensati con diverse migliaia di euro, pagate dalla procura di Milano e poi da quelle di Bologna (pm Paolo Giovagnoli) e di Roma (pm Pietro Saviotti). Risultati? Discutibili. Ghioni individua il computer da cui sarebbe stata spedita la rivendicazione Biagi: ma è quello di una stimata ispettrice della Digos, M.G.P., che se l’era spedito a casa per lavorarci su anche dopo le ore d’ufficio. Poi concentra le indagini su un computer installato in una sede dell’Alenia in Campania: una pista che si dimostra inconsistente. Ghioni sembra insomma prendere dalle procure più di quanto dà.

 A giugno semina false notizie su Adamo Bove, che comincia a temere di essere pedinato e di diventare il capro espiatorio della vicenda Telecom. Il 21 luglio 2006 Bove si getta da un viadotto della tangenziale di Napoli. (gb)

Oggi Giuliano Tavaroli, il titolare dell'agenzia d'investigazioni Polis d'Istinto, Emanuele Cipriani, e l'attuale manager Pirelli Pierguido Iezzi sono in carcere, assieme a diversi altri tra poliziotti e militari della Guardia di Finanza, che abusavano del loro ruolo per procurarsi informazioni riservate. Diciotto gli ordini di custodia cautelare in carcere, tre gli arresti domiciliari.

Non mancano quelli che sono definiti nell'ordinanza i «rapporti pericolosi tra Cipriani e Tavaroli e i Servizi segreti». E per Servizi segreti, nella ricostruzione dei pm Nicola Piacente, Fabio Napoleone e Stefano Civardi, avallata dal giudice in gran parte (quattro richieste di arresti sono state respinte) si deve intendere il numero due del Sismi, Marco Mancini, arrestato e rimesso in libertà nelle settimane scorse nell'inchiesta della Procura di Milano sul sequestro dell'ex imam Abu Omar, nella quale sono indagati anche 26 agenti Cia.

Mesi prima intercettando il telefono di Marco Mancini, numero 2 del Sismi, il numero 1 e' Pollari, sono arrivati ad un appartamento in  via Nazionale a Roma. Il 5 luglio, la polizia trova nell'appartamento ed ha scoperto decine di  dossier sui vari nemici del regime di Berlusconi…

ante:
Di una rete parallela di telecomunicazioni gestita dal potere economico si parla  ai tempi di "mani pulite". Nel 1993 Tommaso Rea,presidente della Aet Telecomunicazioni, società del gruppo Stet, rivela ai magistrati l'esistenza di una struttura occulta: un reparto segreto della Sip denominato PO/SRCS (Personale Organizzazione – Segreteria Riservata Circuiti Speciali), poi ribattezzato IAS/SRCS quando la Sip diventò Telecom.

Lo IAS è una struttura fuori da ogni controllo politico, la cui esistenza, ufficialmente, è spiegata con la necessità di gestire linee protette in caso di emergenza politica o militare. Formalmente il coordinatore del servizio dipende dal Ministero PT, ma è designato dal Sismi (Il Servizio Informazioni Sicurezza Militare). La struttura fa riferimento al "Supremo Consiglio della Difesa Civile", ovvero un istituto che ufficialmente in Italia non esiste.

Nonostante il segreto però è venuto alla luce che lo IAS si è attivato durante le elezioni politiche del '92, sempre in riferimento a non meglio specificate «esigenze di Difesa civile». Ma ai giornalisti e agli studiosi dell'attività dei "servizi" non è sfuggito come, in simultaneità con il sequestro Moro, con le bombe di Via Palestro e del Velabro, e perfino con la strage di Capaci si siano sempre verificati degli strani, troppo strani black-out telefonici. E non solo: uno dei complici degli assassini del giudice Borsellino, era un dipendente Sip che aveva intercettato i movimenti del magistrato. Tragica coincidenza?

E' bene non dimenticarlo in tempi in cui la memoria storica si fa sempre più fragile e labile. Ricordare ad esempio che lo scandalo Sifar, in cui il generale De Lorenzo aveva raccolto numerosi dossier riservati su personalità della politica e dell'economia; lo aveva potuto fare grazie alla collaborazione di funzionari della Sip di allora che avevano permesso di effettuare intercettazioni, senza le autorizzazioni della magistratura (siamo nel 1968).

" Le telecomunicazioni sono, per i servizi di ogni paese, uno dei cardini delle loro attività. Qui i servizi sono di casa e la Stet può comodamente mutuare privilegi in commesse militari con attività parallele della Sip. E' tra il '68 e il '69 che la Cia decide di costituire la rete occulta e quindi la Sip sta per apprestare al suo interno la nuova rete occulta "

E' stato l'ex capo dei servizi segreti, il generale Ambrogio Viviani, ad ammettere, nella deposizione presso il Pm di Venezia Felice Casson su Gladio del 1990, l'esistenza di una struttura occulta all'interno della Sip gestita direttamente dai servizi stessi, almeno da vent'anni prima della deposizione di Viviani.

Come non ricordare che nel mese di maggio 1977 il sostituto procuratore della repubblica di Bologna, dottor Claudio Nunziata, avviò una inchiesta nei confronti della Sip relativamente a dispositivi di prova di ascolto che non erano dotati dei toni acustici di inclusione, come previsto dalla legge.

A conclusione dell'indagine furono rinvenuti elenchi di utenze intercettate per periodi anche di 36 mesi senza notizia di alcuna autorizzazione dell'autorità giudiziaria. Accanto al numero telefonico (esatto) era posto un nominativo di fantasia affinché i tecnici che dovevano realizzare le connessioni ignorassero l'identità degli utenti: erano in gran parte partiti politici, giornalisti, operatori di vari settori.

La Sip fino al 1994 era posseduta quasi totalmente dalla finanziaria Stet, che raggruppava molte società. Oltre alle telecomunicazioni Italcable, Telespazio e Sip, la Stet controllava industrie militari, come la Selenia, la Oto-Melara, la Vitro-Selenia e la Elsag. Era facile immaginare scambi tra favori fatti dalla Sip ai servizi segreti militari e alle alte gerarchie delle Forze Armate e commesse per le industrie militari della Stet.

L'apice di questi stretti rapporti tra Sip e servizi segreti fu durante la presidenza della Ste di Michele Principe, che prima era stato presidente della Selenia e risultò iscritto alla loggia P2. Principe era l'uomo della Nato nel settore delle telecomunicazioni, dove ha trascorso una vita, con compiti particolari.

Agli inizi della sua carriera è stato dirigente della segreteria Nato presso il ministro delle Poste, in seguito è stato presidente del delicatissimo organismo strategico della Nato nel settore delle telecomunicazioni Civil communications and Planning committee.

-Emanuele Cipriani, patron di tre attivissime agenzie private di investigazione: la Polis d'Istinto di Firenze, la Plus Venture Management delle Isole Vergini, la Security Research Advisor di Londra

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