Secondo i coordinatori nazionali della "tavola della pace" Flavio Lotti e Grazia Bellini e' ora di abolire la parola pace dalla sigla della prossima edizione della marcia Perugia-Assisi…
Ormai superato il pensiero di Aldo Capitini si puo' marciare, con buona coscienza dei politici al potere, per i "diritti umani".
Le motivazioni? sempre secondo i coordinatori nazionali della Tavola della pace Flavio Lotti e Grazia Bellini: "Il movimento per la pace, i costruttori di pace sono chiamati a fare sempre piu' i conti con una realtà complessa e con un crisi della politica che diventa sempre più profonda. Nessuno può illudersi di evitare questo confronto."
Inoltre non risparmiandosi in fantasia i nostri eroi hanno parlato di primo "sciopero della parola pace" perche' "pace" e' una parola ormai troppo abusata, bistrattata,politicizzata.
Il risultato del disperato tentativo, non nuovo, di far coincidere le ragioni etiche radicali della filosofia nonviolenta di A.Capitini con l' appoggio politico a "governi amici" ha prodotto oggi lo slogan: "tutti i diritti umani per tutti"…
E profeticamente e liberamente nel 1951 A. Capitini da uomo, e non da funzionario di partito come e' oggi F. Lotti, scrisse :" Diamo tutto a tutti"…la nonviolenza stacca dal metodo della conquista e della difesa violenta del potere, anche mediante tortura stragi, distruzione del nemico e illiberta'; ed opera mediante la noncollaborazione ma sempre con amore e liberta'.
Questo metodo guarisce la politica dalla sua fretta e impazienza, per cui essa crede di poter usare i mezzi della violenza e della frode; e cosi' usando questi mezzi, non vede piu' il fine.
La vita religiosa, con la sua nonviolenza e nonmenzogna, sembra che faccia perdere tempo; e invece questo "tempo perduto" e' tempo preziosamente guadagnato, perche' consumato all' intima realta' che vale, che e' l' unica che ha veramente la capacita' di migliorare il mondo dal di dentro;mentre i politici lo trasformano in apparenza, e lo fanno continuare coi sui difetti e gravissime colpe.Con la nonviolenza riconosciamo il diritto di tutti all' esistenza, con la nonmenzogna il diritto di tutti alla verita', con il senso federativo il diritto di tutti alla liberta', con le organizzazioni il diritto di tutti agli oggetti del mondo…"
Infatti padre A.Zanotelli ha replicato al signore e ai nuovi signori della tavola della pace (forse ricordando che Capitini non si preoccupo mai di essere accomodante e servile coi politici non avendo ne' tessere di partito e non avendo neppure "chiesa"-fu scomunicato da un recente beato: pio XXII): «Tanti politici alla marcia per la pace non si potevano accettare. In questo modo li si toglie dall’imbarazzo»(…)«Il valore della pace è sempre stato molto a cuore a tanti, togliere il nome pace dalla marcia vuol dire toglierle il cuore. Proprio quest’anno, per la prima volta noi ci presentiamo con un governo amico che ha una pagella sulla pace estremamente pesante»-(In finanziaria sono aumentate le spese militari; le esportazioni di armi del 2006 hanno battuto il record di vendite degli ultimi 20 anni)
Per Enrico Euli (docente di peacekeeping e gestione dei conflitti a Cagliari, ed esponente dei movimenti nonviolenti): quella di abolire la pace, e' una decisione «coerente con il percorso che la Tavola sta portando avanti da anni». Secondo Euli c’è ormai una differenza abissale tra il pacifismo della prima marcia nel ’61, antimilitarista e non violento, e quello generico di oggi: «una degradazione che è in corso da più di un decennio». Pace come parola è ormai inutilizzabile, «si dovrebbe andare verso visioni più radicali e più definite» per capire di cosa si intende. Ma la scelta di sostituirla con la cultura del diritto «ancora più morta, fallita e ambigua della parola pace, non solo non è una soluzione, ma è proprio la matrice stessa del problema».
«Il pacifismo è morto proprio perché lo si è fatto diventare solo pacifismo giuridico, e non ha invece sviluppato tutti i percorsi tipici della nonviolenza».
