l’ altro ’77


Gli uomini grigi riscrivono il passato per controllare il presente. La commemorazione ufficiale e semi-ufficiale del '77 e' cominciata: a dispense settimanali, a copertine patinate. Presto il '77 finira' in fiction e tutti gia' lo raccontano spiando la storia dal buco della serratura.

<Il "compromesso" e' passato, con funeree caratteristiche di "ineluttabilita'", la lotta contro la crisi e contro gli operai che l' hanno "determinata" e', nell' autonomia del politico, unanimemente condotta. Da Amendola a Carli il linguaggio non e' molto diverso.
La colpa e' tutta degli operai che non si sono "sacrificati" sicche' oggi essi sono dei "privilegiati", non solo a fronte di alcuni milioni di "disoccupati" ma anche a fronte di alcuni altri milioni di "lavoratori balcanici" che infestano l' italia: questo privilegio dovranno pagarlo.Si e' insomma "scoperto" che esiste un' insanabile contraddizione fra aspirazioni al consumo(americano piu' che europeo) di larghe masse, presenti in varie forme sul mercato del lavoro e comunque sul mercato dei beni, capacita' (volonta') produttive del capitale italiano (e multinazionale?)

Gli operai delle grandi fabbriche hanno voluto troppi soldi, hanno ottenuto questi soldi e, in compenso, gli "ingrati" hanno lavorato sempre meno. Non contenti di cio' hanno indotto il livello dei loro consumi ai figli, parenti, amici e compaesani. La "base produttiva" (il padrone) non ha sopportato questo.I capitali, invece di rispondere a questa domanda di lavoro e di consumo, si sono imboscati o nell' organizzazione del lavoro nero o sono fuggiti all' estero. Quindi la crisi. Quindi la necessita' di una riconversione che abbassi il salario degli operai delle grandi fabbriche permettendo con cio' un aumento dell' accumulazione e una riorganizzazione della base produttiva capitalisticamente (profittevolmente) adeguata al dominio sul lavoro diffuso.

Operai, proletari, sacrificatevi!.

Gli economisti e i politici che hanno fatto questo discorso non sospettano certo di esprimere il piu' alto elogio per la classe operaia italiana. E' lo stesso elogio che percorre tutto questo opuscolo che descrive gli effetti della lotta dell' operaio-massa: attraverso la lotta esso e' riuscito a determinare l' egemonia complessiva dei suoi bisogni sull' intero proletariato, e' riuscito a ricomporre la classe operaia in quanto classe sociale.
Altroche' contradizione, come si esprime il riformista Fua', fra "aspirazioni" di classe e "capacita' produttive" del sistema!.
Qui l' antagonismo e' fra nuova figura delle forze produttive e rapporti di produzione dati: una vecchia contraddizione, piena di nuovi contenuti !.

"Proletari e Stato" segue il formarsi di questo antagonismo, contro il progetto di riconversione economica dei padroni, contro la proposta subordinata e fatiscente del compromesso storico, un impegno di lotta e riconversione "politica" del movimento operaio.

(…)
Ora la critica e' volta alla mia affermazione che il mutamento strutturale della composizione comporti necessariamente caratteristiche qualitative. Ha parlato di tendenziale configurarsi di un nuovo soggetto, di nuova qualita' dei bisogni, di emergenza di nuove lotte e di volonta' operaia di autogestione della lotta-allora, dagli al metafisico di una nuova epifania dell' essere, dagli al venditore di ammenniccoli nel giovedi' grasso della classe operaia.
Davvero questi fratellini e fratellastri del '68 non hanno capito niente. La loro critica antiengelsiana e' stata tanto fuorviante da farli finire a confondere ogni assunzione del nuovo e della soggettivita' di classe con l' idealismo.(…)

L' infamia revisionista e' comunque il premio di chi partecipando indovina. Chi non ha saputo leggere la qualita' della lotta nel '68 tanto meno sapra' leggerla nel '78: chi ha ritenuto "salariale" il "maggio francese" tanto meno capira' gli altri mesi dell' anno: per sempre sara' negato all' "ottobre". dunque per questi critici ribadiamo fino in fondo la correlazione fra nuova composizione di classe e nuovi comportamenti, qualitativamente decisivi nel definire il progetto programmatico ed organizzativo.

