<<La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza.>>
(Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma)
<<Noi li persuaderemo che, soltanto quando avranno consegnato a noi la loro libertà, diventeranno liberi (…) Proveranno meraviglia e timore e perfino orgoglio di saperci tanto forti e tanto saggi da essere capaci di pacificare il gregge di milioni e milioni di turbolenti.>> (Il grande Inquisitore-“I fratelli Karamazov”)
La paura e’ uno dei pilastri portanti dell’impalcatura su cui si regge lo Stato Multimediale Totalitario (SMT). Anche quando la violenza reale e’ ridotta ai suoi minimi storici il sistema agisce per aumentarne i livelli di percezione.
L’informazione di regime intensifica la diffusione di sentimenti di paura, angoscia e incertezza tra la popolazione per creare immaginari collettivi adeguati alle necessita’ di controllo sociale del potere. La paura in sostanza viene usata come strumento complesso di governo e neutralizzazione delle reazioni alla crisi e alla ristrutturazione economica e istituzionale del paese. Essa configura nella societa’ quel sistema di credenze, concezioni e luoghi comuni capace di alterare la percezione collettiva della realta’ piegandola alla legittimmazione della politica attuata dall’apparato di potere.
Come scrive N. Chomsky oggi, la concezione prevalente della democrazia e’ quella secondo la quale il pubblico dev’essere preservato dal gestire i propri problemi, ed i mezzi di informazione devono essere tenuti sotto stretto e rigido controllo. Il loro compito e’ quello di spostare l’attenzione della gente dalle paure reali (poverta’, precarieta’, sfruttamento etc.), dalle cause effettive delle sofferenze collettive ai capri espiatori a dei fantasmi. L’uso massiccio della paura come strumento di amministrazione delle contraddizioni strutturali della societa’ prelude al definitivo passaggio, nel nostro paese, dallo "stato sociale" allo "stato penale": Emarginazione, disoccupazione, poverta’ etc. non sono piu’ dei problemi sociali ma questioni di ordine pubblico. Ogni frattura tra cultura e produzione viene liquidata per principio e non e’ ammessa nessuna discussione sul valore della "regola universale" che obbliga a misurare l’utilita’ e l’inutilita’ degli esseri umani e delle cose non rispetto alla liberta’ di tutti ma rispetto alle necessita’ della struttura del potere. La parola d’ordine della produzione e del profitto e’ indiscutibile; ogni contraddizione fra realta’ esistente ed ideologia e’ abolita…
L’educazione paranoica del pubblico, del suo fondo brutalmente egoista, e’ il lievito indispensabile alla desolidarizzazione sociale, alla separazione, a quella generalizzata paura dell’altro che finisce per giustificare qualsiasi limitazione arbitraria delle liberta’ civili e dei diritti. Per dirla con Vaneigem: "la sicurezza innanzitutto, dice il carcerire al prigioniero". Eiste una indissolubile connessione fra potere e paranoia; Elias Canetti (Massa e Potere-1969) ricorda che l’organizzazione del potere si fonda su una "perversa volonta’ di sopravvivenza" in cui si annida:"il desiderio di sopprimere gli altri per essere l’unico, oppure, nella forma più mitigata e frequente, il desiderio di servirsi degli altri per divenire l’unico con il loro aiuto".
Il potere, ovunque si posiziona, ha una natura intimamente paranoica e il "potente" e’ sempre un "sopravvissuto"; il tipo paranoico del potente si puo’ riconoscere in colui che con ogni mezzo tiene lontano il pericolo dal proprio corpo ("il pericolo per eccellenza e’ naturalmente la morte."). Passione perversa per la propria sopravvivenza e passione per il potere si identificano. La brama di sopravvivere a una massa di uomini, l’intenzione grottesca di essere "l’unico", e’ caratterizzata da un’ossessione incessante di "smascheramento di nemici. I nemici sono dovunque, sotto le vesti piu’ pacifiche ed inoffensive"…La passione dell’autoconservazione avvulsa da ogni relazione ed esperienza reale degli altri degenera in autodistruzione (inaridimento della vita), diventa paranoica passione per la morte, per la trasformazione degli altri in "corpi morti".
La societa’ tenuta insieme da un fragile "equilibrio del terrore" carico di repressioni rivela, la verita’ rispetto all’inferno a cui si e’ ridotta la sua vita, nell’impulso all’annientamento a cui si abbandona sempre piu’frequentemente. Tentare di assassinare, bruciandolo vivo, un immigrato che dorme su una panchina in una stazione a 70 km da Roma non e’ che l’atto tragico ma conseguente di una ragione paranoica che regna e nutre di se’ esasperatamente la totalita’ delle relazioni e delle esperienze dello spazio sociale. Forse gli esecutori materiali di questa razionalita’ criminale che domina e governa il paese verranno identificati e probabilmente, come si dice, la legge… fara’ il suo corso…Ma chi vorra parlare dei mandanti? Chi vorra fare giustizia nei confronti dei responsabili politici, morali e culturali della violenza xenofoba che cresce nel paese? Presto i giornali del regime parleranno di "balordi" annebbiati dalla "droga", di "branco" allucinato ecc. ed eviteranno di fare domande ai "mandanti" che sulle loro pagine si esibiranno nei rituali appelli ai "valori morali", alla solidarieta’ per la vittima e al rigore penale contro gli aggressori…
Giornalisti, politici, intellettuali che quotidianamente fanno funzionare quella macchina politica che amministra la crisi del capitale con l’uso spregiudicato della paura e dell’insicurezza, della paranoia sociale, parleranno di "episodio razzista", "atto incivile"…, di una "grave deviazione dai consolidati principi della tolleranza e ospitalita’ del nostro Paese"; invocheranno piu’ repressione e piu’ condanne…Lo faranno solo per nascondere ancora una volta le loro responsabilita.