Dopo la manifestazione d'appoggio alla missione italiana in Libano, organizzata nello scorso agosto proprio dalla Tavola della Pace, Lisa Clark, dei Beati i costruttori di pace, accusa i nonviolenti "puristi":
"I nonviolenti doc' non si rendono conto che stanno dando numeri e forza a un movimento che è d'accordo con le autobombe a Kabul e a Baghdad e con i rapimenti e le uccisioni dei professori universitari in Iraq".
"Capisco la provocazione di Flavio Lotti, ha dichiarato ad Adista don Tonio Dell'Olio, responsabile dell'area internazionale di Libera e membro della Tavola della Pace:
"devo dire che, come provocazione, è pienamente riuscita a suscitare un dibattito anche vivace. Ora però è necessario mettere un punto: se qualcuno deve togliere la parola 'pace' non è certo la Marcia Perugia-Assisi, ma le varie missioni armate in giro per il mondo che esportano una 'pace' più simile alla pax romana che a quella di cui parlavano Gandhi e Gesù. Sono convinto che quando i toni del dibattito si faranno più sereni riapparirà anche la parola 'pace', i cui contenuti non sono mai stati messi in discussione".
Del resto non rimane che un legame formale fra la "tavola della pace" e l' ispiratore organizzatore della marcia della pace perugia-assisi il quale a differenza degli autonominatesi eredi "non conosce privilegi di tessera, ne' poteri di funzionari"…e che ammoniva ad uscire dal circolo vizioso della politica che si avvolge su se stessa che risolve tutte le attivita' umane nel "fare politico", che confonde i movimenti sociali con i partiti i quali esistono per il potere.
In tempi di salti-svolte e opportunismi politici d' ogni genere e' scomodo avere a che fare col pensiero di Capitini che accetta il comunismo e rifiuta il sistema economico fondato sulla proprieta' e lo sfruttamento; che rifiuta tanto l' assoluto del potere (rappresentato dall' Urss) che "l' assoluto del benessere" (rappresentato dagli Usa).
Come scrisse N. Bobbio " nel pensiero di Capitini il momento negativo della storia e' sempre, quale che sia la concezione politica o religiosa dominante, la trasformazione di una tensione in istituzione: ogni istituzione e' una chiusura.
Ovunque sono istituzioni coi loro dogmi, le loro regole rigide, le loro forme cristallizzate, ivi e' sistema chiuso, e ogni possibilita' di rinnovamento viene arrestata.
L' azione per la riforma religiosa e per la nuova socialita' e' accompagnata dalla lotta senza tregua contro la religione istituzionalizzata, la chiesa(le chiese), e contro la societa' istituzionalizzata, lo stato."
Capitini mirava ad una societa e ad una religione completamente de-istituzionalizzata a cui contrappone l' ideale della comunita' aperta, il centro…luogo aperto di partecipazione e di decentramento, nel rpincipio della responsabilita' di tutti..
Ancora con le parole di N. Bobbio " il pacifismo di Capitini non fu' ne' umanitario ne' giuridico: la guerra non era da condannarsi perche' improduttiva (il tema della "grande illusione"), ne' la pace da esaltarsi in nome dell' ordine sociale ( il tema del superamento dell' anarchia internazionale attraverso la societa' delle nazioni). Capitini fu, come si e' detto, un pacifista religioso: considero' insufficiente tanto l' umanitarismo laico che si accontenta della fratellanza dei popoli quanto il mondialismo dei federalisti che si affida alle istituzioni internazionali. Ma fu, il suo fu un pacifismo religioso che, a differenza di quello tradizionale delle piccole sette o dei gesti eroici individuali, poneva l' accento non tanto sulla salvezza dell' anima quanto sulla trasformazione della societa', non tanto sulla rivolta individuale contro il comando ingiusto quanto sulla rivoluzione collettiva contro l' ingiustizia globale della storia(…) E' persin dubbio che si possa ancora parlare propriamente di pacifismo (in realta' il termine "pacifismo" non appartiene al lessico capitiniano): il fine della nonviolenza non e' la pace universale, che e' fine puramente negativo, ma la "liberazione" (e la pace semmai come sconseguenza). Di contro alla massima del politico realista: <se vuoi la pace prepara la guerra>, la massima del <persuaso> non e' quella del pacifista: <se vuoi la pace prepara la pace>, bensi': <se vuoi la pace prepara la liberazione>."