Ma veniamo alla terza obiezione, seria obiezione, nella misura' in cui serieta' e' senz' altro attribuita dalla forza di chi parla da posizioni precostituite.
Dunque, padroni e riformisti accettano i rilievi analitici di Fua' per trasformarli in programma di governo: Luciano Barca "gli e' grato", Alberto Ronchey riconosce al daggio di Fua' una "funzione decisiva".
Dunque, la composizione di classe, le aspettative, le forze produttive sono mutate: bene, se la base produttiva e' mutata bisogna che i rapporti di produzione meglio si distendano a coprire-a dominare sfruttare-la nuova forza proletaria. E' utopia pensare altrimenti. Concretezza, signore e signori, l' MPC e' immutabile.

(…)

Nuova composizione da dominare nella riconversione,controllo del "basso" nella "rivoluzione dall' alto", riscoperta dell' economia: questo e' l' atteggiamento maggioritario del movimento operaio ufficiale. Maggioritario li!, ma qui a livello di classe? Qui la cosa e' diversa, qui ne' la rimozione ne' il convenzionalismo ne' la concretezza capitolarda pagano.
Qui alla forza repressiva del revisionismo, alla richiesta di corresponsabilita', alla criminalizzazione del rifiuto rispondono l' azione diretta, il sabotaggio, la lotta armata. Non e' che l' inizio di un nuovo processo organizzativo. Per ora solo la palude attende il revisionismo.Anni e anni di frustrazioni nella condotta del loro progetto, stop and go, male inglese del movimento operaio-mentre cresce l' alternativa organizzata.
La palude e' infatti il terreno piu' adatto per la guerriglia proletaria.(…)

Ma allora torniamo al significato fondamentale di questo libretto ed alla proposta che in esso si contiene.
Essa consiste nella convinzione che la crisi dell' operaio-massa determina un allargamento dell' esistenza cosciente e della rivolta proletarie e che e' in riferimento a questa nuova dimensione della proletarizzazione che il progetto di organizzazione deve essere messo in atto. consiste inoltre nella convinzione che su questa nuova dimensione la richiesta proletaria di comunismo, subito, e' piu' larga e pressante che mai. La verifica di tutto cio' non puo' che essere pratica, e che il padrone non vinca non c'e lo assicura nulla che non sia la nostra forza.

Detto questo va tuttavia teoricamente aggiunto che sulla base, sulla base della nuova realta' presentata dal nuovo soggetto, che il rpogetto di dittatura operaia come progetto di estinzione dello Stato puo' darsi: nell' attuale processo di proletarizzazione la classe operaia comincia infatti a negarsi come classe, il suo potere non puo' che consistere nell' esaltazione dell' odio che essa porta insieme contro il suo avversario e contro se stessa.

Nuova base sociale, nuova forza produttiva,, nuova organizzazione rivoluzionaria, dittatura proletaria, estinzione dello Stato costituiscono una sequenza che solo in quest' ordine possiamo assumere come progettualmente fondante.>
                                                         
                    Milano,ottobre 1976

<Tesi.3

I commentatori e i politici dell' economia capitalistica sono d' accordo nel definire i caratteri della ristrutturazione: essa si incentra sulla riorganizzazione del mercato delle materie prime-in particolare non solo sulle fonti energetiche- e su un' enorme innovazione degli strumenti e dei processi di controllo della circolazione-e riproduzione-dei fattori del capitale. Questo secondo obiettivo dicesi anche automazione.Da punto di vista dei contenuti la ristrutturazione capitalistica tende quindi a una manomissione e a una riforma del mercato mondiale, tali che la potenza organizzativa e l' integrazione sotto il modo di produzione capitalistico e i suoi piu' alti gradi di composizione siano determinanti.
Dal punto di vista formale questa ulteriore progressione della sussunzione del lavoro nel capitale afferma la piu' completa mobilita' di tutti gli elementi della composizione organica, e ne sottolinea ed esaspera la complementarieta' dinamica.

