Il potere gerarchizzato non si concepisce senza trascendenze e miti
Il mito e la trascendenza divina del potere che giustificavano il dominio dell' uomo sull' uomo con l' avvento della Borghesia si decompongono nello spettacolo.
L' unita' sacra e trascendentale del potere rappresentata da Dio, che autenticava il sacrificio mitico del signore e quello reale nella sottomissione del servo, si parcellizza, si frammenta.
Il mito in forma parcellare e desacralizzata cade nell' ambito della domanda e dell' offerta fuori da ogni metafisica nella felicita' e nella liberta' inventate dalla tecnica.
Il mito, l' assoluto unitario in cui le contraddizioni del mondo si trovavano illusoriamente risolte con l' avvento dell' epoca borghese si fraziona nella molteplicita' dei surrogati, stereotipi, ruoli e immagini offerti dalla produzione e dal consumo di merci.
Attaccando l' organizzazione mitica dell' apparenza, suo malgrado, la Borghesia colpiva un punto nevralgico non solo del potere unitario feudale ma del potere gerarchizzato sotto qualunque forma.
Il potere gerarchizzato non si concepisce senza trascendenze e miti e la borghesia e' stata per questo continuamente presa in una dialettica di desacralizzazione e risacralizzazione degli elementi del mito.
I rapporti umani una volta dissolti nella trascendenza ora si sono decantati e solidificati, sbriciolati in ruoli, nella tecnica e sotto le leggi capricciose dell' economia che hanno preso il posto della Provvidenza divina.
Se il sacrificio e' impensabile senza ricompensa ma alla salvezza divina si sostituisce il paradiso artificiale della tecnica dei comfort e gadget.
Il potere unitario si sforzava di dissolvere l' esistenza individuale in una coscienza colettiva in modo che ogni unita' sociale si definisse soggettivamente come una particella del tutto.
Ma oggi lo spettacolo non e' piu' organizzato da Dio, dai suoi sbirri e dai suoi preti, ma dalle leggi naturali ed economiche, leggi capricciose ed inesorabili al cui servizio ancora una volta troviamo specialisti e poliziotti.
Dal momento in cui il mito cessa di inglobare l' individuale e il parziale in una totalita' dominata dal sacro, ogni frammento si erige a totalita'. La realta' vissuta e' parcellizzata ed etichettata nello spettacolo in infinite categorie ruoli rivela il suo approccio reificante alla totalita' nella prassi frammentata ed alienata.
Oggi il potere cibernetico si appresta ad integrare questa prassi frantumata e d alienata in una mistica.
1. Le vecchie certezze impoverite e parcellizate sopravvivono nella profusione dei segni, delle immagini, dei simulacri e delle visioni liberalizzate e in vendita sul mercato dei beni di consumo.
Lo spettacolo è un principio di unificazione della società.
2.La società dello spettacolo fluisce in stereotipi e gli stereotipi sono le immagini che fungono da modello ai ruoli.
Attraverso l' identificazione si entra nei ruoli cioe' nel vissuto trasformato in cosa, in una serie pietosa di cliches, in una seduzione di immagini successive.
3. Esiste una vita e una morte degli stereotipi.
La tale immagine serve da modello a migliaia di ruoli individuali, poi si sgretola e scompare secondo la legge del consumabile, rinnovamento e carattere deperibile.
4. La societa' dello spettacolo attinge i nuovi stereotipi nella parte creativa che impedisce a certi ruoli di uniformarsi allo stereotipo in declino. Essa attinge nuovi stereotipi dai settori sfavoriti, dal rifiuto nutrendosi e rinnovandosi recuperando le identificazioni negative.
Il potere non crea niente recupera.
Anche il gesto più radicale' viene recuperato nello spettacolo e trasformato in un prodotto, negante il suo valore sovversivo, in
immagine-oggetto dove la ribellione e' rivenduta depotenziata e svuotata.