Giustamente Capitini avvertiva che "senza educazione e rivoluzione intima gli innovatori di domani somiglieranno troppo ai reazionari infuriositi e subdoli di oggi".
" il significato della manifestazione (24 settembre 1961), che ebbe un rilievo nazionale ed anche internazionale, fu quello di provare che e' possibile radunare dal basso una forza di pressione per la pace, la quale e' un problema troppo importante oggi per lasciarlo nelle mani dei governanti e dei diplomatici.
Si ebbe un rafforzamento della fede che l' avvenire deve essere non della guerra, ma della pace e di un grande sviluppo sociale che liberi l' umanita' dal capitalismo, dal colonialismo, dall' imperialismo.(…) Sorse la Consulta italiana per la pace che unisce le varie associazioni operanti in italia per la pace.
Scopo della Consulta e' di "durante la pace preparare la pace", cioe' di organizzare manifestazioni unitarie come marce, cippi comunali, convegnoi sui problemi del disarmo, tavole rotonde su pace e guerra, diffusione di stampati per formare un' opinione pubblica bene informata. Le non poche difficolta' di larga organizzazione, di disponibilita' di mezzi adeguati(…) I fatti del "miracolo" economico prima e della congiuntura sfavorevole poi hanno sviato l' attenzione e la tensione.
Le parate militari, ampie e pubblicizzate come non mai dopo la liberazione dal regime fascista, hanno gettato nuovi semi di un patriottismo che resta scolastico, limitato e retorico anche se decorato di colori europeistici e atlantici.(…)
Noi siamo convinti che le popolazioni si fidano troppo dei governi.
La guerra e' voluta, preparata e fatta scoppiare da pochi, ma questi pochi hanno in mano le leve del comando. Se c'e chi preferisce lasciarli fare e non pensarci, divertirsi e tirare a campare, noi dobbiamo pensare agli ignari, ai piccoli, agli innocenti, al destino della civilta, dell' educazione e della progressiva liberazione di tutti(…)
il rifiuto attivo della guerra oggi e' una rivoluzione.
Una rivoluzione e' una serie di atti, di solito collettivi, rivolti a cambiare il possesso del potere, a trasformare le strutture sociali e politiche, a influire sugli animi delle persone. Ma ogni rivoluzione ha un suo carattere. E quella che sosteniamo noi ha il carattere di essere la piu' totale che sia stata proposta, non solo per gli animi nel profondo e per le strutture che debbobo essere adeguate ad una societa' veramente di tutti, ma soprattutto per la convocazione di tutti ad operare il nuovo corso. Non si tratta di formare un gruppo di convinti e di lanciarli nell' azione con tutti i mezzi, ma di far partecipare tutti.
Oggi che le armi nucleari hanno margini illimitati di distruzione, si devono creare tanti centri di potere e di controllo dal basso.
La lotta per la pace tende a creare una mobilitazione permanente di tutti per controllare la politica estera, la politica militare, la politica scolastica, e denunciare gli errori, le colpe le storture, le alleanze dei conservatori, degli imperialisti dei capitalisti, dei nazionalisti, per conservare il potere e il profitto a danno della maggioranza della popolazione.
La pace e' l' ideale che puo' oggi unire di piu' le popolazioni, e la lotta per la pace deve essere severa contro i mascheramenti dei vari imperialismi, contro le crociate verso un popolo o l' altro, contro le seduzioni del benessere per addormentare il popolo.
Quanto piu' la lotta per la pace si allarghera a comprendere anche giovani e donne, tanto piu' sorgeranno iniziative e organismi per trasformare fin da ora la societa', sulla base della capacita' di stare insieme e associarsi per fini comuni, in un desiderio di discutere tutti i problemi oltre quello della pace, dal punto di vista del bene di tutti, e saranno conquistate con centri sociali, consigli operai, di contadini, insegnanti e di studenti, consulte popolari amministrative, posizioni di trasformazione rivoluzionaria dal basso.