L' automazione e' l' armatura scientifica e operativa di questa forma della sussunzione.
Di pece e ferro e' vissuta la prima eta' capitalistica, di carbone e  acciaio la maturita' dello sviluppo: oggi petrolio ed automazione costituiscono il tipo ideale della figura capitalistica, della sua riforma.(…)

Il processo capitalistico impone livelli sempre piu' alti di fluidita'-fino a configurare il capitale costante come "forma"(organizzazione della fluidita', suo calcolo e controllo)-in relazione diretta alla forza e alla potenza complessiva della classe operaia( che sul piano immediato si presenta come rigidita', sia essa locale, intersettoriale, internazionale).

Sia chiaro: parliamo in cifra, ma cio' non significa vaga allusione: qui questo capitale bergsoniano si chiama Kissinger e scieicchi, MIT e IBM…(…)

Tesi.4
 
A un primo sguardo, affrontare dal punto di vista di classe il "compromesso storico" da' l' impressione di una pesante recessione tematica. Sulla scala del progetto di ristrutturazione capitalistica dei rapporti di produzione sembra infatti progetto subalterno ed inefficace.
(…)
Ultima edizione della "svolta di Salerno", interiorizzazione dell' ordine di Yalta, raffinamento dell' ideologia risorgimentale di Togliatti, il compromeso storico sembra una classica versione della tematica revisionista.
E che sia cio' in buona misura e' fuor di dubbio.
Se mai l' ideologia nazional-popolare ha avuto una storia, questo e' il caso.
Quali sono infatti le finalita' pratiche del compromesso storico? Il passaggio pacifico al socialismo attraverso un inserimento delle forze popolari nello Stato, tale da garantire alcuni obiettivi fondamentali dello sviluppo produttivo.
E cioe', in primo luogo, garantire il controllo quantitativo e qualitativo dei movimenti di classe- e in cio' la funzione fondamentale e' affidata al sindacato, come cinghia di trasmissione del riformismo, come cane da guardia e vero e proprio  "Sindacato di Stato" , condizionato dai ritmi di legittimazione della pianificazione (ristrutturazione).
Il secondo obiettivo e' quello di razionalizzare i meccanismi di riproduzione e di distribuzione della forza-lavoro, attraverso una pianificazione delle istituzioni del sociale(enti locali, territoriali, ecc) che raggiunga una sempre maggiore omogeneita' nella figura dello Stato-piano: qui la funzione del partito come "sindacato del sociale" (ovviamente anche in questo caso "sindacato di Stato")
In terzo luogo il compromesso storico si propone una redistribuzione (futura e parziale)-piu' che dei redditi-delle possibilita' produttive nel quadro del sistema, con una potenziale aspettativa di avvantaggiamento della parte pubblica e del ceto-politico-economico che la amministra( nel presupposto che lo Stato sia rappresentativo di "tutto il popolo").

Ora, questa concezione del controllo della classe operaia nella produzione, della riproduzione del mercato del lavoro, della ridistribuzione del potere e' innanzitutto contraddittoria perche' assume a proprio oggetto una composizione di classe operaia affatto anacronistica: dentro la linearita' del progetto socialista c' e riferimento all' operaio professionale, alla sua logica produttiva, di cui il compromesso dipana coerentemente tutte le dimensioni e rende enfatici i valori.

Ma questa figura operaia non e' piu', ne' queste possibilita' di programmazione sono piu' date.
Il "socialismo" -se fosse possibile- sarebbe oggi patrimonio dei padroni, carisma della produttivita' sociale del capitale. (…)

l' ideologia del compromesso storico, in questa prima tradizionale versione, mistifica insieme all' analisi della crisi-e il soggetto che la determina; gli effetti della crisi- e la figura di Stato che riassume.
Propone lo stesso modello di Stato-piano, di compartecipazione operaia allo sfruttamento operaio,  di apologia del lavoro come proposta di socialismo-lo stesso modello, dicevamo, che e' stato battuto dalla lotta operaia, in tutti i paesei a capitalismo avanzato, negli ultimi quarant' anni.(…)

