Non c'e che un senso per cui non c'e piu' alcun senso, non c'e che una
sola direzione e dunque nessuna direzione, non c'e che un valore quindi
nessun valore…non esiste che una ideologia percio' nessuna ideologia,
non c'e che una vita possibile ovvero nessuna vita…non c'e che una
meta e pertanto nessuna meta.
Tutto cambia perche' nulla cambi. Tutto muta per restare uguale e tutti corriamo freneticamente restando fermi sul posto. Questo scomposto agitarsi gli intellettuali lo chiamano postmoderno…Come gia' anticipava quell' antipatico di Federico Nietzsche: quando i miti si decompongono e l' immagine unitaria della realta' fornita dalle culture implode domina l' illusione del movimento, del mutamento per il mutamento fine a se stesso.
Demoliti gli "ideali" tutti i grandi valori vengono consumati come i pasti nelle tavole calde, molto velocemente e senza gusto. L' unica giustificazione possibile della vita e' una giustificazione estetica. E' l' apoteosi capitalista della "gaia scienza" ridotta al gioco innocuo della perdita' di senso, di memoria, e di immagini piu' o meno unitarie della realta'.
Il dominio e il controllo della realta' sociale sono stati perduti dagli individui e dalle aggregazioni di classe a favore dell' eterea macchina sanguinaria della razionalita' economica.
Non c'e che un senso per cui non c'e piu' alcun senso, non c'e che una sola direzione e dunque nessuna direzione, non c'e che un valore quindi nessun valore…non esiste che una ideologia percio' nessuna ideologia, non c'e che una vita possibile ovvero nessuna vita…non c'e che una meta e pertanto nessuna meta.
Non c'e che la volonta' senza fine di produrre e distruggere dove la redenzione non e' un' apparenza temporanea subito risucchiata nel vortice di un mutamento e di una metamorfosi senza scopo umano.
"Solo esteticamente esiste una giustificazione del mondo": apparenza, illusione, e nel mutamento come "inganno oggettivo" domina una perfetta' ingenuita': la falsita' non entra nella coscienza del genio dell' attore come il sospetto della vanita' non scalfisce l'immagine del produttore di immagini. Abbiamo completamente sdivinizzato la natura e al contempo divinizzato la societa' rispetto alla quale ci comportiamo come neoprimitivi che cercano di ingraziarsela con la magia, gli oroscopi, asserragliandoci in qualche tribu' e ossessionandoci con qualche strano rito digitribale; nuovi rituali e nuove visioni, nuove immagini e nuove vertigini per narcotizzare qualsiasi accenno di conflitto.
Il cambiamento incessante sono la garanzia migliore della conservazione e la reclame del pluralismo la miglior risorsa per scafare gli individui nel campo di concentramento del razionalismo economico capitalista.
Il capitalismo non ammette alternative che nell' immaginazione e nel tormento di uno spettacolo totale dove segni, sogni, immagini, realta' si confondono nel' effetto emotivo, nella sensazione estetica: lo "sballo" e' tutto il resto, Califano permettendo, e' noia. La deriva nelle discariche della memoria dove si accumulano alla rinfusa immagini, eventi, testimonianze senza filo, esperienze e' una caccia infinita a fragili emozioni, a emozioni forti capaci, almeno per un attimo, di svegliare il sensorio ormai atrofizzato.
Nel cortile del postmoderno il mutamento apparente e' il narcotico, la seduzione attraverso la quale il presente vive a spese del futuro e del passato.
Il postmoderno e' la passione e l' affare accademico di tutti quelli che hanno fatto dell' incredulita' una meta e un martirio; di quelli che della mancanza di fede ne hanno fatto una fede; della fine delle ideologie un' ideologia che sui tratti patologici di una societa' claustrofobica ha eretto nuovi idoli e nuovi sepolcri.
Non ha alcun senso, invano…e poi <quando si procede verso uno scopo, appare impossibile che "la mancanza di fede in se'" sia il nostro principale articolo di fede>
Il sapere instabile, plurale a corto raggio e' cosi', di questi tempi, un buon espediente per ottenere una cattedra universitaria e un buon contratto editoriale.
La razionalita' onnicomprensiva e totalitaria dei sistemi belli e fatti e' stata scardinata dal sano buon senso di adattarsi a quello che passa la mensa capitalista.
I metaracconti sono insufficienti a comprendere e controllare culturalmente la realta' assai polimorfa e complessa ecc. salvo che il capitalismo non e' un metaracconto semmai le sue giustificazioni ideologiche…Alla "totalita'" si rinuncia con tanta teoria ma essa non si lascia impressionare gran che' continuando a costituire l' universalita' (benche' prodotta da un interesse particolare) e l' apriori delle "paralogie" e dei micromondi plurali ecc.
L' irriducibilita' all' unita' totalitaria e' qui solo la constatazione della sproporzione dello spirito rispetto alla realta' che non e' caduta dal cielo.
La molteplicita' non inquadrata da alcuno schema degli oggetti qui non e' che uno specchio o una sala di specchi che annuncia che "la realta' non si deve piu' costruire, perche' la si dovrebbe costruire troppo a fondo".
E Adorno ricordava sempre che "Se il processo di produzione e riproduzione fosse trasparente per i soggetti e determinato da loro, non verrebbero piu' sbattuti qua' e la' passivamente dalle fatali tempeste della vita"; " il mondo come esso e' diventata l' unica ideologia e l' uomo ne e' parte integrante".
Il primato dell' elemento oggettivo sui singoli uomini viene represso come una speculazione infondata affinche' i singoli stessi possano conservare le loro rappresentazioni come verita'.
"certo sarebbe stupido cercare di dimostrare con sottigliezza di critica della conoscenza, che, quando durante il fascismo hitleriano la polizia suona il campanello alle sei di mattina alla porta di un deviante, questo sia immediatamente, per l' individuo che lo sperimenta, identico con le antecedenti macchinazioni del potere e l' installarsi dell' apparato di partito in tutti i rami dell' amministrazione; oppure magari con la tendenza storica , che a sua volta ha spezzato la continuita' della repubblica di Weimar. Eppure il factum brutum dell' invasione dei funzionari con cui il fascismo assale il singolo dipende da tutti quei momenti piu' lontani per la vittima, che in quell' attimo gli sono indifferenti"
Il postmoderno e' la filosofia dell' adattamento. Le idee e i fini sono eterogeni e irriducibili gli uni agli altri salvo che all' entusiasmo sfrenato di un produttivismo infinito e senza ragioni umane: la solita sgitazione sul posto ma con una validita' estetica.
La postmodernita' comincia ad Auschwitz dove la causalita' come categoria politica diventa ridicola, dove tutto sfugge alla rappresentazione e il tempo si sbriciola e la vita viene decostruita per sempre fino al suo nudo sostrato biologico…dove "Dio mise tutto sotto i suoi piedi" prima di prosciugarsi.