A noi pare che ci siano due posizioni sbagliate:
a) quella di coloro che dicono di volere la pace, ma lasciano effettivamente la societa' attuale com'e, con i privilegi, i pregiudizi, lo sfruttamento, l' intolleranza, il potere in mano a gruppi di pochi.
b)quella di coloro che vogliono trasformare la societa' usando la violenza di minoranze dittatoriali e anche la guerra, che puo' diventare atomica e distruttiva per tutti.
Per noi il rifiuto della guerra e della sua preparazione militare, industriale, psicologica, e' una componente fondamentale del lavoro per la trasformazione generale della societa'.
Percio' lavoriamo in queste due direzioni:
1. spingere dappertutto a costituire forme di controllo dal basso;
2.orientare ed alimentare questo controllo con idee e iniziative contrarie al capitalismo, al colonialismo, all' imperialismo"
( A. Capitini-1964)
-L'Italia in materia di esportazioni di armi ha segnato un più 3,5% nel solo ultimo anno, grazie a soprattutto a Finmeccanica, azienda a partecipazione statale, contribuendo a un commercio internazionale incrementato nel settore del 50% negli ultimi cinque anni.(…)la metà delle esportazioni militari italiane è diretta a nazioni fuori dall'area Nato-Ue, a paesi altamente indebitati che spendono ampie risorse negli apparati militari e dove spesso si verificano gravi violazioni dei diritti umani…
-I numeri dicono che nel 2006 i governi hanno destinato alla sicurezza interna e internazionale un totale di 1.204 miliardi di dollari. Una cifra difficile anche solo da immaginare destinata all’acquisto di armi, missili, al rinnovamento tecnologico degli arsenali mondiali, al mantenimento di eserciti impegnati in guerre e fantomatiche spedizioni di pace in giro per il mondo. 1.204 miliardi di dollari che dovrebbero essere serviti per proteggere e salvare vite umane da minacce come il terrorismo nazionale e internazionale. E che invece continuano ad alimentare i piani di potere di poche nazioni, a danno della vita delle popolazioni civili.
http://altrenotizie.org/alt/modules.php?op=modload&name=News&file=
article&sid=19648&mode=thread&order=0&thold=0
-Ma il balletto di cifre conta poco. Quel che conta è che il programma elettorale dell’Unione ora al governo prometteva un controllo del bilancio Difesa, mentre al momento risultiamo il settimo Paese al mondo per spese militari
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=8143
http://www.informationguerrilla.org/rd.php/www.nigrizia.it/doc.asp?ID=9047
Nel Ddl si trova: In definitiva, un netto aumento in tutte le voci, una chiara inversione di tendenza rispetto al bilancio dello scorso anno, anche se la spesa resterebbe al di sotto dei 19.000 milioni di euro, la media annua che il precedente governo ha dedicato al ministero della Difesa
Ma come spesso succede quando si tratta di bilanci militari, le cose non sono come appaiono.
Ed ecco che nel Ddl Finanziaria troviamo l’articolo 110 che riserva 100 milioni di euro per le imprese aeronautiche, in particolare con riferimento al programma EFA (110 per il 2008 e altri 100 per il 2009). Ma è con altri due articoli che si registra il vero salto quantitativo nelle spese per la difesa: l’articolo 113 istituisce un fondo di 1.700 milioni di euro per il 2007 (altri 2.750 sono previsti per il biennio successivo) destinato al finanziamento degli interventi a sostegno dell’economia nel settore dell’industria nazionale ad elevato contenuto tecnologico; mentre l’articolo 187 istituisce un fondo di 400 milioni di euro per il 2007 (che diventano 500 per il 2008 e 2009) destinato a spese di funzionamento dello strumento militare, più altri 20 milioni per programmi abitativi per le forze armate.
http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace/134Stefanelli.htm
http://unimondo.oneworld.net/article/view/150190/1/
http://www.informationguerrilla.org/rd.php/www.disarmo.org/rete/articles/art_21214.html