La politica del compromesso storico nondimeno e' effettiva.
Accanto alla sua prima versione, tutta attestata sull' ideologia, il compromesso ne presenta un' altra, sottaciuta ma ben piu' efficace.
Esso cioe' ambisce  a presentarsi come forma politica del superamento capitalistico della crisi.
(…)

E fuori di dubbio che l' unico spazio sul quale il compromesso storico puo' tentare di affermarsi  e di mistificare effettivamente gli effetti della ristrutturazione  contro la lotta dell' operaio-massa, e' quello che si stende fra l' ideologia del lavoro e nuova realta' del proletariato, dell' operaio sociale.
Esso ripropone  l' ideologia del lavoro e fa giocare il ricatto dell' occupazione in senso professionale e produttivistico.
Esso tenta di intrecciare la sua azione a quella delle forze egemoni della ristrutturazione, forzando il passaggio della terziarizzazione in termini di divisione-e cioe' di profesionalizzazione e riqualificazione produttivistica-anziche' in termini di unita' proletaria.
(…)

L' ipotesi del compromesso storico si integra a quella della ristrutturazione capitalistica secondo due versioni:
riproposizione dell' ideologia laborista dello Stato-piano e determinando una nuova struttura di controllo dei movimenti di una forza-lavoro complessiva che e' venuta unificandosi e fondandosi su una adeguata riqualificazione del capitale costante.
Il suo fine e'…Rompere la potenziale unita' dell' operaio sociale, isolando la fabbrica dalla societa'-mentre si gioca la seconda contro la prima in termini di occupazione e mentre si esigono dalla societa' livelli di produttivita' analoghi a quelli determinati in fabbrica.

Tesi.6

Nelle sue linee portanti il rpocesso di ristrutturazione in atto riprende in Italia le caratteristiche principali della ristrutturazione capitalistica sul mercato mondiale:
punta cioe' a determinare una maggiore forza del comando attraverso un massimo di flessibilita' nell' uso della forza-lavoro, contro l' organizzazione operaia- vale a dire contro la sua mobilita' politica e la sua rigidita' salariale.
Questo obiettivo e' approssimato attraverso modificazioni che riguardano l' articolazione settoriale della produzione ( sua riorganizzazione con accentuazione del settore dei beni strumentali: motori, cibernetizzazione, telefonia ecc. e con la conseguente strumentazione diffusa del "controllo tecnologico" della socializzazione del lavoro industriale.), l' integrazione fra industria e settori collaterali(soprattutto il credito e la distribuzione: che e' come dire "terziarizzazione" del lavoro industriale), e infine la riorganizzazione interna dell' industria (processo di decentramento delle lavorazioni ecc).

Socializzazione, terziarizzazione, flessibilita' (decentramento ecc) del lavoro industriale sono i tre obiettivi fondamentali della ristrutturazione  che si aggiungono e si articolano, nella ristrutturazione in corso, con quelli permanenti del controllo e della riduzione del costo del lavoro.

Inutile sottolineare che la qualita' e l' intensita' del processo di ristrutturazione sono determinati dalle lotte: mai come in questo caso e' stato piu' vero che "le macchine corrono dove c'e lo sciopero", come diceva Marx.

(…)

Oggi, se ripercorriamo il reticolo della composizione di classe, possiamo cogliere un processo di ricomposizione straordinario nella sua ampiezza e nella sua intensita'.
La ristrutturazione e la crisi agiscono come momenti di esplosione del processo dell' autonomia proletaria.
La cassa integrazione insegna all' operaio l' identita' del suo interesse con il disoccupato; il decentramento mostra all' operaio della grande fabbrica l' identita' del suo interesse immediato e di quello dell' operaio della piccola fabbrica; la terziarizzazione produttiva mostra all' operatore del terziario che la sua condizione e' direttamente proletarizzata, dal punto di vista della collocazione nel processo produttivo e nel sistema salariale; l' esclusione di vasti strati dalla produzione, l' emarginazione scolastica ecc.mostrano la presenza di una sola legge dello sfruttamento sull' intero processo di pianificazione (produttive o esclusione) della societa' capitalistica; la divisione per sesso, per eta', per razza, mostrano alle donne, ai giovani, a tutte le minoranze la nieca lungimiranza del progetto capitalistico di divisione ed organizzazione della societa' e spingono a una ribellione che trova solo nell' unita' di tutto il proletariato sfruttato la sua base materiale.

(…)
Oggi la lotta proletaria tende a farsi politica, lotta contro lo Stato come forma politica del comando per la produzione.
Ma bisogna intendersi. Parlare di lotta politica oggi, dentro questi processi di ristrutturazione, non significa restaurare vecchie categorie leniniste, o eventualmente distinzioni dalla lotta economica.
Questa distinzione prevedeva una duplice definizione che era quella dell' immediato(economico) e del mediato (politico). La lotta dell' operaio massa aveva gia' recuperato l' unita' di un progetto politico nella lotta sul salario contro le determinazioni di questo da parte dello Stato-piano. Oggi l' obiettivo si inalza di tanto di quanto si trasformano gli obiettivi dello Stato-crisi, nella ristrutturazione presente.(…)

Qui allora la lotta operaia e proletaria fa un passo avanti: dal salario al valore d' uso del salario, dalla lotta sul salario come entita' controllabile  dello sfruttamento alla lotta contro il comando sulla produzione, dalla lotta nel sistema alla lotta per il potere.(…)

Finalmente la lotta di classe operaia si mostra sempre piu' come lotta di liberazione.

Tesi.8

 Quando parliamo di bisogni ovviamente parliamo di quei sistemi di valori d' uso del quale il salariato ha come scopo l' acquisizione , per realizzarne un godimento. Ma nello sviluppo capitalistico il valore d' uso, e tanto piu' il sistema complessivo dei bisogni, sono sempre dati come riflesso del valore di scambio. Il processo dialettico della composizione di classe non sfugge a cio'.
E', bensi' vero, dice Marx, che esistono "periodi di prosperita' di affari" durante i quali l' operaio puo' "allargare la sfera dei suoi godimenti"( e in questa situazione e' possibile all' operaio costruire organizzazione, cioe' la sua partecipazione a godimenti anche superiori, spirituali, la possibilita' di avere propri giornali, di erudirsi, di educare i figli, di sviluppare il gusto, 3cc.la sua unica partecipazione all' incivilimento che lo distingue dallo schiavo)-ma e' altrettanto vero che questo rapporto fra composizione e godimento viene immediatamente utilizzato, trasformato in forma dell' aumento della produttivita' del lavoro.

L' allargamento dell' orizzonte dei bisogni e dei godiemnti si raccoglie in una sempre piu' vasta subordinazione al comando del valore di scambio. In questo quadro la regola dello scambio incrementa e arrichisce le forze produttive del lavoro ma anche le riproduce come tali, nel nesso di subordinazione necessaria, come momento del rapporto di capitale.(…)

Non tutto il valore d' uso si presenta come mero riflesso del valore di scambio: c'e un valore d' uso che non e' tale, che e' anzi potenzialita' di ricchezza in generale, id est il lavoro.
Certo: "il lavoro quale esiste per se' nell' operaio, in antitesi al capitale, il lavoro dunque nella sua esistenza immediata, separata dal capitale, non e' produttivo-ma e' la potenza totale di ogni ricchezza, l' unica potenzialita' di produzione, la sola forza produttiva.
L' opposto del valore di scambio non e' dunque il valore d' uso, che anzi ci e' dato come riflesso del primo-quale che sia la composizione di classe(il livello del rapporto fra "miseria" e "godimento" dell' operaio).
L' opposto del valore di scambio e' invece il valore d' uso del lavoro, il lavoro come attivita', come mera forza di produzione creativa, di invenzione.
(…)

Ogni sistema dei bisogni ha un contenuto ed un senso. Marx, parla in particolare, di un contenuto "positivo" (relazione semplice fra merce e consumo) e di un contenuto "irrazionale" (realzione capitalistica fra merce e denaro): man mano che la produzione capitalistica si sviluppa il primo e' assorbito nel secondo., fino al punto nel quale si puo' parlare di un solo senso della relazione sistemica, quelo capitalistico.
Ora, quando-come nella fase attuale di totalizazione del sistema dei bisogni capitalistici-la subordinazione dei valori d' uso a quelli di scambio e' totale, quando l' emergenza dei valori d' uso e' mera "indifferenza", di volta in volta "caos" od "utopia", quando il senso del sistema e la sua presa e' totalizzante tolgono ogni possibilita' di relazione semplice in ogni momento dello sviluppo dei bisogni-bene, a questo punto, ogni residuo umano si ribella, e il lavoro e' l' unico terreno di ribellione, l' unico terreno sul quale un valore d' uso resiste e condensa attorno a se' la possibilita' di un sistema diverso, alternativo, rivoluzionario.
Perche' qui il lavoro che, nel trionfo del sistema capitalistico del valore di scambio, resta l' unico valore d' uso, puo' togliere al capitalista il comando su se stesso, e farsi dunque valore d' uso operaio, che e' come dire rifiuto del lavoro e sviluppo del suo valore creativo.(…)

quando la dialettica della composizione si esaurisce in una totalita' di subordinazione al capitale, la ribellione proletaria investe l' intero tessuto della composizione e del sistema dei bisogni.
Contro il valore di scambio appare l' opposto, il lavoro come creativita', come liberazione; contro il sistema dei bisogni si definisce questa polarita' liberata, la possibilita' di un sistema di lotte.

Intendiamoci, non stiamo facendo della metafisica!
Cerchiamo solo di capire perche', proprio quando la vecchia contraddizione fra rapporti di produzione e forze produttive ("la scienza, il sapere sociale generale, la qualita' del lavoro, la socialita' del lavoro, la natura, il macchinario, l' organizzazione del lavoro ecc") sembra essere venuta meno, poiche' la funzionalizzazione di queste ultime alllo sfruttamento del lavoro vivo e intera, proprio qui l' insubordinazione diventa massima.

(…)
E a questo punto che comincia a porsi la questione se "la possibilita' che la classe operaia possa usare le forze produttive per valorizzare se stessa contro il capitale, come classe antagonistica. Se sia possibile un uso alternativo delle forze produttive altamente sviluppate, ma questa domanda si puo' porre solo quando marxianamente si ricordi che il lavoro vivo nella sua indipendenza, non e' produttivo, e' quindi creativita' contro il sistema dei bisogni prodotto dal capitale, contro l' universalita' del valore di scambio e della sua vigenza, contro lo Stato come luogo di determinazione generale e di mediazione matura (sempre piu' esclusiva) del sistema dei bisogni, come sistema rigido e obbligatorio, mostruoso e oppressivo.
Su questo tornante del processo storico della dialettica della composizione di classe tutto si modifica.
Di qui in avanti quella particolare utilita' che e' propria del lavoro vivo puo' solo consolidarsi in una composizione di classe sociale che nella lotta, e solo nella lotta, verifica la propria intensita'.
Al sistema dei bisogni si sostituisce il sistema delle lotte: un sistema alternativo di lotte che  sa essere riappropriazione antagonistica delle forze produttive al soggetto proletario, come lavoro vivo sociale.

(…)
Alla dialettica repressiva che il capitale ha continuamente riproposto sulla composizione di classe segue una fase nella quale i processi di ricomposizione si determinano solo come processi di antagonismo di classe, dove la classe proletaria si e' fatta soggetto rivoluzionario, intero, indipendente.
Qui la composizione tende all' organizzazione, qui la riappropriazione diventa programma, qui il sistema dei bisogni e' un sistema di lotte di transizione.
Siamo dunque di fronte ad un passaggio qualitativo della lotta di classe…
Cominciamo a viverla, questa nuova epoca della lotta di classe. Essa gia'mostra la ricchezza rivoluzionaria che contiene.
Poiche' infatti solo la richhezza dei comportamenti rivoluzionari compete alla classe. In cio' c'e un mutamento qualitativo, la storia si ripete:
se gli operai avessero come scopo la ricchezza e non la realizzazione del godimento, insegna Marx- con cio' non solo non raggiungerebbero la ricchezza ma addirittura perderebbero i valori d' uso-"il risultato massimo cui (l' operaio) puo' giungere in media con la sua parsimonia e' la possibilita' di sopportare meglio la compensazione dei prezzi, i loro alti e bassi, il loro ciclo: ossia, soltanto una piu' razionale distribuzione dei suoi godimenti, non l' acquisto della ricchezza."

Ma allora in che consiste il salto qualitativo?

Consiste nel fatto che alla possibilita' formale della ricchezza di lotte oggi si aggiungono condizioni reali fondate sulla qualita' della composizione di classe e sulla intensita' della crisi del capitale.
La coscienza possibile, la realizzazione del godimento contengono oggi in se' la rivoluzione.

Il "partito" se lo si vuole chiamare ancora cosi', e' ben altro che un' avanguardia marciante, in questo caso: e' il motore della trasformazione di un sistema di lotte di massa, e' l' organo della riappropriazione politica di massa del potere, contro il lavoro salariato, come invenzione del comunismo.

tesi.10

(…) transizione comunista, passaggio rivoluzionario debbono significare insieme distruzione del comando capitalistico e della miseria operaia, quindi riappropriazione diretta delle forze produttive della ricchezza sociale.

Riappropriazione diretta: questa non e' un' appendice vaga del programma comunista ma la sua essenza.  (…)

lo stesso progetto conoscitivo e', a fronte della nuova composizione dell' operaio sociale, completamente diverso.
Qui il conoscere si riorganizza non come ricomposizione ideologica della realta' ma come ricomposizione tendenziale dei comportamenti omogenei: l' antagonismo non e' affidato alla rappresentazione, la totalita' del progetto non passa attraverso mediazioni o deleghe, il comunismo non e' un futuro.Un conoscere direttamente pratico volto alla costruzione materiale di un alternativa collettiva al modo di produrre capitalistico, questo e' il terreno della conoscenza operaia: un terreno selvaggio di riappropriazione, di invenzione, di distruzione dell' avversario.
La mediazione non paga, perche' non ha spazio obiettivo, laddove l' ideologia e' in disuso o comunque non gestibile da altri; laddove la totalita' e' presupposta e ritmata sull' insieme dei bisogni e dei desideri collettivi.
Qui la conoscenza si insinua materialmente e corposamente nella realta' discriminandola all' interno, negando dignita' alla mediazione teorica astratta ed esterna…

Tesi.11

I vari passaggi della crisi, l' alternarsi di attacchi all' occupazione e di strumenti per la garanzia del salario, l' insistenza sulla mobilita' e gli accordi per un "nuovo modo di produrre", tutto cio' era organico alle finalita' generali del progetto.
Ma quello che non era stato previsto era che queste sequenze della ristrutturazione  fossero sistematicamente rovesciate e utilizzate, dal punto di vista operaio, per la determinazione di un piu' vasto fronte di lotte e di un piu' avanzato progetto di obiettivi.
Cosi', da un lato, la cassa integrazione viene utilizzata dagli operai a garanzia dei loro comportamenti di rifiuto del lavoro, e contemporaneamente il salario garantito viene utilizzato per la ricomposizione di un fronte socilae di lotte.
Cosi' i tentativi di divisione salariale del proletariato inducono invece una richiesta sempre piu' vasta di salario sociale, per le donne, per gli studenti, oltre che per i disoccupati maschi e adutli.
Paradossalmente ( ma non troppo se e' vero che questi comportamenti fanno parte di una nuova composizione) l' estensione sociale del lavoro produttivo viene riconosciuta e fatta valere dalla classe a partire dalla pratica del rifiuto del lavoro.

Qui una fondamentale legge della transizone al comunismo viene chiarendosi:
la transizione e' possibile quando la classe operaia, anziche' essere mossa dal capitale, muove essa stessa e subordina ai suoi propri comportamenti il capitale.
Questa dittatura materiale, oggettiva, della classe sul capitale e' il primo passaggio fondamentale della transizione(…)

Tesi.13

(…)
nell' emarginazione proletaria emergono nuovi bisogni che non sono riconducibili alla richiesta di lavoro salariato.
L' analisi deve cogliere questa potenza dell' emarginazione come estremo limite-e forza radicale- del rifiuto del lavoro.

Grande e' il disordine sotto il cielo. La situazione e' dunque eccellente.

 

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